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Autore: Mini GD    14/04/2013    4 recensioni
“Chi è?”
“Il suo nome è Raul Cooper. Inglese, 32 anni.”
“Chi l’ha trovato?”
“La sua vicina. Era preoccupata perché non l’aveva visto per giorni”
“Causa della morte?”
“E’ ancora sconosciuta. Forse è morto dissanguato”
“Bene. Mettiamoci al lavoro”
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un colpo.
Mira precisa e diretta al cuore. Secondo le statistiche raccolte, migliorava di settimana in settimana, diventando quasi un tiratore scelto.
Due colpi.
Stavolta puntava alla testa. Due colpi a segno.
Era un modo per ricordare il suo amico di una vita, con la quale aveva progetti su un futuro basato di sola musica.
Tre colpi.
Questo era il numero di proiettili trovati nel cadavere, sparati dalla mano di un killer, che aveva trovato, negli occhi dell’amico, il riflesso di suo padre.
Poche prove al carico di quell’uomo, che rientrava alla perfezione nel dipinto, che il profiler di quel caso aveva disegnato.
Fu assolto dopo pochi mesi dall’inizio del processo, per mancanza di prove. Il giovane Kwon, che a quei tempi preferiva essere chiamato per nome, non poteva accettare di sapere un killer seriale, vagare libero dopo aver ucciso anche il suo compagno.
Scappò via, abbandonò la sua famiglia e la ragazza con la quale aveva intenzione di costruire una vita; così, senza spiegazioni, da un giorno all’altro, si tagliò i capelli, rendendoli corti e, prese le sue cose, sparì dalla città, lasciando un foglio con poche righe scritte, che dovevano bastare a tutti quelli che lo conoscevano.

Posò l’arma, togliendosi le cuffie e guardando i suoi risultati, migliorati come suo solito. Passava tutte le settimane, dopo un caffè, per migliorare il suo record, rimasto leggenda in quel distretto.
“Kwon, hanno portato la ragazza nella sala interrogatori” sentenziò seria Parker, notando lo sguardo cupo che aveva il suo capo; era sempre così, sul suo volto si potevano leggere i segni di un passato, che tornava a bussare, con il volto di un uomo spietato e senza scrupoli, che uccideva tutti coloro che assomigliavano nel minimo, al padre che l’aveva abbandonato.
“Non vorrai farla aspettare” le sorrise, invitandola con il gesto della mano ad aumentare la velocità dei passi.
 
“Posso sapere, di grazia, cosa ci faccio qui?!” sarcastica, aggressiva e mal disposta. Così si mostro la signorina Wood, che, fresca dei suoi 30 anni appena compiuti, rovinava il suo aspetto, indossando un completo dai colori morti.
Si era buttata sulla sedia a peso morto, accavallando le gambe e lasciandosi andare spesso in rumorosi sospiri, ogni qualvolta il detective apriva la bocca, bloccandolo e irritando il suo, già instabile, umore.
“Lei è l’ex fidanzata di Raul Cooper?” domandò, stufo dei capricci che erano adatti a una bambina di 3 anni.
“La prego, non mi offenda più. Solo il fatto che ha messo Lei, fidanzata, Raul Cooper, nella stessa frase, mi porta un senso di nausea!” rispose, disgustata, girando la faccia e storcendo il viso in una smorfia.
“Deve rispondere alla domanda, questo è un interrogatorio, non una seduta di sfogo” si massaggiò le tempie, guardando il registratore, che stava raccogliendo tutti i rumori prodotti dalla donna nel muovere la sedia, irrequieta e senza pace.
“Si, tutti hanno un brutto passato e io sono stata segnata a vita da quell’essere!” si decise a rispondere, prendendo una sigaretta dalla sua borsa, accendendola;  la fumava avida, lasciando nell’aria nuvolette bianche, che irritavano Parker, fermamente convinta che il fumo fosse un cancro.
“Non si può fumare qui” l’informò Kwon, indicando con il dito il bel divieto in alto a sinistra, sulla parete giallognola.
“Scusi, ma io non so stare senza” continuò a fumare, ignorando l’espressione severa assunta dal detective.
“Lei è solo senza volontà” si sentiva sfidato e non sopportava di essere sbeffeggiato da una donna che si mostrava irrispettosa.
“Come si permette!” si alzò di scatto, afferrando il detective per il colletto della camicia “Lei non è stato illuso per anni da un amore fatto di soldi. Lei non ha messo al centro del suo mondo un uomo che era l’opposto di quello che raccontava. Lei non è stato buttato via come spazzatura solo perché suo padre ha perso in borsa! Non mi parli di volontà, lei non sa cosa significa vivere nei miei panni!” cacciò fuori tutto, acida e nervosa, aumentando la presa, finché non ritornò lucida, buttandosi di nuovo sulla sedia, spegnendo la sigaretta  come richiesto.
“Sa che Raul Cooper è stato ucciso?” continuò il suo interrogatorio, aggiustandosi il colletto rovinato dalla presa ferrea della mano curata di quella donna.
“Davvero? Che bella cosa… e ditemi, come ha tirato le cuoia?” sembrava felice, aggiustando la sua posizione sulla sedia, si avvicinò al tavolo per sentire meglio.
“Dissanguato la scorsa notte tra le due e le tre” il detective cercava di capire come si sentisse la donna, ma trovava inconcepibile la felicità che le si leggeva sul viso.
“Dov’era lei a quell’ora?” domandò Parker, lasciando sciamare la felicità che aveva colto la donna.
“Dormivo a casa mia, non vorrà mica sospettare di me!” starnazzò, tornando a sbuffare sonoramente “Resta di fatto che voglio fare i miei complimenti al suo assassino, mi ha solo preceduta, che peccato!” aggiunse, compiaciuta dell’aver scoperto come è morto il suo nemico numero uno.
“Non si allontani dalla città o sarà legalmente perseguitata” la fissò seria, guardando la sua furia evasiva che correva verso la porta.
“Sono sempre a casa mia, quell’uomo mi ha tolto tutto, compresa la dignità!” gridò, scoppiando a ridere istericamente e volatilizzandosi nei corridoi.
“Tutti schizzati i conoscenti di questo” il detective scosse la testa, spegnendo il registratore che ne aveva sentite abbastanza per quella giornata.
 
Erano passati due giorni dal ritrovamento del cadavere, varie donne erano state chiamate, e alcune di loro erano seriamente arrabbiate con quell’uomo. Tutte disposte ad ucciderlo, ma la maggior parte avevano alibi di ferro.
Erano solo 2 le donne che potevano averlo assassinato, entrambe offese e usate da Cooper, entrambe speranzose di vendetta e entrambe senza alibi.
Una era Evelyn Wood, l’altra donna era Carol Grey. Carol era una donna molto affascinante, a modo e gentile nel rispondere. Solo quando le hanno domandato del suo alibi si era visibilmente agitata, scomponendo la sua figura.
“Io non ho alibi. Non farei mai una cosa simile, in fondo lo amavo ancora” pianse, raccontando tutte le sue vicende “Lo odiavo e l’amavo, volevo rovinarlo ma non ucciderlo… magari solo a ridurlo in fin di vita, per poi restargli accanto” aggiunse.
Le sue parole rimasero impresse nella mente del detective, per la naturalezza con la quale erano state proferite; restò a fissare quei fogli contenenti le ultime scoperte della scientifica.
“Chi entra nel profilo dell’omicida?” domandò alla sua collega che guardava il quadro della situazione, ammirando il bianco della lavagna, intervallato da colori e foto.
“Tutte e due. Entrambe erano follemente innamorate di un uomo che le ha usate. Entrambe erano bisognose di vederlo strisciare e implorare il loro amore, entrambe hanno avuto dei momenti di perdita della lucidità, acquistata dopo poco” giocava con il pennarello nero, picchiettandolo contro la superfice.
“Siamo a buon punto allora” proferì, esasperato, cercando in tutti i modi di chiudere quel caso.
“Ma Evelyn è impulsiva. L’omicida è stato accurato e lei invece agisce d’istinto, cercando di riparare dopo, ai suoi errori” si passo le mani tra i capelli, sempre più convinta che bisognava indagare anche nell’altra vita, quella curata e alla luce del sole. Non sempre la polvere la trovi dove pensi che ci sia, a volte è in bella mostra ma non la noti.
  
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