Correvo. Correvo senza sosta. Avevo il
fiatone, ma le gambe non cedevano.
Scappavo. Scappavo da qualcuno, o da qualcosa.
– Scappa! Scappa, Annie! – urlava una
voce.
– Chi è là? – urlavo, senza smettere di
correre.
La voce non rispose.
Continuai a correre, correre, correre. Mi
voltai indietro ma sentii un dolore lancinante che mi percorse in tutto il
corpo, a partire dal petto, dal cuore. Mi girai e vidi Jason. Aveva conficcato
un pugnale nel mio petto e aveva un sorriso malvagio sul volto, gli occhi colmi
di rabbia.
Mi svegliai di soprassalto.
– Ehi, che hai? – eccolo lì, che mi
sorrideva, con lo sguardo preoccupato, stringendomi più forte. Ero sempre tra
le sue gambe, contro il suo petto, e lui stava appoggiato al muro, con entrambe
le mani su di me.
– Mmmh… – mi massaggiai le tempie – ah,
no, nulla, solo un brutto sogno.
Dovrei dirglielo?
– Menomale. – rivolse lo sguardo altrove.
– Posso… farti una domanda?
– E lo chiedi? – mi rivolse uno dei suoi
sorrisi più belli.
– Tu… mi faresti mai del male?
Silenzio.
Jason sembrò rifletterci a fondo.
– Intendo proprio male fisico... – gli
ricordai
– Oh, ma che idea ti sei fatta di me? – uscì
da quella specie di trans e mi sorrise ancora.
– No, scusami…
– Tranquilla, piccola.
– Quindi non lo faresti?
Mi baciò la fronte – Certo
che no. Non ti farei mai del male.
Perché non mi sento
convinta?
Gli sorrisi. Quel sogno era assurdo. Ricordai
che mi ero addormentata subito dopo la “lezione” al piano di Jason, stanca
morta, tra le sue braccia, al sicuro.
– Quanto ho dormito? – chiesi.
– Tre ore almeno.
– Davvero?
– Davvero, davvero. – mi accarezzò una
guancia – A proposito…
– Che cosa?
– Io mi sono dichiarato, ma tu no. O
almeno, non a parole, e non so se vale lo stesso.
– Cosa c’entra con… – scossi la testa. –
Sei furbo, eh?
– Oh, beh, ce la metto tutta. – mi mandò
un bacio.
Sbuffai.
– Ehi, questa dichiarazione quando arriva?
Cercai le parole che volevo dire, ma non
ce n’era nessuna che bastava. Non c’erano parole per descrivere quello che
provavo per lui. Era forte, come una calamita, ma fragile e in bilico come su
un dirupo. Con lui ero me stessa come se lo conoscessi da sempre. Eppure c’era
quel qualcosa…
In quel momento Nathan entrò nella stanza
con una mano sugli occhi.
– Okay, cugina, non guardo sennò potrei
avere degli istinti omicidi, per cui… andiamo, i miei genitori vogliono
parlarci.
– D’accordo, io andrei. – sorrisi a Jason.
– Uff, non è giusto però. – incrociò le
braccia.
– Dai su, non fare il bambino offeso,
stavo davvero cercando le parole. –
gli bisbigliai all’orecchio – Le
cercherò e poi ti dirò tutto, okay? Mi alzai e mi vestii.
Jason sospirò, offeso.
Mi riavvicinai al suo orecchio – Su,
figone, smettila di fare l’offeso. Lo sai quanto posso amarti.
– No piccola, non lo so! Per questo che
devi dirmelo!
– Ora vado. – lo baciai sulla guancia. – Ho paura dei miei zii.
– Allora? – sbuffò Nathan, sempre con gli
occhi coperti.
– Pff, okay, per ora ti credo. – mi
sorrise – Allora ciao!
– Ciao. – ricambiai con un cenno della
mano e mi avviai verso mio cugino. Finché non fui completamente fuori dalla
stanza, sentii gli occhi di Jason su di me, ma non mi voltai neanche una volta.
– MAMMA, PAPÀ! SIAMO A CASA! – urlò
Nathan, arrivati a casa. Diede le chiavi a Mr. Mason che sparì dietro un
angolo.
– Oh, eccovi. – zia Adrianne sorrise.
– Sempre puntualissimi, vero Nathan? –
anche lo zio sorrise.
– Certamente papà. – disse Nathan,
sorridendo al padre. – Cosa dovete dirci?
I miei zii si scambiarono uno sguardo
carico di preoccupazione.
– Cucciolo mio, vogliamo che tu sia al
sicuro. – iniziò la zia, prendendo la mano di Nathan con entrambe le sue. – In
giro ci sono delle sette molto pericolose, e io… io… – lasciò in sospeso la
frase.
– Tua madre ed io vogliamo che tu sia al
sicuro. – concluse mio zio. – Londra è piena di cattive persone, tua madre è
seriamente preoccupata.
Oh, sì certo. E noi non
dovevamo nascere? Qui l’unica setta cattiva siete voi. A chi volete darla a
bere?
Nathan sembrava crederci. Forse stava
pensando ai Custodi.
Davvero può credere
anche ad una sola parola degli zii? Perché indugia?
La zia si ricordò della mia presenza. –
Annabell, anche tu devi stare molto attenta. Sei sotto la nostra protezione, è
nostro dovere pensare a te come nostra figlia.
Come se io potessi
crederci.
– Grazie mille zii. – dissi invece,
cortese. – Starò molto attenta, ve lo prometto.
La zia sospirò – Oh, meno male.
Anche lo zio sembrò sollevato, ma la sua
espressione diceva l’esatto contrario.
Mangiammo tutti insieme a tavola, serviti
e riveriti dai “collaboratori” che giravano per casa. Sembravano migliaia. Il
cibo era sempre squisito, ma per tutta la cena non aprii bocca.
Ci congedarono, ma Nathan rimase in camera
mia un po’.
– Tu credi… che siano proprio i Custodi ad
essere i cattivi, la setta di cui parlavano i miei? – mi chiese a un certo
punto.
– Cugino! Come puoi dire una cosa del
genere? La setta di sicuro sono loro, ma non sono cattivi.
– Le parole di mia madre mi hanno fatto
ricredere. Sembrava davvero preoccupata…
– Nathan, mentre io ero svenuta qualche
giorno fa, ho sentito le loro voci.
– Davvero? Aspetta, in che senso?
– Lo zio diceva: “Dobbiamo evitarlo,
ad ogni costo!” e la zia: “Sssh,
zitto, o si sveglierà!” poi di nuovo lo zio: “Lei non deve sapere niente, di tutto questo! E nemmeno Nathan! Non
possiamo permettere di rovinare tutto! E’ andato tutto bene, fino ad ora, lei
non sarebbe nemmeno dovuta nascere, così come Nathan!”
– Cugina, sicura che non era un sogno?
– CUGINO! Ero sveglissima, so quello che
ho sentito. L’hai sentita anche tu la storia dei Custodi, no?
– A dire il vero non ci ho capito molto…
– Nemmeno io, per colpa di Jason. E perché
poi vi siete picchiati, interrompendo la spiegazione del povero Dalton per la milionesima
volta!
– Si, ora mi ricordo.
– Diceva che i cattivi della storia,
quelli che le Note hanno sempre sconfitto sono gli Zaffiri, o Parrington.
– Ah, così sarei anche io un cattivo?
– No, se magari non facevi a botte con
Jason, Dalton ci avrebbe spiegato il perché di quella faccenda, non ti ricordi?
Lui non disse nulla.
– Pensa quello che ti pare. Io mi fido dei
miei genitori. – rispose dopo un po’.
– Ma cugino! – protestai, solo che lui era
già fuori dalla mia stanza.
Perché? Perché non si
fida dei Custodi? Domani tornerò da loro e gli chiederò di raccontarmi tutta la
storia. Convincerò Nathan.
– Il vostro potere funziona solo se siete
insieme e conviti di quello che state facendo fino in fondo all’anima.
– Loraine! Scusami, perdonami per oggi.
– Non fa niente. Sono abituata alla gente
che non mi vede… – la sua voce era carica di sofferenza e solitudine.
– Cosa intendevi dire, prima?
– Che se Conrad non si fida dei Custodi
come ti fidi tu, il vostro potere messo in comune non funzionerà.
Conrad uguale Nathan. Okay,
ci sono.
– Dobbiamo metterlo in comune?
– Certo. Il tuo potere è grande, ma ti
servirà l’intuito di Conrad se vorrete compiere davvero la missione che vi è
stata affidata.
– Dobbiamo essere… intonati, forse?
– Esatto. Intonati è la parola più adatta.
Ma certo! Posso domandare
a Loraine di raccontarmi la sua storia, dato che sembra uguale alla mia! Così capirò
di chi fidarmi e come convincere Nathan a fidarsi dei Custodi!
– Loraine…
– Dimmi, Annabell.
– Potrei farti una domanda?
– Di che si tratta?
– Potresti… raccontarmi la tua storia?
– GIAMMAI! – tuonò Loraine – IL FUTURO NON
PUO’ ESSERE RIVELATO! MAI AD UNA NOTA CONOSCERE IL FUTURO E’ CONSENTITO, LA
PROFEZIA INDICA LO SPARTITO. DELLE NOTE LA SCALA INTONERANNO, E NELLE MANI
SBAGLIATE L’AMORE CADER FARANNO! – detto ciò, con una voce decisamente spaventosa,
due occhi ribollenti di rabbia e rossi come il fuoco, Loraine passò attraverso
la porta e uscì dalla mia camera. Non ce la facevo più, chiusi gli occhi e mi
addormentai prima ancora di toccare il cuscino.
Di-din!
Un messaggio. Presi il telefono e aprì la
schermata.
Da: FIGONE BELLISSIMO
Mentre dormivi ho
memorizzato il mio numero sul tuo cellulare e ho salvato il mio. Spero non ti
arrabbi. Visto che bello il mio nome? AHAHHAHA so che mi avresti memorizzato
allo stesso modo, per cui…
Spero di non averti disturbata, volevo solo dirti questo.
Ti amo.
P.S: Ho messo anche una
foto al mio contatto, ti piace?
Jason.
– Idiota. – mormorai.
Guardai la foto che si era messo. Era una
foto bellissima, lui che sorrideva.
Mi sto sciogliendo.
Aprii un nuovo messaggio e scrissi.
Ciao, FIGONE BELLISSIMO.
Tranquillo non sono affatto arrabbiata per aver memorizzato il tuo numero sul
MIO cellulare mentre dormivo, MA PERCHE’ MI HAI SVEGLIATO ADESSO, DANNAZIONE!
Vabbè, per questa volta ti perdono.
È bellissima. Dovresti evitare di essere così bello, sennò mi fai innamorare
ancora di più. Ops.
Ti dico tutto domani, non pretendere anticipazioni.
Annie.
Lo inviai, così tornai a respirare. La sua
foto era salvata tra le immagini. Quel bastardo. Mi persi nella contemplazione del
suo sorriso contenuta nel mini schermo del mio blackberry.
Di-din!
Presi un respiro e lessi il messaggio.
Da: FIGONE BELLISSIMO
Oh, scusami.
Se evito io di essere bello, anche tu dovresti andare in giro con solo un sacco
dell’immondizia addosso e un topo morto in testa. No, cancella, saresti
comunque bellissima.
Attendo con ansia.
Risi. Jason era davvero dolce. Mi convinsi
ulteriormente che il sogno di oggi era un’idiozia, e che non potevo dargli
neanche un po’ di corda.
Aprii un'altra schermata.
Scemo non è vero,
puzzerei alla grande!
Ora mi metti a me ansia, se non riesco a dormire per formulare una frase giuro
che domani ti picchio.
Adesso, lasciami pensare in pace.
‘Notte.
Ritornai con la testa appoggiata al
cuscino, girata da una parte con il telefono in mano. Fece un altro di-din! ma avevo già chiuso gli occhi e
mi ero addormentata.