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Autore: mxm_november rain    14/04/2013    1 recensioni
Questa è la storia di due ragazzi che non hanno mai conosciuto l’amore. Che sono stati schiacciati dalla crudeltà del mondo e ridotti a misere ombre,scure ed erranti, perse in una notte vuota.
E di come, solo trovandosi, siano tornati a sorridere e a brillare, simili a stelle del cielo. E a scoprire l’amore.
Questa , è la vera storia di come si impara ad amare.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Matt

Una buffa particolarità del piccolo Mail era che, quando dormiva, niente e nessuno poteva destarlo, nemmeno scuotendolo energicamente.                                                 
Eppure, la notte che sua madre morì silenziosa, il pianto di Matt riecheggiò forte e disperato, nonostante la neve candida provasse a smorzarlo.                                                 
E la primavera era ancora troppo lontana.

Mello

Il nome dei Keehl era un nome importante, questo Mihael lo aveva capito; la sua famiglia era ricca, nobile e rispettata, Mihael aveva compreso anche questo.                        
Il bambino era stato gettato in quell’angolo di mondo e in quel preciso luogo, senza che potesse proferire parola e , lentamente, i contorni di una vita domestica si erano andati a dipingere lievi, assorbiti e accettati a poco a poco, grazie al lento scorrere del tempo. Prima erano in due, i Keehl, ora in tre, copia l’uno dell’altro, ma poco cambiava, in realtà l’unico che davvero contava era suo padre, colui che portava quel cognome dalla pronuncia tipicamente tedesca, prepotente e secca come uno schiocco di redini. Questa sua analisi era lecita, se non obbiettivamente necessaria: come uno stratega, Mihael analizzava pazientemente il terreno di gioco.                                                                                                                                  
Li aveva delineati subito quei due individui slanciati, coloro che dovevano essere i suoi genitori. Suo padre era il pilastro, sua madre viveva felicemente riparata all’ombra di lui. Tuttavia chiunque sarebbe stato capace di saltare a queste conclusioni, ma la verità era che il bambino aveva assunto una particolare capacità, e lo aveva fatto con puerile naturalezza, senza neppure accorgersene. Forse non se ne accorgeva neppure adesso.
Un’abitudine che mai avrebbe apertamente dichiarato, poiché cozzava contro i suoi solidi principi, e tuttavia era perfettamente consona ad ogni bambino di questa terra. Eppure inquinava fastidiosamente l’immagine che lui aveva creato per se stesso, facendolo quasi vergognare poiché, con rabbia, doveva ammettere di essere in grado di descrivere ad occhi chiusi il contorno dei visi, la curva della schiena, le sfumature degli occhi chiari e delle espressioni. Avrebbe potuto tracciare, senza troppe difficoltà, i capelli lunghi e lisci di sua madre, di un biondo pallido, rappresentandoli delicatamente raccolti sulla spalla sinistra, come lei era solita fare; e le sue labbra perfette, dipinte di un rosso vivo e pungente. Assottigliando lo sguardo scorgeva invece una lieve fossetta scavata nel mento marcato di suo padre, il suo sorriso accattivante che conquistava davvero tutti, muscoli appena accennati sotto una camicia bianca, la quale gli cadeva alla perfezione. E i suoi occhi, laghi di un azzurro ghiacciato, non era mai riuscito a sostenerli. Anche in questo percepiva un’altra cocente sconfitta, ma che in fondo lui aveva voluto e ricercato. Era il boccone amaro da inghiottire quotidianamente; abbassare gli occhi con devozione e attendere un momento: l’istante propizio del riscatto. Ma nuovamente non vi era solo questo. Non lo capiva, eppure in fondo a lui c’era davvero una sincera ricerca di affetto che lo spingeva a indagare qualcosa di buono in quello sguardo altezzoso e ipnotico che, per qualche strana ragione, apparteneva proprio a suo padre.                                                                                                                                        
E se poteva fare ciò, se poteva catalogare le sfumature di rosa sulle guance di sua madre ed indovinare la grandezza rassicurante del palmo delle mani del signor Keehl era solo perché (e questo non lo avrebbe davvero ammesso per nulla al mondo) Mihael passava le giornate a scrutarli avidamente da lontano. Dal principio aveva avuto qualche difficoltà a capire chi e cosa erano i genitori, poi quella parola aveva perso per lui ogni significato e consistenza, ma restava la certezza che quelle due figure che giungevano nella sua stanza come fantasmi per poi scomparire subito dopo erano, di fatto, coloro che lo avevano messo al mondo e questo semplificava ogni cosa. Poiché, anche se le mani del bambino non si erano mai intrecciate con quelle della madre e lui non conosceva come si vedeva il mondo dall’alto delle larghe spalle di suo padre, era certamente loro figlio e ciò rivendicava ogni diritto che Mihael aveva sul signore, e, sulla signora Keehl. Per questo inglobava con lo sguardo ogni minimo movimento, dapprima con semplice curiosità, poi con palese ossessione, perché i suoi genitori gli appartenevano e lui apparteneva a loro, un contratto senza vincoli; e visto che non si spiegava il motivo per cui non riusciva ad accoccolarsi timidamente tra le loro braccia cercava con un feroce accanimento di ricordarsi almeno l’aspetto, divorando foto su foto, e, le misere volte che passavano veloci e indaffarati per i lunghi corridoi della villa, il cuore di Mihael fremeva nel petto, con violenza, senza che potesse fermarlo. Poi ,se scorgeva una nuova ruga sulle fronti crucciate, o si accorgeva di saper riconoscere la cadenza dei passi e l’andatura elegante, si sentiva felice, una felicità dolorosa che si rimproverava aspramente, la quale durava il tempo di un attimo e lasciava ore di vuoto opprimente. Mihael chiudendo gli occhi vedeva una donna e un uomo, la sua mamma, il suo papà, e poteva dire solo che erano belli, di una bellezza perfetta da mozzare il fiato. Nulla più di questo. 
  
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