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Autore: Bramulcastoncha    14/04/2013    3 recensioni
Spesso tutto ciò di cui hai bisogno è un pianto. Ma non un pianto qualunque. Un pianto vero e proprio. Uno di quelli che non fai mai. Uno di quelli che finiscono per farti addormentare. Uno di quelli che ti provocano un mal di testa terribile. Uno di quelli che comincia la sera, facendoti ritrovare il mattino dopo, sullo stesso cuscino, magari con il trucco sbavato ed il naso completamente rosso.
Emma, ne aveva davvero bisogno, ma allora perché non riusciva a cacciar fuori quelle maledette lacrime?
Erano passati cinque anni.
Cinque anni da quando lui era andato via. Cinque anni da quando la piccola Sophie era nata e viveva con lei, in quella casa troppo grande, troppo vuota e troppo fredda per lei. Cinque anni da quando aveva mandato l’università a quel paese Cinque anni che aveva scoperto cosa fosse l’amore. Cinque anni nei quali era cresciuta. Cinque anni da quando aveva versato la sua ultima lacrima.
Cinque lunghissimi anni. Dolore, frustrazione, delusione, confusione, rabbia. E allora perché nessun pianto? Era convinta che tolta Sophie nessuno sarebbe riuscito a farle provare qualcosa.
Ne era convinta, fino a quel fatidico 18 aprile.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologue.
 
Baby, you don’t have to worry
I’ll be coming back for you, back for you, back for you,
Lately, I’ve been going crazy,
So I’m coming back for you, back for you, back for you.
 
Spesso tutto ciò di cui hai bisogno è un pianto. Ma non un pianto qualunque. Un pianto vero e proprio. Uno di quelli che non fai mai. Uno di quelli che finiscono per farti addormentare. Uno di quelli che ti provocano un mal di testa terribile. Uno di quelli che comincia la sera, facendoti ritrovare il mattino dopo, sullo stesso cuscino, magari con il trucco sbavato ed il naso completamente rosso.
Emma, ne aveva davvero bisogno, ma allora perché non ci riusciva?
Perché non riusciva a cacciar fuori quelle maledette lacrime?
Erano passati cinque anni. Cinque dannatissimi anni.
Cinque anni da quando lui era andato via. Cinque anni da quando la piccola Sophie era nata e con cui viveva, in quella casa troppo grande, troppo vuota e troppo fredda per lei. Cinque anni da quando si era messa a lavorare seriamente. Cinque anni da quando aveva mandato l’università a quel paese. Cinque anni che i suoi amici le stavano vicini, senza mai abbandonarla. Cinque anni che aveva scoperto cosa fosse l’amore. Cinque anni che aveva visto per l’ultima volta il viso di cui si era perdutamente innamorata.
Cinque anni nei quali era cresciuta, in tutti i sensi. Cinque anni da quando aveva versato la sua ultima lacrima.
Cinque lunghissimi anni. Dolore, frustrazione, delusione, confusione, rabbia. E allora perché nessun pianto? Perché nessuna lacrima? Perché?  
Ormai era fermamente convinta che tolta Sophie, nessuno sarebbe riuscito a farle provare.. qualcosa.
Ne era convinta, fino a quel fatidico 18 aprile.

Guardava Sophie giocare con quella barbie da più di un’ora ormai. Era strano come i bambini potessero divertirsi con così poco. Vedevano sempre tutto rosa, o celeste, a seconda dei casi. Tutti fiori sbocciati, profumati, colorati e nessun fiore appassito. Niente spine, tutto dannatamente perfetto. Fino a quando non si cresce, non si matura, non si capisce. Sì, decisamente sì. Sarebbe stato fantastico tornare bambina. Non capisci nulla, scruti tutto con occhioni attenti ma soprattutto piangi. Piangi quanto vuoi, senza che nessuno possa dirti nulla. Sì, Emma l’avrebbe chiesto al Natale prossimo.
Il punto però, era uno.
La guardava da un’ora e ventisette minuti esatti e non poteva far altro che sorridere. Non si stancava mai. E più la osservava, più sentiva morse allo stomaco. Era uguale a lui.
Il colore dei capelli; il taglio degli occhi e quel colore che tanto la faceva sciogliere; le labbra. Solo il nasino cambiava: quello della bambina era leggermente all’insù, come quello di sua madre. Ma qualcosa da lei avrebbe pur sempre dovuto prenderlo, no?
Niall diceva che nonostante avesse solo cinque anni, Sophie era la bambina più forte e sicura che potesse esistere, proprio come lei, ma Emma non ne era poi così sicura.
Emma non era forte, assolutamente no, ma Sophie forse sì.  Aveva solo cinque anni, ma era già sicura. Sicura di quel che faceva, di quel che diceva e sicura di quel che era.
Una bambina perfetta, no?

«Mamma, quando arriva zio Harry?» la voce dolce di Sophie la fece tornare alla realtà. L’aveva raggiunta sul divano, con in mano la sua barbie preferita. Allungò le braccia e l’afferrò per i fianchi, poggiandola delicatamente sulle sue gambe. Sorrise dolcemente, per poi scostarle una piccola ciocca dietro l’orecchio.
«Dovrebbero arrivare a momenti, piccola» la bambina sorrise annuendo, prendendo a guardare la bambola che aveva in mano.
«Mamma, a Natale me ne prendi una nuova?» Emma sorrise, prendendo a guardare anche lei la bambola di plastica.
«Perché aspettare fino a Natale?» Emma vide gli occhi della bambina illuminarsi e non poté essere più contenta in quel momento. La piccola buttò le braccia al collo della mamma e la strinse forte a se.
«Ti voglio bene mamma, come ne voglio a papà, anche se non torna mai da quel lungo viaggio» il sorriso della bambina si trasformò  in una smorfia per qualche secondo ed Emma la strinse più forte a se sentendo gli occhi inumidirsi. Avrebbe voluto piangere e lasciare tutto fuoriuscire da quelle piccole goccioline salate, ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Sentì il campanello suonare e la bambina si staccò chiedendo con gli occhi il permesso alla mamma. La bionda annuì e la bambina corse alla porta, mentre lei andava in cucina per mettere a bollire l’acqua per il thè pomeridiano insieme ad Harry. Quando però non sentì nessuna voce provenire dal salotto, andò a controllare.
«Sophie? Chi era al-» Emma sbiancò e si bloccò lì, davanti alla porta, davanti a quella figura, lasciando che Sophie si nascondesse dietro il suo corpo.
«M-mamma, è lui?» la ragazza poggiò una mano sulla sua testa, carezzandola delicatamente.
«Che ci fai qui?» si rivolse poi alla figura ancora ferma sulla soglia, con un sorriso dolce stampato sul volto.
«Sono tornato» e gli occhi di Emma, si fecero improvvisamente lucidi. Sarebbe stata quella la volta buona?
«Q-questo lo vedo. Perché?» il moro indicò con un cenno della testa il piccolo corpicino dietro il suo.
«Sono tornato. Per te. Per lei. Per fare il papà».
   
 
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