Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ShioriKitsune    15/04/2013    5 recensioni
«In un certo senso, ed in un modo strano e contorto, lui mi ha salvato. Ed io gli sarò sempre grato per questo».
[SebxCiel]
E' la mia prima fan fiction sul mondo di Anime e Manga, spero che vi piaccia. Questa storia è ambientata dopo l'ultima puntata dell'Anime (il manga è ancora in fase di lettura v.v) e inizia raccontando la paura di Ciel riguardo al distacco del suo maggiordomo. E poi, in un crescendo di suspance, si scoprirà quanto Ciel sia stato infantile nel suo giudizio.
Spero davvero che possa essere di vostro gradimento :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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La mano di Alaister mi stringeva, tenendomi sollevato.
Ero un fantoccio, ormai. Privato dell’onore, privato del mio grado.
Un burattino nelle mani del nemico.
Che mi finisse, allora. Vivere un altro giorno di quella miseria non sarebbe servito a niente.
Quello sporco demone non aveva mai avuto intenzione di ridarmi Anne, nemmeno per un secondo. Ed io, come uno stupido, avevo lasciato che si prendesse gioco di me.
Sorrisi debolmente, il mio corpo non provava nemmeno a ribellarsi.
«Cosa stai aspettando, diavolo? Strappami quel cuore morto che mi pompa nel petto. È ormai inutile da così tanto tempo».
Alaister mi rivolse una smorfia di disgusto. «A cosa ti sei ridotto, shinigami? Disposto a morire per così poco. Non riesco neanche a provare pietà per te».
«Non cerco la tua pietà», sussurrai. «né quella di altri».
A cosa sarebbe servito opporsi, aggrapparsi alla vita anche se questa non aveva più nulla da offrire? Per tutto quel tempo, avevo vissuto con il solo obbiettivo di riuscire a rivederla, prima o poi. Esplorando ogni strada, cercando ogni tipo di soluzione per rimediare al mio sbaglio.
Lo sbaglio che commisi quella fatidica notte di gennaio.

 

 

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Con quel vestito a fiori, Anne era la cosa più bella che avessi mai visto. I suoi capelli, lasciati sciolti, erano lunghi, mossi e, in quel momento, scarmigliati dal vento.
Ero seduto su un masso alto, abiti borghesi e i capelli legati in una coda. In pieno servizio, in realtà. Ma, nonostante questo, non potevo evitare di passare più della metà del mio tempo nell’osservare quella ragazza.
Sorrisi tra me, seguendo le sue giravolte con gli occhi, desiderando di poterla stringere tra le braccia e baciarla fin quando non le fosse mancato il respiro.
«Nathan, cos’aspetti a raggiungermi?».
La sua voce era allegra e squillante. Mi sorrise, quel sorriso che era capace di sciogliermi il cuore. «Arrivo!», risposi, facendo un salto giù e avvicinandomi a lei.
Da gentiluomo quale ero, non l’avrei sfiorata senza il suo consenso. Era un fiore troppo puro, troppo perfetto e innocente perché potessi anche solo scalfirlo.
Mi afferrò la mano guantata, intrecciando le dita con le mie. «Sono felice che trovi sempre un po’ di tempo da passare con me».
Le rivolsi un sorriso, resistendo all’impulso di sfiorarle la guancia con le dita. Mi limitai a stringere un po’ di più la presa delle nostre dita. «Riuscirei sempre a trovare del tempo per te, mia dolce Anne».
Il suo cuore batteva forte, potevo sentirlo chiaramente. Dopo un attimo di esitazione, si allungò sulle punte e sfiorò le mie labbra con le sue.
Fui invaso dal calore, mentre le mie braccia l’avvolgevano dolcemente. «Ti amo», sussurrai al suo orecchio.
Lei arrossì, nascondendo il viso contro il mio petto. «Sai che ti amo anch’io».
Era vero, mi amava. Mi amava nonostante conoscesse tutti gli oscuri segreti che mi portavo dietro. Nonostante sapesse chi ero e qual era il mio destino.
Mi amava senza pregiudizi, senza riserve.
E io le avevo donato il mio cuore.
 
***
 
Erano passati due anni da quel giorno. Giorno in cui, sotto sua richiesta, l’avevo portata lontano dalla sua città natale, permettendole di visitare il mondo. Dal giorno in cui, sotto un cielo stellato, avevo udito i suoi gemiti spezzare il silenzio della notte. Dal giorno che l’aveva vista diventare mia sotto ogni punto di vista.
Giaceva addormentata al mio fianco, le sue braccia che mi circondavano la vita.
Le carezzai dolcemente il capo, senza svegliarla. Avevo del lavoro da fare, lavoro che ultimamente stavo trascurando. Le anime non si sarebbero mietute da sole.
Inoltre, non potevo permettermi di svolgere male il mio lavoro: nell’ufficio amministrativo avrebbero potuto insospettirsi e decidere di passare a controllare cosa stessi combinando. Se ciò fosse successo, se avessero scoperto di Anne..
Al solo pensiero, m’irrigidii. L’avrebbero uccisa senza pensarci due volte.
Provare amore per un’anima umana era fuori dalle cose consentite ad un dio della morte.
Le baciai i capelli, sciogliendo la sua presa e liberandomi di malavoglia del tepore delle coperte e del suo corpo.
Mi rivestii, lasciando però i capelli sciolti sulle spalle, indossai gli occhiali e uscii nel buio della notte.
Il lavoro quella notte non era molto. In lista c’erano soltanto alcune anime, tutte destinate a morire in modo naturale, di vecchiaia, eccetto una. Le presi velocemente, pronto a tornare da lei.
Ma qualcosa, qualcosa di simile ad un’orribile sensazione, mi costrinse a correre, saltando da un tetto all’altro ignorando la possibilità che qualcuno potesse vedermi.
E, quando spalancai la porta, Anne era circondata da shinigami armati di falci.
Schiusi le labbra. «Cosa sta succedendo?».
Uno di loro si fece avanti, aggiustandosi gli occhiali. Il suo sguardo era imperturbabile, quasi indifferente. «Questo dovremmo chiederlo noi a te, Nathan. Ci sono stati dei ritardi nella mietitura delle anime a te assegnate e stasera hai perfino commesso un errore». Fece una pausa, sfogliando la sua lista. «Hai mietuto un’anima al posto di un’altra. Eppure, il nome riportato sul registro è giusto. Come hai potuto sbagliare?».
Sgranai gli occhi e, confuso, iniziai a cercare quel determinato nome sulla mia lista.
E rimasi di stucco.
Avevano ragione, avevo commesso un errore.
Anne mi guardò, tremante. Lacrime di paura rigavano le sue gote arrossate. «Nathan», squittì. «Nathan, cosa succede?».
Deglutii a vuoto, serrando i pugni. «È stato un mio errore, lei non c’entra. Lasciatela andare».
Non avrei permesso che qualcuno le torcesse anche un solo capello.
«Sbagliato. Devi rimediare al tuo errore sacrificando un’altra anima».
Strinsi la mascella. «Bene, vorrà dire che andrò subito a mietere l’anima che era destinata a morire».
Lo shinigami di prima, quello dallo sguardo vitreo, sorrise appena. «Credi che te la caverai così facilmente? Hai sottratto la vita a qualcuno che aveva ancora vent’anni davanti. Dovrai quindi uccidere almeno venti persone innocenti, rinunciando ai tuoi poteri da shinigami per rimediare a quell’unico sbaglio. Oppure..».
Affilai lo sguardo, incrociando il suo.
«Oppure devi uccidere lei».

 
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Con la coda dell’occhio, vidi Grell impugnare meglio la sua falce.
“Sciocco”,avrei voluto dirgli. “ ‘sta fermo. Non ho bisogno di essere salvato”.
Era arrivato il momento di pagare, e nessuno di loro avrebbe dovuto mettersi di mezzo.
Sebastian, con ancora il piccolo conte tra le braccia, lanciava occhiate alternate a me e all’altro shinigami. Nel suo sguardo potevo scorgere chiaramente l’espressione combattuta di chi non sa cosa fare. Mi avrebbe lasciato morire, gli avevo fatto un torto. Era sempre un demone, in fondo.
Ma Grell.. quell’audace rosso, col tempo era diventato la cosa più simile ad un amico che il maggiordomo avesse. E, per quanto lui stesso si sforzasse di non ammetterlo, da quando aveva conosciuto Ciel era cambiato.
La sua anima, quella che nessun demone per definizione avrebbe dovuto possedere, stava tornando in superficie.
Incrociai i suoi occhi per un secondo, e durante quel secondo riuscimmo a comunicare.
Come se ci fossimo letti nel cuore a vicenda.
Gli sorrisi appena, lui distolse lo sguardo.
Ma le parole che mi trasmise nella testa furono ciò che più mi sorprese.
“«Non posso fare di più, ma spero serva a darti la forza di combattere ancora per un po’»”.
Alzai un sopracciglio, confuso.“Che diavolo..?”
Ma, un secondo dopo, la figura di Anne si materializzò nuovamente davanti ai miei occhi. E non era la Anne sofferente che Alaister aveva riprodotto, quella da cui mi ero lasciato ingannare.
Questa era davvero lei.
Schiusi le labbra, lei mi sorrise e allungò la mano verso di me.

 
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Digrignai i denti. «Credete davvero che potrei ucciderla?».
L’altro Shinigami mi trafisse con lo sguardo. «Come pensavo. Sei legato a quest’anima, vero? Sei innamorato di lei. Meriteresti la morte anche tu, per questo affronto».
Abbassai il capo, impotente.
Ero stato scoperto.
«Ucciderò le venti persone, ma non fatele del male».
«No!». Lo sguardo di Anne era pieno di delusione, e mi distrusse dall’interno. Le lacrime si erano fermate, il suo viso era contratto a causa della sofferenza. «Non ti permetterò di macchiarti di un simile crimine. «Uccidi me, Nathan, ti prego. Uccidi me».
Strabuzzai gli occhi, correndo ad afferrare le sue mani e infischiandomene di chi in quel momento ci stava fissando con disgusto. «Non potrei mai uccidere te, come ti passa per la testa? Tu sei la mia anima».
Lei sorrise, sfiorandomi una guancia con la mano. «Va bene così, resterò con te comunque. Ma non permetterò che tu muoia, non permetterò che sacrifichi degli innocenti per me. Sono io quella che deve morire».
Lacrime amare iniziarono a bagnarmi le guance. Come avrei potuto commettere una simile atrocità?
«Non piangere, tesoro. Sai che ti amo e continuerò a farlo, qualsiasi cosa succeda».
Afferrò la falce che stringevo nella mano sinistra, puntandosela al petto.
Trattenni un singhiozzo, bloccandole le mani. «No, Anne, no. Ti prego. Non posso vivere senza di te».
«Sì che puoi», rispose lei, gentilmente. Aveva smesso di tremare, aveva smesso di avere paura. In quel momento era lei a prendersi cura di me. «L’hai fatto per secoli, prima di conoscermi».
«Ma-».
«Niente ma. È una mia scelta».
«Non sei tu a dover prendere questa scelta!», gridai.
«Bene, credo che questa recita straziante sia durata fin troppo. Se non la uccidi tu, lo farò io. E in modo lento e doloroso». Lo Shinigami sorrise, sfiorando soddisfatto la sua falce con la punta delle dita.
In quel momento avvertii l’irrefrenabile impulso di squartarlo in mille pezzettini e darlo in pasto ai cani. Il mio sguardo era carico d’odio, odio che doveva trovare un capo espiatorio.
Stavo per alzarmi, ma qualcosa mi trattenne.
Anne, afferrando la mia mano, aveva spinto la falce fino a sanguinare, perforandosi il petto.
«Anne..».
“Perché?”
Lei tossì, dalla sua bocca sgorgò un rivolo di sangue. «Non sentirti in colpa per questo. Amarti è stata la cosa più bella che potesse succedermi. Conserva il mio ricordo come un motivo per sorridere. Ti amerò per sempre».
Non feci in tempo a risponderle che il suo corpo mi si afflosciò tra le braccia.
Ero impietrito, lo sguardo vacuo e fisso nel vuoto, la bocca aperta.
Era successo tutto troppo velocemente, così tanto che non riuscivo a rendermene conto.
Soltanto poche ore prima, l’avevo baciata e stretta a me in quella stessa casa..
«Anne».
Quel gemito strozzato era tutto ciò che riuscii ad emettere. Sbloccandomi, trovai il modo di stringere a me il suo corpo senza vita.
«Esaminate i cinematic records e mietete la sua anima», aveva ordinato il capo.
Non riuscivo a guardarlo, non riuscivo a controbattere.
«Nathan, puoi ancora considerarti uno shinigami. Torna al lavoro il prima possibile».
Ma non lo degnai nemmeno di una risposta. Mi alzai, con ancora il corpo di Anne tra le braccia e uscii, lasciando indietro sia la falce che gli occhiali.
Quella fu l’ultima volta che qualcuno mi chiamò con il mio vero nome.

 

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«Anne, sei tu?».
Lei annuì. «Questo demone è più potente dell’altro. Ma non posso approfittarne, devo dirti subito ciò che devo e sparire. Questa cosa non durerà ancora molto».
Sì, era decisamente lei. Il modo in cui pronunciava la “a”, l’inclinazione del collo quando parlava concitata.. Come era riuscito Sebastian a fare una cosa del genere?
Più potente dell’altro, aveva detto Anne.
Che Sebastian stesse nascondendo qualcosa a tutti quanti?
Mi liberai dalla stretta del demone, ruotando la falce che Grell mi aveva lanciato e puntandogliela alla gola.
Così, mentre Grell giocava col mostro – aveva un assurdo bisogno di squartare gente – io avrei potuto parlare con lei.
Mi avvicinai, incredulo, cercando di sfiorarla.
«Non puoi toccarmi», sussurrò dispiaciuta. «Non sono davvero qui».
Annuii, inginocchiandomi di fronte a lei. «Anne, mi dispiace così tanto. Non c’è un giorno in cui io non pensi a te e non mi maledica per quello che-».
«Basta, Nathan», m’interruppe dolcemente. «Non è stata colpa tua, ho scelto io di sacrificarmi e non me ne pento. Lo rifarei ancora, se potessi».
Quel suo sorriso mi fece tornare indietro nel tempo. Era lo stesso, come se fosse davvero tutto come prima. Per un solo momento, mi concessi di indugiare in quell’illusione.
La figura di Anne era smussata. «Non c’è più tempo», m’informò.
Dio, era durata troppo poco. 
«Quello che volevo dirti è che qui sto bene. Sono in pace. Non devi dannarti per trovare un modo di farmi tornare indietro, non sarebbe naturale. E per quanto io ti ami e desideri stare con te, ora come ora non sarebbe giusto. È questo il mio posto, adesso».
Senza neanche rendermene conto, una lacrima mi bagnò la mano.
«Non piangere», mormorò lei, afflitta. «Voglio solo che tu sia felice. Aiuta quella stramba coppia, hanno entrambi bisogno di essere salvati».
«Ma io..».
Anne allungò una mano, sfiorandomi una guancia. Sgranai gli occhi. «Avevi detto che..».
«Infatti, ma stavolta sono io che sto toccando te».
Eppure, nonostante le sue parole, anche lei sembrava vagamente sorpresa. Si avvicinò, dandomi un casto bacio sulle labbra. «Ci rincontreremo, prima o poi».
E, così com’era venuta, la sua figura si dissolse.
“Sì, ci rincontreremo. È una promessa, Anne”.

 
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«Sebastian? Ehi, Sebastian?».
Non lo avevo mai visto così.. stanco. Ansimava, chinato sul pavimento, mentre si teneva una mano alla gola come se gli mancasse l’aria.
Sgranai gli occhi, inginocchiato al suo fianco. «Sebastian, che cosa sta succedendo?».
«Nulla di cui devi preoccuparti, bocchan», biascicò, continuando ad usare quel nomignolo nonostante io non fossi più il suo padrone.
Mi guardai intorno, quella situazione era delle più strambe. Undertaker si era appena rialzato, ma ero sicuro avesse bisogno di un momento. Grell, invece, sembrava in seria difficoltà: battersi contro un demone di quella portata da solo non doveva essere tanto semplice.
Se Sebastian non si fosse ripreso in fretta..
«Undertaker», chiamò lui, attirando l’attenzione dello shinigami. «Visto che mi devi un enorme favore, porta via lui».
Cosa?
«No! Sebastian, non voglio, io..-».
Lui mi afferrò le spalle, guardandomi intensamente negli occhi. «Ascolta, devi andare via di qui. Non posso permettere che tu muoia.. di nuovo. Non prima di averti restituito ciò che è tuo».
Serrai i pugni.
Abbandonarlo ad affrontare un nemico che io stesso avevo scatenato sarebbe stato da codardi, ed io non ero un codardo. «No, resterò qui ad aiutare».
I suoi occhi cangianti ardevano. «Ciel, ti ho detto di andare via. Undertaker ti porterò al sicuro».
Non mi lasciarono neanche il tempo di controbattere. Lo shinigami mi afferrò, trascinandomi via senza dire niente.
Ma qualcosa lo costrinse a fermarsi subito dopo.
Durante la nostra piccola bisticciata, Alaister era riuscito ad avere il sopravvento su Grell e a sfilargli la falce di Undertaker. L’aveva lanciata nella nostra direzione, ma qualcosa si era messo di mezzo.
Lui mi fissò ad occhi sgranati, mentre la macchia rossa sui suoi abiti si espandeva sempre di più. «Sca..ppa», sussurrò a stento,  mentre le sue gambe cedevano.
Sebastian.







TO BE CONTINUED:
Siamo già al capitolo 13, ahhh. Sono felice delle vostre recensioni e sollevata che la mia storia sia ancora seguita. Dopo questo capitolo, incentrato per lo più su Undertaker e Anne, avremo una mezza battaglia che si concluderà in modo tragico.
Ovviamente, non dico per chi.

Alla prossima!
   
 
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