Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Beatristea    15/04/2013    0 recensioni
È un silenzio. È il vuoto, origine di tutto.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Giusto un filo di trucco. Ecco ora era a posto. Ci teneva molto al suo aspetto, voleva che tutti pensassero che lei fosse sempre pronta. Neanche lei sapeva pronta per cosa, ma sapeva che in una società frettolosa come quella moderna; essere pronti era sempre giusto.
Uscì di casa e andò al solito incrocio, lì l’aspettava come al solito la sua migliore amica, faceva sempre la strada con lei. Si avviarono verso la scuola, ma lei non ci arrivò mai.
Stavano camminando e Ginevra, la sua migliore amica, le stava facendo sentire una canzone che aveva appena scoperto, passava pomeriggi interi su YouTube e il giorno dopo le riferiva tutto. La canzone in questione era abbastanza carina. Erano entrambe prese dalla canzone mentre attraversavano la strada, tanto era mattina e di lì non passava mai nessuno. Ma quella volta, qualcuno passò.
Gli era arrivata una lettera. Doveva essere qualche bolletta da pagare o roba del genere, nessun altro gli scriveva. La lasciò lì ed andò al lavoro, come ogni mattina. Era un lavoro noioso il suo, doveva leggere ogni giorno decine di curriculum di giovani ragazzi e ragazze che volevano lavorare per la sua azienda; ne sceglieva due al giorno poi li metteva da parte per il venerdì (suo giorno preferito) e li buttava via tutti. Non aveva senso, lo faceva solo per puro sadismo; era come se giocasse con il giovane, lo illudeva a sua insaputa e poi gli diceva che non era abbastanza. Era l’unica cosa che rendesse meno noioso il suo lavoro.
Quel giorno però appena arrivò al lavoro, tutti lo guardavano in modo strano, quasi commossi. Priscilla addirittura lo abbracciò e bofonchiò qualcosa come un “mi dispiace…”. Era frastornato, aveva sempre avuto una cotta per Priscilla e ora lei lo abbracciava… È poi “mi dispiace” per cosa? Non capiva. Andò alla sua solita postazione di lavoro e lì ci trovò il capo. Lo guardava con compassione. Gli si avvicinò e disse:” Antonio, ieri sera ti ho mandato una lettera, ma sapevo che tu non l’arresti letta. I tuoi colleghi lo sanno già, gli ho parlato questa mattina prima che arrivassi. L’azienda sta avendo dei problemi finanziari e dobbiamo fare dei tagli. Mi dispiace ma non possiamo più assumere nuovo personale e da adesso non possiamo più permettersi nemmeno qualcuno che se ne occupi. Mi dispiace Antonio, ma sei licenziato.” Licenziato. Licenziato, che bruta parola, che brutto significato. Si voltò, tutti i suoi “colleghi” lo stavano fissando facendo finta di fare altro, aveva chiuso la porta quindi non sapevano le esatta parole ma sapevano ciò di cui il capo gli stava parlando. Il capo. “Il capo” aveva trent’anni aveva la metà dei sui anni. Eppure aveva molto più potere di lui. Già aveva sessant’anni, come avrebbe fatto a trovare un nuovo lavoro, perché senza non sarebbe riuscito a sopravvivere. Avrebbe spedito spedito anche lei il suo curriculum? E qualcuno avrebbe giocato con il suo futuro come aveva fatto lui? Si ricordava ancora quando era stato assunto, aveva vent’anni, era stato il suo secondo lavoro. Quasi non si ricordava la sua vita senza questo lavoro. La sua vita era questo lavoro. La sua vita è questo lavoro che ora gli hanno portato via, anzi gli ha portato via, sì perché è stato “il Capo”. Chi si credeva di essere questo capo? Da poter distruggere così la vita ad un uomo? Si credeva Dio? Gliela avrebbe fatta vedere lui. Lo colpì. Dritto in faccia. Il Capo non se l’aspettava e ricette il colpo ma subito riuscì a parare il seguente e bloccò le braccia di Antonio dietro la schiena, dopo tutto lui aveva la metà dei suoi anni. Lo guardava con occhi spalancati, era stordito. Il sangue colava dal suo naso ma fece finta di niente e disse: ” non me lo sarei mai aspettato da te. Mi ricordo ancora quando ricevetti la lettera di assunzione, poi scoprii che eri stato tu ad inviarla, mi sentivo così grato verso di te. Mi ricordo quando vidi per la prima volta la tua sudicia faccia rugosa. In quel momento non mi sarei mai aspettato che un giorno tu mi avresti colpito.” “Oh, perfetto, ora l’ho anche deluso, il signorino- pensò Antonio.” Passò tra dei “colleghi” allibiti e tornò a casa sua. Vide sul tavolo la lettera. La buttò nel cestino senza nemmeno leggerla. Si sentiva vuoto. Andò a bere nel bar sotto casa, tanto era un amico, gli avrebbe fatto uno sconto sul totale. Stette lì a bere tutto il giorno. La sera il bar doveva chiudere, ma Antonio non voleva tornare a casa. Prese l’auto e andò in cerca di un locale dove continuare a bere la notte. Ne trovò uno e lì trovò anche una ragazza che assomigliava a Priscilla da giovane, le si avvicinò, quella notte voleva sentirsi uomo. Si senti sollevare di peso, e sferrò qualche colpo a vuoto poi venne sbattuto fuori con un “tornate e a casa nonno.” Andò in auto e per locali per tutta la notte.
Stavano camminando e Ginevra, la sua migliore amica, le stava facendo sentire una canzone che aveva appena scoperto, passava pomeriggi interi su YouTube e il giorno dopo le riferiva tutto. La canzone in questione era abbastanza carina. Erano entrambe prese dalla canzone mentre attraversavano la strada, tanto era mattina e di lì non passava mai nessuno. Antonio stava tornando a casa, si sentiva vuoto come la sera prima ma l’alcol stava facendo effetto e lui non aveva potere sulle sue azioni. Fide due figure, ridevano fra loro ma non capì e continuò a guidare. Senti un tonfo. Qualcosa che rotolava sopra la sua auto. Delle grida. Un nome urlato e ripetuto. Poi un vuoto. Silenzio.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Beatristea