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Autore: Mitsuki91    15/04/2013    6 recensioni
"Non era stata in grado di scegliere.
Fra un’eternità sconosciuta e un’eternità fatta a pallida imitazione della vita, Pansy non era stata in grado di scegliere. Si era bloccata al momento della decisione, così adesso era sospesa a metà fra due mondi: ancora vagante per quello conosciuto, senza più poter essere vista né sentita, mentre cercava di capire quale era la via che le si ad-diceva.
[...]
La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita."
[Partecipa al contest "l'importanza di essere serpeverde" indetto da Sweet Cupcake]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autore (nick EFP e Forum): Mitsuki91 (ovunque)
Titolo: La pelle sotto le dita
Personaggi: Pansy Parkinson, Draco Malfoy, accenni di Astoria Greengrass
Rating: Giallo, credo o.O
Genere: Malinconico, introspettivo
Avvertimenti: /
Note dell'autore: allora… La storia, non so perché, non mi convince del tutto o.O forse il modo in cui è scritta, boh, non è abbastanza “poetica”, non so se mi spiego… Avrei voluto metterci immagini più evocative, invece mi è uscita così. Non ho nulla di particolare da dire, se non che ho deciso di sfatare un po’ di cliché e che ho cercato di dare a Pansy una caratterizzazione coerente con ciò che sappiamo di lei ma allo stesso tempo più ampia… Come dire… Ok, Risa mi ha avvertito che tieni abbastanza all’IC XD così tento di spiegarmi: Pansy nei libri viene descritta come la classica “bulletta” che spalleggia Malfoy (ma che fa la bulla anche per conto suo) e basta. Io credo invece che, al di là dell’essere bulli, Pansy sia una ragazza con diverse sfaccettature: partendo dal presupposto che è innamorata di Draco, almeno in questa mia versione, ho lasciato dei lati egoistici che credo lei abbia, ma ho esteso la visione includendoci anche l’amore. Non so perché, ma tutti pensano che i Serpeverde non siano in grado di amare (tipico cliché Dramionoso, eh già – e tutti che si dimenticano di Piton, in questo caso): io non la penso così. Pansy, nella mia storia, forse può essere un po’ troppo “appiccicosa” (non voglio rovinarti la sorpresa XD) ma non lo fa per amore melenso, lo fa perché trova che quello che le sia successo sia… Ingiusto. Rivuole la sua vita, ecco. Passando a Draco: anche lui l’ho dotato di sentimenti (credo che sia stato innamorato veramente di Pansy); non l’ho fatto come puttaniere di Hogwarts (cliché), anzi; non l’ho descritto come superfigo con i muscoli da Quidditch (? – cliché); ho fatto sì che i suoi migliori amici siano – fossero – Tiger a Goyle (lui migliore amico di Zabini è un cliché che più cliché non si può =..= e tutti si dimenticano di Goyle… Dato che Tiger è morto ci potrebbe anche stare, ma Goyle…). Eccetera.
Ultimo appunto sui personaggi: ho immaginato Astoria come una ragazza dolce e solare, ma anche discreta, anche se non si vede apertamente in questa OS. Il rapporto fra lei e Draco è cresciuto piano, dato che si mettono insieme dopo circa un anno che iniziano ad approfondire la loro conoscenza. Questo passaggio forse non è chiaro, ma non potevo certo mettermi a raccontare secondo per secondo l’anno scolastico. In totale, a fine storia, dovrebbero essere passati circa due anni dalla battaglia finale, forse qualcosa di più.
Ora passiamo alla parte “formale” della storia. Questa è una OS, anche se a prima vista può sembrare una raccolta di drabble/flash. Il fatto è che questa narrazione “interrotta”, per così dire, ha un senso solo se letta in modo continuo. Ho preso dei momenti salienti e ho raccontato solo quelli, ma tutti sono legati da un filo logico, che fa sì che non possano essere letti separatamente. Insomma: la storia ha una trama, non sono episodi disgiunti. La ripetizione di una frase in particolare è voluta e serve a dare un certo effetto: almeno, questo nelle intenzioni, poi starà a te giudicare. C’è anche uno di questi “pezzetti” dove due parole sono ripetute spesso (una delle ultime): all’inizio non sapevo come toglierle, poi mi sono accorta che davano anche loro un certo effetto. Una sorta di parallelismo, ecco.
Detto questo, ti lascio alla storia XD Ho davvero esagerato con queste note, sono più lunghe del resto! XD



La pelle sotto le dita

Non era stata in grado di scegliere.
Fra un’eternità sconosciuta e un’eternità fatta a pallida imitazione della vita, Pansy non era stata in grado di scegliere. Si era bloccata al momento della decisione, così adesso era sospesa a metà fra due mondi: ancora vagante per quello conosciuto, senza più poter essere vista né sentita, mentre cercava di capire quale era la via che le si addiceva.
La cosa che l’aveva sempre spaventata di più era il concetto stesso di “eternità”. Restare intrappolata per sempre in un mondo o nell’altro, senza mai avere la possibilità di tornare indietro. Non sapendo cosa ci fosse davanti a lei, ma sapendo benissimo cosa, invece, lasciava.

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Per quanto riguardava il senso del tatto e se stessa non c’erano problemi: aveva scoperto di indossare ancora la leggera camicia da notte con la quale era morta, la sera della battaglia finale, e riusciva a toccarsi e a saggiare le cicatrici che erano rimaste. Era il resto che era inaccessibile: le sue dita scivolavano inermi su tessuti e superfici, senza neanche portarle un brivido, una sensazione. Senza neanche far avvertire agli altri la sua presenza. Poteva muoversi attraverso le cose, come un fantasma, ed era assolutamente inconsistente.

L’aveva osservato.
Da quando era morta, non c’era stato un istante in cui lei non fosse rimasta con Draco.
Loro due si amavano. Si erano messi insieme dopo il Ballo del Ceppo, al quarto anno, e il loro rapporto era cresciuto giorno dopo giorno.
Lei sapeva tutto di lui. Conosceva ogni sua singola espressione, ogni suo minimo sbalzo d’umore; sapeva cosa lo spaventava e cosa lo faceva felice; sapeva come prenderlo nei giorni no e sapeva anche come farsi regalare un sorriso sincero.
Aveva saputo che era entrato a far parte ufficialmente dei Mangiamorte.
Aveva saputo della missione pericolosa del sesto anno, anche se non nei particolari, perché lei, invece, non era una Mangiamorte.
Gli era stata accanto, semplicemente. Gli era stata accanto, come sempre.

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Tante volte l’aveva toccato, da viva, e il sapore dei baci e del sudore erano ricordi indelebili nella sua mente. Ora, l’unica cosa che poteva fare era sfiorare la sua cicatrice, gemella di quella che era stata fatta a lui da Potter stesso, le cicatrice del Sectumsempra che l’aveva uccisa. Partiva dal fianco destro, saliva sull’addome. Erano tre graffi paralleli: il secondo le deformava il seno e il terzo l’aveva presa in pieno viso. A lui non era andata così male, tempo prima, però non poteva far a meno di pensare che erano marchiati allo stesso modo, ora, e non poteva fare a meno di far scorrere le dita su quei segni in rilievo.
Ma avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter toccare ancora lui.

Draco era stato male.
Una volta appreso della sua morte si era rinchiuso in camera sua e si era rifiutato di mangiare per ben tre giorni. Sua madre, Narcissa, era molto preoccupata. Un po’ con le buone e un po’ con le cattive, l’aveva convinto a nutrirsi di nuovo decentemente.
Pansy si era inquietata. Draco era già abbastanza magrolino, non voleva che deperisse per lei. Aveva tirato un sospiro di sollievo quando l’aveva visto mangiare di nuovo. In ogni caso, non aveva potuto far niente per le sue notti insonni, per i pianti silenziosi che faceva lontano dallo sguardo vigile di Narcissa. In un certo senso se ne era anche compiaciuta: che lui soffrisse così era la prova che l’amava veramente, così come lei amava lui.
Però, proprio per quell’amore che provava, soffriva con lui e avrebbe voluto non essere la causa del suo dolore.

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Avrebbe voluto poterlo toccare, anche per un’ultima volta, e non solo per appagare un suo desiderio: voleva dargli una carezza per consolarlo, per fargli capire che era lì con lui, per aiutarlo a superare il lutto.
Lei ci provava, davvero. Si sedeva sul letto accanto a lui, faceva scorrere le dita sul suo braccio. Cercava di non affondare nella sua carne, di non trapassarlo, di restare in superficie, ma niente. Lui non avvertiva nemmeno un brivido. E, allora, a Pansy non rimaneva altro che sfiorarsi le cicatrici della maledizione che l’aveva uccisa, cercando conforto nella somiglianza con quelle che aveva lui, che così tante volte aveva percorso.

L’eternità continuava a spaventarla.
Pansy passava le sue giornate osservando Draco, che finalmente aveva ripreso ad uscire, anche se indossava una maschera con gli altri e si lasciava andar al dolore solo quando non c’era nessuno, e desiderava ardentemente di poterlo toccare.
La vita attorno a lei scorreva, mentre Pansy era bloccata in un limbo. Non sapeva scegliere, e come poteva? Draco ancora soffriva per lei. Lei stessa reputava la sua morte totalmente ingiusta; a volte, persino, era arrivata a credere che fosse tutto un sogno, che si sarebbe svegliata presto e che le cose sarebbero tornate a posto.
Non si riusciva a decidere anche perché non era in grado di fare una lista di pro e di contro fra un’alternativa e l’altra.
Se fosse rimasta come fantasma, sarebbe potuta rimanere al fianco di Draco, avrebbe potuto di nuovo parlarci, avere un rapporto. Ma avrebbe anche dovuto sopportare di vederlo andare avanti, di vederlo magari amare qualcun’altra… Di vederlo morire, un giorno, mentre lei restava cristallizzata, immobile ed eterna.
Se fosse andata avanti, invece, solo l’ignoto l’aspettava.
Come poteva scegliere se un’alternativa era oscura?

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Questa volta aveva visto Draco andare con una ragazza. Sapeva che sarebbe successo, prima o poi; sapeva anche che per lui non aveva significato niente, che era una questione di sesso e basta, però non poteva far altro che ardere di gelosia. Avrebbe voluto poter dare una sberla a quella “sgualdrina” che aveva osato toccare il suo ragazzo, avrebbe voluto poter prendere a pugni anche lui, piangere, urlare, farsi chiedere scusa. Fare di nuovo l’amore, perdersi in una sensazione di baci e calore, di sudore e movimento.
Draco non l’aveva mai tradita, prima. Di questo ne era assolutamente certa. E sapeva, davvero, davvero, che dato che era morta non aveva più alcun diritto su di lui.
Però non poteva farci nulla: si sentiva gelosa marcia.

Le stagioni erano cambiate, il tempo passava.
Pansy era sempre bloccata in quel limbo d’indecisione. Si toccava la cicatrice, immaginava di toccare quella di lui. Sospirava ogni giorno, desiderando sempre più ardentemente di potergli fare una carezza, di poterlo abbracciare, di poter essere stretta da lui.
Draco stava recuperando l’ultimo anno di scuola. Il Ministero stesso aveva dato l’opportunità a tutti di ripetere l’anno, per compensare quello disastroso dove i Carrow la facevano da padroni. Lei, da brava semi-fantasma innamorata, lo seguiva ovunque.
La ragazza con cui Draco era stato, durante l’estate, era stata solo l’avventura di una notte. Pansy lo sapeva già, ma era confortante che lui avesse confermato le sue ipotesi con la pratica.

Un’altra ragazza aveva iniziato a ronzare intorno al suo Draco.
Pansy aveva assistito impotente, le mani che prudevano, mentre lei entrava timidamente nella vita di lui. Prima un sorriso, un saluto. Draco ricambiava perché, nonostante quello che avesse sempre sostenuto Potter, era un ragazzo gentile. Con i suoi compagni di Casa, con chi era al suo livello, con i  Purosangue, forse… Ma era comunque gentile. Non aveva nessun motivo per rifiutare un “ciao” alla minore delle sorelle Greengrass, dopotutto. Eppure… Eppure Pansy era soffocata dall’angoscia. Chi si credeva di essere, quella lì, per poter pensare di civettare con il suo ragazzo, così? Draco amava lei! Lei soltanto!
Pansy alternava pensieri indignati a pensieri depressi. Dopotutto, cosa poteva fare davvero?

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Se fosse riuscita di nuovo a toccare le cose avrebbe impedito a quella Astoria di farsi sempre più vicina a lui. L’avrebbe spinta via, mentre invece lei avanzava, mentre trovava la scusa per chiacchierare, per sedersi accanto a lui in Sala Grande, per stare in ogni modo assieme a Draco.
Lui aveva reagito con titubanza e diffidenza, all’inizio. Non aveva motivi veri e propri per evitarla, però si capiva che non voleva essere disturbato più di tanto.
Draco era solo, ancora reduce dal suo dolore. Aveva perso lei, Pansy, e aveva perso anche Tiger. Loro due e Goyle formavano un trio e, sebbene i due fossero in qualche modo sottomessi a lui, si erano sempre considerati amici. Migliori amici, perfino.
E invece adesso era solo. Goyle non aveva ripetuto l’anno. Tiger era morto. E, infine, era morta anche lei. Non c’era da stupirsi che Draco fosse così scostante.
Però, piano piano, quella ragazza era riuscita ad avvicinarsi a lui.
Pansy avrebbe voluto poter impugnare ancora una bacchetta, anche solo per intimarle di stare alla larga dal suo ragazzo.

Sospirava, Pansy.
L’eternità rimaneva un mistero e un incubo, ma il presente, nella vita che non le apparteneva più, aveva iniziato a fare sempre più schifo.
Semplicemente, le persone erano andate avanti senza di lei.
Persino Draco.
Sapeva che sarebbe successo, ma non poteva impedirsi di essere così infelice. Continuava a toccarsi le cicatrici in cerca di un legame con lui, ma la realtà era che esso non era mai esistito, non dopo la sua morte. Era stato inutile incaponirsi e non accettare il destino. Era stato inutile rimanere ferma in quel limbo sperando che lui la sentisse ancora.
Le regole della morte non erano venute meno solo per lei.
E Draco era andato avanti: alla fine del suo ultimo anno, si era messo assieme ad Astoria. Si erano dati un bacio leggero e si erano ripromessi di sentirsi durante l’estate.
Oh, Pansy sapeva che lui aveva dei sensi di colpa. Lo vedeva agitarsi, di notte, lo vedeva ancora sussurrare il suo nome.
Solo che, ormai, non poteva più stare con lei.

La sensazione che le mancava di più era quella della pelle sotto le dita.
Avrebbe voluto sfiorare ancora una volta le cicatrici di Draco, la sua pelle altrimenti liscia e così rovinata. Avrebbe voluto anche dirgli: “Guardati, Draco. Vedi i segni di questa maledizione? Non è quella che ti ha lanciato Potter. Questa è la maledizione che mi ha ucciso. Un segno di me sopra il tuo corpo, un segno che ci rende gemelli. Un modo per restare con te”.
Era troppo tardi. Altre dita erano andate a sfiorare quelle cicatrici, altre dita avevano percorso la sua pelle e il suo corpo.
Era la prima volta che Draco e Astoria stavano insieme anche in senso fisico. Per lei era la prima volta in assoluto. Lui era stato molto gentile: non l’aveva forzata, l’aveva guidata, era stato paziente.
Pansy si era ricordato della loro, di prima volta: due ragazzini inesperti che giocavano a fare i grandi, i gesti affrettati, un’ala vuota del Malfoy Manor, un’estate terribilmente calda.
Una sola lacrima di spirito era scesa sulla sua guancia, prima che si decidesse ad uscire dalla stanza.
Per la prima volta, non era rimasta con Draco.

Se ne era fatta una ragione.
Ci aveva impiegato dei mesi, era stata gelosa, credeva di poter vantare ancora dei diritti su Draco. Ma lui, evidentemente, non la pensava più così.
Li vedeva sempre insieme, lui e Astoria. Erano una coppia felice. Ognuno di loro, con una guerra alle spalle, aveva la sua dose di ferite e rimpianti, però entrambi erano andati avanti.
Anche Draco. Soprattutto Draco.
Aveva smesso di toccarsi ossessivamente le cicatrici, di cercare una somiglianza e un legame in quelle piccole deformazioni della pelle. Aveva smesso di essere egoista, di piangersi addosso, di pedinare il suo grande amore con fare ossessivo.
Aveva preso la sua decisione, finalmente.
La vita da fantasma era ormai impensabile. Non che ci avesse mai creduto veramente, per questo non l’aveva accettata subito. Ma, a questo punto, dato che il mondo era proseguito senza di lei, tanto valeva abbandonarsi all’ignoto.
L’eternità la spaventava ancora. Ma, forse, non era quella ad attenderla oltre al varco: forse sarebbe rinata, forse si sarebbe semplicemente annullata. Sperava nella prima.

Avrebbe solo voluto poterlo toccare per l’ultima volta. Fargli capire che era rimasta accanto a lui per tutto questo tempo, che aveva compreso, che si era arresa e che si era fatta da parte. Che la sua felicità, a questo punto, era la sola cosa importante. Che non era arrabbiata con lui per aver continuato a vivere, perché era giusto così.
Avrebbe solo voluto poterlo toccare un’ultima volta, davvero.
Con quel desiderio si era avvicinata al suo letto, si era chinata su di lui, l’aveva osservato dormire. Aveva allungato una mano, gli aveva sfiorato il petto e quelle cicatrici che, nonostante quello che avesse pensato per tutto quel tempo, non erano state in grado di unirli. Aveva dosato il suo tocco, aveva fatto in modo di non affondargli le dita nella carne, era rimasta in superficie e si era mossa, fino a raggiungere il cuore.
Credeva di aver sentito qualcosa; lui aveva avuto un brivido.
“Pansy.” aveva sussurrato, nel sonno, per l’ultima volta.
Lei aveva sorriso, con le lacrime agli occhi.
“Va tutto bene.” aveva risposto, prima che la sua decisione prendesse il sopravvento, prima che sentisse una forza sconosciuta strapparla da quel luogo e da quel tempo.
L’ultima sensazione che le era rimasta, prima di sparire e passare oltre, era stata quella del calore della sua pelle sotto le dita.
   
 
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