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Autore: Martowl    15/04/2013    5 recensioni
C'è Margaret, diciassette anni, con un fratello come padre ed una 'gossip girl' come sorellina. Marg per tutti, tranne che per lui.
C'è Andrew, diciotto anni, dimenticati sulla scrivania disordinata in camera sua. Andy per tutti, tranne che per lei.
C'è la vita, tra le mura di scuola e quelle delle rispettive case.
Ci sono sorrisi, cucchiaiate di gelato per farsi perdonare, cliché e cartoni animati alla veneranda età di vent'anni.
Ci sono ragazze oche e ragazze timide.
Ci sono ragazzi goffi e ragazzi spavaldi.
Ci sono amori ritrovati, persi nei meandri dei ricordi, e amori scoperti, tra un'abitudine e l'altra.
C'è Drew per lei, e Meg per lui.
C'è 'piccola mia' per lui, e 'mon amour' per lei.
Ci sono loro e sono migliori amici.
Esiste amore senza amicizia?
Esiste amicizia senza amore?
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Let love grow.

 Chapter four.

 

                                                                                             


                Betato da Flamel




 

Subito dopo cena, dopo aver ascoltato la giornata di mamma, immediatamente messa da parte dalla scocciata Aurore che doveva fare i conti con una timida babysitter innamorata di suo fratello, riuscii a scappare e a chiudermi in camera, cercando qualcosa da fare per riempire la serata.
Stavo per chiamare Jude, per parlare delle solite cose, quando Brennan bussò gentilmente alla mia porta, lasciata socchiusa.
«Posso?» chiese dolcemente.
Annuii e sorrisi alla sua direzione.
Prima dell’incidente, io e Bren non eravamo così legati.
Avevamo il ruolo di qualsiasi fratello e sorella. Lui disgustoso e scansafatiche e io, piccola, cercavo di copiare qualsiasi suo atteggiamento con scarsi risultati.
Quando era deciso a farmi arrabbiare per non avermi in mezzo ai piedi, mi ripeteva sempre che io ero l’asino della famiglia, ero la scura in mezzo ai chiari.
Ricordo che correvo sempre tra le braccia di papà, in cerca di sicurezza e protezione. Correvo, fino a quando non mi scontravo con i suoi pettorali e fino a quando non sentivo quel profumo leggero di dopobarba, fino a quando la mia guancia non aveva un leggero prurito, a contatto con la sua. Fino a quando non lo sentivo stringermi forte a sé, ripetendomi che mio fratello, quello che io chiamavo ‘brutto e cattivo’, mi voleva bene ma che era pur sempre un ragazzo.
Mi asciugava le lacrime copiose che mi scendevano e poi rideva della sua bimba tanto bella che lui tanto amava.
Raggiungeva il divano e si metteva a sedere con me raggomitolata al suo petto, mentre mamma guardava quello strano rito seduta sulla poltrona accanto, accarezzandosi un grosso pancione in attesa di qualcuno.  
«Magari anche quel puntino sarà castano. Così sarà Brennan a essere l’unico biondo».
La chiamavano così, Aurore, quando ancora non sapevano se era maschio e femmina. Il puntino.
 
Da dopo l’incidente, quell’abbraccio, nei momenti di debolezza e di tristezza, era diventato quello di mio fratello.
All’inizio era molto reticente, ancora scosso da quella perdita.
Erano molto legati, lo erano sempre stati. Era stato papà a insegnargli ad andare in bici, a portarlo a vedere la prima partita di basket e anche ad avergli fatto il famoso discorso. Leggevano il giornale insieme ogni giorno, appena tornato da scuola. Se ritardava, se veniva messo in punizione, papà lasciava chiuso il giornale fino a quando non sentiva la porta aprirsi. A quel punto, dopo averlo ripreso bonariamente, si metteva a sedere seguito dal figlio. Ognuno leggeva in religioso silenzio fino alla fine, per poi commentarlo insieme.
Io e mamma rimanevamo sempre esterrefatte da quel comportamento.
Quando venne ricoverato, dopo che la malattia avevo preso la maggior parte di lui, Brennan andava a comprare il giornale e si metteva al suo fianco, continuando a seguire quella tradizione ormai consolidata.
 
Dopo la sua morte, mio fratello si era chiuso in un mondo tutto suo. Ognuno di noi era dispiaciuto, stanco e triste ma, da quando il dottore gli aveva dato sei mesi di vita, mia madre ed io ce ne eravamo fatte una ragione.
Io passavo la maggior parte del tempo con i miei amici e lei si riempiva di lavoro, pazienti seguiti da altri pazienti, anche se aveva la maternità da completare.
Aurore era troppo piccola ed era seguita sempre dalla mia nonna materna.
Bren non voleva sentire niente e nessuno. Andava male a scuola, non usciva più con i suoi amici. Non viveva.
Seppur dentro di sé sapesse che quel momento prima o poi sarebbe arrivato, il suo cuore non voleva saperlo.
Faceva finta di non capirlo.
I primi giorni era stato estenuante. Non ci sentivamo più una famiglia.
Dopo un mese, ci fummo abituate al suo comportamento ed evitavamo di fare commenti a riguardo. Si riprese dopo un mese e mezzo, dopo la visita inaspettata di una timida Stephanie che chiedeva di Bren.
Da quel dì, lei era venuta con costanza a trovarlo e lui, lentamente, aveva ritrovato la voglia di uscire.
Quando lo vidi vestito di tutto punto, un sabato sera, chiamai subito mia madre con in braccio una piccola bimba piangente a cui era stata bruscamente interrotta la cena.
«Esci?» chiese quasi intimorita mia madre.
«Mi vedo con gli altri. Non dovrei?» rispose mio fratello.
«No, assolutamente vai pure» lo abbracciò forte e gli sussurrò un ‘ti voglio bene’ che riuscii a sentire anche io.
 
Da quel giorno, Stephanie divenne l’angelo di casa.
 
«Hai voglia di parlare con me?» chiese Brennan, vedendomi immersa nei miei pensieri.
«Certo, entra».
Non se lo fece ripetere più volte e prese posto al mo fianco, sul letto.
«Allora, novità?» 
«Niente di eclatante». Non feci in tempo a riformulare la domanda per lui, che il mio cellulare iniziò a suonare.
 
«Pronto?».
«Ciao Meg, sono Matt. Skynn» disse titubante la voce dall’altra parte del telefono.
«Matt, ciao, dimmi pure» sorrisi istintivamente.
Non avrei mai detto che fosse così impacciato.
«So che potrebbe essere presto, ma volevo sapere se avevi voglia di andare al cinema. Magari sabato, così non ci sono problemi per la scuola. Se non hai altri impegni, naturalmente».
«Non ci sono problemi. Ci vediamo direttamente lì e scegliamo il film insieme?».
Attesi una risposta, fin troppo affrettata.
«Certo! Alle nove, ti va bene?». Era dolce, infinitamente dolce.
Sorrisi, beccandomi uno sguardo curioso da Bren.
«Okay, ci vediamo a quell’ora lì davanti. Buona serata, Matt».
«Buona serata a te, Margaret».
Il suo saluto formale non sembrava rigido, ma dolce. Di quella dolcezza che ti culla, senza mai pesarti.
«Chi era, Marg?». La voce di mio fratello mi risvegliò.
«Un amico».
«Amico o un ragazzo con cui devi uscire?».
«Un ragazzo con cui devo uscire, Bren».
«E io lo conosco?». Anche lui era dolce, ma erano due cose differenti.
Bren, a differenza di Matt, era di una dolcezza preoccupante. Ricopriva, in tutti i sensi, il ruolo del fratello protettivo.
«No, non lo conosci. Ha un anno più di me. È un bravo ragazzo, tranquillo».
Mi guardò, cercando nei miei occhi se stessi dicendo la verità.
«Chiederò ad Andrew per conferma».
E allora ciao appuntamento.
«Non puoi fidarti di tua sorella per una volta? Andrò in una sala piena di persone, non saremo soli. Non c’è bisogno di coinvolgere pure lui».
Un leggero sorriso attraversò il suo viso.
«Andrew non accetta questo appuntamento, vero?»
«Bren, se fosse per lui, io non potrei uscire nemmeno con un manico di scopa».
Rise apertamente, per poi fissarmi tranquillo.
«A volte rivedo me e Steph in voi due».
Corrucciai lo sguardo. Siamo due cose totalmente diverse.
Loro si odiavano, noi siamo migliori amici.
Noi non siamo loro.
«Non c’è nulla che ci accomuni a voi!».
Ero quasi esasperata, lo ammetto. Fin troppe persone creavano una sorta di storia d’amore tra me ed Andrew, quando altro non era che legame d’amicizia. Quasi fraterno.
«È geloso di te, Marg. Non accetta che tu esca con questo Skynn».
Mi lasciai cadere sul letto.
«Anche tu sei geloso, allora. E non parlo di Steph, parlo di me. Anche tu non vuoi accettare che io esca con qualcuno di cui tu non sai nulla».
«Non è la stessa cosa, io sono tuo fratello».
«E per lui è un fratello».
«A volte sei esasperante, sai?» mi sorrise, arrendendosi.
Si alzò dal letto e si avvicinò a me.
«Vai a dormire, ché domani mattina non ho intenzione di chiamare Aurore l’urlatrice per farti alzare».
Risi, ricordando bene le doti vocali di mia sorella.
Lasciò un leggero bacio sulla mia fronte e chiuse la porta, sussurrandomi ‘sogni d’oro’.
Mi lasciai cullare dolcemente dalle piccole scie rimaste del suo profumo e mi addormentai con un sorriso sulle labbra.
Conoscevo bene quel profumo, l’avrei riconosciuto fra mille.
Buonanotte papà.
 
La sveglia della mattina fu uguale alle solite.
Mamma, Brennan e Aurore in camera, la leggera luce che filtrava dalle tende verdi ed il profumo di biscotti.
Biscotti?
Solitamente in casa mia giravano quelli preconfezionati, non quelli fatti in casa. Erano anni che mamma non si metteva ai fornelli e cucinava, seriamente.
«Perché sento odore di biscotti?» chiesi con la voce ancora impastata dal sonno.
«Grazie per esserti dimenticata di me».
Nel giro di quattro secondi, sentii tutto il leggero peso di mio fratello sulla mia pancia.
Ricollegai, momentaneamente, il cervello.
Era il quindici di marzo.
Mancavano sei giorni.
Ma sei giorni prima era il compleanno di Brennan.
Aprii gli occhi velocemente e lo abbracciai forte.
Nascosi il viso nell’incavo del suo collo e allungai le mani fino ai suoi capelli, accarezzandoli lentamente.
Lo sentii sospirare e sorridere dolcemente.
Quando eravamo piccoli, mentre cercavamo di addormentarci, lui si avvicinava a me e io mi attaccavo al suo corpo.
Mi facevo cullare dal calore e dal leggero movimento causato dal suo respiro. Per tutta risposta, lui si faceva coccolare. Le mie dita incastrate tra i suoi capelli ribelli ed un sorriso stampato sulle labbra.
 
«Buon compleanno Bree».
«Grazie Mar».
Erano dei sussurri, le nostre voci.
Era un momento solo nostro.
Mamma lo sapeva e prese in braccio Aurore per lasciarci soli.
Continuammo a stare così, senza muoverci.
«Meno sei» disse infine.
«Oggi è il tuo compleanno, pensa a te».
Si allontanò da me, per poi sorridermi. Stava facendo uno sforzo immane ed io lo sapevo.
«Abbiamo sei giorni Bren. Goditi questa giornata».
Annuì leggermente e mi allungò la mano. La presi e mi feci issare dal letto.
«Andiamo a mangiare i biscotti» disse guardandomi.
«Chi arriva per ultimo è un rammollito!» urlai, iniziando a correre.
 
Entrai in classe con netto ritardo, guadagnandomi un rimprovero da Miss Herman.
Sorrisi tranquillamente e presi posto. Accanto a me, Aria mi guardava interrogativa.
Non feci in tempo ad aprire bocca che Jude, davanti a noi, si girò per poi sussurrare: «È il compleanno di Brennan!».
Aria sorrise dolce nella sua direzione.
«È traumatico il fatto che tu lo sappia e che io me lo sia dimenticata!».
«Te lo sei dimenticata?» urlò sconcertata Jude, ricevendo un’occhiata acida dalla professoressa.
«Ero sveglia per metà, sono perdonata».
«Non so nemmeno perché continuo a parlarti» sospirò, teatralmente Jude.
«Perché se non ci fossi io, tu non sapresti nulla su Brennan».
Colpita e affondata.
«Un punto a tuo favore».
 
La giornata passò tranquillamente, tra prese in giro, tra i «Ma gli scrivo per fargli gli auguri?» di Jude e i «Tanto non ti caga» di Tyron.
La giornata passò tra torte di compleanno e candeline azzurre.
Tra sorrisi e carte da regalo.
Tra baci rumorosi e abbracci silenziosi.
Tra presenze e mancanze.
La giornata passò e l’indomani, sabato, arrivò presto.
 
«Jeans o gonna?» chiesi.
«Jeans» rispose Kath, annoiata.
«Maglietta o canottiera?».
«Maglione» disse Jude.
«Bracciali?».
«Collana» sorrise Aria.
«Pigiama, pantofole e capelli arruffati» urlò Drew, disteso per terra intento a leggere un vecchio giornale.
«Come cerchi di sabotare tu il mio appuntamento, non è capace nessuno».
«È un film Meg. Luci spente e mani lunghe».
«Simpatico quanto un calcio nelle parti intime».
Aria, la dolce ed innocente Aria, arrossì lievemente.
Arrossì ancora di più, davanti al sorriso di Drew.
Non era innamorata di lui, ma era anche lei a conoscenza della bellezza di quel ragazzo.
«Stai tranquilla Marg, andrà tutto bene» disse Kath, cercando di equilibrare la situazione.
«Ha ragione Kath, non farti influenzare dallo stallone, Marg» le diede man forte Jude.
«Non so se essere compiaciuto per lo ‘stallone’ o innervosito per il ‘due contro uno’ in corso» disse pensieroso Drew. «Meg, muoviti che farai tardi» guardò l’orologio, gongolando «Più di quanto tu non lo sia già».
Sbuffai e li scacciai dalla porta sul retro.
Salutai tutti con un bacio, aggiungendo un pizzicotto al braccio di Drew, che mugugnò in risposta.
Sorrisi e chiusi la porta, avviandomi verso quella principale.
Era divertente vedere come Drew avesse monopolizzato il soprannome ‘Meg’. Nessun altro mi chiamava così.
Ma se ci pensavo sul serio, anche io avevo monopolizzato ‘Drew’.
Erano cose nostre, solo ed esclusivamente nostre.
Ricordai la volta, al primo anno, in cui Brad, un ragazzino della sua età, mi aveva chiamato Meg. Drew, nel girò di qualche secondo, lo aveva fulminato ed intimorito.
Da quel giorno non avevo saputo più nulla di lui.
 
Uscii di casa e mi diressi alla macchina di Matt. Era appoggiato alla portiera del passeggero, pronto ad aprirmela come un vero gentleman.
 
«Ciao Marg».
«Ciao Matt».
Ci scambiammo un leggero bacio sulla guancia, prima di entrare nell’abitacolo e partire verso il cinema.
«Hai qualche preferenza in fatto di film?» mi domandò.
«Non credo, tu? Qualcosa che non vorresti assolutamente vedere?»
«Accetto tutto» disse, annuendo.
Lo guardai interrogativa. «Anche un film romantico?». Sorrisi divertita.
«Se vuoi vedere un film romantico, andremo a vedere un film romantico» sorrise, dolcemente.
«Un vero gentiluomo!» dissi, prendendolo in giro.
Ridemmo insieme e passammo il resto del viaggio con un sorriso sulle labbra, accompagnati da un’atmosfera tranquilla che non faceva pesare quel silenzio che c’era.
Arrivati, scendemmo per poi dirigerci alla biglietteria.
Scelsi un film d’avventura: non ero così meschina da fargli sopportare due ore di storia d’amore.
Ci sedemmo e guardammo il film, scambiandoci commenti sarcastici.
Era facile stare in sua compagnia, ti faceva sentire leggera.
 
La pausa a metà film arrivò in fretta, e Matt disse che sarebbe andato a prendere da bere per entrambi.
Controllai il cellulare e mi accorsi del messaggio arrivato da poco.
Notando di essere ancora sola, lo aprii.
Solo Drew poteva rompermi, mentre ero al cinema con Skynn.
Con le mani è già arrivato in mezzo alle gambe o è ancora a metà culo?’.
 
***

Bonsoir!
Chiedo infinitamente scusa per non aver pubblicato lunedì scorso ma ero tornata da poco dalla gita e quella settimana non avevo scritto quasi nulla.
Allora, comincio con i ringraziamenti perché mi fa un sacco di piacere leggere le vostre recensioni.
Sapere che amate Andrew, sapere che odiate Elizabeth –non tutte la odiano, una mia cara lettrice la adora, per via del suo nome!- e sapere che Bren per voi è un elemento importante, mi riempie di gioia, mi gratifica.
Siete la cosa più bella voi! Grazie anche alle lettrici silenziose.
Vi apprezzo davvero tanto. (:

Ad ogni modo, questo capitolo è così, è venuto fuori di per sé e c’è il fatidico appuntamento.
Andrà a buon fine? Marg si invaghirà di Matt?
 
Spero che continuiate a dirmi la vostra, spero che qualcuno di nuovo voglia lasciare una piccola parolina. Lo apprezzerei molto, ma non obbligo nessuno.
Grazie di esserci, ecco!

Bisou,
Martowl.

 
   
 
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