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Autore: Lavandarose    16/04/2013    3 recensioni
Con l'indice destro iniziò a percorrere tutta la superficie del sasso.
Fino a che la trovò.
Una T tratteggiata su un fianco.
Allora era quel sasso, non c'era dubbio.
Si sedette, tenendolo tra le mani. Le dita continuavano a passare su tutta la pietra e il contatto dei polpastrelli gli facevano scoppiare nella mentre alcuni frammenti di ricordi.
Lasciò che l'indice indugiasse sulla T lì scolpita. Qualche frammento di sasso lo graffiò leggermente.
Come era andata, poi?
Ah è vero, era andata così...
Storia terza classificata al contest "L'importanza di essere Serpeverde" di Sweetcupcake
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Theodore Nott
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autore (nick EFP e Forum): Lavandarose su entrambi

Titolo: Io non morirò.

Personaggi: Theodore Nott.

Rating: Verde

Genere: Introspettivo

Avvertimenti: Missing Moments, What If.

Note dell'autore: E' passato un anno dalla Seconda Guerra di Hogwarts. Nott ricorda quei momenti, nel più totale What If!

Pacchetto per il Contest: Marzo (Nott) e il senso del Tatto ( Dopo la battaglia)

 

Un sasso.

Era questo che Tehodore Nott stava stringendo convulsamente nella mano destra.

Non uno qualsiasi però, no, lui questo l'aveva riconosciuto subito.

E pensare che solo per puro caso si trovava lì, ora.

Sì,aveva deciso all'ultimo di fare un giro dopo le lezioni della mattina, assieme a qualche compagno di Casata

Era già passato un anno dalla seconda battaglia di Hogwarts e la scuola aveva ripreso la sua dignità.

I professori erano riusciti a far ripartire le lezioni in breve tempo, cercando di non far notare ai ragazzi del primo anno le macerie che, qua e là, facevano ancora capolino, mute testimoni di una notte di sangue.

A tutti i ragazzi degli ultimi anni era stata data la possibilità di tornare e completare gli studi interrotti.

A tutti.

Anche ai Serpeverde che, durante la guerra, avevano deciso di astenersi.

Ecco, era questa la parola elegante che si diceva nella scuola quando si parlava della notte della battaglia.

Era un fatto: ai Serpeverde era stato chiesto di schierarsi o di andarsene e molti avevano scelto quest'ultima cosa.

Anche Nott era stato tra quelli che avevano percorso il ponte di collegamento tra la scuola e la costa che la circondava.

Ed era stato difficile cercare di far finta di nulla, non far caso alle grida e ai lampi di luce che provenivano dalle sue spalle.

In fondo si stava svolgendo una carneficina nel posto dove aveva passato sette anni della sua vita.

Sette, non un'ora.

E poi tutto era andato come era andato e loro erano stati perdonati per la loro astensione.

Per Merlino, come odiava quel politically correct!

Se ne erano andati, non volevano combattere contro il Signore Oscuro.

Loro, per la maggior parte  figli di Mangiamorte o comunque di simpatizzanti di Voldemort.

Tutto qui, nulla di più e nulla di meno.

Il minimo che gli altri avrebbero potuto fare era riconoscere comunque la loro lealtà.

Anche se era la parte sbagliata della lealtà.

Sbagliata rispetto a cosa, però?

L'essere stati riaccolti a scuola in quel modo era stato duro. Come se non fosse successo niente.

Ma tutto invece era cambiato.

I Serpeverde erano tornati quasi tutti a scuola ed erano guardati con odio misto a compassione.

Da chiunque.

Dipendeva se chi li guardava era un severo sostenitore del "bene a ogni costo, anche tradendo le proprie origini pure" o se aveva l'occhio mascherato dalla pietà del "anche loro non avevano scelta".

Ipocriti.

Come se nelle altre Casate non ci fossero state mele marce.

Theodore aveva deciso di far passare quell'anno, l'ultimo per lui, il più velocemente possibile.

Niente amicizie, niente discussioni, niente di niente.

Solo lui e qualche parola scambiata con i suoi compagni di stanza.

Era stanco di questa storia, voleva solo che l'anno finisse e che lui potesse tornare a casa.

Certo, anche casa sua non era proprio una festa continua.

Almeno poteva stare con suo padre.

Ma, dopo essere stato incarcerato per essere stato Mangiamorte e per tentato furto di profezie, anche suo padre era cambiato.

Theo aspettava con ansia e angoscia le vacanze scolastiche, visto che erano tanti i momenti di silenzio che aleggiavano in casa sua.

Ma almeno poteva stare con il suo papà, la persona che era più simile a lui. Chi l'aveva cresciuto dopo la morte della madre.

Spesso si sentiva soffocare in quella scuola, non aveva più nessuna voglia di comunicare.

Con nessuno.

Troppi morti, troppa tristezza, troppo.

Tutto troppo.

Così, aveva preso l'abitudine di camminare da solo, soprattutto nella pausa pranzo tra una lezione e l'altra, uscendo anche dal perimetro della scuola.

Spesso percorreva il ponte di Hogwarts, quel ponte che era stato praticamente distrutto e poi ricostruito in tempo record.

Quel giorno si era aggregato ad alcuni studenti che amavano camminare, anche se rimaneva sempre un po' indietro, chiuso nei suoi pensieri.

Era arrivato alla fine del ponte, proprio nel punto in cui la vegetazione della costa prendeva il sopravvento sulla strada costruita dall'uomo.

E l'aveva visto.

Un po' spostato, in un angolo vicino a un cespuglio.

Forse altri non l'avrebbero notato, ma lui sì.

Era fermo davanti a quel sasso bianco.

Si accorse che gli altri che lo precedevano si erano fermati e lo guardavano.

- Andate avanti, vi raggiungo tra un po' -

Una volta rassicurato di essere solo si chinò a prendere quella pietra bianca.

Possibile?...

Con l'indice destro iniziò a percorrere tutta la superficie del sasso.

Fino a che la trovò.

Una T tratteggiata su un fianco.

Allora era quel sasso, non c'era dubbio.

Si sedette, tenendolo tra le mani. Le dita continuavano a passare su tutta la pietra e il contatto dei polpastrelli gli facevano scoppiare nella mentre alcuni frammenti di ricordi.

Lasciò che l'indice indugiasse sulla T lì scolpita. Qualche frammento di sasso lo graffiò leggermente.

Come era andata, poi?

Ah è vero, era andata così... 

Aveva attraversato il ponte per andarsene dalla scuola e si era voltato per gettare per l'ultima volta un'occhiata al castello di Hogwarts.

La notte era scura, rotta solo da qualche bagliore di incantesimi lanciati nel buio.

Theodore alzò gli occhi e cercò di capire a che punto erano gli scontri e se qualcuno era già in vantaggio.

Per un momento si rese conto che ci sarebbero stati dei morti, anche tra le fila degli studenti della scuola.

Sospirò.

- Nott, che fai, non vieni? - 

La voce di qualcuno dei suoi compagni lo riscosse.

- Arrivo, sì, solo un istante - 

Lo vide allora.

Era un sasso bianco, così chiaro da rimandare i bagliori delle luci nella notte.

Il ragazzo lo prese e lo strinse nella mano.

Decise di farsi una promessa.

- Io non morirò - disse a mezza voce.

Prese dalla tasca del mantello della  divisa l'anello della sua casata.

Suo padre gli aveva regalato il simbolo dei Nott quando aveva compiuto i sedici anni e da allora lo portava sempre con lui.

Un diamante e due smeraldi, montati in oro rosa, impreziosivano lo stemma riprodotto sull'anello.

A lui interessava la pietra centrale, il diamante, così duro da poter incidere qualsiasi cosa.

Anche la pietra, appunto.

Cercò con le dita un punto abbastanza liscio,poi prese l'anello e incise una T.

- Questa è la testimonianza del mio passaggio qui - parlava da solo, non sapeva nemmeno lui perché - ho scelto di andarmene dal castello per non combattere. E sono solo, come sempre, nelle mie decisioni. Lascerò questo sasso qui, se lo ritroverò allora vuol dire che le mie scelte non sono state del tutto sbagliate - 

E buttò il sasso tra la vegetazione.

Poi si strinse nel mantello e il buio della notte inghiottì quel Theodore Nott di un anno prima.

Il Nott di un anno dopo stava ancora convulsamente stringendo il sasso tra le dita della mano.

Ogni piccola venatura che toccava gli portava alla mente un brandello di ricordo di quella notte.

Ora si vergognava quasi di questa sua piccola debolezza.

Come aveva potuto pensare di affidare a un sasso il destino della sua vita?

Eppure il sasso era lì, nella sua mano.

E lui era vivo. Nonostante tutto era passato attraverso quell'anno e ora era lì.

Strinse ancora più forte il sasso tra le mani. Lo toccò ancora. Quella venatura a destra gli ricordava quel grido di donna che aveva sentito poco prima di scomparire nella foresta. Quel piccolo difetto a sinistra lo associava al momento in cui aveva ripreso la colonna dei Serpeverde che se ne stava andando.

Sapeva cosa doveva fare.

Si mise il sasso in tasca, girò le spalle al bosco e riprese la via del ponte.

Voleva tornare nella scuola.

Un posto che, comunque, era sempre stato lì. Soprattutto quando lui ne aveva avuto un bisogno inconsapevole.

Sempre.

   
 
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