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Autore: nals    16/04/2013    1 recensioni
Siamo narcisisti cagasotto, dopotutto.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Eh?
 
 
 
Dovremmo smetterla con quei segreti o silenzi del cazzo che finiscono per stagnarci dentro come le ninfee gemelle di Chloe. Son vegetali stronzi, questi qui, piantano le loro radici esiziali sin dal primo punto di sutura alle labbra che ci auto-imponiamo. Siamo narcisisti cagasotto, dopotutto.

 
 
Crittografa i suoi silenzi, Andrea, cercando tracce di se sui lineamenti di quel viso conosciuto a memoria.
Ne recupera frammenti sbrindellati, attimo rubato al tempo dopo attimo, continuando stupidamente ad inciampare tra quelle ciglia.
La barba scura non le ha permesso di scordarsi di lui. Potrebbe scrivergli.
“Sei sempre tu, sai? Io, invece... io non credo. Mi piaci, ancora. Ti sento, sempre. La barba non è servita a un cazzo; puoi anche tagliarla se lo hai fatto per me.”
Sorride, Andrea. É difficile da crederci anche così.
 
Vorrebbe scrivergli, sì. Vorrebbe scrivergli che, forse, le cose sono un po’ diverse adesso, ma che il suo cuore è sempre la stessa merda, quasi più bastardo della tipa che le frega il posto in aula 5 all’università.
È miope, Andrea. Da lontano la lavangna rimane nera e basta.
Come quelle. Le ciglia, già.
 
Vorrebbe scrivergli che alla fine la sua voce le fa sempre lo stesso effetto, ma che ci sono parole – altre parole – da voler ascoltare. Che avrebbe voluto ascoltare.
Sarà troppo tardi. È sempre troppo tardi.
Che poi continua a volere ciò che non può avere, o che si costringe ad escludere a priori, perché è sempre così semplice immaginarle tanto più su, innabbordabili e costruirsi troppo piccola ed insignificante, lei.
 
“Io non so abbracciare.” L’ ha sussurrato contro la stoffa della sua felpa una di quelle notti in cui non c’era, Andrea. Gliel’ha sussurrato, così,
(“Io non so abbracciare.”)
con quella voce leggermente rauca ed infantile, di quelle che sembrano implorare aiuto, ridendo.
 
Biascica di voler mollare tutto sei volte al giorno, Andrea,come Gianluca. Ma cos’è che dovrebbe mollare se quella roba, il tutto, continua a muoversi in parallelo, fraintendendo le sue intenzioni, che non sono poi intenzioni vere e proprie. Piuttosto “vorrei”, sono “vorrei” sì, “vorrei” afoni e disperati.  
Buttati, sputati, tirati fuori con le dita così... per dire.
Lei non ha nulla da poter mollare, non ha nulla perché non prende mai, non prende mai niente.
Scappa, sempre.
Per dire.
 
Ormai antagonizzare – inccassando –  ogni causa persa e parola all’arsenico buttata giù per l’esofago e pugni subiti per sbaglio è diventato il suo mestiere.
Bello, no?
 
Le è saltato un bottone, oggi. Il penultimo del camice mezzo sgualcito che ficca tra libri fotocopiati dalle pagine latitanti. È finito chissà dove, perso. Anche lui.
Come i ferrettini annegati nel beauty, il cane nero e i sogni.
I sorrisi soffocati sulle maniche del maglione beige.
È morbido, il maglione beige, come gli abbracci mai dati.
E le sue labbra, no, non le sue – altre – sulla guancia.
(“io non so abbracciare”)
“E non ci capisco un cazzo.”
 
 
“C’ho lasciato il cuore, lì.”
C’ha lasciato il cuore lì. C’ha lasciato, il cuore.
 
 
 
E tu? Mi pensi mai?
 
Come stai, eh?
Mi pensi mai?
 
______________________________________________________________________
 
 
 
Bene. Tu stai bene.
Ed io vorrei rubarti la felicità e restituirtela un po’ contaminata.
 
Ha una bolla in pancia, Andrea, e si gonfia, si gonfia, si gonfia.
Pensa che potrebbe odiarlo, ma poi... poi.
Ogni ragione è sbiadita assieme al 12.
12 come essere tanto vicini e troppo lontani, nel giro di 30 giorni e 2 cm di doppie punte a scivolarle sulle spalle.
“Eri lontano. Lontano in tutti i sensi. Non mi vedevi più.”
12 passi in un corridoio vuoto. 
Quando Andrea è diventata un po’ invisibile e dopo quell’angolo improvviso non è riuscita a ritrovarsi più.
Ma poi, poi i “vorrei” sono impazziti e scoppiati in “voglio”.
“Voglio riallacciare i pezzi che mi son caduti, con lo spago.”
Ma il sole nasce e muore così in fretta, brucia sulle guance bianche e lo spago si spezza.
Come stai, eh?
Mi pensi mai?
 
 
Ogni ragione è sbiadita assieme al 12. 12 passi in un corridoio vuoto. 
Andrea s’è ripersa (si perde sempre) e forse non riuscirà più a raccogliersi da sola.
Da sola, non ci riuscirà più.
 
Come stai, eh?
 
Spero che tu stia bene. Era ieri.
 
Spero di stare bene io. Oggi. Spero di stare bene io.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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