Entrare in quella stanza dava l’impressione di fare capolino in un mondo incantato, libero dai vincoli della razionalità. Le pareti sfumavano perdendo consistenza e dal pavimento partiva una selva di strane piante segnate con il gesso. Una perenne e spaventosa tempesta imperversava in un angolo della camera: linee nere spezzavano convulse il bianco dell’intonaco. Appena più sotto tra le felci rigogliose si nascondevano animali mitologici e l’ombra di alcuni spiritelli. Ero circondata da una selva di simboli e creature difficili da decifrare, tanto che la testa cominciò a girarmi; mi sedetti a gambe incrociate sul pavimento in terra battuta e chiusi gli occhi appoggiando la testa alla parete. Avvertii all’inizio un formicolio alla mano sinistra, appoggiata al terreno, ma non ci feci caso, convinta che fosse provocato dalla posizione in cui mi ero coricata;  fu solamente quando la sensazione di torpore si diffuse a tutto il braccio e alle gambe che cominciai a sentirmi inquieta. Colta improvvisamente dal panico feci per alzarmene ed uscire dalla camera, girai due, tre volte su me stessa per dirigermi verso la porta ma… questa sembrava sparita, forse mimetizzatasi nel mezzo della surreale selva. Tremante caddi all’indietro e rimasi impigliata in un groviglio di rovi e, mentre il sole mi osservava con uno sguardo misto d’ironia e sadismo, girasoli mi circondarono il ventre e le braccia, donandomi l’aspetto di una grande pianta carnivora. Ecco come da spettatrice diventai attrice e parte di quel grande murales; mi nutrii di colore e persi volume… divenni immortale.