Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
Ma sono di proprietà della Marvel ©
.: So Easily Deceived :.
-Ho detto ai secondini di non portarti il
cheesecake, so che lo detesti con tutta l’anima.
L’ambiente
trasuda sporcizia da ogni crepa e da ogni unghiata muffita, incrostazioni nere
a chiazzare le pareti, macchie d’umido agli angoli del soffitto. Color mattone
all’intorno, reticoli di luce polverosa che filtrano dalle sbarre e s’appiccicano
rettangolari sul pavimento, una grossa porta di metallo spessa cinque, sei
dita, che importa?, tozzi bulloni
conficcati entro gli stipiti grossolani, ordinatamente disposti ad incorniciare
la finestrella che dà sul corridoio in penombra.
-Dieci dollari che riesco a corrompere il grassone
coi baffi a manubrio e lo convinco a farti arrivare un frappuccino da
Starbucks.
E finalmente Capitan America alza gli occhi su di
lui.
Tony Stark non ha reazioni di sorta. Si limita
semplicemente a fissarlo di rimando, attendendo una risposta che sa non
arriverà tanto presto.
Non c’è espressione sul volto di Steve Rogers,
nessuna accusa, nemmeno delusione; lo sguardo è vitreo, non un accenno di
tensione ad irrorare la mascella, la mandibola, la piega della bocca.
Stark non può fare a meno di pensare come tutto
l’ambiente sia una sorta di..sbaglio.
Un errore di sistema o qualcosa del genere, non è che i pensieri siano così
lucidi al momento –Hanno smesso di esserlo quando le inferriate si sono
chiuse alle sue spalle con un rintocco a morto, un lugubre, funereo
presentimento che è risalito ghignando lungo la colonna vertebrale.
…Un avvertimento, forse?
Capitan America non dovrebbe essere lì. Capitan America e carcere non dovrebbero comparire nella stessa frase a meno che a
dividerli non ci sia una negazione o un supercriminale da sbattere in gattabuia.
E’ sbagliato, è ingiusto, è contro la legge –Ma poi Tony Stark si ricorda quale legge ha portato Steve lì dentro e decide di tacere. Il lezzo
di fogna è tanto forte da dargli la nausea.
-Avresti dovuto
finirmi, Cap-
-Mi hanno fermato prima di poter esaudire la tua cortese richiesta-
Balle. Tutte balle.
Tony infila le mani in tasca, inclina appena la
schiena all’indietro e inarca un sopracciglio con fare eloquente. Se anche
Rogers ha capito il sottinteso, e lo ha
capito sicuramente, come suo solito non gli concede neanche la
soddisfazione di controbattere.
Stark lo odia quando fa così. Quando decide di
andargli contro solo per il gusto di spronarlo verso la direzione che è lui a ritenere più giusta. Lo odia
quando decide di spronarlo e basta,
portandolo all’irritante condizione di doverlo ringraziare, perché, al
diavolo, se non ci fosse quella testa scongelata dal freezer a pungolarlo
il mondo sarebbe un posto parecchio più difficile e complicato.
-Hai esitato, è diverso. Dopo ti hanno bloccato- un sospiro appeso alle labbra, lo sguardo
che si solleva a contemplare un ritaglio del mondo di fuori -Quelle persone
sono state la conseguenza, non la causa.
È riuscito ad ottenere l’attenzione di Steve, questa
volta.
Con la coda dell’occhio lo coglie mentre sbatte
veloce le palpebre, le dita s’intrecciano ferree tra loro, il pomo d’Adamo si
alza e ricade seguendo pesantemente la linea del collo. Non gli sfugge il
livore alla mandibola, né le iridi d’improvviso più scure.
-Sai che non avrei mai potuto farlo, Tony- la voce è un soffio, il tono cupo, Stark
può quasi vedere le parole arrancare
sulla lingua -Conoscevo le debolezze dell’armatura
e le ho usate contro di te-
Tony apre e chiude la mano destra più volte, l’eco
della scossa che riverbera ancora attraverso i nervi. Sta per rispondere, ma
l’occhiata seria, profonda di Capitan America lo gela sul posto.
-Tu hai fatto lo stesso con me. Hai usato la mia
debolezza a tuo vantaggio, consapevolmente o meno.
Steve china il capo. Scuote la testa.
Si porta una mano al volto.
-Non avrei mai potuto ucciderti, Tony. Non avrei mai
potuto finirti. Non così-
Lo stomaco di Stark si torce con un ringhio
sommesso. Vorrebbe essere sincero, almeno lì, almeno con lui. Vorrebbe dirgli che lo sapeva,
sì, conosceva perfettamente il
suo punto debole e, no, non aveva avuto remore ad usarlo contro di lui, perché c’era
il fango, c’era la guerra, c’era il sangue.
Non poteva pensare. -C’era il giocattolo preferito di Damien contro il palmo, i barbagli
della plastica dorata a trafiggere il cuore. Non doveva pensare.
-Era il prezzo per la vittoria-
-Ma ne sarebbe valsa la pena?
La sola cosa che avrei dovuto dirti.
Ma ora non posso…
Non ne valeva la pena.
Note
Finali
Primo lavoro su Civil War! Ora, ammetto che fino a questo momento quando ho scritto
di Capitan America e Iron Man mi sono sempre basata sulle controparti
cinematografiche –Ahimè, purtroppo ancora scarseggio alquanto di fumetti-
quindi spero di essere riuscita a rendere onore a questi due personaggi. Lo
spero davvero.
Sono stata tentata di mettere l’avvertimento
Slash, ma alla fine ho rinunciato.
Lascio a voi la libera interpretazione della cosa –Oramai non riesco a non
usare per loro il termine T’Hy’La,
lo stesso che Gene Roddenberry creò per Kirk e Spock: “Amico, Fratello, Amante”,
una parola vulcaniana che prende questi termini singolarmente e le fonde e li
unisce e li eleva in qualcosa che li trascende tutti. Ma queste sono mie
divagazioni varie e variegate, siete autorizzati a non darvi peso!
Per il resto..Il titolo viene dalla
canzone “Noots”, ci sono riferimenti vari anche agli avvenimenti Post-Civil
War. Le parole finali in corsivo sono tratta dalla “confessione” di Tony
davanti al corpo di Capitan America.
Bien! Spero di aver fatto un lavoro
anche solo vagamente accettabile!
Nel caso contrario, mi scuso
profondamente per avervi fatto perdere tempo!
Alla prossima!