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Autore: Ulvinne    17/04/2013    1 recensioni
Un tempo i draghi dominavano il mondo.
Terribili signori e padroni di ciò che li circondava, riuscirono a ridurre tutti gli altri esseri viventi in schiavitù, governando con la loro ferocia e la loro voce.
Ma un giorno,finalmente, qualcuno si fece avanti per fermare questa tirannia: il Sangue di Drago, colui che da loro servitore divenne il loro carnefice e riportò la libertà nel mondo. Senza pietà affrontò i draghi e, uno per uno, li distrusse. La sua eredità camminò nei secoli attraverso il sangue dei Prescelti degli dei, finché le leggendarie creature si estinsero.
E con i draghi sparì anche lui, l'eroe, il Sangue di Drago.
Le sue imprese divennero racconti, i racconti divennero canti, i canti divennero leggende.
E la gente finì per considerare i Draghi ed il Sangue di Drago solo una storia.
Ma cosa succede quando la storia torna, più vendicativa che mai?
Cosa succede quando la più antica eredità di Skyrim ti viene offerta?
Semplice: puoi solo accettarla.
Note: attenzione, il titolo è lo stesso, ma la storia è cambiata. Mi sono resa conto che proprio non andava e l'ho modificata. Spero che così vi piaccia :)
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter X
The witches' slayer
 
-Troverai la Congrega di Glenmoril a ovest di Falkreath.- presi la mappa che Kodlak mi porgeva mentre quest'ultimo finiva il discorso e gli diedi un'occhiata -Cerca di impiegare un approccio furtivo, mi raccomando: le streghe fisicamente sono deboli, un colpo ben assestato basterà a portare le loro anime dannate nell'Oblivion, ma i loro incantesimi sono potenti.- sollevai gli occhi dalla mappa per incontrare quelli del Precursore.
A dispetto del tono e dell'espressione tranquilla credo che fosse preoccupato, anche se non voleva dimostrarlo: non per vantarmi, ma credo che in fondo Kodlak avesse un debole per me come un nonno con la nipote più piccola. Aveva già cercato di proteggermi da fatti e verità che molti dei miei Fratelli di Scudo avevano dovuto affrontare senza esitazione, ma non quella volta.
-Lo so, me lo hai detto.- riposi tutto nella bisaccia e gli sorrisi, cercando di sembrare sicura e priva di preoccupazioni -Kodlak, io tornerò.- mi mise una mano sulla spalla e mi guardò intensamente.
-Allora vai. E distruggile come un vero guerriero.
-Sì, Precursore.- mi voltai e senza guardarmi indietro arrivai alle stalle di Jorrvaskr, dove sellai il cavallo, quello con gli occhi chiarissimi, che accolse la sella con un nitrito infastidito.
-Su, non posso cavalcarti senza.- cercai di calmarlo dandogli un paio di pacche sul collo -E poi...
-Ehi.- mi girai, vedendo Vilkas all'ingresso e con una pozione in mano che mi lanciò.
La presi con entrambe le mani e lo guardai.
-Che cos'è?
-Me l'ha data Arcadia qualche tempo fa come ringraziamento per un lavoro. Dovrebbe proteggerti di più dagli...incantesimi- quasi la sputò quella parola, il disgusto che si manifestava palese sul suo volto – di quelle streghe.- mi diede rapidamente le spalle.
-Vilkas...
-Resta in vita, va bene?- strinsi forte la piccola fiala tra le mani per reprimere l'istinto di correre da lui ed abbracciarlo, di trovare rifugio tra le sue braccia come in quel periodo ero solita fare, per esempio, dopo quegli incubi in cui le voci ed il buio diventavano sempre più reali e spaventosi.
Lo lasciai andare senza dire niente, perché non c'era posto per le debolezze tra i Compagni, ma fu solo una volta che la figura del Compagno sparì del tutto che mi decisi a salire a cavallo e lasciare Whiterun.
 
Falkreath non era di certo famoso per il suo bel tempo. Quando varcai l'invisibile confine del feudo, dei brutti nuvoloni mi diedero un “caloroso” benvenuto, e pochi minuti dopo io e il cavallo eravamo fradici.
La vegetazione era più fitta ed i boschi più grandi rispetto a Whiterun, inoltre non c'erano praterie ad alternarsi agli alti alberi e alle loro radici alte che fuoriuscivano dalla terra rendendo il sentiero scosceso, tanto che in alcuni punti dovetti scendere da cavallo per guidarlo con le briglie, infangandomi gli stivali e riempiendoli di acqua.
-Che Akatosh vi maledica. Per sempre...- borbottai a denti stretti mentre col mantello cercavo di coprirmi il più possibile, ma diciamo la verità, era come entrare nella tinozza con una cuffietta per quello che riuscii a fare, e quando entrai alla Goccia Fatale, la taverna del paese, ero zuppa.
-Ti piace il bel tempo della zona, viandante?- mi accolse un simpaticone intento a scolarsi una birra, ma io lo ignorai bellamente passandogli accanto per poi sedermi da sola ad un tavolo poco lontano dal bancone.
Ero appena arrivata a Falkreath e già il mio umore era nero come la pece, un po' per il tempo, un po' per la preoccupazione che non potevo fare a meno di provare all'idea di affrontare quelle streghe...
Non mi sarei tirata indietro, lo avevo promesso a Kodlak, a Vilkas, ma soprattutto a me stessa, mi ero ripetuta per tutto il viaggio che avrei completato quella missione o sarei morta nel tentativo di farlo perché era a quello che mi ero preparata, era quella la vita che avevo scelto quando la Cerimonia dei Compagni si era conclusa.
Vittoria o Sovnegarde.
-Vittoria o Sovnegarde.- mormorai.
-Cosa posso portarti?- mi girai verso una cameriera dal viso gentile, che nel guardarmi mi dedicò un sorriso furbetto -Sei molto graziosa, mia signora. Un altro po' di tempo e ti ritroverai attorno tutti gli uomini di questo posto.- spalancai gli occhi, presa in contropiede dal complimento che mi fece.
-Come?
-Oh, perdonami. Tendo ad essere inopportuna quando vedo una faccia nuova. Sono Narri.- ricambiai il sorriso con uno incerto.
-Iris.- mi presentai a mia volta.
-Sei di passaggio?
-Affari...di lavoro.- dissi vaga, e quella annuì, chiedendomi ancora cosa volessi ordinare.
-Zuppa di pomodoro e una pinta di birra calda.
-Arrivano.- sospirai di sollievo, perché non ero proprio dell'umore adatto per chiacchierare, ed attesi in silenzio il ritorno di Narri con la mia cena.
Non ero abituata a sentirmi fare complimenti: mamma non è mai stata un tipo particolarmente espansivo con le parole e a Jorrvaskr, beh, non si dava certo attenzione all'aspetto fisico, credo che l'unico ad avermi fatto dei complimenti sia stato Torvar da sbronzo, una volta...sì, stavamo festeggiando una caccia particolarmente ben riuscita quando all'improvviso quel vecchio ubriacone si è inginocchiato davanti a me, lodando la mia “esotica bellezza”, parole sue, e chiedendomi di sposarlo seduta stante.
Mi venne da ridere mentre ripensavo a quel fatto, ma sul momento mi ero davvero sentita in imbarazzo, soprattutto quando Vilkas mi aveva chiamata “signora Torvar”...
-Meglio non pensarci.- pensai, senza tuttavia far sparire il sorriso divertito che avevo sul volto e che mantenni anche quando la cameriera tornò con la mia cena.
-Buon appetito, mia signora.- la cena, sicuramente non ottima, ma nemmeno malaccio e il sorriso della ragazza mi misero di buonumore tanto che prima di andare a dormire le lasciai qualche moneta in più come mancia.
 
-Non spingere il gomito verso l'esterno, o perdi forza.- lascia che lui le aggiusti il braccio e che le avvolga le sue piccole dita con la mano, rafforzandole la presa sull'arco.
-Così?
-Stringi di più e...il gomito.- uno sbuffo di impazienza lo fa ridacchiare.
-Non ridere!
-Devi pazientare Iris, per padroneggiare l'arco ce ne vuole molta di pazienza.
-Detto da te...- borbotta, e il Nord corruga le sopracciglia bionde mentre la guarda male con quegli occhi identici ai suoi.
-Cosa vorresti insinuare, piccoletta?
-Non chiamarmi piccoletta!- insomma, dopotutto ha già undici anni, come si permette di chiamarla ancora in quel modo?
Lei oramai è una donna!
Le dona un sorriso ironico, uno di quelli che lei gli dedica poco prima di un dispetto, poi le scompiglia la zazzera nera, mandandole i capelli davanti agli occhi.
-Tendi quella corda, avanti.- pur gettandogli un'occhiata infastidita la ragazzina ubbidisce, di dire no a Iansen proprio non le riesce, per quell'uomo dal sorriso furbo e dagli occhi penetranti lei ha un debole, come ogni bimba per suo padre -Avanti....così...- lascia andare la corda e la freccia fischia attraverso l'aria, conficcandosi nel tronco, poco fuori dal bersaglio di paglia preparato.
-Oh.- la delusione sul suo volto è palese, proprio non ci riesce a mascherarla -L'ho mancato.
-Era il tuo primo tiro, non sei andata male.
-Ho mancato il bersaglio.
-Alla tua età io mancavo perfino gli alberi.- ancora quella grande mano si sposta sulla sua testolina, gli piace proprio scompigliarle i capelli -Andrà meglio col tempo.
-E se non dovesse?- chiede lei.
-Andrà, tesoro. Ce l'hai nel sangue.
 
Mentre il lupo cadeva a terra non potei pensare che in fondo papà aveva ragione, l'arco era la mia arma ed avevo la caccia nel sangue, per quanto eliminare quella bestia disperata e rinsecchita dalla fame non fosse proprio una grande impresa.
Era giorno e mi stavo dirigendo verso il punto segnato dalla mappa di Kodlak, per quanto la streghe si rifugiassero in grotte speravo che coglierle di sorpresa con il sole già alto, quando erano solite riposare secondo le indicazioni, mi avrebbe dato un certo vantaggio. In quelle zone gli animali si erano fatti rari e quell'unico lupo incontrato era magro e spelacchiato, probabilmente non mangiava da giorni e gli avevo quasi fatto un favore piantandogli una freccia in testa.
-Giorno sfortunato o fortunato, chi può dirlo?- mi chiesi estraendo la freccia con un movimento secco e accorgendomi con fastidio che la punta era rimasta dentro, rendendola inutilizzabile -Maledizione!- gettai a terra il legnetto e rimontai a cavallo, fino ad arrivare alla base di una parete montagnosa dove, anche da lontano, era possibile scorgere un'apertura nella roccia, la tana delle streghe.
Deglutii.
Ero arrivata, non potevo più tirarmi indietro. Lasciai il cavallo nascosto nella boscaglia e lo legai ad un albero, dandogli una carezza sul muso.
-A più tardi...spero.- mormorai, poi mi diressi verso la caverna.
Più mi avvicinavo all'ingresso, più notavo particolari in grado di farmi accapponare la pelle: numerose ossa, alcune ingiallite dal tempo, altre con ancora della carne attaccata decoravano l'apertura come un macabro tappeto, e su una picca la testa di un lupo con la bocca ancora aperta mi fissava con gli occhi vuoti e mangiati dagli insetti, una visione che mi costrinse a coprirmi naso e bocca con la sinistra.
-Che schifo...- mormorai e fu trattenendo il fiato che varcai la soglia della caverna, senza osare indagare se le ossa ai piedi del palo fossero o meno di animale.
L'antro era simile a molti altri dove ero già stata con Aela o Farkas, ma quella volta sarei stata sola e contro delle streghe, in più c'era un odore strano che più mi addentravo nelle profondità della grotta, più si faceva pungente, un odore di fiori morti, erbe misto a qualcosa di sgradevole che non riuscivo ad identificare.
L'arco era teso e la freccia già pronta mentre avanzavo lentamente e cercando di non calpestare niente che potesse tradire la mia posizione.
-Ecco qui!- sobbalzai e mi affrettai a nascondermi dietro una roccia.
L'antro dove ero arrivata era grande, al centro di esso un grande fuoco era l'unico segno di abitazione, se così possiamo definirla, e vicino ad una grande pentola stava una vecchia donna.
La pelle era pallida, di un grigio malato, ed i pochi capelli rimasti secchi come paglia, sporchi e bianchi, il naso adunco e gli occhi di un rosso scarlatto, piccoli e socchiusi, chini su di una ciotola scheggiata. La figuretta scheletrica non indossava abiti se non una casacca senza maniche che le lasciava scoperte le braccia e le gambe dalle ginocchia ossute in giù, rivelando unghie lunghe e mal curate.
-Eccoti, mostro maledetto...- pensai, sporgendomi appena.
-Sì, sì sorelle mie. Mi mancate così tanto! Ma il nostro signore è stato chiaro, io devo aspettare qui, lontana da voi, devo aspettare cosa, però? No! Non si discutono i suoi ordini, giusto? Giusto!- la sua risatina incerta mi diede i brividi -Moira non discute, è fedele a Hircine. È fedele...- mi sporsi appena e presi la mira.
Un colpo alla testa sarebbe bastato per ucciderla, e staccarlgliela da quel piccolo collo fragile non sarebbe stato difficile, almeno non fisicamente. Per Kodlak avrei superato l'orrore di ciò che stavo per fare e sarei tornata vincitrice a Jorrvaskr. Feci un passo avanti, pronta a scoccare la freccia, ma trovai la visuale occupata.
-AH!- schivai la palla di fuoco rotolando, ma l'odore di bruciato arrivò lo stesso alle mie narici e dovetti affrettarmi a togliere il mantello per non scottarmi a mia volta e bruciare i vestiti.
La copertura era saltata, la strega in qualche modo mi aveva vista.
-Cosa? Chi è!- osservai la strega alzarsi e girare la testa ovunque, fiutando l'aria, sebbene le stessi davanti, a una ventina di metri di distanza -Oh sì...riconosco questo odore.- sorrise, mettendo in mostra una dentatura marcia ed incompleta -Odore di cane, di Compagno.- decretò infine.
Era cieca. Anni di reclusione in quel buio avevano reso i suoi occhi rossi ma vacui, non mi vedeva davvero, credo che più che altro mi percepisse, era stato sicuramente il mio odore, a quanto diceva, a farmi smascherare.
Mi affrettai ad estrarre la spada, riponendo l'arco dietro la schiena e mettendomi in guardia, mentre quella parlava.
-Eppure il tuo odore è così...fievole.- ammise, tirando di nuovo su con il naso -Vivi con i Licantropi, ma non sei una di loro. Non hai accettato il Dono di Hircine.
-Sono qui per la tua testa.- replicai -Il resto non ti riguarda.- ridacchiò di nuovo e di nuovo io rabbrividii.
-Ma davvero, Compagno? Allora perché non vieni a prendertela?
-Con piacere!- sarei dovuta essere più cauta, lo riconosco, ma la voglia di concludere quella missione e di uccidere quell'essere inquietante ebbero la meglio e mi gettai su di lei, portando un fendente che avrebbe dovuto staccarle la testa.
-Non così in fretta!- un campo di forza si frappose tra me e la Strega di Glenmoril, sbalzandomi all'indietro e facendomi perdere la spada.
Caddi sul terreno roccioso battendo la spalla e rotolando un paio di volte, finché non mi fermai e mi misi in ginocchio.
-Che cosa...?- mi morsi il labbro.
Quella era la magia, la cosa che i Compagni disprezzavano profondamente, quel vincolo che li aveva imprigionati nella bestia, l'arma più potente del mondo se utilizzata con capacità. Ed io ne ero sprovvista contro un avversario che invece sembrava più che avvezzo al suo utilizzo.
-Merd...- un'altra palla di fuoco venne gettata contro di me e dovetti correre via per non finire arrosto.
-Non puoi nasconderti! Il tuo sangue ci appartiene Compagno, appartiene a me e alle mie sorelle, così come la tua anima appartiene a Hircine!- presi l'arco e scoccai una freccia, ma di nuovo quel campo di forza, che non era niente di più se non una patina azzurrina di energia, salvò la strega dalla fine.
-Io non appartengo a nessuno!- esclamai -La vostra maledizione sarà la vostra rovina!
-Ti sto aspettando, avanti.- la sua risata è una di quelle cose che ti rimangono impresse: folle, esaltata, eppure vuota, era come se ridesse di riflesso.
Non mi mossi, incapace di studiare una strategia, quel campo di forza e gli incantesimi di fuoco mi impedivano di avvicinarmi, cosa potevo inventarmi? La mia mente era vuota, una sola parola vi rimbombava: sopravvivi, sopravvivi, diceva, anche se ero più che consapevole che, se non avessi trovato una soluzione, la morte sarebbe sopraggiunta anche troppo presto, anche troppo rapidamente.
-Non vuoi? Beh, allora vengo a prenderti io!- sulle gambe malferme la strega mi corse incontro e lanciò un nuovo dardo di fuoco, stavolta più grande e più potente dei precedenti, tanto che quando mi riparai dietro una roccia vicina sentii l'urto far tremare le pareti della grotta e scaldare la pietra in maniera quasi insopportabile.
-S-smettila.... d-di t-tremare Iris.- mi dissi mentre le mani stringevano l'arco di legno con una presa incerta a causa del tremore -Non...- all'improvviso un dolore tremendo alla spalla sinistra mi fece gridare e caddi in avanti per evitare numerosi i pezzi della pietra oramai in frantumi.
-Cazzo!- strinsi i denti e mi sfiorai la spalla, ma ottenni solo di infliggermi un'altra fitta di dolore che mi fece gemere di nuovo.
L'armatura di pelle era bruciata, così come la mia pelle sotto di essa, era rossa e soprattutto emanava quell'odore...l'odore che avevo sentito alla fattoria.
-Hai voluto sfidare un avversario più grande di te, Compagno.- gettai un'occhiata furiosa alla strega che mi stava davanti, poi cercai di colpirla con una pietra li accanto, ma il campo di forza mi fermò di nuovo, stavolta bloccando ogni movimento -Ora ne pagherai le conseguenze.- venni sbalzata via contro il pentolone e ne rovesciai il contenuto, un composto dall'odore nauseabondo che mi fece venir voglia di rigettare.
Era lo stesso odore che impregnava la caverna, caldo ma non bollente, almeno. Mi rialzai, ignorando le fitte di dolore ai muscoli, alle ossa, ma ricaddi di nuovo in ginocchio, mi girava la testa e quell'odore mi stava stordendo insieme alla claustrofobia che iniziò a prendere possesso della mia mente.
Volevo solo uscire da lì, e in fretta.
Mi scostai i capelli gocciolanti di quella brodaglia via dagli occhi, ignorando la mano tremante mentre la strega stava caricando un altro incantesimo, stavolta con entrambe le mani. Non sarei scampata.
-Addio, Compagno...Hircine ti attende.- caddi a terra, oramai sconfitta.
-Merda...- sussurrai -Merda!- avevo fallito.
Kodlak si era fidato di me ed io l'avevo deluso, così come avrei deluso Vilkas quando non sarei tornata. Battei un pugno a terra, furiosa ma rassegnata, quando una piccola bottiglia, la stessa datami dal Compagno, cadde accanto a me.
La guardai.
Dovrebbe proteggerti di più dagli incantesimi di quelle streghe
Poteva funzionare, poteva essere una possibilità...dopotutto non avevo niente da perdere.
La presi e rapidamente la stappai, poi ne bevvi il contenuto amaro, finendo proprio quando l'ennesima palla di fuoco era vicina, ma non successe niente.
Avevo fallito.
Urlai e chiusi gli occhi, in attesa della fine...
Sentivo caldo, ma non era insopportabile, le fiamme sfioravano la carne, ma non la bruciavano, così come non bruciavano i vestiti.
E riaprii gli occhi.
Intorno a me un'aura azzurrina sembrava respingere i morsi del fuoco che pian piano andò diradandosi fino a sparire per lasciarmi integra.
-Il silenzio è tornato.- la strega era ancora lì, ma non dava segno di essersi accorta di me, né del fatto che fossi ancora viva.
Come era possibile?
Tirò su due volte col naso.
-Il silenzio è bello, dopo una battaglia.- guardai le mie mani a terra, ancora zuppe di quello schifo, poi il pentolone contro cui avevo urtato, e capii: il mio odore poteva anche essere simile a quello dei Compagni, vivendo con loro avevo finito per assorbirlo, quasi, ma essendo più debole e sopratutto coperto dal contenuto indefinito del pentolone non poteva più percepirmi.
Inoltre, come ho già detto, era cieca.
Capii che non avrei avuto un'altra occasione: l'arco era bruciato, oramai, ma la spada era ancora a pochi metri da me e potevo utilizzarla, così iniziai a muovermi, pian piano, proprio mentre la strega si dirigeva, traballante, verso il punto in cui doveva esserci il mio cadavere, almeno secondo lei.
-Vediamo un po' cosa abbiamo qui...- il suo passo, a differenza del mio, voleva essere veloce e rumoroso, e utilizzai i suoi stessi movimenti rumorosi per coprire i miei passi ed arrivare all'arma, proprio mentre la strega con il piede sondava il terreno -Ho sprecato il mio infuso, ma me ne farò una ragione...- cercava e cercava, presto finì per insospettirsi -Dov'è...dov'è?- con l'arma in pugno mi avvicinai -Dove sei, piccola sciocca? Ti ho forse ridotto in cenere?!- se davvero era convinta di avermi ucciso, allora stava parlando da sola.
Deglutii e continuai ad avvicinarmi, la spalla ustionata pulsava ed iniziò a cedere.
-No, non adesso! Non ancora!- pensai disperatamente, mentre una goccia di sudore colava lungo la tempia.
Ad un metro dalla strega, essa si girò verso di me, ma non mi vedeva.
-Dove sei? Vieni fuori maledetta!- mi urlava contro, le mani irrigidite dalla rabbia ricordavano le zampe dei ragni -Dove...
-Sono qui!- la assaltai, e caricando con tutta la mia forza le trapassai il ventre con un grido di rabbia, un grido che si mescolò all'urlo terribile della creatura. Batté un paio di deboli pugni sulle mie spalle e, quando toccò quella ustionata, la liberai dalla lama con uno scatto di rabbia, buttandola a terra con un calcio.
-Maled...etta.- dal foro sangue scuro e denso iniziava a rigettarsi sul pavimento, ma non ci feci caso.
Avevo vinto, ed era ciò che contava.
-S-se...le mie sorelle...f-fossero q-qui.- lo stomaco si strinse ferocemente.
Kodlak aveva infatti parlato di una Congrega, ma dove erano le altre streghe?
Mi chinai su di lei e glielo chiesi.
-Parla, essere schifoso, dove sono le altre?- la minacciai, chinandomi su di lei e premendo la spada contro il suo sterno -Parla, o prima di ucciderti ti scuoierò come un animale!- ovviamente non lo avrei fatto, volevo solo impaurirla, ma invece che spaventarsi quella ridacchiò.
-Ho...capito. Ho c-capito perché...
-Di che parli?
-Lui sapeva...sapeva.
-LUI CHI?- quegli occhietti rossi, in procinto di chiudersi, mi guardarono con cattiveria -Dove sono le altre come te?
-Non...sono più...qui.
-Ah, davvero?- estrassi il pugnale che tenevo alla cintura e lo affondai nella spalla della megera, che urlò di nuovo -Parla, ho detto. Le mie promesse le mantengo, sappilo.
-Anche Hircine le mantiene...anche lui.- ribatté lei -Presto...la tua anima sarà sua.- e, con mio profondo orrore ed incredulità, si staccò la lingua con un unico morso.
-NO!- urlai -Brutta...- mi sputò addosso e, schifata, indietreggiai, affrettandomi a pulirmi il sangue dalla faccia con un moto di disgusto proprio mentre la creatura moriva con pochi gemiti. Infine regnò il silenzio.
Era fatta. La Congrega di Glenmoril si era appena estinta, l'ultimo componente giaceva morto ai miei piedi per mano mia. Mi chinai di nuovo e afferrai i capelli della vecchia, lasciando che la spada calasse sul suo collo magro con un unico colpo secco.
Quando uscii dalla caverna il sole era alto. Mi allontanai senza guardarmi indietro e una volta raggiunti i boschi inspirai a pieni polmoni l'aria pulita, sebbene il puzzo di quella roba mi girasse ancora intorno. Fu quasi con sollievo che mi feci il bagno in un fiume poco lontano, incurante dell'aria fredda che iniziava a tirare, ripulendomi dal sangue e dallo schifo. Per la spalla non ci badai, dovevo tornare a Jorrvaskr e una volta lì me la sarei fatta medicare come si deve, la medicazione che mi ero fatta da sola avrebbe potuto reggere, se non altro l'avrebbe protetta dalle infezioni.
Ce l'avevo fatta, avevo davvero ucciso una strega, avevo davvero tra le mani la cura per Kodlak!
Sorrisi al mio riflesso, scoppiai a ridere di sollievo mentre i capelli si appiccicavano alla fronte, mentre i brividi mi riempivano il corpo. Avevo appena sconfitto la maledizione dei Compagni, ottenuto il modo di liberarli!
Dopo essermi rivestita, salii a cavallo e sistemai in una bisaccia la testa della strega, coprendola con un panno in modo che non macchiasse la borsa e che non si vedesse ad occhio esterno per non dover dare spiegazioni complicate, poi spronai il cavallo e mi diressi verso Jorrvaskr con il cuore leggero.
Non vedevo l'ora di tornare a casa.
 
Note dell'autrice
salve!
Ok, qui ci sono da spiegare un po' di cosette.
La strega è una sì, per il semplice motivo che Iris, che non ha certo una grande esperienza come guerriera, senza licantropia e totalmente ignorante con la magia, non avrebbe potuto sconfiggere le streghe tutte insieme, no. Ma non preoccupatevi quando vi dico che le streghe non hanno ancora terminato il loro ruolo, ma per ora cambiamo argomento.
La caratterizzazione della strega, beh, non è proprio come quella di Skyrim, non si parla di cecità, ma quando ho visto quegli occhi rossi non ho saputo resistere. E la cura per Kodlak finalmente sta per raggiungere Jorrvaskr, ma sappiamo tutti che il Destino fa lo sgambetto nei momenti meno opportuni, perciò...
Alla prossima e bigspecial merci a Valpur xD Che mi ha dato anche la malsana idea di scrivere qualche spin-off <3
Baci a tutti
Lady Phoenix
  
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