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Autore: blackmiranda    17/04/2013    9 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7. Gone Gone



“Ho cercato dappertutto, non c'è! Nella foresta, nella parte costiera, dappertutto! E' sparita!” singhiozzò Demetra, soffiandosi rumorosamente il naso. “E' sparita!

Hera ed Hestia fecero del loro meglio per confortare la sorella. “Magari si è solo presa una vacanza...” azzardò la dea del focolare. “Sai come sono i giovani...”

“No, no, non è possibile, la mia Kore non farebbe mai una cosa del genere senza prima avvertirmi!” piagnucolò Demetra. “Deve essere stata portata via da qualcuno!”

Hera scosse la testa, incredula. “Ma chi...”

L'entrata in scena di Zeus, seguito a ruota da Hermes, fece tornare un po' di colore nelle guance smunte della dea dell'agricoltura. “Oh, Zeus!” lo chiamò, correndogli incontro.

Il padre degli dei si fermò a guardarla, sorpreso. “Per il tuono, Demetra! Stai bene?”

“No, no, non sto bene! Kore è stata rapita!” disse Demetra tutto d'un fiato.

“Come? Quando?” chiese Zeus, lanciando un'occhiata confusa in direzione della moglie.

Demetra tirò su col naso. “Non lo so, ieri sera sono andata a Nysa, come faccio sempre, e non c'era... Ho passato tutta la notte a cercarla, ma sull'isola non c'era nessuna traccia di lei...”

“Magari è andata a farsi un giro.” intervenne Hermes, pulendosi gli occhiali con un lembo della veste. “Magari si annoiava.”

“No, no, non è da lei!” esclamò la dea, piccata. “Zeus, ti prego, devi aiutarmi a cercarla.”

“Oh, beh, ecco...” fece Zeus, improvvisamente impacciato. “Il fatto è che... al momento sono molto impegnato a decifrare questa profezia, e...”

Demetra era scioccata. “Chi se ne importa della profezia! Mia figlia... Una DEA è stata rapita! Non posso credere che la cosa non vi interessi!”

Il dio del fulmine le posò una mano sulla spalla. “Calmati, su. Certo che ci interessa, ma non saltiamo a conclusioni affrettate. Aspettiamo almeno un paio di giorni prima di andare nel panico.”

Demetra si asciugò gli occhi. “Molto bene. Fate pure come vi pare. Ma io non starò qui con le mani in mano.” Detto questo, si incamminò fieramente verso il proprio carro. “E non aspettatevi un raccolto abbondante, quest'anno!” esclamò subito prima di sparire dalla loro vista.

Zeus si portò una mano alla tempia. “Ci mancava anche questa. Hermes, va' a fare un giro di ricognizione, per favore.”

Il dio annuì prontamente.

***
Dopo il consueto giro mattutino, Helios se ne stava pigramente sdraiato su una delle tante nuvole periferiche che circondavano l'Olimpo, sorseggiando ambrosia da una piccola coppa dorata.

Un altro perfetto giorno di sole, si disse sorridendo soddisfatto.

Con la coda dell'occhio vide una indistinta macchia verde scuro avvicinarsi rapidamente.

Si girò, curioso, corrugando le sopracciglia alla vista di Demetra.

Cosa poteva volere a quell'ora del mattino?

La dea lo apostrofò senza troppi complimenti. “Tu! Dov'eri ieri pomeriggio?”

Helios deglutì, improvvisamente nervoso. Gli occhi della dea sembravano in fiamme. Non gli era mai sembrata così minacciosa come in quel momento.

“C-come?” balbettò alzandosi a sedere.

Demetra gli si avvicinò ulteriormente. “Dov'eri ieri pomeriggio!” ripeté scandendo le parole.

Il dio arretrò. “Che ti importa? Cosa vuoi da me?” protestò.

La dea socchiuse gli occhi. “Mia figlia è sparita. E se scopro che tu c'entri qualcosa...”

Helios si alzò in piedi. “Cosa? Che idee ti vengono in mente? Io non c'entro nulla, non l'ho neanche più vista...”

Demetra incrociò le braccia. “E' vero che le hai fatto delle avances?” gli chiese, sospettosa.

Il dio rimase interdetto per qualche secondo. “Beh, sì, ammetto che mi interessa un po'... Ma niente di serio, voglio dire...”

Lei lo fulminò con lo sguardo.

Helios fece precipitosamente retromarcia. “Cioè, no, volevo dire, potrebbe essere una cosa seria, se lei lo volesse... E comunque non la rapirei mai!”

Demetra lo squadrò con palese ostilità.

Infine, sospirò tristemente. “Ti credo.” disse laconica. Fece per voltarsi, poi aggiunse: “Se ti interessa, potresti aiutarmi a cercarla.”

Helios ci pensò su, poi annuì. “Darò un'occhiata dall'alto.”

La dea gli fece un mezzo sorriso. “Grazie.” Dopodiché se ne andò.

***
Persefone sapeva che, appena si fosse accorta della sua scomparsa, sua madre si sarebbe messa a cercarla senza indugiare.

Era convinta che sarebbe stata soltanto questione di tempo e che presto sarebbe tornata a Nysa sana e salva, lasciandosi alle spalle l'Oltretomba, Ade e la sua scioccante quanto ridicola proposta di matrimonio.

Nonostante questi pensieri positivi, non poteva fare a meno di sentirsi sconfortata.

Aveva dormito malissimo quella notte. Ade le aveva assegnato una stanza nell'ala est, poco distante dalla sala del trono.

La camera era lugubre, grigia e fredda, come il resto dell'Oltretomba.

Aveva seriamente considerato di chiudersi dentro e non uscire più, pur di non dover più avere a che fare con il dio dei morti, ma poi aveva realizzato che sarebbe solo servito a crearsi una prigione più piccola all'interno della prigione in cui già si trovava.

Per di più, era pronta a giurare che le coperte avessero tentato di soffocarla, quella notte.

E quei terribili lamenti che non cessavano mai! Dubitava che persino Ade potesse sopportarli.

Quella mattina si era svegliata in preda alla confusione più totale. Poi aveva rammentato dove si trovava e lo sconforto aveva avuto la meglio.

Poggiato su una sponda del letto aveva trovato un himation grigio-azzurro, dal tessuto piuttosto pesante, che non aveva notato la sera prima.

Aveva deciso di indossarlo, drappeggiandolo attorno alle spalle nella speranza che le tenesse più caldo rispetto al leggero chitone bianco che indossava solitamente.

Certo, non le donava un granché, ma in quel frangente avrebbe volentieri sacrificato un po' della propria vanità.

Aprì lentamente la porta della stanza, guardandosi attorno con circospezione.

Il corridoio era deserto. Uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Si sorprese quando si rese conto di vederci di più grazie alla luce emessa dalla propria aura divina piuttosto che grazie alle sporadiche lampade azzurrine che pendevano dai muri.

Titubante, si diresse verso la sala del trono. Non aveva cambiato idea riguardo alla proposta di Ade, né aveva intenzione di stipulare alcun contratto con lui, ma ci teneva ad ostentare sicurezza nei suoi confronti.

Ne andava del suo orgoglio.

Stava per uscire dal corridoio quando due piccoli demoni le sbarrarono la strada.

Sobbalzò, suo malgrado; le sembrava di averli già visti.

“Ah, buondì!” esclamò quello verde dal naso lungo. “Il padrone al momento è impegnato. Come possiamo servirla?” aggiunse sfoderando un largo sorriso.

Persefone li squadrò con occhio critico. “Beh, se poteste farmi uscire da qui...” azzardò con una punta di speranza nella voce.

I due si guardarono. “Sfortunatamente, non ci è permesso. Ma se vuole una bibita, un drink...”

La dea alzò gli occhi al cielo. “Lascia stare.” D'un tratto le venne in mente dove aveva già visto i due demonietti.

“Voi due... Avete aiutato Ade a mettere in catene gli dei durante l'attacco dei Titani, vero?”

Pena e Panico parvero rimpicciolirsi. “C-come lo sai?” replicò Panico.

“C'ero anche io.” rispose lei incrociando le braccia.

“...Oh.” dissero insieme. “Beh, non era niente di personale...” “Noi ci limitiamo a seguire gli ordini di Ade...” aggiunsero precipitosamente.

Persefone scosse la testa. “Sentite, se non potete farmi uscire da qui, non-” Si interruppe, colpita da un'idea improvvisa.

“Ripensandoci, forse c'è qualcosa che potete fare per me.” disse cercando di suonare cordiale.
“Vorrei un po' di terra. Una ventina di vasi andrebbero bene.”

I due assunsero un'espressione confusa. “Terra?”

“Sì, terra, terriccio. Per far crescere le piante.”

I demonietti annuirono. “Questo possiamo farlo.” dissero facendo retromarcia.

“Grandi, i vasi, mi raccomando!” puntualizzò la dea mentre Pena e Panico sparivano dietro l'angolo.

Rimasta di nuovo sola, Persefone non sapeva che fare. Da un lato, non voleva tornarsene in camera; dall'altro, non era certa di avere il coraggio di gironzolare per l'Oltretomba senza una guida.

Decise infine di andare avanti con il suo primo proposito. Non le importava se Ade era impegnato; non si meritava certo la sua discrezione, dopo quello che le aveva fatto.

Girato l'angolo del lungo corridoio, udì delle voci provenire dalla sala del trono.

Si sporse in avanti per vedere a chi appartenessero, cercando allo stesso tempo di origliare la discussione.

“... Mi stavo solo preoccupando, ecco tutto.” disse una roca voce femminile.

La sua proprietaria, una dea dai crespi capelli neri e dalla pelle rossastra, era sinuosamente appoggiata sulla spalla sinistra di Ade, il quale non sembrava particolarmente entusiasta della cosa.   

“Sì, beh, ti ringrazio, ma la situazione è sotto controllo.” rispose il dio, evidentemente infastidito.

“Davvero?” fece la dea. “Perché potrei scommettere che non è così. Chiamalo istinto...” Si spostò, muovendosi languidamente verso il centro della sala. “Potrei addirittura restarci, qui. Ora come ora, è l'ambiente ideale, per me.” Abbozzò una risatina.

Ade sogghignò. “Carissima.” esordì prendendola per le spalle. “In un altro momento sarei lusingato. Purtroppo, in questi giorni sono molto... occupato con altre faccende e non avrei il tempo necessario da dedicarti. Perché non torni... un altro giorno, magari il prossimo fine settimana?”

La dea sorrise. “Lo prenderò come un invito a cena.” Detto ciò, spiegò un paio di ali rossastre e spiccò il volo, lasciando il dio dei morti da solo nella grande sala.

Persefone non aveva idea di chi fosse la dea dai capelli neri, né di cosa stessero parlando, quindi decise che avrebbe fatto finta di nulla.

Uscita da dietro l'angolo, non era sicura di quale espressione avrebbe dovuto adottare; cercò di apparire il più neutra possibile.

“Seph, mia dolce metà. Dormito bene?” la accolse Ade senza alzarsi dal trono su cui si era seduto poco prima.

“Per niente.” rispose lei cercando di stare calma.

“Desolato. Beh, hai almeno riconsiderato la mia proposta?” le chiese materializzando un sigaro e accendendolo.

La dea incrociò le braccia, senza rispondere.

Ade sbuffò una nuvola di fumo. “Senti, perché non la smetti di fare la preziosa e consideri la cosa da un punto di vista logico?” Si alzò in piedi. “Voglio dire, non mi pare di chiedere tanto. Passi due giorni con me e poi, se non accetti di restare, ti riporto indietro.”

“Perché dovrei fidarmi?” proruppe lei. “E poi, è solo questione di tempo prima che mia madre mi trovi.” aggiunse distogliendo lo sguardo.

Il dio le si avvicinò. “Il punto è: quanto tempo ci vorrà perché ti trovi?” le sussurrò beffardo.

“Con quella voragine che hai aperto a Nysa, non credo molto.” ribatté lei rabbiosamente.

Ade la squadrò, alzando un sopracciglio. “Oh, per favore. Credi davvero che l'abbia lasciata aperta?”

Persefone avvertì una stretta allo stomaco. “L'hai... chiusa?” chiese con un filo di voce.

Il dio le sorrise. “Ehi, per chi mi hai preso? Non sono così sprovveduto.”

“...Oh.”

Ade finì il sigaro in tutta tranquillità. “Ma alla fine hai ragione. Insomma, settimane, mesi di attesa... Vale la pena sopportare questo strazio, piuttosto che collaborare per due giorni con me.” Il suo tono di voce si era fatto estremamente tagliente, quasi minaccioso.

La dea non sapeva cosa rispondere. La prospettiva di restare bloccata lì sotto per settimane o addirittura mesi la terrorizzava. Se solo avesse avuto un qualsiasi mezzo di comunicazione con la superficie... Ma non ne aveva.

Si morse il labbro. Era completamente indifesa e impotente.

Sentì il panico congelarle lo stomaco.

Solo durante l'attacco dei Titani si era sentita peggio. E anche allora, nonostante la terribile minaccia, la paura era durata relativamente poco. Ercole era giunto ad aiutarli e insieme a Zeus aveva cacciato i mostri una volta per tutte. Inoltre, almeno allora sua madre le era accanto.

Adesso invece...

Tutte quelle sensazioni erano completamente nuove per lei.

Non si era mai dovuta preoccupare di niente, non aveva mai avuto bisogno di niente: sua madre pensava a tutto.

Solo in quel momento si rese davvero conto di quanto la sua vita fosse stata facile.

Era cresciuta nella bambagia, anche per degli standard divini... E non aveva nessunissima intenzione di rinunciare alla propria vita perfetta.

“Vedo che hai bisogno di un po' di tempo per pensarci su.” disse Ade stringendosi nelle spalle. “Sai che ti dico? Fa' pure. Ho tutta l'eternità a disposizione.”

Persefone strinse le mani a pugno. “Aspetta!” esclamò agitata. “...Va bene.” disse dopo qualche momento. “Se ci tieni così tanto, accetto!”

Il dio le scoccò un'occhiata trionfante. “Così mi piaci.”

“Tanto non riuscirai a farmi cambiare idea.” replicò lei.

Ade le strinse la mano. “Sono riuscito a farti cambiare idea su questo, no?” le fece notare, soddisfatto.

Persefone rabbrividì. “Solo perché voglio passare meno tempo possibile in questo posto orribile.”

“Come vuoi, fiorellino.”

“E smettila di chiamarmi così!”

La discussione fu momentaneamente interrotta dal sonoro tonfo provocato dal primo dei venti vasi ordinati da Persefone, appena poggiato sul pavimento da Pena e Panico.

“E quella che roba è?” sbottò Ade, colto alla sprovvista.

“La mia terra!” rispose lei, improvvisamente allegra.

“La tua... Stai scherzando, vero? Cosa vuoi fare, trasformare questo posto in un vivaio?”

Persefone abbracciò il grosso vaso. “Dovevi pensarci prima di decidere di sposare la dea della primavera.” gli disse lanciandogli un'occhiataccia.
 
 
 






Salve gente! :D Ho deciso di aggiornare un po' prima del solito, dato che mi avete reso felicissima con le recensioni che avete lasciato al capitolo precedente. (No, davvero, non mi era mai capitato di ricevere OTTO recensioni allo stesso capitolo, è incredibile, inaudito, pazzesco!!)
Inutile dire che vi amo tutti. xD

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. ^^  Ah, piccola nota: per evitare la scomoda tematica dell'incesto ho preferito evitare, nella mia storia, la parentela tra Persefone e Zeus, perché altrimenti, essendo Zeus e Ade fratelli... Avete capito dove voglio arrivare. >.> E sì, lo so che nel mito sono tutti imparentati, ma questa (non mi stancherò mai di ripeterlo) è innanzitutto una storia su Hercules, e ho preferito mantenere lo spirito kid-friendly del film Disney.

Ancora GRAZIE. Grazie di cuore.
Non so davvero che altro dire. ^^'' Vi abbraccio. :3

   
 
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