Mi alzo e trovo Gioia mi aspetta in cucina. Mi siedo con la cautela propria degli anziani il mio pasto già pronto. Esco con calma. Sotto un cipresso mi seppellisco prima del tempo per augurio di buona rinascita. Che risveglio? Che sonno? Forse solo silenzio e armonia. Salgo sul colle che sovrasta il paese, paese destinato ad estinguersi. Costrutto mostruoso fatto intorno alla terra, ai fiori, al ragno che salta sulle pieghe dei miei pantaloni. Loro non moriranno e nemmeno questi vecchi meno nichilisti, meno tristi, queste zappe rastrelli fiaschi sporte martelli cappelli. Toglieteveli per salutarli, ma non fatelo per il paese, che un giorno sarà solo macerie. Nessuna economia piega lo spirito e il suo fluire per quanto lo possa annientare ai nostri occhi. Torno a casa e non trovo più Gioia; cambierebbe qualcosa dire che Gioia è mia sorella? E che mia sorella sono io come quel ragno che in fondo si stava saltando addosso.