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Autore: Yanothing    18/04/2013    1 recensioni
La mia prima ff basata a grandi linee su una storia vera.
Un amicizia che comincia all'età di sedici anni, periodi molto difficili, problemi con alcool e farmaci, il mondo della musica punk-rock, un amore sano e puro, continue sfide che si infrangono contro le vite dei personaggi, sopratutto contro la vita dell'eterno giovane Billie.
"Portami indietro a un’ora fa, il tempo sta fermo mentre gli anni passano".
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adrienne Nesser Armstrong, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sentivo le loro urla già da due ore circa.
Green Day! Green Day! Green Day!
Era un esercito di mille e più persone, mille e più voci che evocavano la loro band preferita, mille e più occhi fissi sul nero palco che si infrangeva sul verde prato dell'arena dove ci siamo esibiti, mille e più braccia levate al cielo, mille e più cuori pronti a battere all'unisono.
Girovagavo nel back stage con la mia solita birra in mano, era il primo concerto del tour, non ero più abituato a quell'ansia, a quella tensione, non riuscivo a rilassare i muscoli facciali, non riuscivo a increspare le labbra in un sorriso, non c'era la minima traccia di gioia in me, solo il panico crescente che andava sciogliendosi solo con l'aiuto dell'alcool.
Posai la birra ormai vuota e mi imbattei in Frank che cercò al suo solito di travolgermi con il suo spirito da clown, ma non ne avevo voglia, erano passati quattro anni dall'ultimo grande successo e molte cose erano cambiate, mi sentivo carico, con la voglia di prendere la chitarra in mano e improvvisare qualche stronzata sul palco, sapevo infondo che la mia ansia non era legata alla paura di fallire, eravamo arrivati a quel punto ed era già abbastanza, già troppo, non ci avremmo mai giurato da ragazzi che quello delle vette delle classifiche sarebbe stato il nostro posto, la mia ansia era legata a qualcosa che tenevo dentro, un insicurezza personale, una cosa sola poteva aiutarmi a sconfiggerla, ma i tempi degli ansiolitici erano finiti.
Spuntò Andrew, il tecnico del suono, a dirci che tra cinque minuti saremmo dovuti correre sul palco. Continuai a masticare la mia chewingum che avevo in bocca, ormai senza sapore per il troppo tempo che avevo passato a mangiucchiarla, in modo incontrollato fin quando non arrivò Mike che mi diede una pacca sulla spalla facendomi sbilanciare in avanti e facendomi cadere la chewingum dalla bocca.
"Ah la chewingum!"
"Scusa bello!" mi mise un braccio attorno le spalle e mi sorrise "allora, pronti!?"
"Prontissimi!" non riuscii a non sorridergli, quelle labbra che si assottigliavano ancora di più per mostrare tutti i denti e quegli occhi azzurro cielo erano già un motivo per sorridere, in più il suo abbraccio mi fece sentire meglio.
Tornò Andrew e ci fece un cenno nervoso di correre, come se fossimo in ritardo di un'ora.
Il primo a varcare la soglia del backstage fu Frank, sentii un boato elevarsi al cielo non appena fece ingresso sul palco inerpicandosi verso la sua batteria, poi fu la volta di Mike che corse alla sua postazione, un altro boato, i turnisti erano già ai loro posti, mancavo io, senza di me la festa non ci sarebbe stata, quello era ciò che mi piaceva di più fare, passare qualche ora in compagnia di mille e più persone, mille e più voci che evocavano la loro band preferita, mille e più occhi fissi sul nero palco che si infrangeva sul verde prato dell'arena dove ci siamo esibiti, mille e più braccia levate al cielo, mille e più cuori pronti a battere all'unisono.
Corsi sul palco, altro boato, sorrisi e alzai le braccia al cielo, tutta quella grandezza faceva paura.



Era solo il decimo concerto di molti altri e io ero entrato a pieno ritmo nella vita frenetica da tour.
Aerei, alberghi, facce nuove, accenti sconosciuti, la lontananza da casa, era tutto bellissimo e contemporaneamente spossante.
Tornammo in albergo dopo quella che era stata una grande serata e ci salutammo sul pianerottolo del quarto piano dove si trovavano le nostre camere, Frank si ritirò nella sua stanza con l'intento di buttarsi a letto e cominciare a russare immerso in un sonno profondo, Mike disse che anche lui stava crollando, ma mentre lo guardavo allontanare lungo il corridoio sapevo che avrebbe passato una buona ora al telefono con Brit. Io mi ritirai a mia volta in camera, ma sapevo già cosa mi aspettava, lo sguardo si posò immediatamente sul mini frigo, e poi su una bottiglia di Jack che mi avevano offerto i tipi dell'hotel.
Mi sedetti sul letto, sentendo il metallico scricchiolio della rete, levai le scarpe lanciandole al centro della camera e incrociai le gambe a mo di indiano, aprii il mini frigo e uscii le uniche due birre che ci trovai dentro, cominciai a bere, come ormai stava tornando ad essere di abitudine da un paio di giorni.
L'alcool era di nuovo dalla mia parte, avevo cominciato con una birra prima del concerto, poi la birra diventò prima e dopo del concerto, poi diventarono due prima e dopo del concerto, tre, quattro, cinque, e così via, e quando non c'era la birra c'era sempre qualche altra cosa che trovavi da bere. Sembravano le sbronze di tanti anni fa, ma più leggere, questo era solo il troppo lavoro, era dal 2004 che non ci prendevamo una pausa, e l'alcool aiutava ad andare avanti con la giusta grinta, ero convinto inoltre di potermi fermare quando lo desideravo, sembrava che la mia mente fosse tornata a ragionare come un tempo, sembrava che tutta la maturità acquisita in quegli anni si perse in chissà quale parte del mondo.
Le birre erano finite velocemente, per me era come bere acqua ormai, ma la bottiglia di Jack mi guardava, così invitante, con quel caldo colore marroncino e quell'elegante etichetta nera, non rifiutai il suo invito e la presi con una mossa repentina, come per paura che qualcuno potesse vedermi, poggiai le spalle alla testiera del letto e sorrisi.
"Oh mia cara, a quanto pare siamo soli io e te questa sera eh?" la aprii.
Cominciai a fare dei lunghi sorsi, sentendo l'aspro e bruciante sapore agrodolce scendermi in gola per poi salirmi nuovamente in testa, era una libidine, una sensazione che mi mancava, un gesto che mi era troppo amico, almeno così credevo.
In poco tempo sentii che ero già brillo, presi una sigaretta e, nonostante il divieto di fumo in camera, la accesi, facendo dei rilassanti tiri, osservando il tabacco che bruciava lentamente, il tabacco di quel rosso acceso mischiato al grigio della cenere. Inspiegabilmente scoppiai a ridere, e a canticchiare qualche canzone, un po' delle mie, un po' di altri gruppi.

My name is Jimmy I'm the son of a gun!

Mi resi conto di aver alzato un po' troppo la voce e scoppiai nuovamente a ridere, ci mancava attirare l'attenzione dei fan dietro la mia porta ed essere costretto a firmare autografi nelle mie condizioni.
Continuai a bere, tenendo gli occhi chiusi, guardai l'ora sul cellulare e capii che presto sarei crollato, avevo come un timer nel corpo, ad un certo orario crollavo, ed era anche piacevole per me che avevo sempre sofferto di insonnia.
Dopo una mezz'ora la bottiglia si svuotò nel mio corpo e il mio corpo si svuotò nella bottiglia, era come se mi sentivo vuoto nell'anima, ma con un mare di alcool in circolo nelle vene, era come se nell'ultima sorsata la mia anima fosse rimasta intrappolata nella bottiglia e la sua anima, l'alcool, fosse rimasto intrappolato nel mio corpo, come per tenermi prigioniero, come per legarci per la vita, una specie di ricatto, "io mi tengo la tua anima e ci faccio ciò che voglio".
Sentivo che lentamente stava tornando, e non ero del tutto sicuro di volerglielo impedire.

  
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