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Autore: Keros_    18/04/2013    5 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7

 

Blaine si sistemò meglio sulla sedia, prima di ricominciare a rispondere alle domande e affermazioni della piccola accoccolata al suo fianco. “Lo sai, tesoro, non potevo baciare papà.”

“Invece sì.”

“Juliette, ne abbiamo già parlato,” rispose dolcemente lui, passandole un braccio sulle spalle per stringerla meglio, “io e papà non facciamo più quelle cose. Noi ci siamo.. Ci siamo.. C-ci..”

“Lasciati,” terminò la bambina per lui, alzando la testa per guardarlo meglio. “Perché in tv fanno vedere che anche se due si sono lasciati, quelle cose le fanno lo stesso?”

“Tv spazzatura.” Commentò acido, sperando di chiudere il discorso.

“Però ha ragione, tante persone fanno quelle cose. Perché tu e papà no?” Blaine la guardò per un lungo istante negli occhi, sperando di trovare una risposta a quella domanda.

Fin da prima che Blaine chiedesse ufficialmente il divorzio a Sebastian, tra loro due c’era stata sempre quella forma di rispetto e distacco, nonostante molte volte si erano trovati in situazioni molto favorevoli al fare sesso o annullare la distanza tra i loro corpi anche solo per baciarsi. Cosa alquanto strana per un uomo come Sebastian, ma lui non se n’era mai lamentato, sapendo che se fosse successo qualcosa tra loro, avrebbero solo peggiorato la situazione e ne aveva avuto la conferma con quel bacio inaspettato che gli diede il quasi ex- marito.

Per non parlare di ciò che avrebbe dovuto subire nei giorni seguenti e di come si sentiva già in quel momento. Gli mancava già il corpo caldo di Sebastian accanto al suo e poter intrecciare le loro gambe e sentire la sua colonia mista al suo odore naturale mentre dormiva. Sicuramente quella notte l’avrebbe passata in bianco a guardare il soffitto della sua camera.

“Perché noi... vogliamo qualcosa di diverso. Di più maturo.” Disse in fine, annuendo leggermente mentre la bambina lo guardava alzando un sopracciglio per ridacchiare quasi impercettibilmente e in lei Blaine vide una parte di Sebastian.

Blaine era il padre biologico di Juliette e Sebastian di Grant,  ma a volte sembrava il contrario. Blaine riusciva a comunicare meglio con il figlio, nonostante negli ultimi tempi le cose non erano proprio rose e fiori, ma prima, prima che succedesse tutto, loro due avevano un buon rapporto nel quale si confidavano più o meno tutto e Grant gli dava ascolto senza batter ciglio, ogni tanto.

Mentre con Juliette le cose erano leggermente differenti. Lei, nonostante avesse preso la sua dolcezza e molto del suo carattere, era estremamente furba, quando voleva antipatica e molto testarda e determinata. E, soprattutto, amante di coccole.

Su questo non c’era niente di strano, tutti i bambini amano lo stare tra le braccia dei genitori, ma chi lo avrebbe mai detto che fosse proprio Sebastian a darle tutte quelle attenzioni e riuscire a essere così in sintonia con lei?

Di certo non Blaine. Conoscendolo, se qualcuno gli avesse detto che Sebastian avrebbe instaurato un rapporto del genere con la figlia, sicuramente sarebbe scoppiato a ridere. Poi, ovviamente, si ritrovò a ricredersi, perché il loro rapporto era diverso da quello che avevano con chiunque altro, anche con lui stesso. E quindi, adesso era facile trovare Sebastian in Juliette, anche se Blaine non ci avrebbe mai fatto l’abitudine.

“Anderson?”  Chiamò la voce femminile nella segretaria, vedendo una donna con il proprio figlio uscire da una porta bianca. Blaine si alzò in piedi, porgendo la mano alla figlia che la afferrò e si alzò a sua volta. “Da questa parte,” continuò, indicando la porta dietro il quale vi era il dottore.

Lui annuì e sistemò meglio il berretto di lana sui capelli della figlia, prima di dirigersi verso la porta bianca, ringraziando la segretaria con un sorriso mentre la superavano. Fece entrare Juliette dentro la stanza, per poi seguirla chiudendo la porta.

L’arredamento era molto costoso, la scrivania in legno scuro con due sedie con imbottitura davanti e una in pelle girevole, occupava un lato della stanza; tutte i muri erano ricoperti di diverse pareti attrezzate su cui erano posti modellini del corpo umano, libri e medicinali. Vicino al lettino, c’era una porta scorrevole, che portava in un quello che, dall'angolazione di Blaine, sembrava un bagno.

“Accomodatevi pure.” Urlò una voce dall'altra stanza che Blaine ricordò d’averla già sentita da qualche parte.

Cercò la figlia con lo sguardo, trovandola già comodamente seduta su una delle sedie, un po’ assonnata. Le stava risalendo la febbre. Le si avvicinò, sedendosi accanto, per poi accarezzarle la guancia bollente.

“Eccomi qua,” disse la voce di poco prima, mentre la porta scorrevole si apriva, “Allora, che abbiam-Blaine!”

Il moro si girò, trovandosi a concatenare lo sguardo con una paio di iridi azzurro intenso. Sentì la bocca seccarsi e le guance diventare appena un po’ più rosee.  Scattò in piedi, si fregò la mano sul pantalone e poi la porse all'uomo che in quel momento si stava avvicinando, “Ciao, John.”

“E’ un piacere rivederti,” Rispose quest’ultimo, stringendogli la mano ancora umida, segno che l’aveva appena lavata, sorridendo adorabilmente, facendo intravedere dei denti bianchissimi. Blaine sorrise a sua volta, ritraendo la mano e seguendolo con lo sguardo mentre lui si sedeva dell’altra parte della scrivania.

“E tu chi sei?” Chiese amorevolmente, John, rivolto alla bambina.

“Juliette,” rispose lei, sorridendogli e porgendogli la manina che il biondo strinse con gentilezza. “sono la figlia di Blaine.”

“Oh,” disse lui, finto sorpreso, “ papà non mi aveva detto d’avere una cucciolotta come figlia.” Continuò, spostando gli occhi su Blaine che si portò una mano a grattarsi la nuca, imbarazzato, anche se nella voce di John non c’era nessuna nota accusatoria.

“Non c’è stata l’occasione, dato ciò che è successo,” si scusò imbarazzato, “anzi, ti chiedo ancora scusa per l’arrivo di Seb-“

“Shh,” lo interruppe il biondo, sorridendogli. “Te l’ho già detto, non è stato un problema.” Poi spostò lo sguardo su Juliette, “Allora, dimmi un po’, come ti senti?”

Lei le lanciò uno sguardo tagliente, prima di rispondere un “Male” con tono poco educato. Lui non ci fece molto caso e gli rivolse ugualmente un sorriso affabile, mentre Blaine spalancò gli occhi; Juliette era dolce, non riusciva proprio a capire quel comportamento.

“Hai mal di testa? Tosse?”

“Ho sonno e mi fa male la gola.” Tagliò corto lei, facendo arrivare la mandibola di Blaine quasi a toccare il pavimento.  Ma John non si scompose, semplicemente annuì divertito, per poi abbassare lo sguardo per scrivere qualcosa su un foglietto.

“Juliette,” la rimproverò Blaine in un sussurro, sperando che si scusasse senza che fosse lui a dirglielo, ma lei gli sorrise divertita, portandolo a schiaffarsi una mano sulla fronte e sbuffare leggermente, chiedendosi perché diamine gli permetteva a Sebastian d’insegnargli cose così stupide come “Se ti piace, fa l’antipatica.”

Era una stupidaggine che uscì una volta Sebastian mentre erano accoccolati sul divano e Grant parlava della sua prima cotta per una certa Ashley  della sua classe accanto. Era ungioco molto semplice che consisteva nel comportarsi male con chi si aveva una cotta e vedere che reazione che avrebbe avuto l’altro, nel caso si fosse dimostrato gentile, allora si cambiava atteggiamento per farlo definitivamente crollare ai propri piedi. Inutile dire che Sebastian quel comportamento lo utilizzava ancora, e purtroppo anche i figli, nonostante Blaine gli avesse espressamente detto che era un comportamento sbagliato, ma ovviamente non gli avevano dato ascolto.

“Allora,” esordì poco dopo John, alzandosi dalla sedia, “Juliette, ti siedi sul lettino così facciamo una controllatina veloce?”

Lei annuì e si alzò in piedi, dirigendosi verso il lettino per poi salirvi sopra con qualche difficoltà mentre John faceva il giro della scrivania e la raggiungeva.  Si portò lo stetoscopio alle orecchie, per poi alzare delicatamente la maglietta della bambina, le poggiò la campana sul petto, e ascoltò attentamente il battito cardiaco.
 
 

Pochi minuti dopo, quando finì di controllare Juliette, John si risedette alla scrivania per scrivere la ricetta medica che poco dopo passò a Blaine. “Ha preso soltanto un colpo d’aria,” disse, “non ha niente. Un po’ di riposo, tre giorni a casa e poi potrà tornare a scuola senza problemi.”

“Grazie,” lo ringraziò il moro, prendendo il foglio che John gli stava porgendo, “Sei stato davvero gentile.”

“E’ il mio lavoro,” minimizzò John, sorridendo sia a lui che alla bambina. “Mi dispiace di avervi fatti venire fin qui.”

Blaine ridacchiò appena, alzandosi in piedi e prendendo per mano la figlia. Aspettò che il biondo lo affiancasse, per poi dirigersi alla porta, che quest’ultimo aprì con grazia, mettendosi da parte per farlo passare e offrirgli la mano.

“Blaine...” sussurrò, avvicinandosi di poco al suo orecchio per non farsi sentire da Juliette, “So che ti ho detto di uscire solo quando saresti stato pronto ma...” esitò un attimo, uscendo un piccolo pezzo di carta piegato più volte su se stesso dalla tasca dei pantaloni, e Blaine lo riconobbe subito, perché era il primo che aveva scritto da quando erano entrati. “Se ti va, sabato sera sono qui...” Poi, lasciando la frase in sospeso, fece scivolare il fogliettino nella tasca della camicia del moro, facendolo arrossire leggermente.

“Beh.. io..”

“Senza impegno,” lo rassicurò subito, “ci andrò in ogni caso.”

“Ok... Allora ci vediamo.” Lo salutò Blaine, allontanandosi con un sorriso imbarazzato.

“Ci vediamo.” Ripeté il biondo, con tono dispiaciuto, seguendolo andar via con lo sguardo.

 

 


 

“Ed erano abbracciati stretti stretti.”

“Davvero? Ma stretti come?”

“Stretti così,” rispose Juliette, gettandosi tra le braccia di Elizabeth per abbracciarla.

“Non era così,” Intervenne Blaine, “Juliette sta ingigantendo la cosa.”

“E poi papà gli ha dato un bacino sulla guancia a papà!” Blaine sbuffò e visto che nessuno sembrava dargli conto, si alzò in piedi dal divano, dirigendosi in cucina per prendersi qualcosa da mangiare, sentendo la figlia continuare fin da lì, “..però, secondo me, glielo voleva dare sulle labbra.”

Ovviamente Sebastian rise a quell'affermazione. Idiota.

Aprì il frigo, cercando qualcosa da preparare per la cena, visto che Cooper ed Elizabeth sembravano del tutto essersi dimenticati dell’orario. Uscì delle uova e pancetta, poggiandoli sul ripiano per poi prendere una pentola e riempirla d’acqua e metterla sui fornelli.

Uscì un pacco di pasta dalla credenza e proprio mentre la stava pesando sentì un piccolo pizzicotto sul sedere. “Ehi,” si lamentò, poco importava chi fosse stato.

“Va di là a riprendere tua figlia,” Disse Elizabeth, ridacchiando. “ti sta proprio sputtanando per bene.”

“Potresti parlare pulita?” la rimproverò lui, affiancandola mentre lei sbatteva le uova. “Ci sono i bambini di là.”

“Come se Grant non sapesse più parolacce di me,” lo canzonò, poi vedendolo accendere i fornelli aggiunse: “Lascia, preparo io la cena.”

Lui le sorrise per ringraziarla, voltandosi per poggiare il fondoschiena contro il ripiano della cucina, guardandola muoversi velocemente da una parte all’altra. Istintivamente la sua mente lo riportò a tutte le volte che aveva guardato Sebastian cucinare per lui e i figli. Scrollò la testa, cercando di scacciare quei ricordi. Tese le orecchie, cercando d’ascoltare il motivo delle risate che provenivano dal soggiorno e per quale motivo stessero parlando così ad alta voce, senza però ottenere alcun risultato.

“Se vuoi puoi andare di la, non mi serve la bella statuina qui a guardarmi. Ah, Sebastian e i bambini cenano con noi?” Domandò El, mettendo il sale nell'acqua.

“No, stiamo per andare via.” Comunicò Sebastian, entrando il cucina, facendo sussultare entrambi che non si erano accorti di lui.  “Posso parlare da solo con Blaine?”

“Certo,” rispose subito la donna, strofinandosi le mani, “vado a vedere se Cooper mangia la pasta o vuole qualcos'altro.” Detto questo, Elizabeth uscì dalla cucina, lasciando entrambi gli uomini a fissarsi, in silenzio.

A Blaine bastò un’occhiata per capire che era sicuramente successo qualcosa , ma non capiva cosa. Sebastian aveva uno sguardo che chi non lo conosceva bene definiva subito strano, inquietante, arrabbiato, triste, ma lui sapeva come definirlo: ferito.

Ferito per qualcosa di cui lui non ne aveva la minima idea.

“Sicuro che non vuoi lasciare Juliette con me, stasera?” chiese in fine, cercando di allentare la tensione e poter liberarsi di quello sguardo, che sembrava pesare duecento chili sul suo capo.

“Come è andata oggi dal pediatra?”

Era questo che aveva sempre amato di Sebastian: arrivava subito al punto, senza mezzi termini; ovviamente quando gli conveniva. Era la prima cosa che gli era piaciuta di lui in quel Lima Bean parecchi anni prima, era la cosa che ancora lo stordiva di più; perché a volte era utile, altre estremamente imbarazzante.

“Te l’ho già detto...” Cercò di temporeggiare, sperando che quello che pensava non fosse vero, “E’ solo il  freddo. Qualche giorno di riposo e starà bene.”

Sebastian rise.

Maledizione.

“Juliette dice che era bello. Con gli occhi azzurri e i capelli biondi; sembrava conoscerti.” Fece qualche passo verso la sua direzione, avvicinandosi lentamente, per poi fermarsi a pochi centimetri da lui.

“Era riccioli d’oro?”

Blaine aprì la bocca per replicare, ma non uscì nulla, così la richiuse.

“Ha detto che ti ha messo un bigliettino nella tasca,” rispose con tono seducente, guardandolo negli occhi, mentre con una mano s’intrufolava all'interno della tasca della camicia del moro, proprio all'altezza del cuore.

Quest’ultimo deglutì, sperando che il battito accelerato del suo cuore, un po’ per l’acqua alla gola e un po’ per la vicinanza di Sebastian,  non si notasse. “No-non-“

“Non ho nessun diritto,” terminò per lui la frase, il più alto, aprendo il biglietto. “Ma questo non ti da il permesso di far conoscere uomini ai nostri figli.”

Blaine gli stappò il biglietto dalle mani prima che potesse leggerlo, poi sgusciò via dalla trappola data dalla cucina e il corpo del quasi ex-marito. Prese un respiro profondo e disse:  “Non sapevo fosse John il sostituto di Steve. E non gliel'ho presentato... voglio dire non come frequentante o altro.”

“Quindi vi frequentate?”

“No,” rispose lui secco. “Siamo usciti solo una volta, dove tu ti sei presentato.”

“Meglio così.”

“Meglio così?” chiese ironicamente, trattenendo una risata. Se solo fosse stato vero, se solo non lo amasse ancora, allora sarebbe stato meglio così. E invece lo amava, restava a guardarlo incantato ogni volta come quando erano ragazzi.

“Esattamente.”

Blaine scoppiò a ridere. In una risata di scherno, falsa nel suo modo di essere vera.

Come si dice in certi casi? Meglio ridere per non piangere, e lui lo stava esattamente facendo; non aveva voglia di cedere e spiegargli che era stato un puro e semplice caso che aveva incontrato John, che non l’aveva fatto apposta e che non era assolutamente come pensava lui.

“Perché ridi? C’è qualcosa da ridere per caso?”

“La tua gelosia.” Rispose lui, sorridendo per poi dargli le spalle; senza aggiungere altro.

“Mi sembra d’averti già detto che non sono geloso.” Controbatté Sebastian, avvicinandosi a lui. “Ma riccioli d’oro non mi piace.”

“Non deve piacere a te,” borbottò Blaine, cercando di distrarsi girando la padella e controllando la pasta. “e comunque non sono affari tuoi.”

“Lo hai già detto.”

“Non è vero e comunque forse è meglio che l’abbia ripetuto, sai? Così ti entra bene in testa.”

“Pensala come vuoi.” Tagliò il discorso Sebastian, poggiandogli una mano sul fianco per farlo voltare e poter abbassare lo sguardo per  far incontrare i loro occhi, “Ma i nostri figli non devono essere messi in mezzo.”

“Sebastian, pensi che io sia stupido? Lo so che non era una cosa da fare, ma per Juliette lui è soltanto il pediatra, per quanto ne sa potrebbe benissimo essere un mio amico.”

“E’ qualcosa di più?”

Blaine si perse a guardare l’espressione sul volto di Sebastian; era un ammasso di emozioni e sentimenti, mandando il suo cervello nel panico. In quel momento, togliendogli quella maschera da essere irraggiungibile e faccio queste domande solo perché sono curioso e non voglio che fai soffrire i nostri figli, era vulnerabile e talmente facile da scalfire che sarebbe bastato un semplicissimo ‘Sì’ per farlo crollare; ma lui era sempre stato buono, non sarebbe riuscito a fargli del male.

“N-no... insomma, ci conosciamo a malapena.” Balbettò in fine, vedendolo tirare un sospiro di sollievo.

Restarono in silenzio per un istante, guardandosi negli occhi, l’uno a poca distanza all’altro e Sebastian con ancora la mano sul fianco di Blaine. Entrambi pensavano la stessa cosa, entrambi volevano la stessa cosa. Inevitabilmente gli occhi di Blaine caddero sulla labbra sottili e rosee dell’altro; si leccò il labbro inferiore prima di deglutire piano, sentendo la voglia di baciarlo farsi sempre più viva.

Tutto quello non sfuggì a Sebastian, che a sua volta si morse l’interno guancia. Che poi si sa, lui non era mai stato un uomo riflessivo e coscienzioso, che ponderava bene le situazioni prima di agire, così come Blaine che talvolta si comportava come lui. Inevitabilmente si trovò a chinarsi su di lui, sentendo l’altro fare lo stesso quando…

“Papààààà, ho fame!”

Gli adulti, come se appena risvegliati da un bellissimo sogno, per poco non saltarono in aria per poi mugugnare qualcosa infastiditi. Sebastian si voltò di scatto verso la porta della cucina e Blaine si sporse un poco per vedere se ci fosse qualcuno, fortunatamente erano soli e la voce proveniva dall'ingresso. Si allontanarono ancora un po’ e Blaine sentì la mano sul suo fianco scivolare via. Imprecò mentalmente prima di darsi dell’idiota.

“Noi andiamo.” Esordì il più alto dopo poco, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni, “Ciao.”

“Aspetta,” Il viso di Sebastian si illuminò, sorpreso e con un può d’aspettativa, “vengo a salutare i bambini di là.”

Poche volte Sebastian si era sentito più frustrato e peggio di così per un misero bacio. 

 




 

Blaine provò ad ignorare la vibrazione del telefono per più di dieci minuti buoni, continuando a ripetersi che non era niente di urgente e che poi non era giusto nei confronti dei suoi allievi interrompere la lezione mentre stavano provando e anche con risultati niente male; ma alla quasi ottava chiamata persa, il suo essere gentile lo richiamò all'ordine, dicendogli che se qualcuno lo stava cercando così insistentemente, allora un motivo c’era e non poteva continuare ad ignorarlo, facendo il maleducato.

Prese il cellulare dalla scrivania e si alzò in piedi, fece un cenno con la mano ai ragazzi per fargli capire di continuare a provare anche senza di lui e si diresse fuori dall’aula, chiudendosi la porta alle spalle prima di poggiarcisi con le spalle.

Sperò solo che al telefono non fosse Cooper che gli chiedeva di raccomandarlo con qualche suo collega o gli chiedesse di comprare la Nutella perché era finita dato che ne mangiava in quantità industriale, e che nel giro di quei pochi minuti che avrebbe passato fuori, non scoppiasse una rissa su chi era il più talentuoso della NYADA, chi il più meritevole o il più belloccio.

Respirò a fondo, poi aprì la telefonata e si portò l’apparecchio al telefono. “Pronto?”

“Signor Anderson?”

“Si, mi dica.”

“Sono la segretaria dell’avvocato Watson. La chiamo per avvertirla che purtroppo, a causa di un impegno improvviso, è costretto a rinviare l’appuntamento per oggi pomeriggio. E’ un problema?”

“No, no, non c’è nessun problema,” si affrettò a rispondere.

“Benissimo.  Le va bene se spostiamo l’appuntamento sempre entro questa settimana?”

“No, va bene.” Blaine stava iniziando a sentirsi un po’ confuso dalla voce acuta e veloce della donna al telefono, sembrava una di quelle che chiamava a casa per vendere qualche abbonamento via telefono o una cosa simile.

“Perfetto, allora le farò sapere entro domani quando sarà possibile!” la sentì respirare profondamente, forse per riprendere fiato o forse per paura di come avrebbe reagito dopo aver proseguito con la domanda che Blaine capì voleva porgli.

“Il.. il signor Watson.. mi ha chiesto di porvi una domanda alquanto personale ma che gli servirà per andare avanti con il divorzio.”

“Si, mi dica pure.” Disse lui gentile e incuriosito.

“Ha parlato con i suoi figli della loro eventuale separazione?”





 



ZAZZAN! 

Il prossimo capitolo arriverà o Lunedì o Martedì, ancora non so. 
E niente, oggi non ho proprio nulla da aggiungere se non che siete un amore che continuate a leggere, recensire e mettere la storia nelle seguite\ricordate. Grazie, grazie, grazie.
 
Un bacio,
 

 

   
 
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