Il tempo, così, era volato.
Grace era felice del fatto che le cose tra lei ed Elizabeth si
fossero sistemate.
Il suo tirocinio, intanto, procedeva alla grande ed era felice di
avere dei nuovi amici.
Lei, Medison e Walter uscivano spesso dopo il lavoro, si andavano a
prendere un caffè o un gelato e si divertivano a scimmiottare l’amministratore
delegato.
“È un borioso!” si lamentava spesso Medison, storcendo il naso.
Grace e Walter, intanto ridevano, osservandola.
La ragazza, a quel punto, si alzava e si atteggiava come il suo
capo, imitando il suo modo di camminare lento e cadenzato, mentre ispezionava
con fare critico tutte le scrivanie dei suoi dipendenti.
“Manco fosse Orlando Bloom!” saltava su, poi, scuotendo teatralmente
il capo. “Solo Orlando si potrebbe permettere di lanciare sguardi di quel tipo
a noi comuni mortali, non credete?” sbottava, con la testa già tra le nuvole.
“Scusa, Maddy, non credi di esagerare?” Walter, come suo solito,
faceva il cinico e ostentava serietà, mentre dentro sé sapeva che sarebbe
scoppiato a ridere pochi istanti dopo.
“No, dannazione!” E Medison, allora, riprendeva ad elogiare il divo
del cinema, portando fuori esclamazioni trasognanti e commenti osceni.
Grace si divertiva sempre con loro. Adorava la vitalità di Medison,
con i suoi occhi neri come la pece e la pelle scura che la rendeva bella anche
quando si presentava in ufficio in tuta, ignorando le rimbeccate del suo capo.
Adorava l’aria risoluta di Walter che, pur cercando di contenersi, sapeva come
divertirsi e non diceva mai di no quando Medison proponeva di uscire.
Un giorno, mentre novembre volgeva al termine, Grace stava
stravaccata sul divano, fantasticando sul momento in cui Jeremy sarebbe tornato
da lei. Stava contando i giorni che la separavano delle sue forti braccia,
quando il suo cellulare squillò.
Balzò in piedi e corse a prenderlo dal mobile della cucina su cui
trillava, insistente.
“Oh, finalmente!” esordì Walter, una volta che lei ebbe premuto il
tasto verde per avviare la conversazione.
“Walter! Che c’è?” si stizzì Grace, domandandosi cosa avesse di
così importante da dirle, per inscenare tutto quel teatrino, manco gli avesse
risposto dopo un’ora di insistenti telefonate!
“Usciamo?” propose lui, con tono allegro.
Grace evitò di esprimere a parole la miriade di imprecazioni che le
passarono per la testa e sospirò. “Hai chiesto a Maddy?”
“Sì, non può venire” rispose lui, prontamente, facendola
insospettire.
“Come mai?” indagò Grace.
“Esce con quel Thomas” borbottò lui, senza sbizzarrirsi in
particolari.
“Ah, ecco! Okay, allora usciamo noi. Mi passi a prendere?”
Walter acconsentì e, poco dopo, si salutarono e Grace si diresse in
bagno.
Dopo essersi preparata, dieci minuti più tardi, uscì di casa e
attese Walter seduta sul gradino dell’ingresso.
Il ragazzo arrivò in sella alla sua inseparabile moto e le sorrise
attraverso il casco, prima di scendere.
“Ciao” disse Grace, esaminando ammirata il mezzo con cui il suo
amico l’aveva raggiunta. “Scusa, Walter, dovrei salire su quel trabiccolo?”
domandò lei, sarcastica. Voleva stuzzicarlo un po’, poiché in realtà non vedeva
l’ora di saltar su a quello splendore. Ricordava con nitidezza le gite in moto
con suo padre, quando era piccola. Le sarebbe piaciuto possederne una e, soprattutto,
poterla guidare.
“Ehi, trabiccolo sarai tu!” si impermalì Walter, offeso,
lanciandole un’occhiataccia.
Grace scoppio a ridere, per poi avvicinarsi e accarezzare la lucida
carrozzeria della moto. Era tutta nera, bellissima, proprio come quella che suo
padre teneva buttata in garage da tempo incalcolabile.
“Cosa ridi? Giù le mani dalla mia Suzi!”
“Suzi?”
Walter, inorgoglitosi, fece per abbracciare la moto. “Sì, si chiama
Suzi, perché?”
Grace si ritrovò a supporre che il nome derivava certamente dalla marca
che si stagliava su ogni buco libero del mezzo, ma decise di tralasciare. Aveva
pungolato abbastanza il povero Walter.
“Ma sì, è proprio bella” ammise lei, sorridendo sincera.
“Ti ricordo che poco fa l’hai offesa!”
“Ah, scherzavo! Non te la prendere, su!”
Tra un battibecco e l’altro, i due saltarono a bordo e Walter diede
inizio ad una splendida gita, mentre il vento sferzava loro il viso e li faceva
ridere, sentire liberi e felici.
Mentre si stringeva al suo amico, Grace si ritrovò a pensare a
Jeremy e a quanto amava trascorrere ore intere a stringerlo, mentre lui
pedalava, in sella alla sua bicicletta.
Andare in moto era inebriante, sì, ma le tranquille passeggiate in
bici con il suo Jeremy non avevano paragoni.
Mentre pensava a lui, si rabbuiò.
Le mancava, eccome se le mancava! Era passato troppo tempo da quel
soleggiato pomeriggio in cui l’aveva accompagnato a casa, dopo il ritorno dal
concerto. Era stato in quel momento che l’aveva stretto a sé per l’ultima volta
e non stava più nella pelle all’idea di poterlo fare nuovamente.
Mancava poco, se lo ripeteva continuamente. Ogni istante vissuto la
separava sempre meno da lui e questo le dava la forza per andare avanti e per
sorridere alla vita.
Grace appena si accorse che Walter si era fermato e aveva spento la
motocicletta.
“Grace, Grace?” la chiamò lui, sventolandole una mano davanti agli
occhi.
“Eh?” La ragazza parve cadere dalle nuvole e lo guardò stralunata.
“Ti chiamavo da un po’! Che succede, eh?” la incalzò l’amico,
aiutandola a scendere.
“Scusa” mormorò lei, mortificata. “Pensavo a Jeremy” aggiunse.
“Oh, Jeremy, certo! Quando arriva?”
“Il venti dicembre, suppongo.”
Walter annuì, poi sorrise e cambiò discorso, cercando di
alleggerire l’atmosfera. “Ti va un caffè?”
Grace si illuminò, sicura che un bel caffè all’italiana era tutto
ciò che ci voleva in quel momento. “Ovvio!” esclamò.
Così, si diressero verso un bar lì accanto e si accomodarono ad un
tavolo vicino ad una grande vetrata che dava sulla strada.
Un giulivo cameriere prese le ordinazioni e si dileguò in fretta,
lasciandoli soli, immersi nel silenzio del locale praticamente deserto.
“Grace, senti. Ti ho chiesto di uscire perché mi serve un consiglio
e non volevo che Medison fosse presente” disse Walter, all’improvviso.
Grace, sorpresa, lo fissò, in attesa che continuasse. “Allora?” lo
incitò, dal momento che lui era rimasto in silenzio.
“Ecco, il fatto è che…”
Il cameriere giunse e depositò maldestramente i caffè sul tavolo.
Grace alzò gli occhi al cielo, sbuffando. C’era troppa gente che
non aveva nessuna voglia di lavorare e veniva pagata per niente. Odiava certe
cose, le davano il voltastomaco.
Il tipo corse via, mortificato, borbottando delle scuse.
“Walter, ti ascolto. Non farmi preoccupare, cosa c’è?”
“Io e Medison siamo finiti a letto insieme, sabato sera” buttò
fuori lui, tutto d’un fiato.
Grace, che stava sorseggiando lentamente il suo caffè, sputò tutto
il liquido che aveva in bocca e prese a tossire convulsamente, presa alla
sprovvista da quelle parole.
“Oh, gesù, Grace!” Walter balzò in piedi e cercò di placare quella
reazione, battendole sulla schiena. “Stai bene? Ti porto un fazzoletto.”
Lei cercò di protestare, ma lui si era già diretto speditamente
verso il bancone.
Grace riuscì a darsi un contegno e provò a riordinare le idee,
assimilando lentamente la notizia che aveva appeno appreso. Com’era possibile
che Medison e Walter fossero stati insieme? Proprio non se li figurava come
coppia, erano come il giorno e la notte, il bianco e il nero…
Ma lei, del resto, che ne sapeva? Chissà come lei e Jeremy erano
visti dal resto del mondo. Ad ogni modo, non se n’era mai preoccupata e non
voleva certo cominciare in quel momento.
Walter tornò da lei e le porse un mazzo di fazzoletti.
Lei, contrariata, ne afferrò uno e si ripulì alla bell’e meglio e
pensò a cosa potesse rispondere. Non aveva ancora proferito parola da quando
l’amico le aveva confessato il “fattaccio”.
“Cosa significa?” tergiversò, infine, a corto di idee.
“Cosa significa? E che ne so, io? È successo, non so proprio come,
però è così.”
Lei ci rifletté un attimo su, poi esclamò: “Be’, dai, quando torna
Jeremy, potremmo uscire in quattro!”
Walter la guardò, sbalordito, poi sorrise. “Non sarebbe una cattiva
idea” ammise, più a se stesso che a lei.
“Allora Maddy ti piace!” Grace esultò, trovando fantastico che quei
due, in qualche modo, avessero trovato un modo per amarsi.
“Sì, sì… ma lei sta con quel troglodita di Thomas lo sfigato!”
sbottò Walter, infiammandosi di evidente gelosia.
“Ah, già.” Grace si incupì, ritornando con i piedi per terra.
Mentre continuava ad ascoltare le confidenze di Walter, Grace
rifletté su quanto fosse fortunata lei ad aver trovato la persona perfetta per
starle accanto.
Mentre si guardava intorno, qualcosa – o meglio, qualcuno – attirò
la sua attenzione.
“Oh, merda!” imprecò, rabbrividendo sulla sedia e cominciando
subito a sudare freddo.
“Grace?” Walter, invano, cercò di attirare nuovamente la sua
attenzione. Non riuscendoci, seguì il suo sguardo e rimase a fissare
confusamente un ragazzo che si stava avvicinando al loro tavolo.
“Grace, sei proprio tu?” fece quello, dall’alto del suo metro e
ottanta, mentre posava gli occhi su di lei.
Grace rimase impietrita sulla sedia, mentre una tempesta di
emozioni contrastanti si agitava nel suo petto.
Scomparve Walter, scomparve Medison e perfino il suo ragazzo
palestrato da far schifo; scomparve il locale e si eclissò anche il dolce
pensiero di Jeremy.
Rimase solo un ragazzo, un ragazzo che la fissava e le si mostrava
in tutta la sua semplicità, abbigliato un po’ da punk, capelli corti e scuri,
occhi indagatori e profondi come la notte.
“Sean” mormorò infine la ragazza, in un sibilo strozzato che la
fece tremare fin in fondo all’anima.