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Autore: wellingtonlovers    19/04/2013    1 recensioni
Storia scritta per la #ShuffleFest del "The Gays".
E’ l’alba, Londra si sta illuminando lentamente di rosa. E’ l’ora preferita dei due amici, perché si riesce a pensare tranquillamente a qualunque cosa sul balcone, osservando i colori spettacolari che il sole dipinge sulle nuvole mentre si alza all’orizzonte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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● Storia per la #ShuffleFest del “The Gays” ●

 

- Mi chiedevo solo se sarà così per sempre. E’ difficile non pensarci, quando va tutto così bene. E’ naturale pensare al domani, chiedersi per quanto tempo Dio lascerà andare le cose per il verso giusto, prima di farti crollare addosso tutto quanto di nuovo.
- Non so cosa Dio ha in serbo per noi, ma di una cosa sono sicuro. Non ti abbandonerò. Non ti lascerò andare. Non sarai mai solo. Anche se ti dovesse crollare il mondo addosso, sarò lì, pronto a sorreggere parte del peso sulle mie spalle. Non dimenticarlo mai.
E’ l’alba, Londra si sta illuminando lentamente di rosa. E’ l’ora preferita dei due amici, perché si riesce a pensare tranquillamente a qualunque cosa sul balcone, osservando i colori spettacolari che il sole dipinge sulle nuvole mentre si alza all’orizzonte.

 

Sunrise

Zayn si guarda velocemente allo specchio.
Ogni volta che si osserva a fondo trova più imperfezioni della volta precedente, ma tutto questo non lo disturba. Non più. Ha imparato a farsi una ragione di quello che la gente pensa di lui, e ha capito che le cose importanti della vita sono altre. D’altronde quando la tua vita si capovolge, e da un giorno all’altro ti ritrovi a dover fare i conti con la perdita di un padre, la responsabilità del badare a due sorelle più piccole e ad una madre depressa e alcolizzata, capisci che non è un sopracciglio di forma non esattamente regolare che rovinerà la tua giornata.
Dal giorno in cui suo padre se n’è andato all’improvviso, la vita perfetta di Zayn è cambiata completamente.
Suo padre era il suo punto di riferimento, l’unico uomo della famiglia insieme a lui fra tutte quelle ragazze. Il primo con cui aveva condiviso le sue passioni e i suoi sentimenti.
Dopo la sua morte non è più lo stesso. Anche lui è cambiato completamente, anzi.
Per farvi capire cosa intendo forse dovrei descrivervi lo Zayn che è morto insieme a suo padre, quella sera. Era appena cominciata l’estate.
Avete presente quei ragazzi di paese, quelli sempre al centro dell’attenzione? Ecco, Zayn era esattamente quel tipo di ragazzo.
Era ad una festa, la sera in cui è successo tutto, una di quelle feste scatenate al termine delle quali è più la gente che vomita di quella che riesce a reggersi sulle proprie gambe. Ma Zayn era abituato all’alcool, anche se dopo la morte di suo padre non è mai più riuscito a toccarne neanche una goccia, né tantomeno a capire come potesse sopportarne così tanto in una botta sola.
Tornando alla festa, era arrivato ormai intorno al decimo drink, quando ha cominciato a cercare una ragazza con cui divertirsi un po’. L’aveva anche trovata, una bionda un po’ scema e sicuramente ubriaca fradicia, quando il suo cellulare ha cominciato a vibrare nella tasca interna del giubbotto di pelle. Lui non si è preoccupato minimamente, dal momento che aveva lasciato suo padre a casa con le due sorelle minori. La madre e la sorella maggiore erano uscite raccomandandosi di rimanere in casa, ma lui era uscito dalla finestra della sua stanza per andare a quella festa. Tanto contava di tornare a casa presto, e anche se l’avessero scoperto, i suoi genitori non si sarebbero arrabbiati. Succedeva spesso, e lui non era mai stato punito. Non poteva sapere che quella volta sarebbe stato completamente diverso.
Il telefono vibrava continuamente, tanto da spingerlo, anche per via del tanto alcool che gli impediva di pensare lucidamente, a togliere la batteria per restare in pace. Quando alla fine decise di averne abbastanza di persone che vomitavano in ogni angolo e gente ubriaca che non era più in grado di controllare le proprie pulsioni, Zayn tornò verso casa. Non era molto lontano, una manciata di minuti a piedi al massimo, giusto il tempo per schiarirsi le idee, smaltire tutto l’alcool e prepararsi ad una lunga giornata di sonno. Ormai era l’alba, erano le sei passate e il sole stava già cominciando a spuntare, colorando di rosa le prime, soffici nuvole del mattino.
Camminava piano, respirando a pieni polmoni l’aria fresca, ma appena svoltato l’ultimo angolo che lo separava da casa sua, si rese conto immediatamente che c’era qualcosa che non andava. La strada era piena di gente, chiaramente uscita di casa in fretta e furia per vedere qualcosa. Donne in vestaglia da notte e uomini in canottiera e boxer erano riuniti attorno al prato di casa sua, con delle facce che non facevano pensare a nulla di buono. Le donne si stringevano a vicenda e alcune si lasciavano andare a singhiozzi soffocati, gli uomini si limitavano a mostrare delle espressioni di orrore. Zayn percorse gli ultimi trecento metri che lo separavano da casa sua correndo, e avvicinandosi si rese conto che c’era un ambulanza sul vialetto di casa sua.
In quel preciso momento, e se lo ricorda come fosse passata una manciata di minuti anziché quasi tre anni, il mondo gli è letteralmente crollato addosso.  Ha preso a farsi largo tra la gente e i paramedici, aggrappandosi all’ultima, piccola speranza. Forse è successo qualcosa al vicino ma l’ambulanza ha sbagliato vialetto. Forse l’hannochiamata le ragazze per sbaglio.
Erano speranze futili e molto deboli, che si sgretolarono completamente quando il ragazzo finalmente riuscii ad arrivare vicino all’ambulanza e a sbirciarci dentro.
Suo padre era sdraiato su una barella, con la camicia sbottonata ed un defibrillatore ancora posato sul petto, probabilmente in un ultimo disperato tentativo di rianimarlo. Un ragazzo giovane tentava ancora di convincere il cuore dell’uomo a riprendere la sua corsa, ma non c’era verso. Zayn rimase lì fermo senza sapere nemmeno cosa pensare per un tempo che avrebbe potuto essere di un minuto come di un secolo. Non saprebbe dirlo. Percepiva tutto in modo distorto. Ricorda di aver incominciato a sentire la testa girare quando ha visto il paramedico staccare il defibrillatore e riporlo nella borsa, passando un braccio sulle spalle di sua madre, che era rimasta per tutto il tempo impassibile, con gli occhi vitrei persi nel vuoto.
Quel giorno, quello dopo, quello dopo ancora e tutti quelli a seguire per quasi un anno sono stati un calvario continuo, e la situazione sembrava peggiorare ogni secondo momento.
Dopo la conferma del decesso del padre, Zayn sembrò quasi riprendere il controllo di sé stesso giusto per il tempo necessario a cacciare i curiosi e a spiegare nel modo più delicato possibile alle sorelline che il loro papà se n’era andato e non sarebbe tornato più, ma che non per quello non avrebbe vegliato su di loro, dovunque si fosse trovato.
Fatto questo, perse completamente la testa. Sua madre non reagiva minimamente, ma lui urlò e pianse abbastanza per tutti e due. Distrusse  mezzo salotto nel tentativo di estorcerle una minima reazione. Urlò fino a sentire la gola ardere come se avesse appena ingoiato un tizzone ardente. Pianse fino ad avere gli occhi secchi e completamente asciutti, sempre senza risultato. Andò avanti a piangere e urlare per quasi una settimana, nella speranza che sua madre si alzasse e lo picchiasse, gli dicesse che era tutta colpa sua se suo padre era morto, se gli era venuto un infarto e nessuno aveva chiamato l’ambulanza in tempo, perché lui era impegnato a spassarsela con i suoi amici. Sperava che lo facesse, così che almeno si potesse togliere quell’enorme peso dallo stomaco, forse. Però non ottenne nessuna minima reazione da lei, che si limitava a cucinare i pasti, spendendo il resto delle giornate a guardare  fuori dalla vetrata del salotto, perfettamente immobile anche per ore.
Una settimana esatta dopo la tragedia, ci fu il funerale. Era stato organizzato in fretta e nel modo più semplice possibile, sperando di renderlo più indolore, anche se ovviamente era impossibile.
La madre di Zayn reagì con un leggero pianto al momento della sepoltura, e Zayn non si diede pace neanche per un secondo. E dopo che fu tutto finito, rimase a urlare di dolore sulla tomba del padre per quelle che sarebbero potute essere ore intere, fino a quando la sorella maggiore lo venne a prendere e lo riportò a casa di peso. Una volta piazzato nel salotto, prese a urlargli addosso. Gli disse che lei non poteva lasciare la scuola perché doveva laurearsi, perché papà l’aveva sempre voluto, e che sarebbe toccato a lui pensare alla famiglia adesso che sua madre era ridotta in quello stato, e di certo non avrebbe potuto farcela da sola. Poi aggiunse che era convinta che fosse tutta colpa sua, e che da quel giorno non avrebbe voluto avere più nulla a che fare con lui se non per il minimo indispensabile. Infine baciò le due sorelle minori e la madre, appena leggermente interessata da quella scenata sulla testa e sulle guance e se ne andò senza rivolgere al fratello nemmeno più un’occhiata.
La sfuriata tanto attesa alla fine era arrivata, e gli aveva fatto bene tutto sommato.
Da quel momento Zayn si rese se non altro conto che la persona che era stato era morta insieme a suo padre, e non sarebbe tornata mai più. Ma tutto sommato questo gli diede la forza di riprendere in mano la sua vita, e riuscì a rimettere in piedi la famiglia.
Si prese cura delle sue sorelle e di sua madre, fino a quando quest’ultima fu in grado di riprendere in mano a sua volta la sua vita.
Quando decise di andare via di casa, erano passati quasi due anni dalla morte del padre. La vita non era più la stessa, però Trisha era riuscita a riprendersi. Soffriva, e soffre tutt’ora, di depressione acuta per tutta l’estate, specialmente se le capita di svegliarsi in quei mattini in cui il cielo è rosa e le nuvole sembrano cotone colorato. Però riesce a darsi un tono, e a tenersi comunque in piedi per le due figlie che vivono ancora con lei.
Non si può dire che la vita sia mai più stata “normale”, nel senso che non è mai più stata quella di prima, ma è migliorata notevolmente quando Zayn si è trasferito a Londra, ha conosciuto Liam e ha ricominciato da capo.
“Ricominciare” forse non è il termine più adatto, forse sarebbe meglio dire “voltare pagina”. Non si può cancellare un dolore così grande, perché è qualcosa che ti rimane dentro per sempre, perciò ricominciare è impossibile. Si può solo arginare la sofferenza cambiano aria, cercando di costruirsi una vita diversa. Girando una pagina della propria vita, appunto, dando una svolta. Ed è esattamente quello che ha fatto Zayn.
Ricorda perfettamente il giorno in cui ha lasciato Bradford con tutta la sua vita impacchettata in una valigia e in qualche borsa, deciso a fare qualcosa di sé stesso. Sua madre era d’accordo, e le sorelle nonostante fossero tristi di salutare il fratello, erano abbastanza grandi da capire che stava facendo la cosa giusta. E’ partito e per tutto il viaggio si è chiesto se non stesse effettivamente facendo un gesto troppo egoista, lasciando la sua famiglia da sola. Poi si è risposto che era il momento di essere un po’ egoisti, dopo due anni in cui non era riuscito a ritagliarsi lo spazio per sé stesso neanche sufficiente a pensare seriamente al futuro.
E così è cominciata la sua nuova vita.
Adesso è quasi un anno che vive in città, e non potrebbe essere più felice di aver avuto il coraggio di allontanarsi da casa.
Soprattutto perché ha conosciuto la persona più importante di tutta la sua vita.
L’unico che riesce a farlo stare bene, sempre e comunque, come non stava da quasi tre anni.
L’unico che è riuscito a vedere sotto la corazza che Zayn si è costruito dal giorno in cui è morto suo padre, una corazza fatta di dolore amaro e sensi di colpa, che si è costruito per non soffrire più, per proteggere i suoi sentimenti.
E qui è il momento di un altro piccolo flashback, per raccontarvi di come Zayn ha conosciuto questa persona meravigliosa.
Era ottobre, quando è arrivato a Londra. Aveva affittato un appartamento piccolissimo a EastEnd, il quartiere della metropoli dove vivono gli immigrati e quelli che non vogliono rimanere tagliati fuori dalla vita cittadina senza potersi però permettere un affitto esorbitante. Dopo settimane in cui tirava avanti grazie ai pochi risparmi messi da parte da suo padre in tutta una vita, trovò anche un lavoro. Faceva il barista in un bel pub del centro, dove fortunatamente non era trattato come “risorsa umana” ma come persona, e dove ogni sera era ringraziato personalmente dai proprietari per il lavoro svolto. Incominciava anche a conoscere ragazzi della sua età, che però gli sembravano talmente futili da non riuscire ad interessarsi più di tanto. Non voleva fare la parte dell’uomo vissuto, ma vederli disperarsi perché la ragazza più bella del quartiere usciva con un altro, o perché la loro squadra di calcio preferita perdeva una partita, lo faceva sentire male. Dopo aver passato tutto quello che aveva passato gli sembrava quantomeno impossibile che qualcuno della sua età si comportasse ancora così, e rimaneva stupito ogni volta. Si stava rendendo conto piano piano che la vita andava avanti, che doveva andare avanti, anche per lui come andava avanti per tutto il resto del mondo.
Poi, un giorno, vide un bel ragazzo bruno entrare nel pub. Lo tenne d’occhio per tutto il tempo. Rimase nel locale per ore, senza nessuna ragione apparente. Poi si accorse di Zayn, e prese a fissarlo.
Tornò nel locale quasi ogni giorno alla stessa ora, ordinando sempre lo stesso caffè freddo e spendendo le ore ad osservare Zayn. E lui prese a fare lo stesso. Il ragazzo era alto e muscoloso, con bei capelli bruni e occhi castani, di un castano brillante e nient’affatto banale.
Capì che era diverso nel momento stesso in cui i suoi occhi si soffermarono su di lui. Non saprebbe spiegarsi perché, ma lo capì immediatamente.
Così alla fine, dopo settimane passate a guardarsi di sottecchi, si rivolsero la parola quasi per sbaglio. Si scontrarono entrando nel locale e rimasero a fissarsi negli occhi per un po’, entrambi indecisi sul da farsi. Poi si sedettero ad un tavolo e cominciarono a parlare del più e del meno. Si presentarono, e man mano che il tempo passava Zayn si rese conto di quanto fosse straordinariamente facile parlare con Liam di qualunque cosa.
Liam non viveva a Londra, ma aveva intenzione di trasferircisi, per scappare da casa sua. Viveva in una famiglia di quelle che si vedono nei film, con un padre ricco e una madre giovane. La sua vita era di quelle che potrebbero sembrare perfette a chiunque, ma che sono tremende per chi le vive. Si sentiva oppresso dai suoi genitori, dalla sua famiglia e da quello che tutti si aspettavano dal figlio di un importante personaggio come suo padre. Perciò voleva scappare.
Senza pensarci due volte, Zayn gli offrì il suo appartamento.
- Possiamo dividerlo. Ci si sta abbastanza bene, anche se non è il posto giusto per chi soffre di claustrofobia.
Liam rise. Gli sembrava incredibile di aver trovato quella persona così, per caso, e di essere sul punto di stravolgere la sua vita in quel modo grazie a lui. Eppure.
Ha avuto anche lui una vita difficile a suo modo. Completamente opposta a quella di Zayn ma allo stesso tempo straordinariamente simile. Quella di Liam è stata la vita di chi ha avuto troppo. Troppi soldi, troppi privilegi e troppe pressioni da parte di tutti. E’ stato trattato con i guanti bianchi fin da bambino, ma una volta cresciuto gli sono state imposte tante cose. Tutti si aspettavano un certo tipo di carriera e determinati interessi da lui, e quando ha manifestato l’intenzione di fare tutt’altro è stato praticamente sbattuto fuori di casa. Non che gl’importi più di tanto però, alla fin fine. Non ha mai avuto un vero e proprio rapporto con nessuno dei suoi famigliari, e non sentirà la mancanza di una madre e di un padre via da casa più di quanto non la sentisse quando ci viveva assieme.
La sua vita è stata diversa da quella di Zayn, che ha avuto poco niente e a cui è stato tolto tutto troppo presto, costringendolo a prendersi cura della sua famiglia appena maggiorenne.
Ma insieme sono abbastanza forti per tutti e due.
Liam ha lasciato casa sua il giorno stesso in cui Zayn gli ha fatto quella proposta. E da quel giorno hanno cominciato a vivere in simbiosi. Hanno saputo adattare i propri ritmi l’uno a quelli dell’altro e hanno legato un rapporto che nessuno dei due aveva mai sperimentato prima con nessun’altra persona.
Liam ha saputo ascoltare la storia della vita di Zayn, che l’haraccontata per la prima volta in un pomeriggio di pioggia. L’haraccontata tutta d’un fiato, e solo alla fine si è reso conto di essersi aperto con una persona per la prima volta. Di essersi messo più a nudo che mai, tirando fuori la sua anima. Ma stranamente non ha provato pudore. Non si è vergognato di niente, perché sapeva che l’amico non l’avrebbe giudicato. Aveva ascoltato tutto con sguardo attento, e aveva saputo stringerlo fra le braccia mentre piangeva ancora una volta le sue lacrime amare.
 
- L’alba è sempre stato il mio momento preferito.
Zayn si appoggia ad un gomito e guarda l’amico negli occhi.
Sono sdraiati sul minuscolo balcone di casa loro, con vista su una tipica stradina del quartiere più povero e allo stesso tempo più vivo di Londra; il sole si sta alzando all’orizzonte, colorando le nuvole di rosa.
Si trovano lì quasi ogni giorno, abbracciati sulle piastrelle fredde con una spessa coperta addosso, ad osservare il sole nascere e partorire una nuova giornata.
- Era anche il mio momento preferito, prima che mio padre morisse. Poi per un po’ è stato solo il momento in cui sentivo mia madre urlare e piangere. Ma tu adesso me la stai facendo amare di nuovo, l’alba.
Zayn sospira, Liam sorride.
Incontrarsi è stata di gran lunga la cosa migliore della vita di entrambi, e ne sono consapevoli. Zayn non sarebbe ancora vivo se non avesse incontrato Liam, probabilmente. Avrebbe ceduto alla tentazione di raggiungere suo padre e lasciarsi alle spalle i sensi di colpa e il dolore.
- Devo andare al lavoro. – Zayn accarezza la testa dell’amico e rientra in casa per vestirsi.
- Ci vediamo dopo, va bene?
- Certo. Ti voglio bene. – il mulatto lancia un bacio e fa un occhiolino a Liam e poi esce dall’appartamento.
- Anche io ti voglio bene! – gli urla di rimando il castano, per far sì che Zayn lo senta anche dalle scale. Poi si alza, rimane per un attimo a farsi carezzare il viso dai raggi di sole e infine rientra in casa.
Fruga per un po’ nell’armadio in cerca di qualcosa da mettersi e gli capita fra le mani un giubbotto di Zayn malamente buttato sul fondo di un cassetto; ma quando lo prende in mano per appenderlo si accorge che c’è qualcosa in una tasca. Senza pensarci, la apre e fa per posarne il contenuto sul letto, ma si blocca con il braccio a mezz’aria. Ha riconosciuto quello che ha in mano appena l’hastretto nel pugno, senza neanche doverlo guardare.
Lancia il piccolo sacchetto di plastica sul letto e fruga nel disordine totale della stanza in cerca del cellulare. Compone il numero che ha composto un milione di altre volte più velocemente che può e comincia a camminare nervosamente su e giù per la camera.
Appena Zayn gli risponde, non gli lascia il tempo di trovare una scusa per non ascoltarlo.
- Mi avevi promesso che avresti smesso. L’avevi giurato.
- Non ho idea di cosa tu stia dicendo, Li. Davvero.
Ma Liam non demorde. Sa che l’amico ha capito perfettamente di cosa sta parlando, e giurerebbe che in quel preciso momento Zayn si sta toccando le tasche in cerca di quel sacchetto ora posato sul suo letto.
- Non ti fa bene, ne abbiamo parlato un milione di volte. Non è la soluzione. Io cerco di aiutarti, ma tu non vuoi aiutare me. Eri abituat0 a fare tutto da solo, e ti capisco, però adesso ci sono io qui. E pretendo che tu mi ascolti. E ti lasci aiutare.
Zayn sta zitto per un attimo, ancora incerto se continuare a mentire o arrendersi alla verità.
- Ti giuro che ci sto provando. Te lo giuro.
- Avevi giurato che avresti fatto di più, questa volta. Lascia che ti aiuti, ti prego.
Zayn sospira.
- Non l’hopiù presa, è più di un mese che non la tocco, Li.
- Allora se faccio sparire questa bustina non succede niente, vero?
Il moro ride, ma la sua è una risata amara. Sa che Liam lo fa per il suo bene, ma una parte di lui vorrebbe urlargli di lasciarlo da solo, che sa cavarsela come ha fatto per anni. Riesce però a riprendere il controllo di sé e a soffiare una risposta nel telefono.
- Butti via un po’ di sterline ma fai pure. Forse è anche meglio. Sono meno tentato se so di non averla a pochi passi.
- Va bene. Ce la faremo, te lo giuro. Te lo giuro sulla cosa più preziosa del mondo, se è necessario. Ce la faremo, insieme. Ti voglio bene, a più tardi.
- Ti voglio bene anch’io. Grazie. Grazie di tutto quello che fai per me. – Zayn attacca il telefono e non sa come sentirsi. Spera con tutto sé stesso di riuscire a non deludere Liam un’altra volta, perché non vuole farlo stare male, e forse anche un po’ perché una parte di lui ha la seria paura di essere abbandonato.
La giornata gli scappa in un attimo, e prima che se ne possa anche solo rendere conto è già sulla metro per tornare a casa. Seduto su quel seggiolino sporco e scomodo, sfrecciando a centinaia di chilometri all’ora parecchi metri sotto terra, si sente piccolo e insignificante. E gli viene improvvisamente voglia di andare a trovare suo padre.
Mentre cammina nella sera fredda, quegli ultimi cinquecento metri che lo separano da casa gli sembrano infiniti. Vuole solo correre al riparo, in quel piccolo appartamento che è il posto che sente un po’ come la sua prima vera casa, il suo rifugio.
- Sono qui.
Entra in casa, supera con un salto l’asse del pavimento di legno che scricchiola, la prima a sinistra nel piccolo ingresso, si toglie il giubbotto e lo lascia su una sedia che funziona un po’ da appendiabiti e un po’ da comò. Ci si arrangia un po’ come si può, si sa. I soldi sono pochi, e non vengono sprecati per comprare cose inutili come gli appendiabiti quando si può benissimo usare una sedia. Questa è la filosofia dei giovani, almeno a grandi linee.
Liam gli va incontro e lo abbraccia stretto, respirando il suo profumo. Non saprebbe descriverlo in nessun modo, ogni paragone con qualunque altro profumo del mondo non gli renderebbe onore. E’ come cercare di descrivere qualcosa di unico ed irripetibile; è impossibile.
- Li, posso dirti una cosa?
- Puoi dirmi quello che vuoi.
- Mi è venuta voglia di andare a trovare mio padre. Andare a trovarlo all’alba sarebbe bellissimo.
- Andiamo allora.
- Dici sul serio?
- Certo. Sai che non scherzo mai, su queste cose. – Liam sorride; se l’era aspettato. Sapeva che sarebbe voluto andare a trovare suo padre in quel periodo. Dopotutto erano passati quasi tre anni dalla sua morte, e conoscendo Zayn sapeva perfettamente che avrebbe preferito evitare di incontrare il resto della famiglia.
Meno di mezz’ora dopo sono alla stazione, ad aspettare un treno che li porterà a Bradford in un paio d’ore.
Fianco a fianco al bordo dei binari, Zayn allunga il braccio e fa l’unica cosa a cui Liam non aveva pensato. Stringe la sua mano, con una stretta dolce e allo stesso tempo salda; e lui ricambia. In quel momento quello scambio di strette vale ad entrambi molto più di un fiume di parole, perché in fondo entrambi sanno cosa significhi.
Salgono su quel sudicio treno con le dita intrecciate, e nessuno dei due ha intenzione di lasciare andare l’altro. Si siedono vicini e si guardano negli occhi. Si guardano e si osservano da vicino, senza imbarazzo, senza vergogna. Non hanno nulla da nascondere, e sanno che il loro sguardo parla più forte di fiumi di parole. Si guardano fino a quando Zayn inclina la testa e la poggia sulla spalla del compagno, portandosi le gambe verso il petto e stringendole con le braccia.
- Forse dovrei aspettare un momento più adatto, però non ce la faccio più. Non è un posto romantico, né probabilmente un bel posto affatto, a dire la verità, ma pazienza.
Liam sorride.
- Non sei mai stato un fratello per me. Sei sempre stato qualcosa di diverso. Credo di essermi innamorato di te.
 Il mulatto non è mai stato bravo a tirare fuori i suoi sentimenti, ma con Liam sta imparando anche quello.
- Neanche tu sei mai stato come un fratello, me ne sto rendendo conto ora più che mai.
Zayn alza la testa e si ritrova con le labbra a pochi centimetri da quelle del castano, tanto da poter sentire il suo profumo inebriante investirlo ad ondate.
Sorride debolmente e si avvicina a Liam, poggiando le sue labbra calde su quelle dell’altro, che gli restituisce il bacio.
- E’ così… Strano. – sussurra il più piccolo, scostandosi appena il necessario per parlare.
- Non sentirti obbligato a fare niente. – Zayn si ritrae un po’ bruscamente. L’ultima cosa che vuole è rovinare quel rapporto speciale. Piuttosto che perdere il suo migliore amico, il fratello che ha sempre voluto, metterebbe a tacere tutti gli altri sentimenti che prova per lui. Ci proverebbe, almeno.
- Sei il mio primo ragazzo, è normale che sia strano, no? – Liam ride, e Zayn rilassa appena i muscoli del viso, che aveva teso senza neanche rendersene conto.
- Non voglio rovinare tutto. – borbotta il mulatto, fissandosi i pollici intrecciati.
- Non succederà. – stavolta è il più piccolo a prendere l’iniziativa.
Si avvicina a Zayn e gli dà un altro bacio, un bacio diverso però. Un bacio travolgente, di quelli che ti fanno perdere la testa. Un bacio che vuol dire ti amo, e vuol anche dire non ti lascerò andare, e Zayn lo capisce.
Scendono dal treno e si rendono conto di essersi dimenticati per un paio d’ore di cosa stessero andando a fare. Ma una volta presa la strada per il cimitero, la realtà comincia a pesargli addosso. Arrivati alla tomba del padre di Zayn, il ragazzo trema.
Si siede sulla lapide di marmo bianco, e comincia a parlare sotto voce.
Liam rimane in disparte, guardandosi un po’ intorno. E’ una cosa che Zayn fa tutte le volte, e lui preferisce non disturbarlo. Lo vedrebbe come un’invasione di privacy, un’intromissione nel rapporto del mulatto con suo padre, in quel rapporto che è stato spezzato troppo, troppo presto.
Passati un paio di minuti Zayn si alza e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo alla tomba del padre si allontana con Liam, stringendo forte la sua mano.
- E’ l’alba. – sussurra il più piccolo, sorridendo.
- Lo so. – risponde l’altro, quasi in un soffio – Voglio portarti a vedere un posto, prima di tornare a casa.
Zayn conduce l’amico per le vie della sua città natale, percorrendo una strada che conosce come le sue tasche. Arrivano in una piccola via stretta e chiusa, dove l’unica cosa che spicca è un colorato negozio di tatuaggi con vari disegni di dubbia natura appiccicati dietro il vetro della vetrina e su tutta la porta.
Il tatuatore saluta Zayn come un vecchio amico che non si è visto per tanto tempo, e probabilmente è così. 
- Mi hai portato un amico da tatuare? – il ragazzo è basso e tarchiato, ricoperto di tatuaggi su ogni centimetro di pelle visibile ad occhio nudo escluso il viso. Ride e si nota la mancanza di qualche dente dell’arcata superiore.
- No, mi ha solo accompagnato. Sono qui per tatuarmi io.
- Dimmi, che cosa facciamo oggi?
Il mulatto non ci pensa un attimo, è evidente che ci avesse già rimuginato parecchio.
- “You are my sunrise”, qui, appena sopra il cuore.
Il tatuatore guarda un attimo Liam e poi si affretta a disegnare una scritta tutta svolazzante da proporre a Zayn.
- La preferirei decisamente più semplice. Non è fatta per attirare gli sguardi.
Dopo vari tentativi di abbozzi, il moro si fa tatuare quella piccola frase sul pettorale sinistro.
- E’ una promessa, e insieme un ringraziamento. Per tutto quello che hai fatto, perché senza di te non sarei qui. 
Liam non sa cosa dire. E’ la prima volta che si sente tanto legato ad una persona, la prima volta nella sua vita.
Tornati a casa si ritrovano immediatamente stretti l’uno all’altro, stretti in un abbraccio meraviglioso e mozzafiato. Liam sfila la maglietta al compagno e inizia a baciargli leggermente la porzione di petto arrossata, dove spiccano in lucido inchiostro nero le parole incise per sempre su quella pelle candida e perfetta.
- Sei la mia alba. L’alba di una nuova esistenza.
Il più piccolo non può non sentirsi incredibilmente felice. Si sente scoppiare dentro e allo stesso tempo leggero come una piuma.
- E tu sei la mia. L’alba di un’esistenza insieme. Per sempre.
 
 
My space: salve gente. Mi scuso se la mia OS vi ha fatto schifo. Semplicemente in questo periodo piove sempre, e sono anche un po’ stanca, perciò questa cosa è stato il frutto di questo e di un altro insieme di avvenimenti che mi sono capitati di recente…
Probabilmente sto ciarlando come al solito, ma ok. lol.
Teoricamente è la mia prima Ziam, però in pratica ne avevo scritte altre due che dovevo solo rileggere quando mio padre ha avuto la brillante idea di formattare la chiavetta, perciò addio a tutto il lavoro. Sto provando a recuperare ributtando giù qualcosa, però so già in partenza che non riuscirò a riscrivere niente come prima. Anche per questo sono mancata un po’ (diciamo un po’ tanto, lol).
Il prompt fotografico per questa OS, nel caso a qualcuno interessasse era questa foto che ho interpretato come un’alba di Londra, dato che c’è anche il Big Ben sullo sfondo (?): http://25.media.tumblr.com/98f12c7e607cba9ebc6278c97b2b9852/tumblr_mg3z9yS4wY1ro74x3o1_500.jpg
Spero che alla fine almeno a qualcuno sia piaciuta!
Lasciate qualche recensione, fatemi sapere cosa ne pensate, per me è molto importante. Se non avete un account su EFP potete anche contattarmi su Twitter, sono @ehypotter
Un abbraccio,
Tinaa x

  
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