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Autore: TheOnlyWay    19/04/2013    13 recensioni
“Stiamo rientrando adesso in albergo. Vieni, domani mattina? Lascio il tuo nome alla reception. Ti voglio bene, sogni d’oro.”
Oh, certo. Non sia mai che sua maestà la super celebrità del momento si scomodi. Dopotutto chi sono io? La sua migliore amica e basta.
È a me che tocca sbattermi da un angolo all’altro di Londra come un maledetto piccione viaggiatore, solo per poterlo vedere una misera e schifosissima ora. Sono io, tutte le accidenti di volte, a perdermi per colpa del mio pessimo senso di orientamento e sono io – ancora una volta – a dovermi sorbire quella piaga della sua stupidissima ma ahimé adorabile fidanzata.
Che poi, parliamoci chiaro, di adorabile ha ben poco: capelli lunghi e scuri, occhioni da cerbiatta, gambe affusolate, pancia piatta, buon gusto nel vestire.
Che razza di schifo, vero?
E se vi sembra che sia la gelosia, a parlare, siete sulla cattiva strada. Anche io sono esageratamente bella: ho i capelli scuri – un sacco di doppie punte, ma dettagli – e i miei occhi sono grandi e di un entusiasmante e assolutamente affascinante color cacca.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VII.

 



Quando si ha la (s)fortuna di avere un fisico come il mio, bisogna rendersi conto che non si può indossare qualsiasi cosa e che, nonostante si provi ad essere disinvolte, non sempre l’abito aiuta ad apparire al meglio.
Tutto questo per dire che non solo odio il vestito che Noah mi ha praticamente costretto ad indossare (lo tenevo nell’armadio nell’eventualità in cui fossi dimagrita abbastanza da potermelo mettere senza sembrare un insaccato), ma mi sento completamente a disagio qualunque movimento io faccia.
E, soprattutto, non mi sento niente affatto bene accetta.
Per svariati motivi, che vi elencherò in questo preciso istante: Liam e Noah si sono eclissati da qualche parte, dopo avermi promesso che torneranno subito. Be’, sono passati dieci minuti, e ancora di loro non c’è traccia. Ed io comincio ad incazzarmi. E cosa succede quando mi incazzo? Vedo tutto in maniera molto negativa – più del solito, cioè – e tendo a tirare fuori il mio lato peggiore. Anzi, ormai sono convinta che il partire con l’idea che le cose andranno male, non fa altro se non scatenare una serie di sfortunati eventi. Perciò, non avrei mai dovuto pensare che le cose sarebbero potute andare schifosamente, perché così facendo mi sono attirata la sfiga da sola.
Tornando ai motivi per i quali preferirei morire piuttosto che trovarmi in questo posto, passo a spiegare il secondo: la musica. È così alta che a malapena riesco a sentire i miei pensieri, il che probabilmente è positivo, perché non sono poi questo granché, ma corro il rischio di ritrovarmi con i timpani danneggiati in modo irreparabile.
Terzo e principale motivo: Louis.
Non l’ho ancora visto da quando sono arrivata, ma sono piuttosto certa che sia imboscato in camera sua insieme a Eleanor. È un pensiero che mi risulta così insopportabile, che temo potrebbe venirmi l’orticaria, una sincope, uno shock anafilattico o, comunque, qualcosa di molto grave. Non riesco ancora a credere di essermi lasciata convincere a venire qui, dico sul serio.
È stato l’atto più stupido che io abbia mai fatto. Beninteso, dopo la cazzata di innamorarmi di Louis Tomlinson. Comunque, ho deciso che trascorrerò l’intera serata ferma in questo preciso punto.
La visuale è ottima, nessuno mi vede, nessuno mi parla e almeno non sono costretta a interagire con gente stupida.
In questo momento, comunque, la lista delle cose che odio sta crescendo in maniera direttamente proporzionale al mio umore nero. Non ho voglia di fare l’elenco, perché altrimenti non finisco più, ma sappiate che è una lista davvero, davvero lunga.
Poi, quando ormai cominciavo a perdere la speranza, ecco che ricompare Noah, seguita – questa volta – da Zayn. Dove abbia lasciato Liam è un vero mistero, ma non m’importa. Voglio solo andare via da qui.
«Ciao, dolcezza.»
Non mi và di ripetere a Zayn, per l’ennesima volta, che mi chiamo Hazel, così mi limito a sventolare la mano e a rivolgergli un sorriso tirato e un po’ falso. Certo, potrei anche sforzarmi di essere più socievole, ma provateci voi a stare a casa del ragazzo di cui siete innamorate, ad una festa alla quale non volete nemmeno partecipare e, oltretutto, sapendo che il vostro ex migliore amico/ragazzo che vi ha spezzato il cuore è da qualche parte insieme alla sua fidanzata. Quando vi capiterà (ma vi auguro vivamente di non provarlo mai) ne riparleremo.
«Sei bellissima, Hazel.» si complimenta Zayn, dopo qualche istante. Arrossisco, perché certe cazzate fanno comunque effetto e alzo gli occhi al cielo, cercando di mascherare un po’ di imbarazzo.
«Come no.»
Accettare i complimenti mi risulta parecchio difficile, nel caso in cui non l’aveste capito. È una cosa che và avanti più o meno da quando sono venuta al mondo, perciò ho smesso di preoccuparmene. Come di tutto il resto, tra l’altro. Sono una che tende ad evitare i problemi, nella speranza che qualcun altro li risolva per me. Non succede mai, però, perciò tutte le paranoie si affollano l’una sull’altra senza lasciarmi scampo e il risultato è questo: sono una vent’enne acida, stronza, incapace di relazionarsi con gli esseri umani e con un’autostima pressoché inesistente.
«Sai, quando qualcuno ti fa un complimento, si risponde con un sorriso e con un “grazie”» mi riprende Noah, con un sopracciglio inarcato.
Ovviamente, lei è la quintessenza della gnoccaggine questa sera, perciò non mi sembra affatto incredibile che risponda “grazie” ad un complimento. È ciò che succede quando si è belle, sicure di sé e realizzate. Di conseguenza, continuerò a rispondere con un “come no”.
«Hai già visto Louis?» si informa Zayn, con un sorrisino indecifrabile. Scuoto la testa e comincio a giocherellare con la cannuccia del drink. Non ne ho bevuto nemmeno un sorso, ma almeno sembrerà che stia facendo qualcosa, anziché deprimermi e basta.
«No, e non voglio neanche vederlo.»
Noah sbuffa, tira verso di sé il polso di Zayn e dà un’occhiata al suo orologio.
«Signore e signori, la cazzata delle 23 e 37.» sostiene.
Sbuffo, poi mi stringo nelle spalle e mi abbandono ancora di più contro il muro. So anche io che vedere Louis sarebbe l’unica cosa in grado di rendermi felice. Vorrei parlare con lui, abbracciarlo, dirgli che sono stata una stupida e che mi accontenterò di essere sua amica, perché l’idea di perderlo fa più male rispetto al sapere che non sarò mai ricambiata. Poi, però, ripenso a tutto quello che mi ha detto lui e mi rendo conto, di nuovo, che non sono solo io la stupida e che anche lui ha una buona parte di colpa, per la quale deve fare ammenda. Non c’è niente che Noah possa dire o fare, resterà sempre il fatto che lui ha scelto Eleanor e si è dimenticato di tutto quello che mi aveva promesso.
«Vado in bagno, scusate.»
Ci manca solo che mi metta a piangere qui davanti a tutti. Anche perché ho appena intravisto il manico di scopa e sono sicura che lei coglierebbe al volo l’occasione per infierire. Perciò mollo il drink in mano a Zayn, che mi guarda come se fossi matta, ma poi sorride tristemente e attraverso il salotto il più velocemente possibile, districandomi tra la folla di ospiti che ballano.
Salgo le scale di corsa, rischiando più volte di cadere sui tacchi, percorro il corridoio in fretta ed entro in camera di Louis. Ci sono stata così tante volte, che l’idea di rifugiarmi qui mi è sembrata l’unica sensata. È un ambiente che conosco, che in qualche modo mi è di conforto e che, quindi, può accogliere le mie lacrime e mantenere il segreto.
Accendo la luce, sfilo le scarpe e le getto sul tappeto bianco, poi sospiro. Non è cambiato niente dall’ultima volta che sono stata qui: il letto è ancora disfatto – credo che Louis non sappia nemmeno farlo – l’armadio è spalancato e in disordine, la finestra è chiusa e il pc sulla scrivania ronza in maniera confortante.
Sento che scoppierò a piangere da un momento all’altro. Non pensavo mi avrebbe fatto così male, trovarmi qui. Forse dovrei andarmene, ma la stanza sa di Louis e visto che probabilmente la nostra amicizia è finita, voglio godermi gli ultimi momenti in santa pace. Poi ho deciso che tornerò a casa e chiederò a mamma di prenotare un appuntamento dal suo psicologo.
«Che serata del cazzo.» mormoro, giocherellando con il buco che si è appena formato sulle collant nere. Ovviamente, quello si allarga ancora di più e la calza si riga dal ginocchio fino a metà coscia.
La cosa che più mi ferisce e di cui non riesco proprio a capacitarmi, è che Louis mi abbia messa da parte così in fretta. Come ha potuto essere tanto insensibile?
Che fine hanno fatto i suoi “Non ti lascerò mai sola, Hazel. Non importa se tu non mi vorrai nemmeno vedere, io starò al tuo fianco.”? Erano solo belle parole, buttate così a caso tanto per darmi una piccola soddisfazione e per non farmi sentire sfigata quanto sono in realtà?
Eppure, mentre lo diceva, i suoi occhi azzurri sembravano così limpidi, che non ho dubitato nemmeno un momento della sua sincerità.
La colpa, alla fine dei conti, è mia. Non avrei dovuto fidarmi, non avrei dovuto lasciarlo entrare nella mia vita e non sarei dovuta andare oltre le sue camicie stupide, la sua voce spensierata e la sua risata contagiosa. Semplicemente, dovevo farmi i cavoli miei e tenere le distanze, ecco tutto. Me la sono cercata.
Le prime lacrime non ci mettono molto ad uscire e lasciano sulle mie guance una striscia di nero che probabilmente mi farà sembrare ancora più brutta e patetica di quanto sia già.
Maledetto Louis, maledette le sue camicie, i suoi occhi cristallini, le sue braccia forti e i suoi baci sulla fronte.
Lo odio, mi odio. Odio il modo in cui mi sento e odio piangere per qualcuno che non mi merita. Odio questa situazione.
La porta si apre così lentamente che nemmeno me ne accorgo, così quando Louis entra in camera è troppo tardi per cancellare le lacrime e per inventarmi una scusa sulla mia presenza qui.
«Hazel…» sussurra, facendo un passo in avanti. Scuoto la testa, strofino le mani sulle guance per cancellare la traccia delle lacrime – non oso nemmeno immaginare a quale bestia immonda assomiglio in questo istante – e scatto in piedi, prima ancora che Louis abbia la possibilità di aggiungere altro.
Ha già detto tutto quello che doveva dire ed io sono certa che non sopporterei un secondo rifiuto.
«Ti prego, non andartene.» mormora.
Ahi. Io non ce la faccio, lo sapete? Vorrei girarmi, dirgli di andare al diavolo e uscire di corsa, ma è Louis ed io lo amo. Così faccio marcia indietro, rilancio le scarpe sul tappeto e comincio a camminare avanti e indietro per la stanza, in difficoltà. Vorrei parlare per prima, ma ho paura di quello che potrei dire e proprio non è il caso di peggiorare ancora di più le cose.
Osservo Louis mentre si siede sul letto e mi stupisco di vederlo così serio: non è da lui. Sembra tranquillo, come se avesse arginato tutta la rabbia che mi ha riversato addosso qualche giorno fa. Sembra spossato e mi dispiace.
Se avessi immaginato che la mia presenza avesse quest’effetto su di lui, l’avrei lasciato in pace molto tempo prima.
«Sembri così stanco.»
Mi siedo accanto a lui, tanto per fargli capire che – nonostante tutto quello che mi ha detto, e nonostante tutto quello che io ho detto a lui – mi piacerebbe essergli di conforto.
Si passa una mano tra i capelli, annuisce tra sé e sé e sospira.
«Sono stanco. Questi sono stati i giorni peggiori della mia vita.» confessa, con un po’ di difficoltà. Lo conosco bene e so che per lui, manifestare quello che pensa davvero è un bel problema. Preferisce dare di sé l’immagine di un ragazzo spensierato, perché ha paura che la realtà finisca per schiacciarlo.
Il che, più o meno, è ciò che faccio anche io, ma in modo diverso: la mia maschera è la stronzaggine, la sua la simpatia. Di positivo è che tra di noi non ci sono mai state grandi menzogne.
«Uhm.» mugugno, senza sapere bene cosa dirgli. A caldo, mi piacerebbe rispondere con un bel “Perché, Eleanor ha tenuto le gambe chiuse?”, ma so che non apprezzerebbe. E siccome non abbiamo ancora seppellito l’ascia di guerra sarà meglio che io riesca a trovare un compromesso.
«Già, uhm. Tu come stai?» sembriamo due estranei ed è una cosa che odio. Non abbiamo mai avuto barriere, né segreti – se non questo piccolo insignificante dettaglio della cotta che ho per lui – e questo girare intorno alle cose non mi piace.
«Louis, perché non dici quello che devi dire e la facciamo finita?» lo supplico, con voce tremante. Via il dente, via il dolore, giusto? Perciò perché prolungare la sofferenza, quando si può evitare?
«D’accordo.»
A giudicare dal suo tono di voce, credo che non aspettasse altro. Nemmeno lui è uno che fa tanti preamboli. Ed è una delle cose che preferisco, anche se al momento si ritorce contro di me.
«Mi sono sentito uno schifo, per come ti ho trattata. Tu mi sei sempre stata accanto ed io ho lasciato che il parere di una persona influenzasse la mia idea su di te.» comincia.
Cielo, qualcuno mi uccida.
Non riesco a credere che sono qui, seduta, a sentirmi rifiutare per l’ennesima volta. Dovrei scavare nel mio cuore, nel cervello o in qualsiasi altra parte e cercare un po’ di dignità, ovunque essa sia e sempre che me ne sia rimasta un po’.
«Che stronzo.» sbotto, facendolo ridere un po’.
Che dire, sono contenta che almeno uno dei due si diverta.
«Sono serio, fammi finire di parlare.»
«Perché dovrei, Lou? Per sentirmi dire l’ennesima volta: “Mi dispiace Hazel, ma non sei abbastanza”? Sai una cosa? Ne ho le palle piene di essere scartata o di essere la seconda scelta! Io ho il diritto di essere amata per quella che sono, pregi, difetti e carattere di merda annesso. Perché dovrei stare qui a sentirti ripetere la solita solfa? “Sei un’ottima amica, ma dici troppe parolacce. Sei carina, ma non sei il mio tipo. Troverai qualcuno che ti ami e quello sarà l’uomo più fortunato del mondo.” Non me ne frega un cazzo degli altri uomini! L’unico che volevo non ha scelto me ed io non starò qui ad ascoltare le sue merdosissime scuse!»
Mi copro la bocca, spaventata dalle mie stesse parole. Non avevo intenzione di dirglielo in questo modo; non avevo intenzione di dirglielo affatto, ma mi è sfuggito nella foga del momento. Ed ora Louis sa che sono innamorata di lui. Non posso credere di averlo detto e mi sento così stupida che vorrei sprofondare sotto terra, così decido di battere in ritirata prima che sia davvero troppo tardi e che la mia dignità vada a farsi fottere definitivamente.
E comunque Louis non dice niente, sorride lievemente e basta, come un idiota, ma non accenna a voler parlare. Probabilmente è disgustato da me, ed è comprensibile.
Recupero – di nuovo – le scarpe e corro verso la porta, sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi: non voglio che Louis mi veda, piangere, di nuovo.
Ho appena afferrato la maniglia, quando la mano di Louis copre la mia. Stringe finché mollo la presa, dopodiché mi costringe a voltarmi e mi spinge contro la porta, bloccandomi ogni via di fuga.
«Che altro c’è? Non sei contento così? Vuoi proprio vedermi piangere, brutto stronzo!» singhiozzo, ferita.
Louis sorride.
«Stai un po’ zitta, maledizione.»
Un secondo dopo mi sta baciando, annullando ogni mia protesta e tutti i fantastici insulti che avevo appena trovato e che gli dirò in un secondo tempo.
Ora, però, sono troppo occupata a baciarlo.




***




Ecco qua il capitolo sette. Uhm, in realtà devo darvi una notizia: è il penultimo, credo. Manca un capitolo - che devo ancora scrivere - e poi forse un altro, ma non sono sicura. In ogni caso,  l'avevo detto che la storia sarebbe stata corta, perciò... Niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio un sacco per aver inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, per aver commentato e anche per aver letto! Davvero, grazie.
Detto questo, vi lascio qui sotto il link di una nuova fanfiction che ho pubblicato martedì e di una one shot su Liam. Se vi và, passate a leggere :)
Vi adoro,
Fede.


One step forward (questa è la long.)
Just give me a reason (e questa è la one shot.)


p.s. Su Twitter, per chi volesse, sono @FTheOnlyWay
   
 
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