Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: lasognatricenerd    19/04/2013    0 recensioni
Un ragazzo distrutto dalla perdita dell'amore della sua vita, uno spettacolo, la disperazione più totale che crolla.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


Sarebbe davvero interessante se, mentre la leggete, ci mettete questa canzone di sottofondo. Credo faccia decisamente più effetto. // http://www.youtube.com/watch?v=jacnFl4CP6U //

Mine.

Il corpo mi tremava, il sudore mi colava lungo le tempie mentre mi avvicinavo a passi lenti verso il microfono che era al centro della sala. Non potevo crederci di essere arrivato a quello spettacolo senza di lei. Mi sembrava tutto così orribile. Non capivo più nulla, non avevo nemmeno fatto le prove. Sarebbe andato tutto una merda. Avevo un’ansia addosso enorme, le mani non mi restavano ferme, e le labbra mi tremavano. Come potevo davvero cantare in quelle condizioni? Come potevo anche solo sperare che l’esibizione davanti a tutte quelle persone sarebbe andata alla grande? Il mio insegnante aveva sempre detto che non importava quanto qualcuno fosse bravo a cantare, le prove erano fondamentali. E io avevo fottuto tutto alla grande. Ma tutti lo avevano capito, mi avevano fatto forza, mi avevano semplicemente fatto le condoglianze. Ma non me ne facevo un cazzo delle loro condoglianze, proprio un cazzo. Non mi servivano. Non mi servivano i loro abbracci, le loro parole, i loro occhi tristi. Non l’avrebbero fatta di certo tornare indietro e questo nessuno sembrava capirlo, cazzo, continuavano a guardarmi come se fossi un cane abbandonato in mezzo alla strada. E in effetti la metafora non era delle migliori, ma dovevo ammettere a me stesso che ci stava benissimo. Sembravo un piccolo cucciolo di cane abbandonato nel bel mezzo del nulla. Ero completamente perso. Non sapevo dove andare. Non sapevo nemmeno che cosa farne oramai della mia vita. Sfiorai il mio stesso microfono con le labbra, mentre la base risuonava dentro quel teatro così grande, le luci mi si accesero attorno. Non vedevo niente. Solo buio davanti a me, anche se sapevo benissimo che loro vedevano me. E questo mi metteva in agitazione. “You were in college, workin’ part time, waitin’ tablesleft a small town, never looked back I was a flight risk, with a fear of fallin’, wonderin’ why we bother with love if it never lasts..”Ed ecco che cominciavo a cantare e mi perdevo completamente in essa. Non mi era mai piaciuta la Swift, dovevo ammetterlo, eppure quella canzone era così azzeccata per noi due che mi faceva paura. Non facevo altro che ascoltarla da quando era morta.  Me lo sentivo, quella sera, che c’era qualcosa che non andava. La aspettavo, ma non arrivava. Di solito non era mai in ritardo. Aspettavo. Cinque, dieci. Venti, trenta, quaranta minuti. Avevo cominciato a chiamarla, ma non mi rispondeva. Sapevo che le era successo qualcosa, ma non avevo idea di come sentirla. Ero corso velocemente a casa dei suoi genitori, che sembravano non sapere nulla. Ed ecco il panico totale: dov’era Emma? Dov’era? “I say, “Can you believe it? As we’re lyin’ on the couch. The moment I could see it, yes, yes, I can see it now..” Avevamo aspettato minuti per capire dove potessimo rintracciarla, finchè non era arrivata una telefonata. Dall’ospedale. Lo sapevo, lo avevo sempre saputo, ma ero legato, paralizzato, non sapevo come comportarmi. Avevo sempre promesso sia a me stesso che a lei, che le avrei dato la mia stessa vita se fosse successo. Ma era stato tutto troppo veloce per capire davvero quello che stava succedendo. E in due secondi mi ritrovai a pensare , per una volta nella vita, che volevo che il tempo ritornasse indietro e mi facesse andare con lei quel giorno al lavoro.  “Do you remember, we were sitting there by the water?You put your arm around me for the first time. You made a rebel of a careless man’s careful daughter. You are the best thing that’s ever been mine..” Sentivo i miei occhi che chiedevano pietà. Le lacrime stavano urlando che volevano uscire, volevano solcarmi le guance, ma no, non l’avrei mai fatto. Non potevo, non davanti a tutta quella gente che mi guardava. Non potevo far trapelare tutta la disperazione che avevo in corpo in quel momento, sarebbe stato imbarazzante. Se qualcuno mi avesse conosciuto anche solamente otto mesi prima, non mi avrebbero riconosciuto. Ero il solito ragazzo stronzo al quale non importava della gente. Ma poi avevo visto Emma, e tutto era cambiato in un batter d’occhio. Era come se da quel momento il mio cuore si fosse sciolto, lasciando che tutto il dolore, la rabbia e la freddezza che avevo in corpo, fosse lasciata completamente scivolare via. “Flash forward and we’re taking on the world together and there’s a drawer of my things at your place.You learn my secrets and you figure out why I’m guarded, you say we’ll never make my parents’ mistakes..”Ogni parola che usciva dalla mia bocca, mi lacerava l’anima, come se fosse una lama tagliente di un coltello. Come se quest’ultima mi attraversasse l’intero corpo, precisamente sul cuore. Faceva male, malissimo. Volevo solamente scappare dalla scena e rifugiarmi in bagno a piangere, come facevo oramai da settimane. Nessuno poteva capire quello che stavo passando. Continuavano a vedermi triste, ma oltre alle parole non potevano fare niente, niente per tirarmi davvero su. Dopo tutto avevo perso l’amore della mia vita, colei che per me significava ogni cosa. Cuore, polmoni, respiro, aria, ossigeno. E senza di lei non potevo ne respirare , ne continuare a vivere. In quelle settimane, ogni secondo della mia vita, continuavo a chiedermi perché ancora fossi al mondo. Perché si fosse presa una persona così meravigliosa, invece che me. Non riuscivo davvero a capirlo. Oramai credere in Dio non era da me.  Forse ero egoista, forse non ci capivo un tubo di religione. Ma come poteva esistere qualcuno lassù se mi aveva rovinato la vita in questo modo? “But we got bills to pay,we got nothing figured out, when it was hard to take, yes, yes, this is what I thought about.”Non potevo crederci. Stava davvero andando tutto alla grande. La mia voce era bella, come sempre, prendevo ogni assolo, senza stonare, le parole, la musica di sottofondo. Mi sentivo soddisfatto, visto il dolore interiore che avevo dentro. Ma per fortuna che esisteva quella cosa chiamata musica. Era l’unica componente che mi faceva sentire ancora vivo. Che mi manteneva in vita, era meglio dire. “Do you remember, we were sitting there, by the water?You put your arm around me for the first time, you made a rebel of a careless man’s careful daughter, you are the best thing that’s ever been mine.”Eppure più andavo avanti, più sentivo che stavo sprofondando nella disperazione più totale. In un tunnel dal quale non sarei più riuscito a salire. Sarei rimasto incastrato giù, per sempre, e in quel momento sarei decisamente morto di fame. Sentivo la gente tenere il ritmo della canzone, e senza più riuscire a trattenermi davvero, una lacrima mi solcò il viso, mentre cantavo le ultime parole. Quegli acuti, la mia voce che rimbombava melodiosa in tutto il teatro mi faceva sentire, per un attimo, importante, qualcuno. Molti mi avrebbero invidiato probabilmente. Ma io desideravo con tutto me stesso scendere e rifugiarmi da qualche parte a cantare da solo, magari, senza che nessuno potesse guardarmi. Piangere, affogare, provare dolore. Tristezza. Volevo urlare. Era tutto ciò che c’era nella mia mente, e non riuscivo a capacitarmene. Volevo andarmene, uscire da quell’edificio che cominciava ad essere troppo stretto per i miei gusti. Sentivo che stavo per soffocare. “Oh..” l’ultimo sospiro uscì dalla mia bocca lieve, ma che risuonò bene su per il microfono. Ci furono due istanti in cui il teatro fu sommerso solamente nel silenzio. Due secondi che mi parvero un’eternità. Volevo che non finissero mai. Ma subito un boato di applausi si alzò, facendomi fare un piccolo inchino. “G-Grazie mille.” Dissi con voce fottutamente tremante, prima di dare le spalle e uscire finalmente dalla scena. Non ce la facevo. Appena fui dietro le quinte cominciai a piangere. Notai il mio insegnante venirmi contro, mentre mi toglievo quella sciarpa, il giubbotto di pelle. “Lasciami stare, per favore, John.” Volevo solamente uscire, lasciarmi alle spalle quel fottuto peso che mi faceva troppo male. Corsi finalmente fuori, in strada, tirando fuori il mio pacchetto di sigarette. Mi avvicinai al ponte, poggiando i gomiti sulla ringhiera, mentre lasciavo che il fumo mi invadesse i polmoni, rilasciandolo qualche secondo dopo. Il mio sguardo si diresse verso l’acqua che scorreva veloce. Flash della macchina di Emma frantumata. Lei a terra, il sangue, i suoi occhi chiusi. I singhiozzi cominciarono a farsi sempre più frequenti, non riuscivo nemmeno a controllare le mie azioni. Senza rendermene conto mi ritrovai in piedi, sulla ringhiera, le braccia aperte, il vento che mi faceva traballare appena. “Do you believe it? We’re gonna make it now and I can see it..”E tutto ciò che accadde in quel momento fu veloce. Sentii solamente un gran dolore al petto, e l’acqua congelata che mi faceva rabbrividire. Poi solamente il buio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: lasognatricenerd