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Autore: Demone    20/04/2013    2 recensioni
Una piccola One shot in cui non troverete proprio dei personaggi di TVD ma un personaggio inventato da me, una strega che è stata trasformata da Klaus in vampiro dopo una scatto di rabbia che si ritrova a dover affrontare tutto da sola. Spero che vi piaccia e che abbiate voglia di lasciare una piccola recensione, buona lettura :)
Dal testo "In quel momento voleva solo gridare. Gridare che non ce la faceva, che non poteva farcela, che era tutto troppo, troppo grande…e pregare qualcuno perché la aiutasse. Voleva essere aiutata. Si rendeva conto che aveva bisogno di un salvagente, di qualcuno che le porgesse una mano per superare tutto quello. Non poteva vivere così per sempre. Però l’eternità era quello che l’aspettava. L’eternità."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hèloise si fermò di colpo, smettendo di correre, e guardai  la donna che era ferma, dandomi le spalle. Parlava a telefono con qualcuno e la via era deserta. Nessuno, solo loro due. Stavano a qualche metro di distanza e lei non avrebbe dovuto sentire i sussurri della donna, invece li sentiva. Sentiva tutto, sentiva i sussurri della donna, sentiva il ronzio del telefonino, sentiva i rametti che spezzava ciondolando sul posto. Impazziva. Hèloise stava lentamente impazzendo. Era appena fuggita da casa di Klaus, aveva ancora gli occhi lucidi e qualche traccia di sangue sul viso. Impazziva. Non aveva i suoi poteri, non aveva nulla. Si rigirò l’anello attorno al dito. Anche il sole la infastidiva. Cadde in ginocchio, con le meni premute sulle orecchie. Troppi, troppi rumori, solo rumori. Rumori e sensazioni. 
“Si, ti ho trasformata per vedetta, per far ascoltare a mia madre il grido di una sua simile...”
Le parole di Klaus suonavano nella sua mente. Era così dannatamente forte che non lo sopportava. Aveva ucciso. Aveva ucciso degli uomini a casa di Klaus. Lei avevo ucciso. Aveva uccido. Alcuni giorni prima era dovuta scappare fuori da quel locale solo perché aveva visto Klaus uccidere la ragazza e ordinare all’altro di picchiare il ragazzo. Era scappata fuori e lui era andato da lei. Aveva capito che la faceva stare male. Non aveva mai ucciso prima. Mai. Vedere le persone morire per colpa sua era stato difficile, pensava che quello doveva essere il dolore che provavano gli assassini.  Pensava, credeva, che fosse tutto così semplice. Invece no, non era quello il dolore che prova qualcuno quando spezza il collo della ragazza. Quello era peggio e lei ora stava sperimentando tutto, da sola. Sola, in quella stradina che era ancora vuota, tranne la ragazza.
Hèloise non voleva piangere. Voleva solo seppellire il volto nel cuscino, nel suo letto, e dimenticare. Voleva spettare qualcosa che cambiasse, che qualcuno la consolasse. Non importava chi, non importava se le parole erano false, voleva solo non sentirsi così sola e così…persa. Persa senza la magia, persa senza qualcuno che la aiutasse, persa con la gola che bruciava, persa con la mente piena di suoni. Persa. Sola e persa. Voleva che qualcuno la salvasse da se stessa in quel momento.
Rivoleva i suoi poteri, rivoleva la sua vita, quella che Klaus gli aveva portato via da quando era arrivata in quella dannata città, quella che forse non aveva mai avuto perche Klaus gliel’aveva sempre tirata via, ogni secondo, ogni anno di quei sette lunghi anni in cui l’aveva servito. Sette anni. Era una bambina quando aveva iniziato. Dodici anni. Una bambina. Ma l’aveva fatto. Aveva capito troppo, troppo presto che sarebbe morta presto, che se non lo voleva fare doveva cacciare fuori le unghie ed i denti e diventare forte, fredda, di ghiaccio. Sua madre glielo diceva sempre. Non piangere, non mostrarti 3debole, fagli vedere loro che sei più forte, fagli capire che non sei alla loro mercé. Aveva provato a farlo. Non si mostrava debole, non piangeva, non faceva nulla che la potesse tradire.  L’aveva fatto anche con Klaus, ci aveva provato con tutta se stessa, ma lui sapeva sempre quali tasti toccare, e l’aveva fatto. Conosceva la sua paura di diventare un vampiro, un abominio, ma non si era fatto scrupoli ad usarla per vendicarsi sulla madre, una donna morta da secoli e che sicuramente se ne strafegava di una ragazzetta come lei. Le streghe hanno sempre ottime scusanti per non fare qualcosa. Quella volta qual’era? Che la sua vita non valeva quanto quel dannato equilibrio naturale? Che la sua felicità non aveva quel valore? Qual’era quella volta?
Si morse il labbro con forza per trattenere di nuovo le lacrime. Le sembrava davvero di impazzire con tutti quei suoni nella mente. Improvvisamente desiderava essere sorda. No, non avrebbe pianto di nuovo, non anche quella volta. Lei non piangeva. Dio, quanto desiderava sentire ancora il flusso della magia nelle vene, invece di quella fame! Si sentiva persa senza. Era persa senza la magia. Era sempre stata parte di se, fin da quando era piccola, da sempre. Aveva sempre pensato che sarebbe morta con la magia ancora nelle vene. L’aveva odiata mille volte, quando voleva una vita normale ma arrivava sempre Niklaus ad infrangere i suoi sogni, oppure quando arrivava qualche altro vampiro a minacciarla e lei non voleva eseguire quelle richieste. L’aveva odiata davvero in quei momenti, ma ora che ne era senza era…persa. Non era più Hèloise, non era più se stessa. Ora era un vampiro e tutto quello…tutto quel dolore era troppo, troppo forte, eppure avrebbe potuto spegnerlo.
Klaus gli aveva detto di farlo. Gli aveva detto che spegnere tutto era l’unico modo. Non avrebbe sofferto. Sarebbe stata solo…solo cosa? Solo un vampiro senza sentimenti che non ricordava neanche che cosa diamine voleva dire provare qualcosa? Qualunque cosa? Però sembrava così…così semplice..così..naturale. non avrebbe provato nulla, Klaus gliel’aveva assicurato. Sarebbe stata maledettamente bene. E una parte di lei, voleva farlo. Voleva non sentire quel dolore, la paura, i sensi di colpa, la confusione. Era come una bambina lasciata da sola in quel momento. Aveva paura. Paura di quello che sarebbe diventata, di cosa avrebbe fatto. Avrebbe ucciso altre persone? Quante persone sarebbero morte solo per far smettere quella fame? Quante? Lei non aveva mai ucciso. Alcune volte era stata tentata a farlo, per difendersi da qualche vampiro un po’ troppo esigente, ma si era sempre fermata prima. Aveva sempre preferito metterli fuori gioco, bloccarli, spaventarli. Non aveva mai aggredito qualcuno, al massimo qualche aneurisma, qualche osso spezzato, ma non aveva mai preso un paletto e l’aveva conficcato nel corpo di qualcuno.
Ricordava come alcuni giorni prima era scappata fuori da quel locale perché Klaus aveva ucciso una ragazza davanti a lei e come il suono dell’ibrido che colpiva il ragazzo l’aveva fatta sentire in colpa. Aveva pensato che non si sarebbe mai sentita più male di così. Si sbagliava…si sbagliava davvero. Poteva sentirsi molto peggio, ed ora lo stava provando. Aveva iniziato a sentirsi peggio quando aveva affondato i denti nel collo di quegli uomini, quando li aveva uccisi. Non voleva farlo ma si era resa conto troppo tardi di quello che faceva.
In quel momento voleva solo gridare. Gridare che non ce la faceva, che non poteva farcela, che era tutto troppo, troppo grande…e pregare qualcuno perché la aiutasse. Voleva essere aiutata. Si rendeva conto che aveva bisogno di un salvagente, di qualcuno che le porgesse una mano per superare tutto quello. Non poteva vivere così per sempre. Però l’eternità era quello che l’aspettava. L’eternità.
“Perché non ho accettato la tua proposta? Perché non l’ho fatto? È così dannatamente stupido provare a vivere così, provare a farcela. Dovevo accettare.”
Sussurrò a se stessa. Klaus gli aveva offerto la morte e lei l’aveva rifiutata. Era stata così dannatamente e terribilmente stupida. sola, senza nessuno, con la gola in fiamme e una voglia di sangue se ne rendeva conto perfettamente. Si rendeva conto che non ci poteva riuscire da sola. Ed era appena scappata dall’unica persona che l’avrebbe aiutata. Cosa aveva detto? Che non sarebbe stato semplice, e se n’era resa conto quando aveva fissato le strisce di sangue sulle parete, desiderando solo allungare una mano per prendere quelle gocce e portarsele alle labbra. Era pronta a riprovare, ma non sarebbe tornata da Klaus, non dopo quello che le aveva detto. Non ci poteva riuscire. Lei era solo la sua vendetta. Come poteva guardarla negli occhi senza sentirsi in colpa? Quell’essere era di ghiaccio, incapace di amare. Aveva distrutto Hèloise con un gesto e, se lei l’avesse rincontrato, gli avrebbe riversato addosso tutti quei sentimenti che provava, perché era colpa sua di quello che era successo. Non aveva pensato a quello che faceva, si era lasciato prendere ed ora lei non riusciva a capire come avrebbe dovuto fare per sopravvivere senza odiarsi. Credeva che non ci sarebbe riuscita, era impossibile non odiarsi dopo quello che aveva fatto e quello che avrebbe fatto, ne era sicura. Le risultava impossibile anche solo provare a farlo.
Sentì qualcuno che le accarezzare gentilmente i capelli. Non si era neanche resa conto di essere ancora inginocchiata a terra con le mani premute sulle orecchie. Ancora prima di vederla si rese conto di sapere che era la donna che parlava a telefono. Riconosceva l’odore del suo sangue, nonostante la donna non si fosse ferita. Sentiva il battito del suo cuore.
“Hey, tutto bene? Cos’è successo, litigio con il fidanzato?” Chiese lei gentilmente.
Hèloise non rispose, si sentiva un groppo in gola, e non erano lacrime, era solo voglia di..di morderla, di nutrirsi, di far cessare quel dolore almeno per un momento. Alzò lo sguardo e la donna si allontanò. Hèloise sentiva che qualcosa era cambiato nel suo viso. Non aveva bisogno di vedersi per sapere cos’era. Gli occhi iniettati di sangue, le vene in rilievo e due canini che gli uscivano dalle labbra. Afferrò il polso della donna e lo portò alle labbra, modendolo.
Il sangue. il sangue nella sua bocca. Il sangue che placava quel bruciore. Il sangue che placava il dolore. La trascinò ancora più vicino a se e i canini passarono dal polso al collo, sentendo la pelle che si apriva al suo passaggio, sentendo che la ragazza urlava, sentendo che si dimenava. Sentendo che moriva.
Il corpo cadde a terra ed Hèloise indietreggiò di nuovo. La paura nello sguardo nella donna era troppa. Paura di lei. Le l’aveva uccisa. Lei l’aveva..uccisa. lei aveva ucciso di nuovo.
Il sangue le colava giù dal mento in piccole gocce. Scappò. Iniziò a correre e si fermò solo a casa sua. Si buttò sul letto, il viso affondato nel morbido cuscino, mentre lentamente si bagnava di sangue. non le importava. Voleva restare così, voleva evitare di fare qualunque cosa, anche di piangere o di pensare. Voleva stare così finché qualcosa non sarebbe cambiato, qualunque cosa. Sapeva che non sarebbe cambiato nulla ma voleva poter immaginare il contrario.
Voleva che qualcuno in quel momento la consolasse. Voleva non sentirsi così. Voleva non aver ucciso la donna. Voleva non aver ucciso qualcuno. Voleva essere rimasta a casa. Voleva essere scappata di Mistyck Falls.
Non voleva guardarsi allo specchio e vedere il sangue. non voleva essere una vampira. Non voleva uscire da quella casa. Non voleva bere il sangue. Non voleva vivere in quel modo. Non voleva non sentire quella magia. Non voleva tutto quello.
Non voleva essere una vampira.
  
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