Serie TV > Shameless US
Segui la storia  |       
Autore: VenerediRimmel    20/04/2013    5 recensioni
Spoilerissimi! Questa storia è nata guardando il promo della 3x12.
Mickey si è sposato, nonostante Ian lo abbia supplicato di non farlo. Ian si è arruolato, sta per andare sul fronte di guerra, nonostante Mickey lo abbia supplicato di non farlo...
Cosa accadrà quando saranno divisi? Ian riuscirà a non rimetterci la pelle? E riuscirà a tornare a casa? Ci sarà un lieto fine per loro due? Tutto questo lo scoprirete soltanto leggendo! [Gallavich - Ian&Mickey]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
III parte - Vissero tutti fottutamente felici e contenti

III parte  - Vissero tutti fottutamente felici e contenti.

Non per sempre, ovviamente.

 

 

Se non avesse ricordato il fatto di essere gay a quel punto della situazione se la sarebbe data a gambe levate, spaventato dalle sue sensazioni e dalla sua eccitazione che, di punto in bianco, sembrava essersi risvegliata. Il punto era che Ian Gallagher si era eccitato, guardando il gesto involontario di quel ragazzo che continuava a guardarlo, di tanto in tanto, di sottecchi, torturandosi con i denti il labbro inferiore.

Chi era Mickey? Perché nelle notti inconsce aveva sussurrato il nome di quel tipo così strano? E perché tra tante volti, tra tanti nomi, presenti nella sua vita, ricordava quello di un apparente sconosciuto, che aveva la facoltà di eccitarlo, piuttosto che quello del fratello o della sua migliore amica? Certo, aveva ricordato in un lampo le sembianze di Mandy, ma non era stata la stessa cosa. Il nome di Mickey c’era stato subito dopo la bomba che l’aveva quasi ucciso, c’era stato al suo risveglio nella casa dell’arabo, che gli aveva salvato la vita, c’era stato nelle notti insonne e inconsce, torturandolo insieme a due iridi, che ora sapeva, appartenevano a quel nome.

Due occhi azzurri, freddi, profondi, curiosi, voluttuosi, insicuri. Gli occhi che ora lo guardavano celando tutta la sorpresa, la felicità… Possibile che Mickey fosse felice e che non volesse dimostrarlo?

Suo fratello Lip lo osservava con gli occhi sbarrati, Mandy con uno strano sorrisetto malizioso e gli occhi ancora lucidi per la commozione di aver ritrovato il suo migliore amico. E poi c’era il silenzio, quel fottutissimo silenzio che nessuno voleva spezzare per rispondere alla sua domanda: “Chi cazzo è Mickey per me?”

Il problema era uno soltanto: Come avrebbero fatto a spiegare cos’era stato Mickey per Ian senza farlo scappare nuovamente da loro? Nessuno aveva il coraggio di dire che la sua partenza era stata a causa di quel tipo, che ora sembrava studiare il ragazzo come se cercasse una falla che lo indulgesse a credere che non si trattava di Ian, del suo Gallagher.

 

Poi lo sguardo di Ian cadde sulle mani di Mickey, che, impavide, non volevano stare ferme un attimo: prima appoggiate sulla porta d’ingresso, poi una sulla bocca per torturarsi il labbro, quando i denti non bastavano più, mentre l’altra passava velocemente sui capelli per spettinarli più del dovuto. E fu proprio in quel momento che Ian vide ciò che non doveva vedere… una piccola circonferenza dorata sull’anulare sinistro. Sbarrò gli occhi, mentre un flashback della sua vecchia vita tornava a turbarlo.

 

Se ti frega almeno un po’ di me, Mickey. Non farlo.

 

Era stato lui a dire quelle parole, era stato lui poi a vederlo mentre si sposava con una donna decisamente troppo alta per Mickey. Era stato il suo cuore a spaccarsi in mille pezzi. Era stato per lui che era scappato in guerra.

Si toccò la cicatrice, abbassando lo sguardo, mentre una smorfia di dolore si mostrava sul suo volto, seguita da un mugugno appena pronunciato.

Non lo sapeva che ricordare sarebbe stato doloroso.

Sia Mandy che Lip scattarono in avanti verso Ian per sorreggerlo e accertarsi che non gli stesse accadendo nulla di male.

 

“Stai bene?” Chiese il fratello, all’unisono con la sua ex ragazza. Ian non rispose, alzò semplicemente lo sguardo e studiò il ragazzo che continuava a fissarlo con cipiglio.

Mickey non sapeva cosa fare. In meno di dieci minuti aveva riavuto tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto ciò che aveva perso e che non aveva avuto la possibilità di tenersi vicino, di custodire. In meno di dieci minuti aveva ritrovato il senso perduto della sua vita, aveva ottenuto tutto ciò che lo aveva portato in cinque mesi a pregare la notte il suo fottutissimo ritorno. Eppure ora aveva paura anche solo di aprire la bocca e rovinare tutto. Perché lui era questo che faceva: rovinava ogni cosa.

Ian non ricordava, gli era stato portato indietro dalla morte senza il ricordo di tutto ciò che era accaduto. Anche questa cosa per Mickey sembrava una concessione divina affinché tutto potesse risolversi. Eppure sapeva che quel blackout, nella mente di Ian, non sarebbe durato per sempre, che prima o poi avrebbe ricordato tutto il dolore che gli aveva procurato, tutti i calci e i pugni che gli aveva sferrato, tutti i silenzi che li avevano allontanati definitivamente. Ian avrebbe ricordato la sua incapacità di dire ciò che era, ciò che provava, ciò che non voleva accadesse e che invece era accaduto. Ian avrebbe ricordato il suo matrimonio, avrebbe ricordato cosa suo padre lo avesse costretto a fare. Ian avrebbe ricordato tutti i suoi errori e sarebbe scappato di nuovo. Stavolta forse non in guerra, ma se ne sarebbe andato da lui. E questo Mickey non poteva sopportarlo.

 

“Entrate dentro” Aveva semplicemente detto. La sua indole lo avrebbe portato a cacciarli fuori, evitando così che il suo Gallagher ricordasse tutto e chiudesse per sempre ciò che era già chiuso. Eppure lo voleva vicino per tutto il tempo a disposizione, anche una manciata di minuti andavano bene. Perché era un egoista, Mickey, lo era sempre stato. E in cinque mesi non era cambiato niente. Il suo sentimento taciuto non si era affievolito nemmeno di una virgola, il suo egoismo non si era smussato, il suo orgoglio non era crollato, la sua debolezza non lo aveva abbandonato.

Soltanto Ian Gallagher se ne era andato, cambiandolo irreversibilmente. Solo lui era cambiato nella sua vita, passando da una presenza indispensabile a un’assenza irrevocabile.

E per questo motivo, per l’assenza di Ian - e non il matrimonio con una puttana - che la vita di Mickey sembrava completamente diversa, insignificante, vuota e inutile. Non era cambiato nulla, in Mickey, ma era cambiato tutto senza Ian. Come se, improvvisamente, aprendo gli occhi, gli fosse stato mostrato ciò che era, cosa aveva fatto… anzi, cosa non aveva fatto.

E cosa avrebbe fatto, ora? Ora che aveva avuto una seconda possibilità?

Lip e Mandy portarono Ian dentro casa, sistemandolo poi su una vecchia e malandata poltrona.

 

“Vuoi avere tu l’onore?”

“Cos’è un rosario per giganti?”Affermò con sarcasmo.

“No!” Sorrise divertito, abbassando lo sguardo.

“Eh?”

“No, sono palline Ben wa. Me le ficchi nel culo e poi le tiri fuori molto delicatamente…” Spiegò senza vergognarsi. Mickey aveva la capacità di passare da un eccesso all’altro. O tutto o niente.

“E dov’è il divertimento per me?”Aveva detto Ian, dopo aver osservato quella serie di palline con gli occhi sbarrati. Qualcuno, in questioni gay, era più strano di lui. Un record se poi si constatava il fatto che “il più strano” fosse proprio Mickey Milkovich.  

“E dai… Ok, ok, va bene. Ma vacci piano con la chiappa ferita.”

 

Il dolore alla tempia di Ian aumentò, seguito da degli spasmi involontari per tutto il corpo, mentre ricordava. Quel divano… cos’era stato quel divano?

Quella casa era un cimelio di ricordi. E Mickey era l’epicentro di tutto ciò che doveva ricordare, forse. O che non doveva ricordare?

Eppure ancora non sapeva rispondere a una semplice domanda: cos’era Mickey per lui?

 

“Ian?” Titubò Mandy all’ennesimo ansimo di dolore del ragazzo. Mickey era scomparso dietro di loro, mentre Lip osservava indifeso il volto della ragazza, con la speranza di trovare, nel volto di Mandy, la soluzione al dolore di suo fratello.

Non trovò nulla, se non tutti i vecchi sentimenti che aveva tentato più volte di abbandonare ovunque potesse. Si era accorto di essersi innamorato della sua migliore amica, Karen, quando era stato troppo tardi. Ed era ricaduto nel medesimo errore anche con Mandy, si era accorto dell’importanza che aveva avuto nella sua vita soltanto quando, con il diploma in mano, era stato ammesso al M.I.T. con borsa di studio e sapeva che la sola persona a cui doveva dire grazie era lei, Mandy.

Perché era sempre stata lei, l’unica, a credere in lui.

Quando Mickey tornò nel salotto lo fece con un bicchiere tra le mani, Lip e Mandy lo fissarono, quasi con stupore come se non fosse possibile per uno come lui fare un gesto semplice come quello. E lo osservarono con cipiglio anche quando avvicinandosi a Ian, che intanto si era piegato su se stesso, tentando di contenere il dolore, si inginocchiò per essere al suo pari e lo afferrò per il mento, alzandolo verso di lui, per farlo bere un po’ d’acqua.

 

“Tieni, bevi” Aveva detto semplicemente, posando sulle sue labbra il bicchiere di vetro. Ian lo ringraziò con lo sguardo e il dolore diminuì notevolmente quando, con la gola rinfrescata, le sue iridi incontrarono quelle chiare e accoglienti di Mickey. “Va meglio?” Chiese inverosimilmente Mickey con la voce leggermente attutita. Ian si limitò ad annuire e a prendere in mano il bicchiere d’acqua che l’altro stringeva ancora accanto alla sua bocca.

Le loro mani, incontrandosi, provocarono in Ian una piacevole scossa elettrica e lo sguardo di Mickey, rivolto verso quell’impercettibile incontro fra le loro pelli, gli disse che, anche lui, come Ian, aveva sentito ciò che era successo.

Chi era Mickey?

 

“Chi sei tu per me?” Farfugliò Ian, piegando appena il capo e osservando il ragazzo che, nel frattempo, si era riportato in piedi e aveva osservato prima Lip e poi Mandy, come se volesse chiedere loro il permesso per parlare. Lip ricambiò con uno sguardo inespressivo, come faceva di solito, Mandy invece sorrise appena, annuendo come se lo incitasse a rispondergli.

 

“Ero…” Iniziò, gettando lo sguardo ovunque senza il coraggio di incatenare i suoi occhi in quelli curiosi del suo Gallagher. “Sono stato la causa della tua partenza.” Tagliò corto, quando, con coraggio, andò ad osservare il viso accigliato del ragazzo che aveva perso la memoria. Lip, seduto sul bracciolo del divano, strinse i pugni e indurì la mascella, scendendo a guardare il fratello, che sedeva poco distante da lui, sperando che l’affermazione di Mickey non lo sconvolgesse più di quanto già non lo fosse.

 

“Perché abbiamo scopato, nonostante tu sia… sposato?” Chiese Ian con un filo di voce, scendendo a guardare la fede d’oro sulla mano sinistra di Mickey. Mickey si mosse sul posto, toccandosi la fede e alzando lo sguardo al cielo, inveendo chissà quale imprecazione. Non era cambiato poi di tanto, ancora era difficile ammettere di essere irrevocabilmente gay.

 

Tu mi ami e sei gay. Ammettilo. Solo questa volta. Cazzo, ammettilo!

 

Si ripiegò su se stesso quando un’altra parte di verità gli fu chiara. “No, perché abbiamo scopato e poi tu ti sei sposato…” Si corresse Ian, toccandosi la cicatrice e ansimando per il dolore fisico e mentale che tutto ciò stava comportando. Ricordò le botte, ricordò il silenzio di Mickey. Ricordò Terry.

Sebbene fosse tutto ancora confuso nella sua mente. Perché ricordava Mickey, ma non ricordava ancora se stesso.

Come era possibile? E perché doveva ricordare tutto ciò che faceva male e niente che fosse… piacevole?

Poi alzò lo sguardo sull’altro e Mickey capì che qualcosa di ciò che non avrebbe dovuto ricordare subito, era invece entrato prepotentemente nella mente del suo Gallagher. E maledì chiunque si divertisse tanto ad avercela con lui per non avergli dato modo di poter rimediare, di poter dire la sua… anche se era sempre stato incapace a dire ciò che provava, ciò che era e sentiva di essere.

Lip osservò il fratello e rabbrividì. Sarebbe scappato di nuovo, quando il ricordo di Mickey fosse stato limpido nella sua mente? O sarebbe rimasto per la sua famiglia, per lui o semplicemente per la sua migliore amica?

Chi era più forte nel cuore di Ian, ora? Quel Mickey, che sembrava non essere cambiato affatto, nonostante il miracolo del ritorno di Ian, oppure tutti coloro che lo amavano e lo volevano vicino?

 

“Voglio tornare a casa…” Aveva farfugliato Ian, alzandosi dal divano e osservando bieco il fratello. Lip annuì, mentre Mickey, silenzioso, guardava ovunque con gli occhi azzurri già innacquati.

Doveva fare qualcosa, prima che fosse troppo tardi, eppure – come sempre – non riusciva a fare niente.

Nella sua mente riecheggiavano troppe parole, alcune fin troppo squallide per essere dette ad alta voce. Guardò sua sorella, disperso, disarmato. Non voleva che la sua unica possibilità gli scivolasse di mano senza poter fare qualcosa. Sì, ma cosa poteva fare?

 

Non tutti riescono a sputare fuori quello che cazzo provano ogni minuto.

 

Poi Ian si bloccò sul posto, a pochi passi dalla porta d’ingresso. E si girò verso Mickey, guardandolo con dispiacere.

 

“Ho come la sensazione di ricordare ciò che, con tutto me stesso, avrei voluto dimenticare.” Tagliò corto senza la paura di dire nuovamente troppe cose, troppe verità.

Lui era così, non lo sapeva, non lo ricordava ancora, ma sapeva che esagerare, dimostrare troppo era nella sua indole di buono, innocente e che fosse completamente e irrevocabilmente un’idiota.

Quando uscirono da quella casa, Mandy incrociò le braccia al petto e osservò il fratello per rimproverarlo.

 

“Che cazzo vuoi?” Ululò Mickey, asciugandosi velocemente le lacrime prepotenti che accennavano a voler uscir fuori dai suoi meravigliosi occhi.

 

“Certe volte mi lasci senza parole…” Farfugliò velocemente la sorella, osservando il bicchiere di vetro sopra il tavolo. “Altre invece mi dimostri soltanto quanto mio fratello sia una checca caga sotto!”

 

 

*

 

 

“È vero quello che dice Mickey? Che sono andato in guerra a causa sua?” Chiese Ian, dopo pochi passi fuori dalla casa Milkovich. Lip negò velocemente con la testa, ricacciando le mani all’interno delle tasche del giubbino.

 

“Hai sempre desiderato entrare nell’esercito, soltanto che…ti serviva una spinta!” Rispose il fratello, sorridendogli. Ian lo osservò accigliato, non credeva affatto a quelle parole. Erano uscite come una sorta di… rassicurazione. “Per lo meno mi hai detto così! Per me è sempre stata una fottutissima balla!” Continuò Lip, accentuando il sorriso sul suo volto bianco. Ian annuì e sorrise in risposta.

 

“Cosa puoi raccontarmi su di lui?” Chiese poco dopo Ian, alludendo a Mickey.

 

“Oltre al fatto che è un coglione?” Sbottò Lip. Ian rise e annuì lievemente. “Sì, oltre al fatto che è un coglione.”

 

“Vediamo… Il padre è un nazista perditempo e se ti chiedi dove arrivi la coglionaggine di Mickey, beh, basta guardare Terry”

Ian rabbrividì. Terry. Era quello che aveva rovinato tutto. Questo lo ricordava bene, ora.

 

“Mandy è il miracolo di quella casa, Mickey dovrebbe avere un po’ della sua tenacia…”

 

“Sei ancora innamorato di lei?” Chiese Ian, sorridendo sornione. Lip lo osservò con cipiglio.

 

“Pur non avendo la memoria, dici un sacco di cose a sproposito, seppur sensate” Rispose Lip, abbassando lo sguardo e riportandolo velocemente verso suo fratello. “Ma non ti ho detto ancora nulla su Mickey… Non so, Ian, sei tu ad avere la particolarità di vedere il meglio nelle persone. Sinceramente non so cosa vedevi in lui, so però che c’era qualcosa, perché altrimenti non c’avresti mai perso il tuo tempo!” Continuò subito dopo. Ian rimase a bocca aperta.

 

“Sei sempre stato così orgoglioso di me oppure la mia assenza ti ha aiutato a capirlo?” Disse con sarcasmo il rosso, mentre Lip gli dava una spallata in risposta. Risero per un po’, mentre entrambi si accendevano una Marlboro.

 

“L’unico problema di Mickey è l’essere cresciuto con le idee sbagliate. Era gay, ma il padre gli ha sempre detto che esserlo era sbagliato, che quelli che lo prendono in culo sono deboli e vanno picchiati. Forse, poi, quando aveva bisogno di una carezza riceveva una sprangata… Lui non sa essere come sei tu, Ian. Non sa dare il meglio di se stesso, ma soltanto il suo peggio. E dimostra ciò che, per gli altri, è giusto mostrare, mentre nasconde ciò che è, perché pensa che sia sbagliato. Tu non hai mai avuto problemi, se non inizialmente, a dimostrare che fossi gay. Lui non sa nemmeno accettarlo. E per questo motivo è un coglione.” Concluse Lip, mentre un Ian silenzioso lo ascoltava accondiscendente.

 

“Quindi tu pensi che ci sia di meglio lì fuori per me?” Farfugliò titubante Ian, inalando una boccata di fumo. Lip, invece, ricacciò l’aspirata dal naso e gettò lo sguardo sul viso del fratello ritrovato.

 

“Io penso che, prima, tu debba ritrovare la memoria e poi fare chiarezza. Senza scappare, questa volta. Anche perché non te lo lascerò più fare, fratellino. Non te lo permetterò, intesi?” Affermò, avvicinandosi al corpo di Ian per abbracciarlo sbrigativo, prima di riportarsi al suo posto.

Ian guardò il fratello e si illuminò, come il suo sorriso. Philip Gallagher, Lip. Iniziava a ricordarlo. Veramente questa volta.

 

“Sei tu che mi hai scoperto per primo, vero?” Farfugliò Ian, poco dopo, buttando ciò che restava della sua sigaretta a pochi passi da loro. Lip lo guardò con un sorriso melanconico, ricordandosi quel giorno così lontano.

 

“Sì, ho trovato una tua rivista… è stata dura anche per me, all’inizio!” Affermò, ricordando poi di averlo condotto da Karen per tentare di riportarlo sulla retta via. Sorrise, scompigliandosi i capelli con un gesto veloce della mano. Ian annuì.

 

“Sì, ricordo anche il pompino di… Karen” Affermò Ian, mentre pian piano i ricordi diventavano più nitidi.

 

“Oh, avrei voluto che quello non lo ricordassi!” Borbottò, ridendo. Lip si ritrovò felice, nonostante ciò che era appena accaduto in casa Milkovich, perché suo fratello stava tornando. Lentamente, ma stava facendo ritorno a casa.

 

 

*

 

Una settimana più tardi i ricordi avevano, quasi tutti, fatto ritorno nella mente di Ian Gallagher e le giornate aveva ripreso a correre con la quotidianità che, cinque mesi prima, aveva deciso di abbandonare.

Era stato un percorso difficile, soprattutto ricordare ciò che per lui era stato più doloroso affrontare e che, sarcasticamente, si era riportato a galla prima di ogni ricordo: Mickey.

L’ultimo ricordo che tornò a fargli visita fu il loro addio alla fermata dell’autobus; se di “Addio” si potesse parlare, visto che Mickey gli aveva detto di “Non farlo” e lui era salito sul mezzo, abbandonandolo senza aggiungere nemmeno una parola. Ma quello era stato l’ultimo ricordo, così come era stato anche l’ultimo incontro tra loro, nella successione degli eventi.

Il problema era che, avendo ritrovato se stesso e ogni ricordo, non aveva la più pallida idea di cosa fare. Ora sapeva. Sapeva che amava una persona che poi aveva abbandonato perché questa lo aveva scelto troppo tardi. E sapeva anche che Mickey era stato l’unico a restare ancorato nella sua mente, anche quando questa aveva subito un trauma.

Una bomba gli era scoppiata a un palmo dal culo e aveva, come ricordo di quell’avvenimento, una cicatrice sulla testa e la memoria perduta temporaneamente. In tutto questo, però, Mickey era rimasto ben saldo nella sua testa. Non se ne voleva andare a nessun costo, o semplicemente non voleva lasciarlo andare per nessun motivo, nemmeno un trauma come la perdita di memoria. Un miracolo, insomma.

Era assurdo se poi, nella realtà, Mickey era sempre stato l’unico a tirarsi indietro, a scappare, a non accettare nulla di loro, della loro relazione.

Ciò che non avrebbe voluto fare, però, era chiaro: Non voleva tornare a rivendicare. Perché Mickey era sposato e perché nonostante sapesse del suo ritorno, dopo quel pomeriggio insolito a casa Milkovich, non aveva avuto nessuna visita da parte sua e perché, fondamentalmente, voleva che fosse proprio Mickey a fare un passo, se c’era la possibilità di trovare una soluzione.

Quel passo che, Ian sapeva, non avrebbe mai fatto, ora che sapeva di riconoscerlo, ora che riusciva a ricordarlo pienamente.

Quel pomeriggio di giovedì era solo in casa, stranamente. Così quando sentì bussare alla porta andò svogliato a vedere chi fosse.

 

“Ciao smemorato! Ti ricordi di me?” Affermò Mandy, buttandosi velocemente tra le braccia del suo migliore amico. Ogni giorno la ragazza passava a trovarlo, ogni giorno Ian era contento di stringerla tra le sue braccia.

 

Quando Ian la fece entrare in casa, la scortò verso il divano con l’intenzione di guardare un film e stare tranquillamente avvolti in una coperta a non fare nulla di impegnativo. Mandy però sembrava titubante, ogni tanto gli gettava addosso sguardi carichi di qualcosa che non aveva il coraggio di dire.

 

“Avanti, dimmi quello che stai cercando di tirar fuori da quando sei arrivata!” Sbottò Ian dopo dieci minuti dall’inizio del film.

 

“Mickey ha sbattuto fuori casa sua moglie” Ammise dopo qualche secondo di esitazione. Lo stomaco di Ian fece una capriola involontaria, che il ragazzo giustificò con la scusa di aver mangiato troppo.

Perché non gli faceva nessun fottutissimo effetto sapere che Mickey aveva lasciato sua moglie. Nessunissimo effetto, perché comunque non era venuto a dirglielo in faccia.

 

“Quando?” Chiese, tentando di assumere un tono privo di espressione.

 

“Ieri notte. Terry era furibondo, gliene ha date di santa ragione, ma Mickey ha resistito…” Rispose Mandy, osservando lo schermo davanti a lei con un sorrisetto contento in volto.

 

“Sbaglio o sei orgogliosa di tuo fratello?” Chiese Ian, sorridendo sarcastico. Mandy gli diede una spallata in risposta, aggiungendo poi: “Non esageriamo, però… a te non dice niente tutto questo?” Chiese, osservando il migliore amico di sottecchi.

 

“Mh, no… cosa dovrebbe dirmi?” Mentì. In realtà qualcosa aveva smussato il muro che circondava i ricordi su Mickey, però sapeva anche che non era sufficiente. “Non è mica corso da me per dirmelo…” Continuò subito dopo, guardando la migliore amica con un sopracciglio alzato.

 

“Vorresti che lo facesse?” Domandò nuovamente Mandy, sorridendo a mezza bocca.

 

“Basta con l’interrogatorio, Mandy, guardiamo questo fottuto film”

 

Ovvio che avrebbe voluto che lo facesse, cazzo.

 

“Terry è finito in prigione” Sbottò dopo un quarto d’ora, facendo sussultare sul posto il ragazzo che ora lo guardava con gli occhi fuori dalle orbite.

 

“Sia lodato chiunque sia riuscito a farlo!” Ululò Lip, rincasando proprio nel momento più adatto.

 

 

*

 

Il suo matrimonio era stata una cazzata. L’aveva capito quando ogni mattina, svegliandosi, rivedeva gli occhi prepotenti del suo Gallagher che gli ricordavano quanto fosse gay e quanto desiderasse ancora che fossero posati sul suo corpo.

L’aveva capito guardando il corpo della moglie, desiderando che questo, magicamente, si trasformasse nel corpo statuario dell’uomo che era entrato dentro di lui, a volte delicatamente ma spesso con ferocia, facendogli perdere ogni volta il senso della ragione e conducendolo spesso verso le porte del loro paradiso, chiamato “orgasmo”.

L’aveva capito quando Lip lo aveva picchiato, dandogli la colpa della morte del fratello. L’aveva capito quando l’idea di non rivedere più il viso del suo Gallagher, il sorriso bonario, accentuato ogni volta che stavano per scopare, e di non poter toccare più il corpo, che riusciva a farlo eccitare come nient’altro ci riusciva, si era instaurato nella sua mente come un’ossessione.

L’aveva capito quando gli era stata concessa una seconda possibilità e si era ritrovato Ian davanti.

L’aveva capito quando Ian diceva di ricordarsi solamente di lui e di nessun altro.

L’aveva capito e basta. Sapeva che se doveva fare un passo verso di lui, doveva fare un passo indietro nella sua vita.

Perciò l’aveva cacciata di casa, la troia. E aveva accolto fiducioso tutte le sue conseguenze: le botte del padre, ma anche il sorriso della sorella che, alla scoperta di ciò che aveva fatto, lo aveva guardato per la prima volta con orgoglio. E gli era bastato per sapere che aveva fatto una cosa giusta, per una volta.

In un certo senso sapeva che, ora, poteva perdere un padre, che forse non aveva mai avuto veramente, ma in cambio otteneva qualcosa di più vero e onesto: riguadagnava una sorella, che era sempre stata lì, pronta a esserci a differenza di Terry.

Difatti la sorella aveva chiamato la polizia, in soccorso del fratello, e Terry era velocemente finito dietro le sbarre con l’accusa di violenza sui propri figli. E sarebbe rimasto dentro per un bel po’, grazie a Mandy.

E Mickey si era sentito libero per la prima volta. Libero di poter fare ciò che voleva da sempre: avere la possibilità di accettarsi ed essere chi realmente era.

Bisognava vedere se era capace a farlo, ma per quello c’era il tempo ad aiutarlo: prima o poi avrebbe imparato. Prima o poi sarebbe stato pronto per il suo Gallagher.

 

 

Mickey, quel pomeriggio, sentì bussare alla propria porta. Mandy era uscita da poco meno di un’ora, quindi immaginò fosse lei già di ritorno. Così, quando si alzò lentamente dal divano e si trascinò vicino alla porta d’ingresso tutto dolorante a causa dei lividi, non immaginò di ritrovarsi Ian Gallagher, con il respiro affannato, causato probabilmente da un’inspiegabile corsa fatta da casa sua fin lì, e lo sguardo felice.

 

“Cosa ci fai qui, Gallagher?” Boccheggiò dolorante Mickey, mentre nel suo stomaco era iniziata una festa. Fottute farfalle.

 

“M-mandy. Mi ha detto… Cosa? Hai fatto! Come stai… conciato?” Incespicò tutti i suoi pensieri in una frase che aveva poco a che fare con qualcosa di senso compiuto. Mickey accennò un sorriso, anche quello fece male.

 

“Ammaccato, come puoi notare. E la tua memoria?” Biascicò Mickey, facendosi da parte per farlo entrare. Ian accettò di buon grado l’invito e si fece spazio in quella casa sempre più disordinata. Si guardò attorno, prima di tornare a guardare il corpo malridotto di Mickey Milkovich, il quale aveva preso a fissarlo insistentemente. Alzò un sopracciglio chiedendosi perché lo guardasse in quel modo, prima di avvicinarsi a Mickey per aiutarlo ad arrivare fino al divano sano e salvo. Mickey glielo concesse, cosa che prima non avrebbe mai fatto, e si lasciò aiutare dal corpo atletico del ragazzo che, adesso poteva ammettere anche soltanto a se stesso, voleva a tutti i costi.

 

“È tornata” Affermò, quando lo lasciò sedere sul divano, accompagnandolo fino all’ultimo e soffiando quelle due parole a un palmo dal viso di Mickey. Si guardarono, studiandosi a vicenda: i loro sguardi incatenati l’uno in quello dell’altro, ammaliati, voluttuosi, indecifrabili.

 

“P-perciò hai sbattuto fuori tua moglie” Affermò dopo qualche secondo, sciogliendo il legame che aveva iniziato già a caricare l’aria di quella elettricità, che spesso li faceva finire l’uno dentro il corpo dell’altro.

 

“Già!” Rispose Mickey, mostrandogli la mano sinistra priva della fede nuziale. Ian sorrise contento, guardandosi intorno.

 

“E tuo padre è andato dietro le sbarre…” Continuò, puntando le sue iridi sul corpo malridotto di Mickey.

 

“Già…” Biascicò l’altro.

“Posso chiederti perché?” Chiese Ian, ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans.

 

“Perché mio padre è finito in galera? Non è palese?” Domandò Mickey, gli antidolorifici stavano facendo il loro effetto.

 

“No, perché hai mandato via tua moglie...” Sorrise Ian, indietreggiando e appoggiandosi appena sul tavolo e incrociando le braccia al petto.

L’altro aprì la bocca senza emettere però nessun suono. Se fosse stato il vecchio Mickey lo avrebbe azzittito con un “Fottiti” o qualcosa di vagamente simile a quella parolaccia, ma il nuovo Mickey, quello che era cambiato giusto un pochino, sapeva che, se voleva tenersi Ian vicino, doveva aprire bocca e dargli fiato nel modo corretto. Doveva parlare, dicendo la verità. Dicendo quello che, probabilmente, non avrebbe mai detto considerato com’era cresciuto, considerate le idee che gli avevano propinato fin da piccolo. Eppure sentiva che, per Ian, quello era un passo che andava fatto. Perché dopo averlo perso, non una ma bensì due volte, era giusto che, per farlo riavvicinare, lui dimostrasse qualcosa. Un piccolo spiraglio.

 

“Togliti dalla mente il pensiero che possa averlo fatto per te.” Lo sbeffeggiò, mentendo. Ian sorrise rammaricato, riconoscendo l’ironia nella voce dell’altro.

Era palese che l’avesse fatto per lui, ma non era questo il piccolo passo che Mickey doveva fare. Era altro ciò che doveva dire, ciò che doveva ammettere. “Forse perché sono irrimediabilmente gay? Cazzo, quella non riusciva proprio a farmelo venire duro!” Risero entrambi, dopo tanto qualcosa iniziava a farli riavvicinare.

E questa volta era stato proprio Mickey a ottenerlo. Non aveva rovinato niente, anzi, per una volta, aveva costruito qualcosa: quella risata.

Se ogni volta che faceva qualcosa di buono otteneva la risata del suo Gallagher, allora l’avrebbe fatto più spesso.

Sorrise, mordendosi il labbro, gesto che Ian non si lasciò sfuggire.

 

“Oh, no… Non farlo!” Sbottò, mentre Mickey alzava un cipiglio d’incomprensione. Cosa, questa volta, non doveva fare? “Il labbro…” Aggiunse Ian, indicando il movimento che i suoi denti stavano facendo a quel povero labbro. Poi socchiuse appena gli occhi, voleva essere lui, con la sua bocca, a torturare le labbra di Mickey. Era quella la verità. Mickey sorrise, sagace, intuendo che qualunque cosa stesse facendo, provocava una reazione – interessante – nell’altro.

 

“Non sapevo ti desse fastidio, Gallagher” Lo beffeggiò, mentre osservava il ragazzo avvicinarsi a lu,i come un felino pronto a mangiare la preda. Mickey rabbrividì per l’eccitazione che, ormai, girovagava per l’aria.

 

“Non mi dà fastidio, vorrei essere io a farlo” Farfugliò, sedendosi al fianco del ragazzo senza il coraggio di guardarlo negli occhi. Nuovamente Ian Gallagher aveva dato fiato ai suoi pensieri sconsiderati. Ogni tanto, lo sapeva, doveva rimanersene in silenzio. Invece era più forte di lui: le frasi uscivano incontrollate dalla sua bocca, senza filtro. Mickey abbozzò un sorriso, quella era una caratteristica del suo Gallagher che lo faceva impazzire. Se lui era quello controllato e che, spesso e volentieri, si rimangiava qualsiasi cosa carina uscisse dalla sua bocca, Ian era il suo contrario. E ammirava il suo essere spigliato, lui non ne era capace. E voleva imparare a farlo.

 

“Insegnami…” Aveva sussurrato a quel punto Mickey, afferrandolo per un braccio, con l’intenzione di farlo girare verso di lui. Ogni minimo gesto gli provocava delle fitte dolorose, però guardarlo negli occhi era un’ottima medicina. Ian alzò un cipiglio. “Cosa dovrei insegnarti?”

 

“A dire tutte le stronzate mielose che spesso escono fuori dalla tua bocca. Voglio… mh, farti sentire cosa cazzo si prova!” Boccheggiò, mentre con fatica si avvicinava al corpo di Ian, con un sorriso canzonatorio a dipingergli il volto ammaccato.

 

“E cosa provi? Imbarazzo?” Chiese Ian, guardando Mickey che gli si avvicinava a fatica. Era sul punto di picchiarlo? Ci sarebbe riuscito, soprattutto?

 

“No” Rispose, a pochi centimetri dal volto di Ian. “Felicità, idiota” Continuò, poco prima di accostare le sue labbra sulla bocca di Ian e baciarlo come aveva sempre voluto fare, anche quando affermava che gli facesse schifo e che se solo Ian ci avesse provato, lui gli avrebbe staccato la lingua a morsi. Ian sorrise sulle labbra dell'altro, prima di moderle come aveva desiderato fare.

 

E quello era solo un nuovo inizio. Una nuova occasione. Ian Gallagher era tornato in città da poco più di una settimana ed era già finito tra le gambe di Mickey Milkovich. Perciò non potevano farci nulla, loro, perché era nel loro gene.

Era il loro fottuto destino a volerli insieme.

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

Ah beh! Questa terza parte è voluta venir fuori così. A me non convince, però non ho nemmeno voglia di cambiarla perché, dentro di me, sapevo che sarebbe comunque uscita in questa maniera! Spero in ogni caso di non aver deluso nessuno e spero di ricevere tanti dei vostri pareri!

Confido nel fatto che presto tornerò con una nuova Gallavich – eh no, loro non mi stufano mai!

 

Un abbraccio,

DolceVenereDiRimmel

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shameless US / Vai alla pagina dell'autore: VenerediRimmel