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Autore: jade146    20/04/2013    5 recensioni
"Ah, amo questo lavoro!" esclamò estasiato Richard Castle sedendosi di peso sulla sedia di fronte alla scrivania della detective. Kate gli lanciò uno sguardo veloce e neutro prima di tornare sulle sue carte.
Non sopportando il disinteresse palesemente forzato della detective, Castle decise di aggiungere: "Ci dovrebbe essere più spesso questo movimento di giornalisti, qui dentro… soprattutto ora che ospitate una star"

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Una storia a capitoli che avrà come sfondo la morte di una giovane Jane Doe e in primo piano un Castle sempre pronto a stuzzicare la nostra detective Beckett.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stairway to Death

* Stay Shiny*

 
 
 
Richard Castle rimase seduto sul sedile del passeggero dell’auto di Beckett, mentre la detective partecipava ad una serie di conversazioni telefoniche che non sembravano in grado gratificare alcuna sua aspettativa. Appoggiata con naturalezza alla fiancata dell’auto, la figura della donna era segretamente contemplata dallo scrittore, ammaliato dall’armonioso ondeggiare dei suoi capelli al vento. Appoggiando il mento sulle mani, Castle si lasciò cullare dall’ovattato picchiettare delle dita di Beckett sul cofano della vettura.
Si trovavano parcheggiati sulla 1stAvenue e Castle poteva notare il grande viavai sul marciapiede alla sua destra con la coda dell’occhio. La detective batté improvvisamente le nocche sulla lamiera facendolo sobbalzare tanto da fargli sbattere la testa contro il tettuccio.
<< Ahi >> si massaggiò i capelli serrando gli occhi.
Meglio concentrarsi su qualcos’altro…
Ma risultava comunque difficile trovare qualcosa più interessante di Kate Beckett.
A parte il mio i-Phone.
Diede una veloce occhiata ai trends newyorkesi di Twitter. La maggior parte delle persone era eccitata per il prossimo concerto di Shania Twain, un’altra era intenta a parlare del proprio primo amore, un’ultima non faceva che nominare un certo Rooftop Boy.
Riguarderà qualche film che mi sono perso… commentò tra sé e sé.
 

#ilmioprimoamore ?
Una ragazzaccia dai capelli rossi.

 
Neanche lui sapeva quale delle sue conoscenze impersonasse la ragazzaccia dai capelli rossi. Meredith? Alexis?
O forse mia madre?
Sgranò gli occhi. Doveva assolutamente trovare qualcosa che lo distraesse senza farlo entrare in una serie di patetici monologhi incestuosi e raccapriccianti. Dopo tutto si trovava nell’auto di Beckett, quale luogo migliore per soddisfare le proprie curiosità?
Diamo inizio alle ricerche per i prossimi libri.
Prossimi libri? Richard si morse un labbro e fece un appunto mentale nel quale intimava a se stesso di rendere al più presto partecipe Kate riguardo al fatto che avesse firmato un contratto dove accettava di rendere il personaggio di Nikki Heat protagonista di una serie letteraria.
Non acconsentirà mai, pensò, iniziando a smanettare con il cassetto che aveva di fronte.
<< Siediti sulle mani, Castle >> lo ammonì Beckett dal finestrino aperto. Lui lasciò immediatamente il vano portaoggetti che aveva iniziato a perquisire e le rivolse un sorrisetto colpevole.
Poi si mise le mani sotto le cosce << Come volete >>
Kate socchiuse gli occhi e tornò al suo cellulare << Sì, sono ancora in linea, capitano… >>
Castle sbuffò e attese che la detective gli rivolgesse nuovamente le spalle per lanciare un’occhiata all’ombrato contenuto del vano portaoggetti che aveva lasciato deliberatamente aperto. Tra le tinte scure, gli sembrò d’intravedere una candida scritta in caratteri maiuscoli contrastare e risaltare in cima alla pila di cartelle e riviste che la donna teneva conservate in quello spazio.
Heat Wave.
Dio… da quando gliel’aveva regalato, moriva dalla voglia di sapere fin dove era arrivata a leggere.
Voleva conoscere le sue impressioni, necessitava del suo parere riguardo quell’alter-ego che lui stesso le aveva ricamato su carta. E magari, se la sua recensione fosse stata positiva, lo avrebbe addirittura autorizzato a scrivere i successivi - Cinque? Dieci? - capitoli della saga.
Anche perché… ci sarebbe comunque stata, una saga.
Troppo presto per lasciare che questa… magicamente-sexy detective esca dalla mia vita.
Furtivamente allungò una mano verso il libro tenendo d’occhio Beckett. Lo aprì in corrispondenza del segnalibro e lo ripose subito.
La sua memoria eidetica disse: << Nove >>
Castle sospirò. Kate non aveva ancora conosciuto le sue più oscure fantasie. Ma cosa pensava del resto?
<< Bene >> la portiera del guidatore si aprì << Ho sentito William, Ryan e il capitano Montgomery… sono esausta >>. Beckett indossò la cintura << Due ragazzi del gruppo di ricerca non rispondono all’appello >> mise in moto l’auto << Un certo Ludwig Stone ha superato il rito del fuoco senza mai accusare alcun particolare sintomo: niente ulcere, svenimenti… >> sterzò brutalmente e sgusciò in strada con uno sprint che fece ingoiare il cuore a Castle << Cose che invece hanno fatto ottenere alla nostra Zoey un lasciapassare dagli innumerevoli privilegi per accedere all’infermeria scolastica >>
<< Ecco da dove veniva quell’invidiabile interpretazione di Rossella O’Hara >> scherzò Richard mettendosi la cintura con urgenza.
<< Per giunta >> aggiunse Kate << Ho appena saputo da Montgomery che i signori Dunphy hanno fatto visita al distretto, poco fa. Ci ha parlato lui. Dicono che Jeremy non si sia presentato per la solita cena, ieri sera >>
Castle alzò le spalle << Magari gli era passata la fame dopo l’interrogatorio che ha avuto con te >> Kate gli rivolse una smorfia << Nessuno sarebbe in grado di sopravvivere ad una cena domenicale in famiglia dopo uno scontro frontale con la tua professionale faccia tosta. Si è chiuso lo stomaco anche a me >>
Sì, ma per ben altri motivi…
<< Uhm… Invece ho paura che centri qualcosa… intendo Jeremy. Nessuno lo ha più sentito da quando l’abbiamo rilasciato ieri mattina >> mugugnò Kate.
<< Be’… succede che le persone vicine alla vittima si sentano in colpa per la sua scomparsa… >>
<< Appunto! Ma in una circostanza particolare come questa, starebbe a significare che la morte di Allison sia avvenuta per puro caso… >>
Richard fece un grugnito contrariato e guardò il profilo accigliato della donna << Stai scherzando? Il caso? Non vorrai scadere nel triviale, spero >>
<< No, Castle, sto solo dicendo che quell’impianto avrebbe anche potuto incepparsi da solo e far morire Allison >>. Il suo tono non esprimeva la sicurezza che si era prevista << E come dici tu, Jeremy potrebbe essersi isolato per questo… perché crede sia morta per una sua svista >>
<< Non ci sto >> sbottò lo scrittore scuotendo la testa << C’è qualcosa sotto. Non può essere andata così >>
Kate gli lanciò un’occhiata veloce prima di svoltare e prendere la 72nd.
Castle non avrebbe mai permesso ad un solo caso di concludersi in assenza di diretti colpevoli. Lui conosceva la storia, vedeva il movente ed ipotizzava potenziali sospettati. Era dentro le vicende, e non esistevano fenomeni di cattiva sorte nel suo immaginario investigativo. Per questo Beckett era - saltuariamente - grata di averlo al proprio fianco.
<< Sbaglio o sembra che stiamo per imbatterci in una muraglia di auto? >>
Richard non sbagliava. Non ebbero neanche il tempo di percorrere cinquanta metri in completa scioltezza che già si ritrovarono bruscamente catapultati in un traffico inerte.
<< Perfetto >>. La detective batté una mano sul volante facendo vibrare il cruscotto. Si appoggiò con il gomito sulla portiera.
Quella confusione di macchine sembrava radicata a chilometri di distanza. Kate si slacciò la cintura e si sporse fuori dal finestrino per poter stimare le cause di quel blocco, ma l’unica anomalia che riuscì ad individuare fu il timido trafficare di auto nella corsia opposta.
Facendo leva con una mano sul tettuccio, sedette sulla portiera regalandosi una visone a trecentosessanta gradi della via.
Dietro di loro iniziavano ad accumularsi nuove auto e alcuni guidatori impazienti scaricavano le proprie seccature premendo con insistenza sui fastidiosi clacson.
Coprendosi un orecchio si voltò ed aguzzò la vista fino a scorgere una piccola folla radunata sotto uno dei palazzi in mattoni che affiancava una steak house che conosceva fin troppo bene. Ebbe un conato al solo pensiero dell’abuso di panna acida che avveniva in quel locale.
Alle sue spalle un uomo uscì parzialmente dalla propria Buick LeSabre << Hey, dolcezza, si vede qualcosa? >>
Kate si voltò lentamente. Quel tipo aveva l’aria da sbruffone, con il cipiglio tatuato in faccia e l’aspetto di un gangster malfamato uscito da Vice City. Con tanto di bandana e giacca militare - fantasia in voga più tra quelli che mortificavano lo Stato che tra coloro che lo servivano.
<< Nulla >> rispose lei. L’epiteto che le aveva affibbiato come fosse una di quelle che battono la strada le fece alzare la guardia, ma decise di non perdere le buone maniere.
<< Uhm… Bel culo, comunque >>
A quel punto alzò un sopracciglio e gli mostrò il distintivo << Hai altro da aggiungere? >>
Lo straniero fece un cenno del capo e senza replicare tornò sul suo sedile. Anche Beckett rientrò nella Crown Victoria, ma con l’elegante stile di un agente segreto che s’intrufola nel condotto d’areazione di turno.
<< Sembra che… >> non ebbe il tempo d’aggiornare adeguatamente Castle che lui si volatilizzò sbattendo lo sportello con forza. Kate rimase attonita al suo posto.
<< Chi ti da il permesso di parlarle in quel modo, eh? Esci fuori! >>
La detective alzò gli occhi al cielo << Dannazione >>
Uscì velocemente in strada e vide Castle afferrare quell’uomo per la giacca a vento militare.
Gliel’aveva lasciato fare. Quel genere di persone permetteva a malapena di farsi intimidire da una guardia… figuriamoci da uno scrittore. Ed il fatto che Richard si trovasse a pochi centimetri da un soggetto simile, fece entrare la detective in un acuto stato d’allerta.
Tendendo i pugni - in una mossa prevedibile a chiunque si esercitasse in un’arte combattiva - l’uomo si liberò della presa di Castle e lo spinse con violenza nel mezzo della corsia opposta.
Nonostante la consapevolezza dell’assenza di traffico da quella parte della carreggiata, Kate ebbe un tremendo tuffo al cuore che la spinse a trovare un modo per prendere il controllo della situazione.
Tentò così di avvicinarsi al partner per pregarlo di tornare il macchina, ma Richard si trasformò in una furia e caricò l’uomo come un toro.
<< Castle! >> lo richiamò, sperando di riuscire a raggiungerlo prima che lo colpisse. Ma non fu abbastanza veloce. La schiena del gangster da videogioco scontrò contro la fiancata dell’attempata Buick LeSabre, la quale oscillò pericolosamente.
<< Riprovaci e io ti ammazzo! >>
Kate non aveva idea da chi fosse uscito quel ruggito spaventoso, ma decise di porre fine a quella colluttazione che in poco tempo aveva fatto incuriosire e radunare fin troppa gente.
<< Castle, smettila >> disse con fermezza allo scrittore, prendendolo per le spalle e separandolo da quello sconosciuto << Può bastare >>
Il respiro di Richard continuava a spigionare rabbia e c’era qualcosa di violento, nel suo volto, che quasi la spaventò. I muscoli delle sue braccia guizzavano sotto la presa di lei.
<< Torna subito in macchina >> sillabò in un sussurrò.
Castle non se lo fece ripetere e trovò la sua strada solo dopo aver fulminato un’ultima volta l’uomo che gli aveva fatto perdere le staffe.
<< Polizia di New York, è tutto a posto, tornate nelle vostre auto >>
Un brusio di sollievo si sollevò tra la folla.
<< Si sa qualcosa su questo traffico? >> chiese una donna, approfittando della sua presenza.
<< Mi dispiace, ma non so proprio cosa dirle… >>
Altri ipotizzarono incidenti e lavori in corso finché un ragazzo si fece avanti, con gli occhi incollati al proprio smartphone << Su Twitter si parla di un certo Rooftop Boy… e l’hashtag l’hanno utilizzata anche dei miei amici che in questo momento mi stanno aspettando al Charles’ Grill >>
Kate si voltò di scatto verso di lui << Charles’ Grill è la steak house che una volta si chiamava Sour Cream? >>
<< Sì, è quella >> rispose una signora annuendo a braccia conserte.
<< Ci sono delle immagini? >> domandò Beckett al ragazzo con il cellulare.
Lui le mostrò una foto amatoriale sulla quale si distingueva a stento un’ombra sul ballatoio del palazzo in mattonato rosso il quale si riusciva a scorgere da lì. Kate ringraziò il giovane e con un cenno salutò la folla, tornando nella sua auto civetta.
 
Scusarsi per aver reagito come un violento psicotico - e rompere quello stramaledetto silenzio - o continuare con la recita: sono-troppo-incazzato-per-parlare?
Beckett non sembrava in vena di tirar fuori l’argomento, e da quando aveva sabotato il suo pretenzioso tentativo di sbriciolare la spina dorsale di quel porco contro una vecchia Buick LeSabre, non lo aveva neanche degnato di un solo sguardo. E fu quel suo comportamento a far prendere in considerazione allo scrittore la possibilità di chiarire le proprie azioni scusandosi.
La detective aveva imboccato contromano la corsia che tornava verso la 1stAve accendendo le luci della sirena.
In poco tempo raggiunsero un’animata folla di persone intenta a fissare un punto indistinto sopra le loro teste.
<< Tu resta qui >> disse Kate uscendo dall’auto.
Castle si prese la testa tra le mani, accorgendosi solo in quel momento che gli tremavano in maniera indecente. Le posò sulle ginocchia, osservando con attenzione il loro essere irrequiete e… forti. Stringendo i pugni poteva sentir scorrere tra le sue dita la furia di un pazzo.
Chiuse gli occhi e un lampo gli attraversò la mente mostrandogli il volto tumefatto dell’uomo che aveva aggredito.
Era davvero quello il livello di accanimento - di disprezzo - che l’infelice uscita di un estraneo era riuscita a fargli raggiungere? In fondo avrebbe potuto essere soltanto un genere alternativo di apprezzamento, o… No. Non era un apprezzamento. Era la spregevole mente di un pervertito che si apriva attraverso una battuta di pessima qualità.
Ma erano pur sempre parole… Perché rispondere con la violenza?
Castle si passò una mano tra i capelli, controllando il tremore e spostando lo sguardo sulla detective che aveva iniziato una seria discussione con un poliziotto della stradale.
Mancando alla promessa di restare in auto, Castle uscì in strada e seguì l’esempio della folla scoprendo l’oggetto del loro interesse.
<< Oh, Cristo… >> esalò.
Non ha a che vedere con alcun film.
Prese velocemente il suo i-Phone e tornò sulla Home di Twitter. Poi si guardò intorno. Chi non guardava in alto trafficava con il proprio cellulare ed i messaggi riguardanti il Rooftop Boy aumentavano a dismisura. Ma perché tutti continuavano a tweettare invece di organizzarsi per dare una mano a quel ragazzo nel senso tangibile della frase?
Rivolse nuovamente il suo sguardo in alto. In fondo, quella sembrava proprio la sua giornata delle cazzate.
Bene, cominciamo!
Come evitare che un giovane - in bilico sul loggiato di un palazzo - decida di porre fine alla sua vita?
Con la comunicazione. Conoscendolo e mostrandogli il lato positivo.
Sì, ma di cosa?
Questo non importava. O almeno, non ancora.
 

C’è qualcuno che sappia dirmi il nome
di questo #rooftopBoy ?

 
Attese.
Vide qualche soggetto voltarsi ed ispezionare la folla in cerca del famoso scrittore che invece di lanciare messaggi di conforto al ragazzo, si preoccupa di saperne il nome.
 

“@WriteRCastle: C’è qualcuno che sappia dirmi il nome
di questo #rooftopBoy ?”
Non è Clark Kent.

 
Le rivelazioni del secolo, commentò, leggermente infastidito.
 

“@WriteRCastle: C’è qualcuno che sappia dirmi il nome
di questo #rooftopBoy ?”
Dove sei? Sulla 72nd?

 
Richard prese gli occhiali da sole nella tasca interna della sua giacca e li inforcò.
 

“@WriteRCastle: C’è qualcuno che sappia dirmi il nome
di questo #rooftopBoy ?”
Qualcuno dice Jeremy Dunphy. Non lo so…

 
Guardò in alto.
Tornò sul suo i-Phone.
Guardò in alto, notando una nuova prospettiva.
<< Cazzo >>
Alle sue spalle, Beckett aveva finito di parlare con il poliziotto e stava tornando indietro alla sua auto.
Castle fece una smorfia prima di darsi del completo idiota e partire di corsa verso l’entrata dell’edificio. Se Jeremy Dunphy si fosse ucciso essendo colpevole, lui e il distretto avrebbero chiuso il caso e puntato tutto sul suo gesto estremo, vincendo con facilità. Se invece si fosse ucciso per un errore di calcolo, nel pieno della sua disgraziata innocenza, lui e il distretto non l’avrebbero mai saputo, ed una volta reputato Jeremy colpevole per evidenza, avrebbero fatto prendere all’indagine la via sbagliata del bivio “Giustizia/Ingiustizia”.
E l’unico modo per capire in quale delle due categorie rientrava il loro Jeremy Dunphy, era parlarci - il che rientrava anche nel primo passo verso l’impedimento di un suicidio.
Così, fiondatosi nell’ascensore, Richard premette il bottone che l’avrebbe portato su tetto dell’edificio,senza dar troppo peso alle imprecazioni del portiere che tentò di arrestare la sua corsa, al quale invece gridò << Polizia di New York! >>
Solo una volta trovatosi in cima, Castle iniziò a percepire un certo senso d’angoscia. Quel era la tecnica per attaccare bottone con un futuro suicida? E se il suo improvviso apparire lo potesse spaventare e magari far cadere involontariamente?
Santo cielo.
Perché andava ad impelagarsi in quelle maledettissime situazioni?
Era comunque troppo tardi per i ripensamenti, e chiudendo per un istante la sua mente, si diresse verso il ballatoio.
 
<< E quello chi è? >>
Beckett camminava avanti e indietro mordendosi le unghie, quando il poliziotto del Sedicesimo la spinse a guardare nuovamente verso l’alto.
Ti prego, fa che non sia…
Castle? Era inutile pregare; perché sarebbe entrato con tanta urgenza nella hall di quel palazzo, altrimenti?
Speravo per andare in bagno.
Sospirò pesantemente, puntando un tacco nell’asfalto.
La folla portò il volume del proprio chiacchierare ad un nuovo livello, e l’interesse cresceva a suon di supposizioni: << … Ma chi è?... Finalmente qualcuno si decide a tirarlo giùSono arrivati i Rescue Heroes, per fortuna... Non è Clark Kent…  Sembra un uomo affascinante… >>
Kate disse al poliziotto di non ricorrere più al megafono, ma di attendere che il suo partner finisse il suo lavoro.
Neanche lei riusciva a credere di aver lasciato piazza pulita a Castle.
Qualche curioso si metteva lì ad ascoltarli, e sentire che lì sopra c’era un professionista fece tranquillizzare un po’ di gente.
<< Quello è il suo partner? >> domandò incredulo il poliziotto, sistemandosi il cappello << Davvero? >>
Beckett annuì << Sì. Richard Castle >>
 
<< Jeremy? >>
Il ragazzo sussultò facendo fermare il cuore di Castle. Già se lo immaginava steso sul marciapiede.
<< Signor Castle…? >> biascicò.
Richard annuì, e attese che la vista tornasse a focalizzare la realtà - in quel momento resa sfocata dall’agitazione.
Jeremy stava seduto sul muretto del tetto, con i piedi a penzoloni sulla 72nd.
Fingendo un atteggiamento disinvolto, Castle si appoggiò con i gomiti accanto alla seduta del giovane e lanciò un’occhiata verso la strada. In realtà stava soltanto cercando un appiglio abbastanza stabile per evitare che il giramento di testa lo facesse svenire lì, su due piedi.
<< Sembra molto alto… questo palazzo >>
Se fosse stato basso non l’avrebbe scelto come trampolino di lancio!
Il lato positivo, Castle. Il lato positivo.
<< Da qui fa impressione >>
Richard notò come quella punta di eterna incertezza che aveva notato nel tono di Jeremy durante gli interrogatori fosse sparita.
<< Ti prendo in parola >> scherzò.
Il ragazzo sorrise e posò i palmi sul granito freddo sul quale era seduto. Avanzò impercettibilmente verso il vuoto.
Richard deglutì.
<< Sono un pazzo >> gli disse Jeremy, puntando i suoi occhi castani in quelli dello scrittore.
Castle riuscì a sostenere quello sguardo rassegnato per poco, poi guardò verso New York.
<< I pazzi non provano rimorso neanche per quello che hanno commesso, figurati per quello di cui non sono colpevoli >>
<< E lei come fa a sapere che non sono colpevole? >>
Serrò gli occhi e si prese del tempo.
<< Volevi bene ad Allison >> disse << E sono sicuro che tu abbia accertato il funzionamento del tuo impianto almeno cento volte prima di permettere che da quello dipendesse la sua vita >>
Jeremy scosse la testa e alzò lo sguardo, seguendo una nuvola << Resta il fatto che io sia un pazzo, signor Castle. Quale persona sana di mente accetterebbe mai di far parte di un gruppo come il Rho Chi dopo aver compreso il prezzo che deve pagare? >> sbuffò sonoramente e aggiunse con disprezzo: << Selezione intellettuale. Tutti ne parlavano ma nessuno aveva idea in che cosa realmente consistesse >>
Un altro centimetro verso il vuoto.
<< Ludwig Stone >> buttò lì Castle. Prima che sia lui, quello a buttarsi << E’ lui il primo del gruppo, vero? >>
Senza esitare, Jeremy sputò un << Sì >> carico di risentimento.
<< Perché ha permesso ad Allison di fare il rito d’iniziazione? >> domandò allora Richard, cercando di non far sembrare troppo quella conversazione un interrogatorio.
<< Perché era… una bella ragazza >> la voce gli si ruppe sul’ultima sillaba. Chinò il capo per nascondere il suo sguardo allo scrittore, ma Castle sapeva che gli occhi del ragazzo erano appena stati raggiunti dalle lacrime che cercava di reprimere da quando era stato nominato il nome di Allison la prima volta nella discussione.
<< E lui voleva soltanto… prendersela, non è così? >>
Jeremy annuì sommessamente.
Richard si morse un labbro. Quasi comprendeva il disgusto che provava Jeremy per quel Ludwig.
<< Quel che mi dà più fastidio… >> disse a denti stretti il ragazzo << … è che ha già una ragazza, ma non gli bastava. Deve sempre conoscere gli estremi delle situazioni >>
Lasciarono cadere il silenzio per un po’. Richard si godette la vista plumbea della sua città.
Il vento investiva i loro volti rendendo ogni attimo degno di essere vissuto - ed inoltre andava contro la direzione che in quel momento Jeremy prediligeva, facendo sentire Castle leggermente più sereno.
<< Allora torniamo… giù e troviamo l’assassino >> suggerì Richard << Non vale la pena far di quella strada la propria tomba… Perché proprio sulla 72nd? >>
Jeremy alzò le spalle, battendo i piedi sul muretto.
<< Ha a che vedere con un elemento della tavola periodica? O una data? >>
<< Nah. Volevo solo far passare la fame ai clienti del Charles’ Grill >>
Castle rise << Oh, be’… Ci puoi scommettere! >>
Quel ragazzo aveva uno strano senso dell’umorismo.
Poi corrugò la fronte arrestando le risa. Macabro…
 
<< Detective, è sicura che quell’uomo sia il suo partner? >>
Kate alzò lo sguardo verso il palazzo. Un altro paio di gambe ciondolavano nel vuoto.
<< Posso ripensarci e rispondere di no? >>
Il poliziotto la guardò facendo spallucce << Credo sia il caso di farli scendere in qualche modo. Potremmo prendere il ragazzo dalle spalle e caricarlo di peso giù dall’edificio… >>
Beckett aggrottò le sopracciglia << Non è una buona idea >> sbuffò << Questo non ci assicura che non tenterà di nuovo di farlo >>
<< E a noi cosa importa? >>
Quella frase la lasciò a bocca aperta.
Per quanti anni sarebbe stata sospesa dal lavoro se avesse iniziato in quel preciso istante a picchiare quell’uomo?
<< Li raggiungo >> annunciò, aprendo la giacca e accarezzando il calcio della Sig.
<< Spero non abbia ricevuto lo stesso addestramento del suo amico >> si augurò il poliziotto.
Lei lo ignorò e si diresse verso il portone in ottone del palazzo. Non appena entrata nell’atrio, fu bruscamente trattenuta da un << Hey, hey, hey! >> del portiere.
<< Polizia di New York, devo… >>
<< Sì, certo, la polizia! >> la schernì l’uomo, interrompendola. Il suo tono urtò non poco la detective << C’era una svendita di titoli? Non ci credo, non posso lasciarla passare >>
Ma che stava succedendo al mondo?
<< Glielo ripeto più lentamente, in modo che riesca a capirmi: >> Beckett tirò fuori il distintivo << Detective Beckett, della Omicidi… >>
<< Omicidi?! >> sbottò il portiere, strabuzzando gli occhi << C’è stato un omicidio? >>
Kate scosse la testa e sventolò una mano nell’intento di scacciare via l’incompetenza da quell’uomo << No… Cristo, ma dove vive? >>
Per non perdere altro tempo, la detective snobbò le proteste e i dubbi del portiere voltandosi velocemente e camminando a passo svelto nell’ascensore. Dove aveva la testa quell’uomo? Non sapeva neanche che sul palazzo sotto sua custodia un giovane stava tentando di togliersi la vita.
 
La risata di Jeremy risuonò limpida nell’aria.
Era veramente un contesto strano in cui ridere. Si trovavano entrambi seduti su un freddo ballatoio in granito, al ventesimo piano di un palazzo. Rooftop Boys.
Castle aveva esaurito le battute e non sapeva più come mantenere nel ragazzo quel pizzico di vitalità che magari sarebbe stato capace di tenerlo ancorato alla realtà ancora per un po’.
Riuscì soltanto a prendere un grande respiro << Non ti fa sentire vivo? >>
Jeremy corrugò la fronte, ancora con il sorriso a curvargli le labbra << Che cosa? >>
Richard alzò le spalle e con una mano tracciò l’orizzonte come se stesse accarezzando la brezza di fine inverno << Questo panorama, questa città… Il freddo che penetra gli abiti, la pelle… >>
<< Sa… E’ gentile, da parte sua, tentare di porre rimedio a… >> guardò i lacci delle proprie scarpe sospese a più di ottanta metri d’altezza << … quello che stavo per fare >>
“Stavo”?
Castle tirò un profondo sospiro di sollievo e guardò il ragazzo negli occhi, pronto ad accompagnarlo in un luogo sicuro.
<< Su. Andiamo >> disse tranquillamente, ma quando afferrò il braccio di Jeremy per voltarsi e scendere da quel muretto spaventoso, il giovane oppose una leggera resistenza che fece quasi scoppiare il cuore allo scrittore.
<< Mi dispiace >> soffiò Jeremy << Ma sarò l’unico ad andare >>
 
La porta che dava sul terrazzo dell’edificio aveva la maniglia dispettosamente incastrata e stava facendo dannare Beckett.
<< Apriti… stronza… >>
Era di ferro, e ad ogni colpo questa rispondeva rilasciando un sinistro eco lungo la silenziosa tromba delle scale che faceva rabbrividire la detective.
Proprio quando decise di prendere un’altra scala, per evitare di rendere il tutto ancora più seccante, il suo udito fu sferzato dall’urlo disperato di un uomo. Il timbro graffiante di quella voce le fece accapponare la pelle, ma la cosa in grado di terrorizzarla come non mai fu la consapevolezza che quell’urlo dal suono tremendamente vicino potesse provenire solo da due persone.
Castle.
Be’… anche la consapevolezza aveva le sue priorità.
E così - senza averci pensato troppo - Beckett si ritrovò a caricare la porta con una spalla fino a quando non perse l’equilibrio nel tentare di colpire il vuoto lasciato dalla libera entrata sul tetto del palazzo.
<< Castle >> sussurrò con il cuore in gola, la voce rotta e le ginocchia tremanti.
Si voltò verso destra e scrutò il ballatoio senza riuscire a vedere nulla.
Lì avrebbe dovuto esserci Castle seduto come un cretino accanto ad uno sconosciuto che aveva intenzione di buttarsi di sotto.
Con l’andatura di una squillo ubriaca, Kate avanzò. Fastidiose pulsazioni al cervello si prendevano gioco della sua vista che alternava momenti di accecante lucidità ad altri di estrema confusione, facendole accusare un forte senso di nausea. Come se non bastasse, a farle scoppiare la testa si aggiunse anche un insopportabile fischio acuto che mise duramente alla prova i limiti di sopportazione della detective.
<< Castle! >> ripeté.
Ma erano davvero udibili quei suoi richiami? Lei stessa non riusciva a percepirli neanche attraverso la vibrazione delle proprie corde vocali.
Che cosa succedeva a Castle, quel giorno? Perché aveva tutta quella pulsione eroica nelle vene?
Rispondi… rispondi…
<< CASTLE! >>
Questa volta sarebbe stato impossibile anche ai suoi colleghi del distretto non sentirla.
Gradualmente, insieme all’udito, tornarono la sensibilità agli arti (con tanto di spalla dolorante) e la vista fece del suo meglio per rendere Kate del tutto consapevole del proprio corpo in funzione dello spazio. Così, una volta ritrovata una sorta di lucidità, Beckett puntò saldamente i palmi sul granito del ballatoio e spinse il suo sguardo nel vuoto.
Non dovrebbe essere qui, aggrappato al cornicione o qualcosa?
Si sporse di più.
Non poteva neanche immaginare un finale alternativo in cui lui non era fisicamente presente.
Con il ventre premuto sul muretto ed i piedi sospesi da terra, Kate riuscì a distinguere la folla sulla 72nd, ma niente più. Per un momento credé quasi di essere incline al lasciarsi andare dallo sconforto.
Non c’era anima viva su quel maledetto ballatoio e nessuno, per tutta la sua lunghezza, era lì, aggrappato allo stremo delle forze, pronto per essere salvato dalla detective.
Dove sei…?
Lo aveva chiaramente visto seduto sul tetto dell’edificio e dopo quell’urlo spaventoso sentito prima di sfondare la porta, Kate non poté che credere il resoconto logicamente consequenziale terribilmente probabile.
 
<< Whoa, oh! >>
Clayton Jonson, dopo aver tirato su dal ballatoio il corpo svenuto del suo giovane allievo, tutto si sarebbe aspettato di voltarsi e vedere, su quello stesso punto, eccetto che una donna sporgersi tanto da sembrare già pronta a spiccare il volo.
<< Hey, tu! >> lasciò il suo vecchio amico Richard seduto a terra dietro lo sbocco del condotto d’areazione insieme a Jeremy. Lo scrittore neanche si accorse del tono dall’arme di Clayton tanto era stato scombussolato dal panico che l’aveva travolto quando aveva visto quasi scivolare dalle proprie mani la vita del giovane Dunphy.
Clayton raggiunse la vittima di turno e con impazienza e poco garbo l’afferrò per i fianchi e la strinse in un forte presa indissolubile per paura che si ribellasse ed agisse d’impulso.
<< Ma vi siete dati appuntamento? >> ironizzò l’insegnante notando la bellezza della donna.
Dove c’era Richard Castle c’erano belle donne… si materializzavano nei suoi paraggi.
<< Ora può anche lasciarmi >> disse lei prendendogli i polsi e sciogliendo la morsa. Si voltò, massaggiandosi i fianchi << Non mi stavo buttando, comunque… Sto cercando… >>
Ma Clayton ormai non l’ascoltava più, era troppo concentrato nello sfogliare gli archivi della propria mente e collegare quel bel volto ad un nome, un appellativo…
<< Detective Beckett? >>
 
 
Era l’alba quando Kate aprì lentamente gli occhi rivolti verso il soffitto della sua camera da letto.
Non era uno di quei risvegli in cui ti devi interrogare su ciò che è successo il giorno prima, perché il giorno prima, la detective, non aveva fatto assolutamente niente. Nulla. Nisba.
Arrivata al distretto dopo aver scortato Jeremy Dunphy dai suoi genitori, Kate si piazzò davanti alla Interrogatori 2 per potersi divertire a mettere in difficoltà il giovane Ludwig Stone - il quale lei personalmente aveva visto attraversare il piano con un certo cipiglio diffidente che l’aveva urtata non poco. Ma proprio quando stava per affondare la mano sulla maniglia, la stretta possente del caporale Montgomery stemperò la sua eccitazione e la fece voltare confusa.
<< Capitano…? >>
<< Kate, va a casa >>
Di nuovo?
Non era invalida. Non era incinta. Non era… Pronta?
<< Signore, non capisco… Sono assolutamente pronta ad affrontare un interrogatorio >>
Il solito sorriso fiducioso che spuntava sulle labbra di Montgomery ogni qualvolta la donna si giustificava in una simile maniera, non apparve.
<< Mi dispiace >>
E dal tono della sua voce Kate capì di non poter aggiungere nulla a quella conversazione. Ryan comparve alle spalle del capitano e lei non poté che abbassare il capo e far entrare il collega nella Interrogatori 2.
Scoprire poi che la causa di quell’allontanamento era stato un avvertimento espresso da Clayton Jonson riguardo la scena sul ballatoio dell’edificio in mattoni rossi della 72nd, fece ribollire Kate di rabbia.
Le mancava solo passare per la suicida.
Sospirò pesantemente e scostò le coperte da un lato. Quando alzandosi abbandonò il calore del letto, il senso di freddo che percepì sulla pelle le fece tornare in mente lo sguardo spaventoso che aveva visto sul volto di Castle il giorno precedente. Non si era chiesta ancora cosa gli fosse successo, cosa avesse fatto scattare in lui quella follia, ma preferì comunque non indagare, tanto sconvolgente era stato vederlo in quello stato. Per non parlare, poi, della sua performance da imperfetto equilibrista a ottanta metri d’altezza…
Era stata decisamente una giornata da dimenticare.
 
<< Champagne? >>
La voce vellutata di Gina fece voltare Castle. La sua ex moglie gli sorrise porgendogli un bicchiere. Lo scrittore non poté non notare come quella donna tenesse al suo look persino quando si trovava dietro le quinte.
<< Preferisco lasciarlo ai futuri lettori di Heat Wave >>
<< E perché? Questa tua nuova creazione è apprezzabile solo quando non si è lucidi? >>
Richard rise ed arcuò un sopracciglio assumendo un’espressione machiavellica << In realtà… speravo che magari, con tanto champagne nei dintorni, gli invitati si sarebbero interessati più a riempirsi i calici che a congratularsi con me, così io avrei potuto... >> … sgattaiolare con Kate sulla terrazza, ammirare le stelle e… trovare la giusta distrazione dalle inutili stelle…
La sua mente aveva letteralmente preso il volo, alla scoperta di nuovi pianeti e sensazioni. Ma era veramente il caso di rendere Gina partecipe delle proprie fantasie?
<< … prendermi sottobraccio >> la donna dai lucenti capelli biondi lo risvegliò incastrando la propria mano tra il gomito e il fianco di Richard << e portarmi nella suite 1607 >> sfoderò una tessera magnetica e la infilò nel taschino della sua giacca << Non dimenticarla quando cambierai blazer, questa sera >>
Castle guardò la tessera allucinato. Addio terrazza… ormai non aveva via di scampo.
La terrazza…
Ma probabilmente ad un’ipotetica scappatella con la detective Beckett non ci sarebbe comunque arrivato neanche se Gina fosse stata in grado di tenere per sé tutta quella pulsione erotica che covava nei suoi confronti.
Ricordava bene ciò che aveva fatto il giorno prima, e ricordava di come Kate, dopo avergli intimato di restare in macchina quando si trovavano sulla 72nd - cosa che lui non eseguì propriamente alla lettera -, non gli avesse più rivolto verbo.
Che si sia arrabbiata con me…?
No, Castle. Era proprio entusiasta di vederti prendere a pugni uno sconosciuto e di percepire la paura più nera scoprendo il tuo folle tentativo di salvare Jeremy Dunphy dal suicidio sedendoti in bilico tra il ventesimo piano di un palazzo e il marciapiede della 72nd.
Argh! Lo sapevo…
<< Era da tempo che non ci si vedeva di persona, Rick >> salutò finalmente Gina che, mantenendo salda la mano sul braccio dello scrittore, lo scortò in giro per la grande sala che il Plaza aveva messo a loro disposizione - solo dopo aver incassato l’assegno firmato Richard Castle.
Erano anni, ormai, che Richard non si faceva più impressionare dalla maestosità di quel luogo che - dopo tutti gli eventi lì tenuti a cui aveva partecipato - iniziava a diventare una meta ordinaria, e non più speciale come una volta.
L’importante è che risulti speciale ai compratori, aveva detto il suo agente poco tempo prima, quando l’argomento era saltato fuori in una discussione. A quell’affermazione Richard sorrise a malincuore iniziando a credere di essere entrato in una fase della sua carriera - e della sua vita - in cui neanche l’apparizione di un unicorno alato avrebbe potuto lasciarlo a bocca aperta, senza parole.
Sospirò alzando lo sguardo sui sontuosi lampadari in cristalli Swarovski che dominavano il candido soffitto dalle eleganti bordature dorate.
Dov’è la magia?
<< Non trovi che l’atmosfera sia magica, qui? >> commentò improvvisamente Gina, in cerca della giusta dose di riconoscimenti.
<< Oh, certamente >> rispose così Richard, annuendo << Stavo proprio pensando a questo >>
Si voltò incontrando lo sguardo giulivo di Gina e le sorrise, nel pieno della menzogna.
<< Davvero, complimenti >> aggiunse.
La donna finse modestia sventolando una mano << Non è nulla >> minimizzò, allentando la presa sul braccio di Richard e allontanandosi leggermente << C’è ancora un sacco di roba da sistemare, ma per stasera prometto che sarà tutto perfetto >>
Non ne dubito…
  
 

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Buonasera!
Dopo due settimane di compiti in classe ed una di camposcuola (nel quale però ho potuto assistere al promo viennese di Castle XP), riesco finalmente ad aggiornare! Spero possiate perdonare questo vergognoso ritardo, me ne scuso… Sarà poi valsa la pena, aspettare?
Be’, questo lo lascio decidere a voi (magari fatemelo sapere con una recensione ;) quelle sono sempre gradite)
Un sentito grazie a coloro che seguono la storia e alla mia βeta (nonostante non sia riuscita a farle leggere l’intero capitolo decentemente).
Alla prossima!
 
- jade146
 
   
 
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