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Autore: rosaleona    20/04/2013    4 recensioni
- Ma tu non dormi mai? E' pieno giorno, a quest'ora i vampiri dovrebbero riposare nelle bare! -
- Master, ho dormito per vent'anni. Come posso avere sonno, dopo essermi riposato per così tanto tempo? Sono pieno di energia e sento il bisogno di sfogarla. Giocare con Richard e i suoi uomini non mi è bastato, ho bisogno di molta più azione. Finchè non avrò scaricato tutta l'adrenalina accumulata in due decenni di letargo, non mi sentirò stanco, nè desidererò dormire. -
Negli anni successivi, ogni volta che Integra ripensava a quella conversazione, un sorriso le increspava il volto.
"Mi aveva avvertita. A modo suo, mi aveva spiegato cos'avrei dovuto attendermi di lì a pochi giorni" diceva a se stessa Sir Hellsing.
Ma la ragazzina di dodici anni che sedeva di fronte ad Alucard non poteva capire fino in fondo le parole di un individuo che conosceva appena. Non poteva sapere che il vampiro stava solo mordendo il freno, nell'attesa che la nuova Sir Hellsing si riprendesse dalla morte del padre e dal tentativo di omicidio per mano dello zio. E una volta che Integra fosse stata in grado di tenergli testa, Alucard si sarebbe divertito a metterla alla prova
Genere: Comico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SCUSATE IL RITARDO! Ho avuto il computer guasto per una decina di giorni nonchè varie beghe personali da risolvere e questo ha influito sulla stesura del capitolo.
1) Ho scordato di aggiungere come nota finale nello scorso capitolo che la conta dei feriti, culminante in "un uomo castrato", è un omaggio al film "Lo chiamavano Trinità" :)
2) Non m'intendo di anatomia vampirica ma le poche informazioni in mio possesso mi sembrano contrastanti fra di loro. I vampiri non potrebbero procreare ma esiste la figura del dampyr. I vampiri non respirano ma allora non dovrebbero neppure parlare, visto che l'articolazione dei suoni si basa sull'inspirazione ed espirazione. E l'elenco delle incoerenze potrebbe continuare. Anche Stoker, del resto, non si lasciava mancare nulla in fatto di contraddizioni: ha descritto il Conte come un essere gelido, ripugnante e dagli occhi rossi, mentre le sue spose-vampire erano calde, seducenti e con gli occhi dai colori umani. Ho deciso così di crearmi una mia personale "fisiologia vampirica", che sia coerente (o almeno, spero di riuscire a renderla tale XD) con questa storia, e spero che non contrasti troppo neanche col lavoro originale di Hirano. Mi scuso quindi anticipatamente con i lettori ligi alle idee tradizionali sui vampiri per le libertà che mi sono concessa. ^^
3) Secondo la sezione italiana di Wikipedia, uno dei figli di Vlad III, Mircea, alla morte del genitore mutò il suo patronimico in Stanciu, così da tenersi fuori dagli intrighi dinastici. La famiglia Stanciu sarebbe vissuta all'ombra del potere politico fino alla fine della dittatura di Ciausescu. Dubito che questa notizia sia attendibile, dato che non ho trovato informazioni su questi Stanciu da nessun'altra parte, però mi sono detta che un particolare così romanzesco poteva star bene in una fanfiction. ^^

arcione = parte anteriore della sella.
Mehmet Fatih = Maometto il conquistatore.
pastoie = corta corda con cui si legano due zampe agli animali al pascolo, così da accorciarne il passo, impedendogli di allontanarsi eccessivamente dal padrone.
puszta = vasta steppa ungherese, da sempre adibita al pascolo del bestiame brado.

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Integra aveva cominciato a fumare i sigari per impressionare i compagni di scuola e costruirsi ai loro occhi un'aurea al contempo ribelle e autorevole. Da quando Alucard l'aveva sorpresa a fumare nel giardino di casa, le motivazioni che spingevano la piccola Sir erano però cambiate. Col trascorrere delle settimane, aveva smesso di portare i sigari a scuola. Non le interessava più far colpo sugli studenti: capiva che quello riusciva a farlo già con vari altri mezzi, ad esempio rispondendo in modo pungente agli insegnanti o ai ragazzi delle classi superiori, senza timore delle conseguenze.
Fumare era un'attività che la ragazzina aveva finito col relegare all'ambiente domestico. Al calar della sera, quando le incombenze quotidiane erano ormai cessate e non restava che attendere la cena, Integra si concedeva il momento più rilassante della giornata. Benchè la rivelazione che suo nonno fosse sepolto sotto la quercia inizialmente le avesse fatto rizzare i capelli in testa dalla paura, col tempo la repulsione di Integra per il boschetto degli olmi era scemata. Si era detta che prima di scoprire quella verità, il boschetto era sempre stato la sua meta preferita del giardino, un luogo che aveva giudicato accogliente e rassicurante. Il nonno non poteva certamente uscire da sottoterra per farle paura. Anzi, l'idea che John Fairbrooke si trovasse accanto a lei, quasi-quasi la tranquillizzava, le sembrava di riuscire a stabilire un seppur debolissimo legame con quel nonno che non aveva mai conosciuto e quando se ne ricordava, non mancava mai di deporre un fiore ai piedi della quercia.
Così, infrattata nel boschetto degli olmi, Integra attendeva l'arrivo di Alucard e quando il servo giungeva, senza dire una parola, si sedevano schiena contro schiena sulla panca di pietra, fumando in compagnia.
Capitava spesso che durante il giorno Alucard la irritasse sommamente, al punto che Sir Hellsing sentiva di detestarlo profondamente ma nel corso di quelle "sessioni di fumo", l'ascia di guerra veniva sepolta e i due si godevano la reciproca, e pacifica, compagnia.
Era stato in quei frangenti che Integra aveva spazzato via dalla sua mente un altro po' di leggende fasulle sui vampiri. Appoggiando la sua schiena a quella di Alucard, si era resa conto con stupore che attraverso la tuta di cuoio le giungeva un debole tepore. Non era il calore di una persona viva ma nemmeno il gelo di un cadavere; era una temperatura a metà strada fra quei due estremi. E ogni tanto, attraverso la schiena del servo, sentiva distintamente il pulsare del cuore, o la cassa toracica allargarsi e restringersi in un respiro.
Integra cominciò ad intuire cosa volesse dire non-morto: non un cadavere che cammina ma un individuo sospeso fra il regno dei vivi e quello dei defunti. Una persona che possiede ancora le funzioni vitali ma in maniera alterata rispetto a chi è realmente vivo, per cui alcune di esse erano rallentate, rarefatte, come nel caso del battito cardiaco o del respiro, mentre altre erano potenziate a dismisura, come la forza o la velocità.

Nel corso di quelle fumate, le parole si alternavano a lunghe pause di silenzio.
Alucard si rivolgeva ad Integra come si sarebbe rivolto ad un qualsiasi adulto. Il fatto che la sua padrona avesse solo dodici anni, non gli sembrava una valida scusa per modificare il proprio linguaggio in sua presenza. Un po' perchè era insito nel suo carattere, un po' perchè era stato allevato lui stesso in quel modo, il vampiro era del parere che ai ragazzini non andassero tenuti nascosti i fatti e i dolori della vita. E lui, alla sua master, era deciso a non risparmiare nulla.
Spesso Integra non comprendeva ciò che il servo le diceva, essendo ancora troppo giovane, immatura o inesperta per capire certe frasi. Molte di quelle parole però non andavano perse, venivano semplicemente riposte in un angolo della sua memoria, in attesa di venir recuperate e capite una volta che la Sir fosse cresciuta. Altre volte, le parole di Alucard venivano comprese a primo colpo e allora tendevano a suscitare nella ragazzina indignazione, rabbia, imbarazzo, raramente approvazione.
Integra raccontava cosa le accadeva a scuola, parlava di ciò che era successo ad Hellsing Manor durante il letargo di Alucard, si interrogava sul suo futuro. Il vampiro commentava, esprimeva il suo parere. Altre volte narrava alla padroncina aneddoti sugli Hellsing che l'avevano preceduta. Mai una volta però si sbottonò sul proprio passato, neanche quando la ragazzina gli poneva domande dirette. Il servo trovava sempre il modo di svicolare e parlare d'altro.
Integra friggeva dalla curiosità. Chissà quante cose aveva visto e fatto Alucard, in cinquecento anni di vita! Le sembrava un delitto che il vampiro tenesse tutta per sè la marea di ricordi che certamente si portava dentro. Alla fine Sir Hellsing si era però arresa alla volontà del servo, smettendo di indagare. Poteva solo sperare che il mutismo di Alucard fosse dettato dal suo orgoglio tenace, per cui non voleva "arrendersi" a soddisfare una curiosità diretta, preferendo invece "regalare" come e quando gli fosse piaciuto il racconto sui suoi passati trascorsi. Tutto ciò che la giovane master poteva fare era quindi attendere pazientemente che il vampiro decidesse di concederle un simile privilegio.

Quella sera erano immersi da un bel pezzo in un denso silenzio quando Integra sentì canticchiare il servo alle sue spalle. Aveva l'impressione che Alucard fosse perso nei propri pensieri e nemmeno si rendese conto di quel che faceva.
La ragazzina si pose in ascolto. La melodia le risultava sconosciuta, antica. Chissà di quale lingua si trattava? Rumeno, non le pareva proprio. Non che fosse una fine conoscitrice della lingua madre di Alucard ma in quei mesi si era fatta insegnare dal servo tutte le parolacce in romeno che ancora ricordava e in quel modo, un po' d'orecchio l'aveva sviluppato. Quando il servo terminò di canticchiare, la ragazzina domandò:
- Che lingua è? -
Alucard trasalì leggermente nell'udire la voce della master, convincendo ancora di più la dodicenne che il nosferatu fosse davvero perso in chissà quali elucubrazioni.
- Dovrebbe essere armeno ma non ne sono sicuro, non ricordo bene le parole. -
- Come fai a conoscere l'armeno? - chiese stupita Integra ma subito si morse la lingua; figuriamoci se il vampiro le avrebbe risposto!
Al diretto interessato però la domanda non dovette sembrare eccessivamente indagatrice perchè si degnò di rispondere:
- Dimentichi che sono cresciuto alla corte ottomana? -
Un silenzio di attesa gravò sui due.
- E quindi? - si decise a chiedere nuovamente Integra.
- E quindi non avete studiato l'Impero Ottomano a scuola? -
- Sì. -
- Allora dovresti essere capace di risponderti da sola. -
Un silenzio pieno d'incomprensione tornò a riempire l'armosfera. Il vampiro sospirò:
- Ho capito, l'avete studiato da cani. Tutto ciò che non riguarda l'Impero Inglese viene trattato in fretta e furia, come una cosa di poco conto, eh? Stai attenta, che il professor Alucard ti spiega la lezione di storia di oggi. I turchi erano un popolo nomade, proveniente dalle steppe dell'Asia centrale, che conquistò l'Impero Bizantino, popolato da un mosaico di popoli, lingue e religioni. I turchi non spazzarono via questa ricchezza, preferendo mescolarsi agli abitanti originari. Non contenti, espansero le conquiste, arrivando a dominare nuove terre e popolazioni. Nacque così l'Impero Ottomano, detto anche Sublime Porta. Le lingue ufficiali con cui si redigevano i documenti e che venivano parlate a corte erano varie: turco, greco, armeno, ebraico, albanese, arabo e persiano. Udendole costantemente intorno a me, quando svolgevo il mio apprendistato ad Adrianopoli, presso la corte di Murad II, è ovvio che le abbia imparate, no? Inoltre, alcune di queste in parte le conoscevo già, grazie al precettore che mio padre prese per istruire noi figli. Era un vecchio greco, ex-crociato, fatto prigioniero dai turchi, venduto come schiavo ai mercanti genovesi e vissuto nelle colonie che Genova aveva installato sul Mar Nero. Aveva viaggiato per tutto il Mediterraneo e l'Asia Minore, infine era stato liberato e la sorte l'aveva portato in Valacchia, alla corte di mio padre. Oltre a insegnarci a leggere e a scrivere, insegnò a me e ai miei fratelli anche gli idiomi più importanti fra i molti che conosceva, quelli che potevano considerarsi l'inglese dei miei tempi, come il turco e il greco, e quando diventai ospite della Sublime Porta, non potei che assimilarli ulteriormente. -
Integra era ammirata. Non aveva mai sospettato che il suo servo conoscesse tante lingue. Si domandò se quell'informazione fosse contenuta nelle biografie sull'Impalatore trovate nella cassaforte del padre, che aveva letto dopo i diari degli antenati.
" Sta' a vedere che in quei libri c'era scritto che Vlad III era un poliglotta e io nemmeno c'ho fatto caso. Che li abbia letti troppo velocemente, come i quaderni dei miei antenati, per cui sono più i particolari che ho ignorato o scordato di quelli che mi sono rimasti in testa? ".
La probabilità era elevata. Per mettere una pezza a tanta ignoranza, Integra chiese:
- In tutto, quante lingue sai parlare? -
Alucard si prese un po' di tempo per riflettere prima di rispondere:
- A parte quelle che ti ho elencato, conosco la mia lingua madre, ovviamente. Poi gli eventi mi obbligarono a imparne altre ancora. La Valacchia è una terra di confine. A nord abbiamo la Transilvania, a quel tempo popolata per la maggior parte da sassoni, e l'Ungheria. La Valacchia era il cuscinetto che separava e proteggeva i nostri vicini settentrionali dalle propaggini della Sublime Porta, per questo transilvani e ungheresi ci tenevano ad assoggettare il mio regno alla loro politica. Ovviamente anche gli ottomani desideravano tenerci sotto il loro tallone. Il confine fra il mio ex-regno e l'Impero Ottomano era costituito dal Danubio, che a quei tempi era la più importante via commerciale di quella fetta d'Europa. Sul fiume passavano le chiatte che trasportavano merci fra oriente e occidente, i dazi doganali che riscuotevamo erano ricchi e facevano gola al Sultano. Il risultato di tutto ciò è che la Valacchia era uno stato piccolo ma strategico, un vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro, e i suoi sovrani erano altrettanto deboli. Mio padre, non sapendo come districarsi fra le pretese del sultano Murad II, del re d'Ungheria Janos Hunyadi e dei mercanti sassoni protetti dalla corona ungherese, tutta gentaglia che lo minacciava di rappresaglie se non avesse fatto i loro interessi, non trovò soluzione migliore che quella di fare il doppio e triplo gioco, alleandosi e tradendo ogni vicino. Questa fu la sua rovina. Disprezzato, giudicato da tutti infido, fu infine incarcerato ed ucciso da Janos Hunyadi. Io mi dicevo che non avrei fatto il suo errore, non sarei diventato lo zimbello degli altri monarchi. Avrei avuto una mia linea politica, quella di ottenere un regno libero da ingerenze esterne, rafforzandolo più che potevo, e a quella linea mi sarei attenuto. Ma quando salii sul trono, mi resi conto che agli altri non interessava la mia coerenza. Sassoni e ungheresi disprezzavano i valacchi, tutti, dall'ultimo degli schiavi al principe che li governava. Pensavano che fossi una copia più giovane di mio padre e di poter replicare con me i tranelli che avevano fatto con lui. Mi premunii di fargli capire che avevo in comune col mio predecessore solo il nome. Chiunque avesse avuto la pretesa di trattarmi come uno sprovveduto o uno sciocco, avrebbe pagato il suo grossolano errore con la morte. -
Integra, in silenzio, beveva quelle parole, ascoltandole con occhi sgranati. Molte di quelle informazioni le aveva già lette ma sentirle spiegate dal diretto interessato aveva tutt'altro sapore. Tanto presa era dalla narrazione che a tutta prima non comprese lo:
- Scusa, master. - con cui se ne uscì Alucard ad un certo punto.
Scusa? Di cosa?
- Ho divagato. Mi avevi chiesto quante lingue so parlare e sono finito su tutt'altri argomenti. Ma non posso farne a meno, visto che ogni lingua che conosco è intrecciata ad un evento della mia vita umana, o della mia non-vita vampira. Adesso cerco di risponderti. Quando avevo 17 anni, mio padre e mio fratello maggiore furono uccisi. Mio padre, come ti ho detto, fu assassinato da Janos Hunyadi, il re d'Ungheria. Mio fratello Mircea, invece, era stato torturato, accecato con ferri roventi e sepolto vivo da alcuni boiardi. I boiardi erano i nobili valacchi e se il mio regno era tanto debole, la colpa era unicamente loro. Alcuni boiardi facevano affari con sassoni e ungheresi, altri con gli ottomani. Quando una delle due fazioni prendeva il sopravvento, uccideva il principe in carica per sostituirlo con uno compiacente ai loro bisogni, pronto a stringere un'alleanza che lo avrebbe reso lo zerbino del re o del sultano. Quei furbacchioni erano talmente ripiegati sui propri interessi privati, da non capire che agendo in quel modo indebolivano il regno. Se avessero seguito il voivoda che li governava, invece di voltargli continuamente le spalle, la Valacchia non sarebbe stata così fragile, soggetta ai capricci dei regni vicini. Be', comunque, il risultato della mattanza della mia famiglia fu che Murad, il sultano che mi teneva in ostaggio con mio fratello minore Radu, pensò di piazzare me sul trono della Valacchia, convinto che sarei stato un suo suddito fedele. Chiariamo, master, non illuderti che mi diede chissà quale appoggio. Tutto ciò che fece fu regalarmi un cavallo e concedermi un manipolo di soldati da comandare. Per il resto, dovevo cavarmela da solo. Voleva verificare se ero abbastanza in gamba da uscire vivo da quell'avventura, non voleva sprecare il suo tempo con un inetto. Immagino che dovetti sembrargli una frana totale, visto che quel mio primo regno durò solo due mesi. Arrivò presto un rivale, uno con alleanze più solide delle mie fra i boiardi e Hunyadi, e per salvarmi la pellaccia mi toccò scappare come uno sbandato qualsiasi. Rimpiombai da Murad, ma ormai per me non c'era più nulla da fare ad Adrianopoli, così mi rimisi in viaggio. Bazzicai per tutte le corti affacciate sul Danubio che non mi fossero ostili, mettendomi al servizio del signore locale, nè più nè meno di un mercenario qualsiasi. Finii anche in Moldavia, da mia sorella Alexandra, una di quelle che da bambino scaraventavo giù per le scale afferrandola per le trecce. -
- E lei ti scaraventò fuori dal suo castello, appena ti vide? -
- No. Perchè mai avrebbe dovuto? Solo perchè ero stato un fratello maggiore dispettoso e attaccabrighe, che si era divertito a lanciarle le lucertole addosso? Andiamo, master! Volteresti le spalle ad un fratello per così poco? -
- Hai ragione, non ti avrei voltato le spalle. Però avrei ordinato che ti riempissero il letto di lucertole morte. -
Il vampiro rise:
- Mia sorella non aveva la tua inventiva, per fortuna. Rimasi alla corte moldava un paio d'anni, poi il re fu assassinato da un rivale e tutti i suoi accoliti, compresa mia sorella, trovarono rifugio presso Hunyadi. Non potevo andare con loro. Il re d'Ungheria desiderava la mia testa, non voleva che scippassi il potere al tizio che aveva messo sul trono valacco. Mi nascosi fra le montagne e i boschi della Transilvania, fermandomi sempre per breve tempo nelle città e nei paesi che bazzicavo, senza mai rivelare dove sarei andato e senza farmi accompagnare da nessuno, così da non farmi trovare dagli scagnozzi di Hunyadi. Fu lì che imparai il sassone. Continuai con quella vita finchè il rivale che mi aveva usurpato il trono non si rivoltò contro Hunyadi. Il re d'Ungheria si chiese allora se dopotutto non fossi una carta da giocare, così venne a cercarmi per stipulare un'alleanza: avrei affrontato e ucciso il ribelle per lui e in cambio sarei diventato re di Valacchia senza che mi mettesse i bastoni fra le ruote. Così riconquistai il mio regno, governai per sei anni, venni sconfitto, finii in esilio in Ungheria per quattordici anni e lì imparai l'ungherese. Mi venne data la possibilità di riprendermi la Valacchia, partii, fui ucciso, diventai un vampiro. Dopo quattro secoli di non-esistenza, Van Helsing portò le mie ceneri a Londra. E adesso che sono in esilio in Gran Bretagna, parlo inglese. -
Nel corso del racconto, l'ammirazione di Integra era cresciuta ulteriormente, benchè l'accenno all'esilio inglese le pungesse d'amarezza il cuore.
Riflettendo sulle parole del servo, si accorse con stupore che Alucard parlava con rispetto degli anni trascorsi alla corte di Murad II, il sultano che aveva tenuto in ostaggio per anni il bambino che era stato un tempo, in compagnia del fratellino Radu.
Il periodo trascorso in Ungheria e in Inghilterra lo definiva "esilio", quello alla Sublime Porta "apprendistato". Eppure, che non fossero stati anni rosei, Integra ne era sicura. Benchè Alucard non ne avesse mai parlato, le biografie lette da Sir Hellsing ipotizzavano che i due fratelli avessero scontato sulla loro pelle vendette e capricci del sultano e del suo erede, il futuro Mehmet II.
- Perchè non dici "esilio ottomano"? Perchè ne parli quasi con ammirazione? -
La ragazzina non aveva resistito alla curiosità di porre una domanda ma non per questo sperava di ottenere una risposta. Era certa che anche stavolta il servo avrebbe svicolato dall'argomento, parlando di tutt'altro.
Fu forse dovuto alla consapevolezza che la parte umana della sua esistenza era di dominio pubblico e non restava ormai molto da nascondere, o reputò la padrona finalmente degna di essere messa a conoscenza delle sue vicende personali, fattostà che quel giorno, con gran stupore di Integra, il vampiro accettò di risponderle. Dopo essersi concesso un po' di tempo per trovare le parole adatte, Alucard spiegò:
- Al di là di quello che di spiacevole mi successe, furono gli anni che trascorsi alla corte del Sultano a insegnarmi a sognare in grande. Se fossi cresciuto in Valacchia, circondato da quegli infidi boiardi, le mie ambizioni avrebbero avuto un raggio d'azione molto più modesto. -
Aspirò una boccata di fumo dal sigaro e chiese:
- Integra, sai perchè la Sublime Porta è stato un impero tanto longevo, potente ed esteso, arrivando a bussare anche alle porte di Vienna? Perchè la sua amministrazione si basava sul merito e non sull'ereditarietà delle cariche, come invece avveniva nei regni europei, in cui gli aristocratici si passavano di padre in figlio il titolo di tesoriere o generale, senza che poi sapessero fare i conti o tenere una spada in mano. Nell'Impero Ottomano qualsiasi persona, anche di origine modesta, se dimostrava di possedere delle abilità poteva ricoprire un ruolo di potere. Non contava a quale popolo appartenevi, quale fede professavi, contava solo il tuo valore. C'era una pratica, chiamata devsirme, che consisteva nel cercare nei villaggi cristiani dei regni confinanti bambini e ragazzi in possesso di una qualche dote o abilità speciale da allevare in Turchia, in apposite scuole, per farne funzionari di palazzo o giannizzeri. Non fraintendere, non venivano rapiti. Spesso e volentieri erano gli stessi genitori ad offrire i bambini ai giannizzeri incaricati di passare a setaccio i paesi. Era l'unica speranza di tirare fuori un figlio dalla miseria e se avesse fatto carriera, tutta la famiglia si sarebbe arricchita, e intanto l'Impero Ottomano si ripopolava di forze fresche. Per certi versi, anche io e Radu rientravamo in questo progetto. Murad non ci aveva chiesto a mio padre solo per tenerlo a cuccia, minacciandolo che ci avrebbe uccisi se si fosse ribellato. La speranza del sultano era che essendo cresciuti alla sua corte, finissimo per vedere il mondo come lui e quindi, se fossimo diventati voivoda, saremmo rimasti suoi alleati. Oppure potevamo decidere di restare a corte e diventare giannizzeri fidati, e fu proprio la vita che scelse mio fratello Radu. Quando divenni voivoda, un messo di Mehmet venne ad annunciarmi che il Sultano pretendeva da me la consegna di figli e gli inviai il mio primogenito, Mihnea. Ero sopravvissuto io, poteva riuscirci anche lui e quello che avrebbe imparato gli sarebbe tornato utile quanto lo era stato a me. Anche Mihnea, quando diventò voivoda, spedì un figlio al Sultano, che a sua volta inviò un figlio...-
Integra, seduta alle spalle del servo, aveva smesso di fumare e respirava il più piano possibile, timorosa che bastasse anche un esile rumore per rompere l'incanto che aveva permesso quella narrazione inaspettata, facendo tacere Alucard. Il timbro caldo del servo riempiva l'aria:
- Vivendo alla corte di Murad II, ammiravo dall'interno tutta la perfezione e l'effecienza di quel meccanismo basato sul merito. Così come constatavo la devozione totale al Sultano, il garante che manteneva l'ordine necessario per far girare il motore. Facevo il confronto con la mia povera Valacchia, dove il sovrano non era altro che un fantoccio nelle mani dei boiardi. Fu durante il mio apprendistato presso la Sublime Porta che mi dissi che se mai fossi riuscito a diventare voivoda, avrei governato la Valacchia come Murad governava il suo Impero. E fu proprio quello che feci. Appena salii sul trono, mi sbarazzai dei boiardi di cui non potevo fidarmi. A quelli che avevano partecipato alla tortura e all'uccisione di mio fratello, applicai lo stesso trattamento che loro avevano riservato a  Mircea, accecandoli con ferri roventi e seppellendoli vivi dopodichè li sostituii con persone efficienti. Non m'interessava se fossero plebei o nobili, da dove venissero o in quale Dio credessero, volevo solo che rispettassero le leggi del regno e fossero incrollabilmente fedeli a me. Così arrivarono alla mia corte russi, turchi, serbi e ungheresi. Avevo grandi progetti per il futuro. Sarei stato il fondatore di un nuovo Impero. I miei figli e i miei discendenti avrebbero proseguito la mia opera. Generazione dopo generazione, la Valacchia sarebbe diventato un regno forte e importante. Tutti avrebbero conosciuto il clan dei Draculesti, il titolo di voivoda sarebbe diventato famoso quanto quello di sultano e avrei preso il mio posto nella Storia. -
Una pausa, poi alle orecchie di Integra giunse:
- Quanti sogni andati in frantumi! -
Non c'erano nè rammarico nè rimpianto nella voce del vampiro, solo il tono asciutto di chi constata di aver fallito ma a dispetto del distacco con cui era stata pronunciata, la frase fu in grado di stringere le viscere della master in una gelida morsa.
- Un posto nella Storia l'hai comunque preso... - gli ricordò la dodicenne, nel tentativo di consolare il servo.
- Sarò sincero, my master...quand'ero ancora in vita, speravo che sarei stato ricordato come "Vlad il Forte", "Vlad il Severo", "Vlad il Liberatore" o altri simili appellativi. Speravo di venire menzionato per l'intransigenza con cui facevo rispettare le leggi, senza concedere sconti a nessuno, o per aver risollevato la Valacchia dalla condizione di servitù in cui versava con i regni confinanti. Non immaginavo che sarei stato ricordato come "Vlad l'Impalatore". Considerando quanto faticai per cercare di ammodernare il mio Regno, constatare di essere ricordato solo per gli impalamenti è piuttosto degradante. -
Adesso sì che Integra avvertiva un velo di amarezza nel tono del vampiro e ricordando quanto aveva letto nelle biografie di Vlad III Dracula, non poteva dargli torto. Il principe che Alucard era stato, in un tempo ormai molto lontano, aveva cercato di estirpare la corruzione dal proprio regno con misure draconiane. Nobili, ecclesiastici, plebei, chiunque si macchiasse di un reato veniva punito applicando alla lettera gli editti vigenti, stilati dalle generazioni di governanti che l'avevano preceduto. Era forse questo l'aspetto più strano della storia del voivoda Dracula: lui che era passato alla Storia come un mostro di crudeltà, in realtà non aveva inventato nuovi, obrobriosi, metodi di pena capitale. Tutto ciò che aveva fatto, era stato rispolverare la Legge dimenticata dagli stessi uomini che l'avevano scritta.
I sassoni che tanto l'avevano ostacolato, convinti com'erano di essere ingiustamente perseguitati da quel principe che pretendeva da loro il pagamento delle tasse come da qualsiasi altro mortale, e che avevano tentato di ribellarsi alla sua autorità con l'unico risultato di vedersi distrutti paesi e città, erano inorriditi scoprendo in quali perversi modi erano stati giustiziati i loro concittadini, uomini, donne e bambini, catturati e deportati in Valacchia. Era stato proprio quel popolo di mercanti il primo che aveva cominciato a dipingere il voivoda come un mostro assetato di sangue innocente. Conteneva una vena di involontario umorismo il fatto che quei mercanti non volessero rendersi conto che i loro connazionali erano stati suppliziati secondo i decreti stilati dai loro stessi antenati. Dato che i sassoni avevano infranto le leggi valacche in materia di commercio, affermando di voler continuare a vivere secondo la loro tradizione, arrivando anche ad allearsi con i boiardi rivali di Dracula pur di trovare qualcuno che garantisse loro la libertà di cui avevano sempre goduto, Vlad III aveva decretato che morissero anche secondo quanto prescrivevano le loro usanze in fatto di evasione fiscale e lesa maestà. Così ai prigionieri erano stati staccati arti, mozzate orecchie e nasi, e poi erano stati impiccati, o messi a morire attaccati a ganci o arrostiti su graticole.
Se le azioni dell'Impalatore non avessero lasciato dietro di sè una tale scia di morte e sofferenza, ci sarebbe stato da sorridere per l'humor macabro di cui le rivestiva il principe. Ogni esecuzione capitale veniva studiata in maniera da dimostrare l'ipocrisia di cui si era macchiata la vittima mentre era ancora in vita. Un boiardo che assistendo ad un impalamento, aveva commentato quanto puzzasse il sangue di tutte quelle vittime, venne condannato da Vlad III ad essere a sua volta impalato seduta stante, ma su di una pertica più alta delle altre, così che stando lassù in cima potesse respirare aria buona.
Eppure, ad Integra, lo sdegno dei contemporanei per le torture di cui si macchiò Vlad Dracula, impalamento in primis, in un'epoca in cui molti signori si facevano un dovere di impiccare, smembrare, mandare al rogo o torturare fino alla morte sulla pubblica piazza oppositori politici, eretici e streghe, e che sedavano con brutalità sconcertante le ribellioni di contadini esasperati dalla fame e armati di forconi, sembrava assurdo. Non che la crudeltà di Vlad III fosse giustificabile, ma neanche le atrocità degli altri signori del suo tempo, che pure si scandalizzavano per il comportamento del voivoda, erano ammissibili. Forse la risposta stava in una frase che le aveva detto tempo prima Alucard:
- Agli occhi degli umani, le crudeltà commesse dagli altri sono sempre peggiori delle proprie. -
Sì, doveva essere andata così. Alle folle che accorrevano ad assistere alle esecuzioni capitali come se si trattasse di uno spettacolo, portandosi appresso i figli affinchè ne traessero un insegnamento a non disubbidire, e ormai assueffate alle urla di chi veniva giustiziato facendolo bollire vivo in enormi calderoni, la novità dell'impalamento dovette sembrare sconvolgente.
Ed era stata proprio quella novità che aveva finito col mandare in frantumi i grandi sogni del voivoda Vlad Dracula. Cos'era accaduto in seguito, Integra lo sapeva, erano stati i libri a raccontarglielo.
Nell'estate del quinto anno del suo regno, l'esercito del sultano Mehmet II attraversò la Valacchia per andare a compiere scorrerie in Transilvania. Quando i giannizzeri furono sulla via del ritorno, Vlad III dimostrò loro tutto il suo disappunto per avere utilizzato il suo regno come una strada qualunque, senza chiedergli il permesso di attraversarlo, attaccando e uccidendo i soldati di Mehmet. Non contento, attraversò il Danubio, da sempre confine naturale fra la Valacchia e le propaggini della Sublime Porta, per andare a seminare morte e distruzione fra i paesi, le città e le roccaforti del suo ingombrante vicino.
Sapeva che Mehmet se la sarebbe legata al dito. Avrebbe atteso l'arrivo dell'estate, da sempre la stagione eletta per le guerre, e si sarebbe riversato col suo immane esercito sulla sua povera Valacchia. Eppure Vlad III non aveva esitato a compiere quella rappresaglia che avrebbe richiesto un prezzo tanto alto da pagare. L'unica maniera per non essere sottovalutato dai potenti che lo circondavano, conquistando così il loro rispetto e quindi la certezza che non avrebbero interferito negli affari del suo regno, consisteva nel ripagarli con la stessa moneta che gli tributavano. Crudeltà con crudeltà, disprezzo con disprezzo. E poi, non era da anni ormai che il Papa andava farneticando di una nuova crociata, senza che nessuno dei sovrani europei si degnasse di partire per primo, timorosi com'erano che abbandonare i loro possedimenti per il tempo della guerra avrebbe significato farseli soffiare da un usurpatore durante la loro assenza?
Bene, allora voleva dire che lui, Vlad Dracula, avrebbe fatto partire la nuova crociata! Un principe cristiano s'era mosso, aveva attaccato e devastato la periferia del sultanato, che gli altri sovrani cristiani si decidessero a venirgli a dare man forte, primo fra tutti il giovane re d'Ungheria, Mátyás Hunyadi, figlio di Janos Hunyadi, che dal papato aveva intascato ottantamila ducati d'oro per mettere in piedi un esercito con cui contrastare il Gran Turco, come chiamavano in Europa Mehmet. Peccato che Mátyás avesse usato quel capitale per consolidare il suo potere politico in Ungheria, senza pensare a costituire eserciti e ancor meno di partire per una campagna contro la Sublime Porta.
A Dracula non era rimasto che sperare che a tante parole di approvazione per il suo operato, seguisse qualche azione concreta. Intanto trascorse l'inverno a preparare il suo regno all'inevitabile arrivo dei giannizzeri. Donne e bambini di Valacchia furono smistati in roccaforti sicure: Bucarest, circondata da paludi in cui il pesante esercito di Mehmet si sarebbe arenato, se avesse avuto la malaugurata idea di attraversarle; sulla montagna di Brasov; nelle più impenetrabili foreste del regno. Tutta la popolazione maschile dai dodici anni in su fu invece reclutata nelle fila dell'esercito e addestrata come meglio si poteva in quelle poche settimane di tempo.
Del resto del suo regno, l'Impalatore fece terra bruciata. L'enorme esercito del sultano, per viaggiare più celermente, non si sarebbe caricato di derrate d'acqua e cibo, fiducioso di divorare ciò che avrebbe incontrato lungo il proprio cammino. Dato che quindi i campi, il bestiame e i paesi erano comunque destinati a venire distrutti, Dracula decise che il loro annientamento non avrebbe rafforzato le file degli ottomani. Ordinò così di bruciare i campi e sgozzare il bestiame, buttandolo nelle fonti d'acqua potabile, al fine di avvelenarle.
La perfetta macchina da guerra che era l'esercito della Sublime porta, sbarcato in Valacchia nell'estate del sesto anno di regno di Vlad III, si ritrovò così a dover frontaggiare un incubo. In settimane di marcia, incontrarono solo borghi abbandonati, svuotati di qualsiasi popolazione umana o animale, senza beni da saccheggiare e una volta esaurite le scorte d'acqua e di cibo, niente che potesse sostituirle. I giannizzeri cominciarono a morire di sete e pestilenza e a tutto ciò si aggiungeva il terrore delle improvvise incursioni di Dracula. Il voivoda non poteva far scontrare in maniera diretta il suo esercito, composto in massima parte da uomini che fino a pochi mesi prima non avevano mai tenuto una spada in mano, con dei guerrieri che si esercitavano giornalmente. La sproporzione di forza e abilità era insormontabile. Aveva quindi deciso di ripiegare sulla guerriglia: alla testa dei suoi soldati, attaccava le ultime frange del nemico, per poi ritirarsi nei boschi tanto familiari a loro quanto pieni di insidie per gli invasori. Così logorava gli avversari, attendendo un aiuto esterno che non giungeva mai.
Il principe della Valacchia tentò anche di risolvere il problema una volta per tutte, da solo, compiendo un'incursione notturna nell'accampamento ottomano. L'impresa era altamente rischiosa e per questo aveva voluto circondarsi solo dei più fidi tra i suoi uomini. Aveva detto con chiarezza che se fossero stati sconfitti, nessuno si sarebbe salvato, quindi chi non se la sentiva di correre quel rischio, non era obbligato a partecipare. Migliaia di soldati aderirono comunque al progetto e una volta diviso l'esercito in due distaccamenti, in modo che attaccassero l'accampamento da due punti diversi, Dracula, alla testa dei suoi, si lanciò silenziosamente all'attacco. Il suo obbiettivo era raggiungere Mehmet, tagliargli la testa, orbare l'Impero Ottomano della sua guida, lasciandolo nel caos. Tutto lasciava sperare che quel piano potesse essere realizzato. In un'epoca in cui la guerra era considerata un'arte, e come tale era regolata da norme, la calata notturna di migliaia di guerriglieri sgomentò i giannizzeri. La battaglia fu cruenta e lunga. Vlad attendeva l'arrivo del secondo distaccamento del suo esercito ma le ore passavano e nessuno si profilava all'orizzonte. A nulla era servito l'esplicito avvertimento che solo chi si sentiva in animo di partecipare a quella mattanza poteva seguirlo, gli altri rimanessero pure rintanati nei boschi. Il luogotenente del secondo battaglione, terrorizzato, certo che l'Impalatore e i suoi uomini dovevano essere deceduti in quel putiferio, si era ben guardato dall'entrare nell'accampamento. All'alba, Dracula aveva ordinato la ritirata ai suoi esausti uomini, senza essere riuscito a coronare la sua impresa. Migliaia di nemici erano stati uccisi ma anche altrettanti dei suoi uomini e se i giannizzeri potevano essere facilmente rimpiazzati, prelevando nuove leve dal vasto Impero Ottomano, la piccola Valacchia non poteva sostituire con altrettanta facilità le sue vite tagliate.
La vendetta del voivoda verso i vigliacchi che gli avevano impedito di cambiare il corso della Storia fu feroce, come poterono constatare Mehmet e il suo esercito. Avvicinandosi alla città di Tirgoviste, sede del palazzo del voivoda, davanti agli occhi del contingente turco si profilò lo spettacolo nauseabondo di migliaia di cadaveri impalati, fra cui spiccavano anche molti loro commilitoni precedentementi catturati, nonchè donne e bambini, capitati su quelle pertiche in seguito a chissà quali vicessitudini. I giannizzeri ne ebbero abbastanza, e anche Mehmet. Il sultano fece dietrofront e se ne tornò al sicuro ad Adrianopoli, lasciando in Valacchia il più fidato dei suoi giannizzeri, Radu, il fratello minore di Dracula, giunto alla corte di Murad ancora bambino.
Radu, là dove non era riuscita la forza, riuscì con la diplomazia a minare il potere di quel fratello maggiore che tanti anni prima l'aveva abbandonato al suo destino. Restituì i prigionieri di guerra ai parenti, contattò i boiardi, i mercanti sassoni, assicurò loro che se fosse diventato voivoda, avrebbe restituito tutti i privilegi strappatigli da Vlad. Radu prometteva un'epoca di pace e furono in molti a passare dalla sua parte. Nessuno si illudeva che Mehmet non avrebbe tentato di vendicarsi di Dracula, invadendo nuovamente la Valacchia, già prostrata da quella campagna militare. Se sul trono si fosse seduto Radu, quel cataclisma sarebbe stato evitato.
Le file di Vlad III cominciarono ad assottigliarsi. Lungo il suo cammino, il voivoda trovò sempre più città che gli sbarravano le porte. Il suo potere si erodeva, lo sapeva bene, poteva solo sperare in un aiuto esterno e finalmente una delegazione di Mátyás Hunyadi apparve all'orizzonte...per metterlo agli arresti.
Per il giovane re d'Ungheria, la battaglia ingaggiata da quella testa calda del suo vicino valacco contro il sultano era stata un grosso grattacapo. Nel corso degli anni aveva intascato ducati e fiorini d'oro, presentandosi come l'unico, efficacie difensore della cristianità contro l'invadenza ottomana. Sicuro che la Sublime porta non avrebbe tentato seriamente di estendere i suoi confini oltre la Valacchia, aveva sperperato quel denaro per il proprio potere. Adesso, chi lo aveva finanziato, gli chiedeva conto di come avesse speso quella cifra. Dov'era l'esercito crociato da mandare in soccorso di Dracula, di cui già si raccontava, per le corti europee, di come avesse tentato di uccidere Maometto il Conquistatore attaccandone l'accampamento in piena notte?
Mátyás Hunyadi si era cavato dall'impiccio affermando che quei soldi erano stati ben spesi. Come? Muovendo guerra a Dracula!
Davvero le corti europee credevano che il principe Vlad fosse un paladino della cristianità? Sì, è vero, si era lanciato in guerra contro i turchi ma solo perchè mosso dalla passione per gli spargimenti di sangue. Sapevano, il Papa e i sovrani europei, cos'aveva combinato quello scellerato prima di ingaggiare battaglia contro gli infedeli? Sapevano cos'era l'impalamento? No? Be', l'invenzione della stampa era un vero toccasana per riparare a tanta ignoranza! Il buon Mátyás aveva così inviato molti libretti stampati, contenenti le testimonianze delle comunità sassoni sulle atrocità di cui si era macchiato quel principe sanguinario. Omettendo le ragioni alla base di quei supplizi, ingigantendo il numero delle delitti, il voivoda veniva tratteggiato come un pazzo. E dato che il re d'Ungheria si faceva garante di impedire a quel sovrano dissennato di continuare a seminare morte e distruzione, lo tenne in esilio presso di sè, inizialmente in prigione, poi a corte, come un consigliere qualsiasi. E quest'ultimo particolare, era qualcosa che Integra non riusciva a comprendere.
- Alucard, non capisco...come ha fatto un umano orgoglioso com'eri tu, a resistere quattordici, lunghi anni presso il re d'Ungheria? Quando Hunyadi ti fece uscire di prigione, perchè non fuggisti, tornando in Valacchia? -
- Tornare in Valacchia, master? Per far cosa? Riprendermi il regno? Con quali mezzi? Non avevo più nulla, assolutamente nulla... -
Il vampiro aveva pronunciato quelle domande in tono stupito, quasi incredulo che la padrona, da sola, non arrivasse a comprendere la situazione. Riprese poi a parlare con voce stanca, come se rievocare quel periodo, in cui disgrazie private si erano mischiate a sventure pubbliche, gli pesasse ancora a distanza di tanti secoli:
- Quando Mehmet se ne andò, lasciando mio fratello Radu a erodermi il potere sotto i piedi, giorno dopo giorno, allora sì che avevo ancora qualche possibilità di riassicurarmi il trono! Guerreggiavo come un forsennato contro l'esercito di Radu, con i miei uomini mi ero arroccato sulle montagne per dare il contrattacco ma gli avversari erano troppi, ben equipaggiati, ben addestrati. Ripiegai nella mia fortezza di Poenari solo per scoprire che vi regnava il caos più totale. Un informatore aveva portato la notizia che gli ottomani stavano arrivando, ed erano troppi per resistere. Una delle mie concubine, terrorizzata, si era lanciata giù dalle mura, sfracellandosi fra i picchi e perdendosi nel torrente sottostante. La popolazione della zona stava fuggendo e anche noi dovevamo scappare. Sotto la fortezza, sorgeva un borgo, a me fedele. I vecchi del paese vennero da me e mi suggerirono il trucco di ferrare i cavalli alla rovescia, e chiudere il portone del castello, così che gli ottomani pensassero che eravamo ancora arroccati dentro e avrebbero perso tempo per tentare di stanarci da lì. Ero grato a quella gente, non solo per il trucco in sè per sè. In un frangente come quello, constatare che ancora c'era qualcuno che mi considerava il suo sovrano e mi aiutava come poteva, era di conforto. Chiesi a quei vecchi cosa volessero di ricompensa. Risposero che non volevano soldi, perchè i giovani li avrebbero dilapidati in gozzoviglie. La terra invece dava lavoro e non si esauriva. Gente in gamba, quegli uomini! Donai al loro borgo quante più colline e boschi circostanti potevo, se li meritavano. Facemmo ferrare i cavalli al contrario, mi misi sull'arcione il bambino della concubina che si era buttata giù dagli spalti e ci accodammo alla fila dei profughi ma c'era così tanta confusione che finii per perdere mio figlio. Potevo solo sperare che in quel marasma qualche anima pia non avesse il coraggio di lasciare un bambino solo e lo raccogliesse portandoselo dietro. Fu quel che accadde e anni dopo lo incontrai nuovamente ma a quei tempi non potevo nutrire una simile certezza e dentro di me pensavo di aver perso madre e figlio. Proseguii il viaggio verso Sibiu, dove dovevamo incontrare la delegazione di Mátyás Hunyadi. Lungo la strada, le fila del mio esercito si assottigliavano sempre di più. Ogni notte, qualcuno fuggiva per conto proprio o per andare ad ingrossare le fila di Radu. Quando finalmente incontrammo la delagazione, perdemmo settimane di tempo prezioso in chiacchere inutili. Avevo fretta, volevo sapere se quei beoti mi avrebbero sostenuto dandomi un esercito con cui andarmi a riconquistare il regno. Dannazione, doveva interessare anche loro! Se sul trono fosse rimasto Radu, la Valacchia sarebbe diventata alleata di Mehmet, da lì i giannizzeri sarebbero potuti passare a loro piacimento per andare a saccheggiare la Transilvania e l'Ungheria! Ma a quella gente non importava niente di tutto questo. Mátyás non aveva problemi a stipulare una pace con Mehmet, i sassoni avrebbero potuto continuare i loro commerci, i boiardi le loro corruzioni e tutto sarebbe continuato a procedere come al solito. E il beota della situazione finii per essere io! Tutte quelle settimane di trattative avevano l'unico scopo di far scendere la neve sui valichi montani, avere la scusa per rimandare ulteriormente la guerra e prendere tempo per corrompere i pochi che ancora stavano con me. Così alla fine mi trovai solo e in catene. Quando finii in quella prigione, cos'altro potevo fare se non arrendermi? Solo gli sciocchi non ammettono di aver perso. Senza esercito, nè alleati, cosa potevo fare? Hunyadi lo capì e per questo mi liberò, tenendomi alla sua corte. -
- Dove ti esibiva ai delegati stranieri come una belva ammaestrata! - esclamò Integra, con rabbia - Dracula il sanguinario ridotto ad un innocuo consigliere del re! Anche questo non capisco! Perchè hai lasciato che quell'uomo e la sua corte schizzassero palate di fango sulle tue imprese? Perchè non hai cercato di raccontare la tua versione dei fatti? -
Il vampiro sorrise con indulgenza paterna. Quanto aveva ancora da imparare, quella ragazzina! Era talmente giovane da riuscire ad illudersi che il prossimo sia disposto ad ascoltare le parole di uno sconfitto! Con pazienza, spiegò:
- La Valacchia soffriva per l'interferenza di tre invadenti vicini: la Transilvania, l'Ungheria e la Sublime Porta. Il resto del mondo, non contava nulla, non poteva risolvere i nostri guai. Quindi cosa vuoi che m'interessasse di come mi dipingevano al di fuori dei regni che si affacciavano sul Danubio? Mi considerassero un mostro assetato di sangue o un eroico crociato, sempre prigioniero di Mátyás restavo. La mia vita era nelle mani di Hunyadi, dovevo stare attento a come mi muovevo, a cosa dicevo. Se dovevo andargli contro e inimicarmelo, preferivo farlo per questioni più importanti di quella. Attendevo, confidando che prima o poi si sarebbero ripresentate le occasioni per riprendermi il regno e così accadde. Radu morì, venne rimpiazzato da un voivoda inizialmente alleato di Hunyadi e che successivamente gli si rivoltò contro. Mátyás decise che era venuto il momento di giocarmi come una carta. Mi diede un esercito e lasciò che riconquistassi la Valacchia. I miei figli maggiori erano ormai degli uomini, avrebbero potuto accompagnarmi in quella guerra, mi sarebbero stati utili, ma non li volli al mio fianco. Sapevo che mi attendevano mesi duri, fra guerre e consolidamento del potere, avevo messo in conto che le probabilità di venire ammazzato fossero alte e non volevo trascinare i miei eredi in una morte inutile. Rimanessero al sicuro in Ungheria; se fossi stato ucciso, loro avrebbero continuato la stirpe. Ed ebbi ragione ad agire così. -
Fine della storia dell'umano Vlad III Dracula, soprannominato l'Impalatore, voivoda di Valacchia. Da quel punto in poi, cominciava la non-vita del vampiro Vlad Dracula. Integra tentennò: Alucard aveva forse rivangato la propria esistenza umana in quanto era consapevole dell'assurdità di nasconderla, dato che veniva raccontata in una moltitudine di biografie. Ma era disposto a narrare anche i secoli della sua non-esistenza di vampiro, ciò che era accaduto prima di incontrare Harker, Van Helsing e compagnia? La ragazzina temeva che una domanda diretta avrebbe fatto chiudere a riccio l'orgoglioso servo. Decise di prendere l'argomento dalla lontana. Avrebbe fatto un passo dopo l'altro. Come inizio, le premeva solo capire un particolare rimastole sempre oscuro:
- Me lo sono domandata spesso...come hai fatto a diventare un vampiro, se non sei stato morso da un altro nosferatu? -
- Sono morto odiando intensamente ed è stato questo a permettermi di diventare un re senza vita. Quanta ira provai in quel momento! Riuscivo ad immaginare i miei nemici fregarsi le mani soddisfatti, alla notizia che l'Impalatore era morto. Quel dannato di Mehmet, quel vigliacco di Mátyás Hunyadi, i boiardi e quei viscidi mercanti sassoni... no, avrei impedito a tutta quella gentaglia di gioire per la mia morte! Se non potevo più combatterli alla luce del sole, con la spada in mano, allora li avrei affrontati col favore delle tenebre, con canini affilati. Qualsiasi cosa ero disposto a fare, pur di non dargliela vinta! Fu così che la mia anima vagò sul campo di battaglia, alla ricerca del mio corpo. Quando lo trovai però era ormai inservibile: quei maledetti mi avevano tagliato la testa, per mostrala in giro e far vedere a tutti che ero davvero morto. Cercai qualcos'altro che facesse al caso mio. Trovai un soldato agonizzante ma ancora tutto intero. Mi accovacciai accanto a lui come un avvoltoio e non appena il suo spirito uscì, entrai io. E da allora in poi, ho vagato sulla terra come vampiro. -
Padrona e servo rimasero a fumare in silenzio per un bel pezzo. Alucard avvertiva la perplessità della giovane master e infine decise di chiederle:
- Cosa c'è che non ti torna del mio racconto? -
- Quindi il corpo di Vlad Tepes... -
- Ţepeş. - disse Alucard, correggendo la pronuncia della padrona.
- Sì, vabbè, dicevo il corpo di Vlad Tepes... -
- Ţepeş. - corresse nuovamente Alucard, con voce più alta di prima.
- Oh, insomma, lasciamelo dire come mi riesce. In fondo, cosa cambia? -
- Cambia tantissimo, invece! - sbraitò il vampiro, voltandosi come furia verso la master - Voi inglesi rompete le palle a qualsiasi straniero, correggendogli continuamente la pronuncia. I tuoi antenati mi hanno martirizzato su questa faccenda. Master Abraham, nonostante fosse un olandese e avesse un accento peggiore del mio, era capace di tenermi un pomeriggio intero a farmi ripetere una parola finchè non la dicevo correttamente. E ora pretendi che te la faccia passare liscia, che ti permetta di pronunciare il mio vero nome storpiandolo come ti pare e piace? Ah, no, master! Se vuoi dirlo nella sua lingua originale, pretendo che tu lo faccia correttamente. Se non ti riesce, dillo all'inglese: Vlad The Impaler. -
Integra squadrò il servo con odio. Da un lato capiva che Alucard aveva tutte le ragioni dalla sua parte ma dall'altro la irritava terribilmente l'idea di dargliela vinta. Rimase per un po' a meditare su quale fosse la strategia migliore da adottare: doveva arrendersi o intestardirsi sulla sua strada? Infine, dopo aver preso un profondo respiro, disse:
- Quindi il corpo di Vlad Tepes... -
- Ţepeş. - corresse Alucard, implacabile.
- Oooh, 'fanculo! - ringhiò Integra, esasperata - Dicevo, quindi il vero corpo di Vlad l'Impalatore è diventato concime per le piante. E' come se il re sia morto definitivamente. -
- Non esattamente. Quando compri un vestito nuovo, occorre del tempo perchè prenda la forma del tuo corpo, diventando realmente tuo. Per me avvenne qualcosa di molto simile. Il cadavere del soldato di cui mi impossessai, era profondamente diverso dall'aspetto che mi vedi adesso. Era come se me lo sentissi...stretto intorno alla mia anima. Ma ormai era qua dentro che dovevo albergare e mi sforzai di farmelo piacere. Col trascorrere degli anni, via via che sviluppavo i miei poteri non-umani, capii che potevo plasmare il mio aspetto come meglio mi aggradava. Non mi lasciai sfuggire l'occasione e cominciai a crearmi il corpo che avrei desiderato possedere quand'ero umano. Siamo sinceri, master: da vivo ero davvero brutto. Basso e tracagnotto e col viso ossuto. E' vero, avevo un fisico da combattente, adatto alla guerra ma non mi sarebbe dispiaciuto essere imponente quanto le mie aspirazioni. Così, diventato vampiro, mi diedi l'altezza che preferivo, la faccia che più mi andava a genio e il risultato finale, cioè come mi vedi adesso, è profondamente diverso dal materiale di partenza, cioè i resti del soldato morto. Adesso posso veramente dire che questo è il mio corpo, mi appartiene, si adatta perfettamente alla forma della mia anima . -
Integra rimase in silenzio. Le sarebbe piaciuto sapere cos'aveva fatto il servo, una volta diventato vampiro, ma non sapeva come abbordare l'argomento. Era intenta a lambiccarsi il cervello quando le arrivò nelle costole una gomitata di Alucard, non forte ma leggera come un solletico.
- Forza master, sputa il rospo. - disse il vampiro in tono malizioso - Ormai ti conosco abbastanza da capire che ti stai arrovellando la testa. I tuoi neuroni in questo momento si agitano come un criceto che corre nella ruota. Guarda che se vuoi sapere qualcosa della mia esistenza vampira, non hai che da chiederlo. Non è necessario arrivarci per vie traverse. -
- Ma se fino ad oggi, ogni volta che ti facevo una domanda, svicolavi l'argomento! -
- Lo so ma oggi, a differenza delle altre volte, sono in vena di raccontare, come un vecchio bacucco a cui piace esclamare "Ai miei tempi, questo non accadeva!" -
Integra aggrottò le sopracciglia. Anche lei conosceva abbastanza Alucard da sapere che molto raramente il vampiro si lasciava sfuggire un gesto o una parola che non fosse meditato, o mirasse all'ottenimento di un risultato. Quella loquacità così improvvisa la insospettiva.
- Perchè oggi sei così generoso di parole? -
- Perchè i ricordi sono più forti di me e m'inseguono e mi mordono come cani rabbiosi. - rispose con sincerità Alucard - Li tengo costantemente rinchiusi in un angolo della mente ma arriva sempre il giorno in cui escono da quello stanzino, invadendo il mio cervello. Fatico a rificcarli nell'angolo buio dove devono stare. Finchè non riesco a racchiuderli nuovamente tutti quanti, continuano a ballarmi davanti agli occhi e ormai ho imparato che fanno meno male quando li condivido con qualcuno. -
Quindi non era la generosità a muovere Alucard ma al contrario, semplice tornaconto personale. Sir Hellsing non si sentì nè delusa nè arrabbiata; giudicava quel comportamento perfettamente in linea con la personalità del servo e anche lei, egoisticamente, ne avrebbe tratto vantaggio, sfamando la sua curiosità:
- Va bene, allora farò una domanda diretta. Dopo essere diventato un vampiro, cosa facesti? -
- Molte storie di fantasmi raccontano che l'anima di chi muore violentemente continua a ripetere ogni notte le stesse azioni che faceva quand'era in vita, perchè non si rende conto che ormai è deceduta. Per me accadde qualcosa di simile. A differenza di un fantasma, sapevo di essere morto e di essermi trasformato in un vampiro ma come le anime in pena, continuai a svolgere ciò che facevo in vita. Ero stato ucciso mentre muovevo guerra all'Impero Ottomano. Mi risvegliai nosferatu sul campo di battaglia. Aprii gli occhi, mi alzai in piedi e ripresi il mio cammino verso la Sublime Porta. Sai, master, detesto i vampiri novellini, quelli che non riescono a distaccarsi dalla loro precedente esistenza umana. Sono così patetici! E' anche per questo che odio ricordare il mio passato. Anch'io sono stato un novellino che per lungo tempo ha continuato ad agire in base alle passioni e agli interessi della sua precedente vita umana e tutto questo adesso mi riempie di vergogna. Trascorsi quarant'anni di non-esistenza vampira nell'Impero Ottomano, continuando a condurre in solitaria la mia guerra contro Mehmet. Mangiavo i suoi sudditi. Ogni tanto mi divertivo a compiere delle stragi senza essere mosso dalla fame. Lanciavo al galoppo il mio cavallo e falciavo con la spada la gente che scappava davanti a me. -
Integra chiuse gli occhi e sospirò, cercando di cacciare dalla mente l'orrenda scena che Alucard le aveva appena descritto. Obbligò il suo pensiero a concentrarsi su di un punto che la lasciava perplessa:
- A cosa ti serviva un cavallo? Sei un vampiro, se t'impegni puoi correre più veloce di un destriero. Ma anche la spada, non capisco cosa te ne facessi, data la tua forza. -
- Perchè non ti sei posta la stessa domanda con Casull? A cosa mi serve una pistola? Master Arthur sapeva che già a mani nude so fare molto male e proprio per questo pensava che armandomi sarei diventato ancora più pericoloso. Io, secoli fa, feci lo stesso ragionamento. Una spada mi rendeva ancora più micidiale e sai quand'è che una lama esprime tutto il suo potenziale? Quando la brandisci dalla groppa di un cavallo! Il cavallo mi serviva anche per tanti altri motivi. Adesso la mia terra di sepoltura giace nella bara ma non crederai che per secoli mi sia trascinato appresso quella cassapanca? La prima cosa che feci, diventato vampiro, fu riempire un sacco di tela robusta con la terra su cui ero morto. Anzi, sulla terra su cui erano deceduti tutti e due i miei corpi, quello originale e quello del soldato, così da non sbagliarmi. Portarsi appresso un sacco tanto voluminoso sulle spalle era scomodo, meglio legarlo sulla groppa di un cavallo, dietro la sella. Inoltre, in quel modo, molti si convincevano che dentro il sacco si nascondessero chissà quali mercanzie, ed era un'ottima esca con cui attirare le prede. Non hai un'idea di quante volte abbia cenato con i briganti che mi fermavano lungo la strada, dicendo "O la borsa, o la vita". Ancora, un vampiro non può attraversare i fiumi se non sta sopra la sua terra di sepoltura. A me bastava sedere sul sacco, avviare il cavallo nel guado e in quel modo andavo dove mi pareva. Per finire, i cavalli non erano animali alla portata di tutti. La gente comune aveva gli asini, i muli se era abbastanza ricca, ma i cavalli erano roba da signori e gli aristocratici, master, erano della gran brutta gentaglia e se te lo dico io che sono nobile, puoi crederci. Dove giungevano i signori, c'era sempre il rischio che ci scappasse uno stupro, o un assassinio, senza che la gente comune avesse il diritto di difendersi o vendicarsi. Per questo, ogni volta che vedevano passare un uomo a cavallo, nei loro occhi brillava il timore e a me ha sempre fatto piacere incutere paura. Per tutte queste ragioni, ho trascorso quattro secoli di esistenza vampira sempre in sella come un unno. -
Il vampiro tacque, prendendosi una pausa per fumare il suo sigaro. Integra incalzò con un'altra domanda:
- Quei decenni nell'Impero Ottomano li trascorresti da solo? O ti creasti una draculina? -
- All'inizio guerreggiavo da solo. Assassinare quanti più sudditi potevo di Mehmet era il mio unico interesse. Dopo qualche decennio, pensai che la mia missione sarebbe stata più efficacie con un aiutante ma ad essere sincero, all'inizio cercai un servo fra gli uomini, non fra le donne. Volevo qualcuno che mi aiutasse a condurre la mia battaglia, un soldato ai miei ordini. Sì, avevo sentito raccontare che un nosferatu può vampirizzare solo individui vergini del sesso opposto, ma avevo anche imparato sulla mia pelle che non tutte le leggende sui vampiri erano vere quindi, prima di prendere per oro colato quell'affermazione, dovevo verificarla personalmente. Provai a vampirizzare tutti i maschi che mi capitavano a tiro: uomini, bambini, ragazzi, vecchi, invertiti, eunuchi...si trasformavano tutti in ghouls e mi toccava ammazzarli trafiggendogli il cuore. Così capii che quella era una delle poche notizie esatte sui vampiri e se volevo un servo, mi toccava cercarlo in mezzo alle donne. Che rabbia mi faceva tutto ciò! A cosa mi serviva una donna? Non era in grado di combattere! Non ti scaldare master, lo sento che ti stai innervosendo. So che al giorno d'oggi ci sono donne negli eserciti ma io ti parlo di un'altra epoca, a cavallo fra il '400 e il '500. Non credere a quegli stupidi film che mostrano un medioevo di pura invenzione, con donne in pantaloni frammiste ai cavalieri e altre idiozie simili. Le donne indossavano la sottana, impugnavano zappe e fuso ma non certo spade e all'approssimarsi di un esercito, fuggivano per non essere violentate. Questa era la realtà. -
- Ma alla fine, tre donne te le sei vampirizzate! -
- Quel pettegolo di Bram Stoker! Ha spifferato al mondo intero la mia vita privata! Il tutto senza neanche chiedermi il permesso! Sì, master, alla fine mi sono creato delle compagne. Ma prima di arrivare alle tre leonesse che stavano per spolparsi quell'idiota di Jonathan Harker (e non hai un'idea di quanto mi sia pentito di non averglielo fatto mangiare!)  la strada è stata lunga. Non è facile vampirizzare una persona. Devi berle una certa quantità di sangue e farle inghiottire un po' del tuo. Ma quant'è il sangue che devi toglierle e quanto quello che devi darle, non lo trovi mica scritto sui libri di scuola. Devi provare, improvvisare e procedere per tentativi ed errori.  Me ne sono schioppate tante di donne fra le braccia, mentre cercavo di vampirizzarle. Poi, una notte, mentre vagavo per l'Anatolia, m'imbattei in un accampamento di pastori nomadi e siccome era da tanto tempo che non mi divertivo a sterminare un po' di nemici, decisi di mettere a ferro e a fuoco quelle tende. -
- Vigliacco! Era gente che dormiva! Erano persone inermi! -
- La maggior parte delle mie prede le ho sempre sorprese nel sonno. Non è colpa mia se gli umani sono come le galline, che col buio vanno a dormire. Be', insomma, mi divertii a sterminare quell'accampamento. Riuscii a massacrare tutti, tranne una donna. Era la mia ultima preda ma lei non era disposta a lasciarsi uccidere tanto facilmente. Credo che passai almeno due ore ad inseguirla per quell'accampamento distrutto. Aveva divelto un palo che reggeva una tenda. Era un'asta di frassino e con quella mi teneva a distanza mentre mi lanciava addosso tutto ciò che le capitava fra le mani: pietre, pentole, scarpe e un'infinità di insulti. Non fu facile strapparle di mano quel maledetto palo e quando ci riuscii, lei ancora non si considerò sconfitta. Mi prese a calci, a morsi, a  testate, a sputi, mi ficcò le unghie negli occhi per accecarmi...La maggior parte degli umani, quando vede avvicinarsi la morte, è talmente prostrata dalla paura da essere incapace di reagire. Negli occhi di quella selvaggia invece non c'erano nè paura nè sfinimento, solo una rabbia enorme. Mi dissi che tanta combattività andava premiata. Era ingiusto che la mangiassi come tutti gli altri, così la vampirizzai. E ci riuscii! Non crepò, nè si trasformò in ghoul. Sekure fu il mio primo esperimento di vampirizzazione riuscito! -
- E ti sembra un premio, questo? Perchè non l'hai lasciata in vita come umana? -
- Ragioni proprio come Sekure, my master. Non mi fu mai grata per averla trasformata in una draculina. Mi rinfacciò sempre che avrei potuto lasciarla vivere ma quest'ipotesi era di un'idiozia assoluta. Quale destino le sarebbe toccato, se l'avessi lasciata umana e mollata da sola su quell'altopiano dell'Anatolia? Se non si fosse allontanata immediatamente da quel cumulo di cadaveri, se avesse avuto la malsana idea di dare sepoltura ai suoi cari, sotto quel cocente sole estivo, avrebbe contratto qualche malattia, morendo nel giro di pochi giorni. Ma anche abbandonando all'istante quell'accampamento distrutto, dove sarebbe potuta andare? Se non fosse morta di fame vagando per quelle montagne, sarebbe congelata all'arrivo della prima nevicata. Se fosse stata molto, ma molto fortunata, nel suo girovagare avrebbe potuto incontrare una carovana di mercanti, o un altro gruppo di pastori e allora sai cosa sarebbe successo? Prima le avrebbero dato da mangiare, poi avrebbero preteso che pagasse ciò che aveva inghiottito lasciandosi violentare e infine l'avrebbero ridotta in schiavitù. Che prospettiva esaltante, eh? -
- Tu non capisci. O meglio, fingi di non capire. L'errore l'hai fatto a monte. Non dovevi massacrare quelle persone. Se le avessi lasciate vivere, davanti a Sekure non si sarebbero prospettate nè la morte per fame, nè quella per congelamento, nè la schiavitù, quindi aveva tutte le ragioni per non esserti grata! -
- Ero in guerra contro l'Impero Ottomano e quei pastori ne facevano parte. Non ho commesso nessun errore uccidendoli. -
- Balle! Dei pastori nomadi non potevano rappresentare un pericolo per la tua Valacchia o per il clan Draculesti! -
- Balle! Erano un pericolo potenziale! Ti ho spiegato che nell'Impero Ottomano chiunque poteva fare carriera. Per quel che ne sapevo, fra i bambini di quell'accampamento poteva annidarsi un futuro generale che avrebbe sottomesso la mia Valacchia, quindi avevo tutte le ragioni per massacrarli! -
- Scommettiamo che secondo il calcolo delle probabilità, l'eventualità che da quell'accampamento di pastori potesse venire fuori un pericolo per il tuo ex-regno, erano talmente basse da rasentare lo zero? -
Il vampiro digrignò i denti. Certo che era veramente difficile riuscire ad avere l'ultima parola con Integra! Se era così sveglia adesso, quando aveva solo dodici anni, c'era da tremare al pensiero di come sarebbe diventata da adulta.
Siccome non sapeva come replicare, Alucard non trovò niente di meglio che esclamare:
- Basta, non ha senso parlare di strategia militare con una ragazzina! -
Non era una gran risposta, il vampiro lo capiva bene, così facendo stava solo mostrato la sua coda di paglia ma era decisamente troppo irritato per continuare quella discussione.
La schiena di Integra era appoggiaita contro la sua, non poteva vedere il volto della master ma era certo che in quel momento, il faccino della ragazzina fosse illuminato di trionfo. Alucard incassò signorilmente il colpo e proseguì nel racconto:   
- Dicevo, Sekure non mi fu mai grata per l'enorme favore che le feci. Quando si risvegliò dai tre giorni di sonno che la trasformarono da umana in draculina, appena si rese conto di essere diventata una succhiasangue, cominciò a gridare, disperarsi e strapparsi i capelli. Tentò anche di scappare ma fuori dalla grotta dove alloggiavamo era pieno giorno, i raggi del sole l'accecarono e lei rimase lì, acquattata all'ingresso, piangendo e lasciandosi scottare dal sole. La presi per mano e la ricondussi dentro ma mi fu chiaro sin dal primo giorno che la mia allieva era una grossa gatta da pelare. Ero il suo maestro, era mio dovere insegnarle a camminare in quella nuova vita, finchè non fosse stata capace di cavarsela da sola. Sekure però era fermamente convinta che mirassi a fregarla, quindi pensava che l'unico modo per salvarsi fosse fare l'esatto contrario di ciò che le dicevo. Le spiegavo che ormai non poteva più avvicinarsi all'acqua e mangiare cibo umano. Oltre a questo, non sempre riuscivamo a trovare un riparo dove passare il giorno prima che sorgesse il sole. In quei casi, per non farci del male, dovevamo alzarci sulla testa il cappuccio del mantello e proseguire il cammino tenendo il sole sempre alle nostre spalle. Credi che desse ascolto ai miei consigli? Per lungo tempo continuò a mangiare la frutta che cresceva sugli alberi, o il cibo umano che trovava nei villaggi che attraversavamo, ottenendo l'unico risultato di rotolarsi per terra dal dolore, non riuscendo a digerire quella roba. Così come si ostinò a continuare a bere l'acqua, o immergersi nei torrenti, ustionandosi. E quando le dicevo di tirare su il cappuccio e di camminare col sole alle spalle, o non si copriva, scottandosi come se si fosse bruciata col fuoco, o si voltava a guardare il sole, accecandosi, e poi mi toccava tirarmela appresso per la mano, o per le briglie del suo cavallo. -
- Un comportamento perfettamente ragionevole e comprensibile, il suo. - Lo interruppe Integra, con le sopracciglia aggrottate - L'"enorme favore" che le avevi fatto, glielo imponesti. Non aveva scelto lei di diventare una draculina, quindi perchè si sarebbe dovuta fidare dei tuoi consigli? L'avevi già fregata una volta, per quel che ne sapeva potevi riprovarci e la sua condizione sarebbe peggiorata ulteriormente. Io non riuscirei a rinunciare al cibo umano. E non saprei vivere senza il piacere dell'acqua. Una doccia bollente in inverno, un tuffo in una piscina fresca in estate, un bicchiere d'acqua quando ho sete, cosa c'è di più appagante di tutto questo? E come si può vivere un'eternità senza più ammirare lo spettacolo di un'alba? E senza il tepore del sole sulla pelle, nelle giornate di primavera? E' ovvio che Sekure non volesse crederti e si ostinasse a continuare a vivere come aveva sempre fatto. Magari sperava che, a furia di insistere, sarebbe riuscita a riabituarsi nuovamente al sole, al cibo e all'acqua. Quindi non tentare di farla passare per una mentecatta. Non davanti a me. E poi, siamo sinceri: neanche tu credi che lo fosse. So che non lo ammetterai mai a parole, ma dato che non sei uno scemo, credo ti sarai reso conto dell'errore che facesti, vampirizzando Sekure, e te ne sarai pentito chissà quante volte. -
Il vampiro non si scompose davanti a quel fiume di parole, nè Sir Hellsing sperava di ottenere un simile risultato. Tutto ciò che il nosferatu fece, fu levarsi il sigaro dalle labbra e chiedere indifferente:
- Hai terminato il tuo sproloquio moralistico? -
- Sì, puoi riprendere il racconto. - concesse Integra in tono sussiegoso.
- Non so che idea ti sia fatta di Sekure. Forse il tuo cervellino di ragazzina, dopo aver sentito che rimase ferma a piangere sulla soglia della grotta, la immagina come un'anima sensibile e delicata. Spazza via dalla tua testolina quest'idea ridicola. Quella fu una delle pochissime occasioni in cui frignò. Sekure non era una donna dalla lacrima facile. L'aggettivo che meglio la descrive è "belva". Era una tigre taciturna e silenziosa. Parlava poco, sorrideva ancora meno e non rideva quasi mai. Non sapevi cosa le frullasse per la testa. Ce ne volle prima che quella testarda si arrendesse all'idea che era la mia allieva e doveva stare con me. Tentò di scappare un'infinità di volte, spesso portandosi i cavalli appresso. Ma io, con o senza cavalli, riuscivo sempre a raggiungerla. -
- E cosa facevi quando la trovavi? - chiese la master, piena di diffidenza e ostilità nei confronti del servo.
- La massacravo di botte. E' questo che vorresti sentirti rispondere, vero? Un mostro non può che comportarsi mostruosamente in ogni occasione, giusto? Devo deludere le tue aspettative, mia padrona. Quando la raggiungevo, non gliele suonavo. A che scopo l'avrei dovuta picchiare? Riacciuffarla era un gioco da ragazzi, per me. Mi divertiva, lanciarmi al suo inseguimento e l'espressione affranta che le brillava negli occhi quando mi vedeva ricomparire davanti a lei, bastava a soddisfare la stronzaggine insita nel mio animo. Risalivo sul mio cavallo e riprendevamo il cammino senza dire una parola. -
- Poveretta! - esclamò Integra, pensando a quanto dovesse sentirsi avvilita la draculina nel constatare che l'impegno messo in quelle fughe, si risolveva sempre in un nulla di fatto.
- Macchè poveretta! Poveretto io, dato che me ne combinò di tutti i colori! Ero il master, il capobranco, dovevo camminare davanti per tracciare il sentiero ma mi resi presto conto che procedere con quella belva alle spalle era pericoloso. Stava sempre zitta, rimuginando sulla propria condizione. Ogni tanto quei pensieri le facevano scattare dei raptus d'ira e allora mi assaliva alle spalle. Mi saltava sulla schiena aggrappandosi con le gambe e un braccio, e con la mano libera menava a più non posso. E' seccante ammetterlo ma quella belva sapeva picchiare sodo e non era facile scollarsela di dosso così presi l'abitudine di farla viaggiare al mio fianco, in modo da anticiparne le mosse. Purtroppo c'erano sempre dei momenti in cui mi toccava procedere davanti. Una sera, stavamo attraversando un valico di montagna. Il sentiero era stretto, dovevamo camminare in fila indiana. Quella maledetta scelse proprio quel momento per lasciarsi prendere dai suoi attacchi furiosi! Riuscì a farmi ruzzolare nel burrone, accidenti a lei! -
Integra, che udendo quella storia non poteva fare a meno di sorridere divertita, replicò:
- Non farla tanto tragica. Se sei qui a raccontarla, vuol dire che non è stata poi una così brutta caduta, ti pare? -
- Altrochè se fu una brutta caduta! Solo perchè non ci rimasi secco, non vuol dire che non mi feci male! Volai giù per un precipizio, sbattendo contro tutti gli spuntoni di roccia che sporgevano dalle pareti! Quando finalmente toccai il suolo, mi occorsero un bel po' di ore per riuscire a rimarginare le mie ferite. Capirai, ero un vampiro alle prime armi, a quei tempi me lo sognavo il potere rigenerativo che possiedo adesso!-
- E Sekure fuggì? - chiese Sir Hellsing, improvvisamente seria. Empatizzava con la sorte della draculina, vampirizzata contro il suo volere.
- No, ormai aveva smesso da un pezzo di tentare di scappare, capiva che si trattava di tentativi inutili. Non mi aveva spinto nel vuoto per sbarazzarsi di me ma in un attacco di rabbia acuta. Conoscendola, immagino che quando mi vide capitombolare giù per il dirupo, sarà rimasta  a guardarmi cadere con la sua solita faccia seria e impassibile. Poi si sarà fermata ad attendermi, tanto sapeva che non sarei morto. Infine, vedendo che perdevo tempo, andò alla ricerca di un riparo per il giorno. -
Il vampiro emise un sospiro scocciato. La rievocazione di quel ricordo lo seccava oltre ogni dire, era evidente. Infine, con le sopracciglia aggrottate, ricominciò:
- Impiegai tutto il resto della notte per arrampicarmi fuori dal crepaccio e appena raggiunsi il valico, mi misi sulle tracce di quella sciagurata, deciso a fargliela pagare. Seguii i suoi passi, sbucai in un pascolo montano e trovai quella disgraziata intenta a mettere le pastoie ai cavalli. Mentre mi aspettava, aveva ammazzato il tempo preparando l'accampamento. Aveva tolto i nostri sacchi con la terra di sepoltura dalle selle sistemandoli in una grotta, aveva tolto i finimenti ai cavalli, li aveva strigliati, portati all'abbeverata e adesso li stava preparando per mandarli al pascolo. -
Alucard sospirò, ancor più scocciato di prima:
- Cosa vuoi che ti dica, master? Sarà che ero stanco morto, perchè a quei tempi la resistenza che possiedo adesso me la sognavo, ma quando vidi che quella belva aveva sbrigato tutto il lavoro, e il mio sacco si trovava nella grotta, pronto perchè mi ci sdraiassi sopra e mi addormentassi, persi tutti i miei propositi bellicosi. Rivolsi a Sekure solo qualche parolaccia, a mò di rappresaglia, poi mi buttai sul mio sacco. Mi avvolsi nel mantello, mi calai il cappuccio sulla testa e mi addormentai come un sasso. -
Integra rise clamorosamente. Le piaceva questa Sekure, capace di tener testa al suo arrogante servitore. Non dovevano essere molte, le personalità su questa Terra, capaci di un simile risultato.
- Andiamo Alucard, meritavi questo e anche di peggio, considerando tutto ciò che avrai inflitto a quella povera draculina! -
Il vampiro, che non aveva fatto una piega davanti alla risata della master, nell'udire quelle parole si risentì. Con freddezza, commentò:
- La degna discendente di master Abraham Van Helsing. -
La risata di Integra s'interruppe bruscamente. Un senso di disagio s'impadronì della ragazzina. Da quando aveva letto i diari del suo antenato, si era posta spesso la domanda su quanto gli somigliasse.
"Come agirebbe lui in questa situazione?" si chiedeva ogni qualvolta Alucard o l'Organizzazione Hellsing la mettevano alle strette e, sempre, aveva cercato di agire nel modo che supponeva fosse diametralmente opposto a quello dell'avo, temendo di ripeterne gli errori. Il giudizio del nosferatu era stato quindi come uno schiaffo in pieno viso. Dunque somigliava all'ingombrante capostipite più di quanto supponesse?
Il vampiro proseguì:
- La grettezza degli umani non ha confini. Date sempre per scontato che chi non appartenga alla vostra specie non abbia regole, usanze, limiti. Anche l'esistenza degli esseri sovrannaturali è governata da poche norme basilari. Il fatto che non siano numerose quanto le vostre, non vuol dire che siano assenti. Non siamo noi ad essere nel torto, avendo poche leggi. Siete voi a risultare patetici, seppellendo le vostre potenzialità sotto strati di norme inutili. -
- Ma cos'ho detto di sbagliato? - chiese Sir Hellsing, fra il risentito e il mortificato, non comprendendo il proprio errore.
- Perchè dai per scontato che abbia inflitto crudeltà gratuite alla mia allieva? Ogni volta che desideravo essere efferato con qualcuno, andavo in cerca di una preda o di un avversario. Che bisogno avevo di crearmi una discepola per torturarla? Ero il suo maestro, tutto ciò che feci fu guidarla nella sua nuova vita. E prima che ti venga in mente quest'idea, non la violentai. Era sotto la mia tutela, avevo delle responsabilità nei suoi confronti, allo stesso modo dei tuoi insegnanti verso gli alunni. -
Integra si sentì punta sul vivo. Non aveva una gran stima per i suoi professori ma rimanevano comunque degli umani e l'idea che potessero equivalere ad un mostro come Alucard, la irritò:
- Non puoi metterti sullo stesso piano con loro! - ringhiò pertanto la biondina.
- Perchè? Perchè loro sono umani e io no? E allora? Non verrai a dirmi che tutti gli insegnanti umani sono delle brave persone. Non verrai a dirmi che non ci sono professori che abusano del loro potere per spadroneggiare sui giovani loro affidati. -
Sir Hellsing non potè negarlo e si rinchiuse in un rancoroso silenzio. Il vampiro continuò:
- Una draculina ha il diritto di essere rispettata dal suo maestro, così come un giovane vampiro ha il diritto alla correttezza da parte della propria maestra. Quando poi l'allieva diventerà una vampira a tutti gli effetti, sceglierà come proseguire la sua strada. Può decidere di staccarsi dal master. Oppure può rimanere con lui, stabilendo se in qualità di compagna o di figlia. Per quel che mi riguarda, fui più serio del principe di Biancaneve. Se quello lì approfittò del sonno della principessa per sbaciucchiarsela, io non mi azzardai a fare nemmeno quello. Non c'era da scherzare, con Sekure. Già trascorrevo i miei giorni dormendo con un occhio aperto, perchè da quella matta c'era da attendersi di tutto, figurati se le avessi fatto il minimo screzio contro la sua volontà cosa sarebbe successo! Mi sarebbe toccato dormire con tutti e due gli occhi aperti se non volevo correre il rischio di essere evirato nel sonno. E magari, non contenta, sarebbe pure corsa a buttarmelo in qualche pozzo, così da farlo sciogliere nell'acqua e allora avrei potuto dirgli addio per l'eternità. Dato che non riuscivo a dormire con entrambi gli occhi aperti e ci tenevo a restare tutto intero, mi guardai bene dallo sfiorarle anche un capello. -
Integra si riaccese il sigaro, spentosi nel frattempo, mentre ascoltava Alucard continuare a ricordare:
- Che la mia compagnia le pesasse, era chiaro. Glielo spiegai più di una volta che finchè fosse rimasta una draculina, non l'avrei lasciata andar via. Era un essere a metà, non più umana e non ancora vampira. In quello stadio, da sola, non sarebbe campata a lungo. Una volta che avesse bevuto sangue umano, sarebbe diventata una regina della notte a tutti gli effetti e a quel punto sarebbe stata libera di andarsene dove le pareva. Ovviamente non mi diede retta. Come in tutto il resto, pensava che dovesse fare l'esatto contrario di quel che le dicevo per mantenersi sana e salva. Presto si rese conto che non potendo più mangiare cibo umano, era realmente obbligata a bere sangue se non voleva morire definitivamente e da quella testarda che era, ripiegò mangiando gli animali. -
Integra sgranò gli occhi, costernata:
- Non ho mai sentito dire che un vampiro beva il sangue degli animali! -
- Questo perchè sei un'ignorante patentata in fatto di vampiri. - rispose placido Alucard.
- Ehi! Come ti permetti! Sono un'Hellsing, appartengo a una famiglia che da generazioni dà la caccia ai vampiri e... -
- E tuo padre non ti ha insegnato granchè sulle tue prede. Se ripenso a quando mi proponesti di bere il sangue freddo di frigo, appena mi risvegliai! - il volto del vampiro si contrasse in una smorfia disgustata e si coprì gli occhi con una mano - No, meglio non rivangare certe reminescenze. Per tornare in argomento, sì master, beviamo anche sangue animale benchè il nostro preferito sia indubbiamente quello umano ma non sempre ci sono persone a disposizione da mangiare. Capisco che questo concetto, in un mondo sovrappopolato come quello odierno, suoni bizzarro ma nei secoli passati esistevano vaste aree semi-abbandonate, o totalmente spopolate. Quando mi capitava di attraversarle, cosa credi che facessi? Che rimanessi a digiuno per tutto il tempo della traversata, che poteva durare anche mesi? Sarei morto di fame! In quei casi, ripiegavo anch'io sugli animali, domestici o selvatici, non faceva differenza. Sekure, scegliendo di bere solo il sangue degli animali, si teneva in vita ma non poteva trasformarsi in una vera vampira. L'unico modo per diventare una regina della notte, consisteva nel succhiarsi un umano ma lei rifiutava categoricamenter di compiere quel passo, dicendo che non voleva trasformarsi in un'assassina. Cercavo di allettarla, le ricordavo che dopo aver bevuto una persona avrebbe potuto andarsene, vampirizzare a sua volta un discepolo e crearsi un suo branco, di cui sarebbe stata la padrona. Ma lei rispondeva che non desiderava vampirizzare nessuno, non voleva infliggere ad altri la stessa sofferenza che pativa lei. Che capocciona era! Lì mi ripromisi che quella sarebbe stata la prima e ultima volta in cui vampirizzavo una donna contro la sua volontà. Era davvero una faticaccia improba farla diventare una vampira adulta! -
- Ma alla fine sarà riuscita a diventare una vampira vera. Se fosse rimasta una draculina, a quest'ora sarebbe ancora al tuo fianco! -
- Che razza di ragionamenti assurdi fai, master? Mi viene voglia di prenderti a ceffoni, quando parli senza pensare. Non è in base alla sua presenza o meno che puoi valutare la sua storia. Io adesso sarei da solo comunque, dato che le mie leonesse furono uccise da Van Helsing. -
Sorpresa da quella risposta, un sospetto cominciò a farsi strada nell'animo della piccola Sir: che Sekure fosse stata la prima delle tre leonesse a cui Alucard accennava ogni tanto? Il servo proseguì:
- Col tempo Sekure sembrò accettare l'idea di essere diventata una succhiasangue. Smise di fare sempre l'esatto contrario di quello che dicevo. Cominciò a fidarsi di me. E anche io cominciai a fidarmi di lei. Sottrassi a una preda una spada della misura di Sekure e le insegnai ad usarla, così avrebbe potuto aiutarmi quando compivo stragi nei villaggi. Mi rispose che non voleva infliggere agli altri ciò che era accaduto alla sua famiglia ma non le diedi retta. Così come si stava abituando a dormire di giorno e a tenersi alla larga dall'acqua, prima o poi avrebbe imparato anche ad apprezzare le stragi. Smise di attaccarmi alle spalle quando camminavo davanti a lei. Cominciai a sentirmi tranquillo in sua compagnia e presi l'abitudine di dormire con tutti e due gli occhi chiusi. Questo fu un grosso errore. -
Alucard aspirò una boccata di fumo prima di proseguire:
- Un giorno, mentre dormivo, Sekure prese la sua spada e mi tagliò la testa. Non contenta, fece a pezzi anche il resto del mio corpo. E' una fortuna che nelle vicinanze non ci fossero sorgenti d'acqua, sennò potevo star certo che almeno la metà di me sarebbe finita in un torrente a squagliarsi. Dopo avermi affettato, prese il mio sacco con la terra di sepoltura, lo portò fuori dalla casa abbandonata dove ci trovavamo, lo squarciò con la lama e disperse la mia terra tutt'intorno. Infine prese il suo sacco, i cavalli e scappò. Era convinta di avermi ucciso e se devo essere sincero, anch'io continuo a stupirmi di non avere terminato la mia carriera di vampiro nella spelonca in cui mi macellò. Non usò lame d'argento o paletti di frassino ma mi affettò con una diligenza tale, che a rigor di logica avrei dovuto restarci secco comunque. Se sono qui a raccontarla, è perchè non centrò come si deve il mio cuore, non esistono altre spiegazioni. Mi maciullò con una pignolerìa tale che impiegai giorni prima di riuscire a ricomporre il mio corpo, e devo ringraziare i miei famigli demoniaci se nell'attesa non venni mangiato da qualche animale di passaggio. Quando tornai tutto intero, uscii a cercare la mia terra di sepoltura. Se in quelle notti avesse piovuto o tirato vento, si sarebbe dispersa tutta e sarei schiattato comunque. Ero talmente debole, dopo la fatica fatta per riattaccarmi, che avevo bisogno di dormire sulla mia terra per recuperare le forze. Per fortuna erano state notti di tempo asciutto e la mia terra era ancora tutta lì, intorno alla casa. Impiegai un bel pezzo a raccoglierla, la infilai nel mio mantello che legai come un sacco, me lo misi in spalla e partii alla ricerca di Sekure. Mi occorse qualche settimana per trovarla. Una mattina presto entrai in una chiesetta sconsacrata e la trovai che dormiva della grossa. Così mi sedetti e attesi che si risvegliasse. -
Integra quasi sobbalzò per lo stupore:
- Aspettasti? E perchè mai? Non è da te! -
- Non è da me? E chi lo dice? Mi conosci ancora troppo poco, master, per poter dire con tanta sicurezza cosa è o non è da me. Sekure si era addormentata serenamente. Volevo che la prima cosa che vedesse, appena aperti gli occhi, fosse me. Volevo che rimanesse per qualche istante nel dubbio, chiedendosi se stava sognando o meno e una volta compreso che ero reale, nei suoi occhi sarebbe brillato il terrore. Era quello che volevo vedere e fu ciò che avvenne. Ebbe paura solo per pochi istanti, poi si alzò subito in piedi, mettendosi sulla difensiva, ma a me era bastato comunque. -
Una pausa di silenzio poi, in tono ammirato, Alucard esclamò:
- La più epica scazzottata della mia non-vita! Alla fine ovviamente vinsi io ma fu una vittoria sudata perchè Sekure sapeva picchiare bene. Mi sedetti sulla sua schiena come su di un tappeto e le dissi che nemmeno io volevo la sua compagnia. Non desideravo stare con una pazza che tentava di uccidermi nel sonno ma non potevo lasciarla andare finchè non fosse diventata una vampira completa, quindi doveva arrendersi a bere sangue umano. Quando riprese forze sufficienti per rispondermi, disse che se volevo che bevesse sangue umano, saremmo dovuti andare nella mia terra. Finchè fossimo rimasti nell'Impero Ottomano, si sarebbe rifiutata di divorare la sua stessa gente. Così la condussi in Valacchia. Speravo che, appena arrivati lì, avrebbe azzannato il primo umano che le capitava, invece scartava tutti quelli che incontrava. Cominciai a temere che volesse fregarmi nuovamente ma mi sbagliavo. Stava solo cercando la preda dei suoi sogni. Scovò un uomo che mi somigliava parecchio. Fu lui che mangiò, dopo essersi divertita a torturarlo per parecchie notti. Cosa ne dici, master, fu una semplice coincidenza che quel disgraziato sembrasse il mio sosia? -
- Mha, non saprei... - rispose evasiva Integra.   
- Massì, in fondo non ha importanza! L'essenziale è che Sekure diventò finalmente una vampira e mi lasciò per andarsene per la sua strada. -
Integra sorrise. Era contenta che la draculina fosse per lo meno riuscita a sbarazzarsi della detestabile presenza di quel maestro egoista, che l'aveva vampirizzata contro il suo volere. Alle orecchie della ragazzina, suonava come il più piacevole dei lieto fine e fu per questo che le parole successive del vampiro la lasciarono costernata:
- Sì, se ne andò...per tornare da me dopo qualche anno. -
Alucard le dava le spalle, Integra non poteva vederne il viso ma la master era certa che in quel momento il servo stesse sorridendo maliziosamente, divertito del suo stupore.
- Mi prendi in giro! - tuonò la piccola.
- Me ne guardo bene. E' la verità, Sekure tornò da me. Me la vidi ripiombare nella mia non-esistenza una notte, mentre ero a caccia di uro... -
- Di...cosa?! -
- Come il lupo è la versione selvatica del cane, così l'uro era la versione selvatica delle mucche ma non illuderti che avesse granchè in comune con le vacche di oggi. Gli uro avevano un carattere aggressivo, inoltre erano dei bestioni colossali, con delle corna da far paura. Non puoi farti un'idea delle loro dimensioni, se non li hai visti di presenza. Quand'ero umano, noi nobili ci arrogavamo il diritto di essere gli unici a cacciare l'uro. Ci serviva da esercitazione alla guerra. -
- Come poteva servirvi, una caccia, da allenamento per la guerra? -
- Serviva moltissimo, invece. In entrambi i casi, ne uscivi vivo solo se avevi fegato e sangue freddo. E ti assicuro che quando ti vedevi correre incontro quella montagna di muscoli e potenza, talmente pesante che sentivi la terra vibrare sotto i tuoi piedi ad ogni suo passo, con le corna ricurve verso di te, ti serviva veramente tutto il coraggio che avevi a disposizione per rimanere saldo sulle gambe e affrontarlo. -
Integra si sentiva piena di ammirazione per gli animali di cui parlava Alucard. Un dubbio però l'assalì:
- Ma io non ho mai visto questi uro! -
- Ovvio, considerando che si sono estinti nel 1600. -
La delusione si dipinse sul faccino della piccola. Il servo proseguì:
- Quella notte avevo talmente tanta fame che mi sarei succhiato un uro intero, per questo li stavo cacciando. Mi ero appostato dietro un crinale, tenendo d'occhio uno di quei bestioni. Mi stavo scervellando su come azzannarlo senza farmi incornare, quando sentii una presenza dietro di me. Mi voltai e vidi Sekure. Ero sorpreso. Tanto. Non credevo che l'avrei ancora incontrata. Soprattutto, non pensavo che l'avrei rivista priva di intenzioni bellicose. Si acquattò accanto a me, osservando il toro. Come se non fosse stata via per tutto quel tempo, mi chiese come potevamo ucciderlo. Risposi nello stesso tono e congegnammo un piano per abbatterlo. Da quella notte, restò con me. All'inizio ero convinto che sarebbe ripartita presto. Pensavo si fosse imbattuta nelle mie tracce per caso e le avesse seguite per fare una rimpatriata. Appena le fosse venuta a noia la mia compagnia, avrebbe ripreso la sua strada. Non poteva che essere così considerando quanto aveva smaniato, quando era ancora mia allieva, per liberarsi della mia presenza. Ma le notti passavano e lei continuava a cavalcare al mio fianco, così capii che era tornata per restare. -
- Ma perchè?! - chiese Integra, sbigottita. Dopo quanto le aveva fatto il vampiro, a Sir Hellsing sarebbe sembrato più che logico che Sekure si tenesse alla larga da lui.
- Non mi fornì grandi spiegazioni. Era una tipa taciturna. Per esempio, quando mi sorprese a cacciare l'uro, mica mi disse che era tornata per restare, nè si degnò di spiegarmelo nelle notti successive, lasciò che ci arrivassi da solo. Il motivo, comunque, fra quel poco che mi disse lei e quello che dedussi io conoscendola e conoscendo gli altri vampiri, è che tornò per solitudine. E coerenza. Ormai era una vampira e dagli umani non poteva andare. Quando era la mia draculina, glielo avevo ripetuto fino allo sfinimento che solo i vampiri con cui hai uno scambio di sangue diretto o indiretto costituiscono il tuo branco. Tutti gli altri sono rivali e prede al contempo. Sekure ovviamente non mi diede retta. Appena se ne andò da me, tentò di farsi accettare da altri branchi di vampiri. Pazza che non era altro! C'è da stupirsi che sia sopravvissuta a tanta incoscienza! Quando capì che le avevo detto il vero, perchè gli altri nosferatu tentavano sempre di sbranarla, comprese che se desiderava della compagnia, non le restavano che due strade: o tornava dal suo maestro, o vampirizzava degli allievi. Non voleva fare nè l'uno nè l'altro. Si sforzò di stare da sola ma non aveva il carattere adatto per fare l'eremita. Alla fine, siccome aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai vampirizzato nessuno, perchè non voleva far patire agli altri quello che soffriva lei, si mise sulle mie tracce. -
- E ovviamente, da quella carogna che sei, ti sarai divertito a rinfacciarle "Te l'avevo detto!" - replicò Integra, sospettosa.
- Quanto sei malfidente! Walter ti sta contagiando, lo sai? No, nanerottola, non le rinfacciai niente, nè la presi per i fondelli o la disprezzai. Al contrario, l'ammirai molto. -
- Ah! Fammi il piacere! -
- Ecco, lo vedi quanto sei diffidente? Fra l'altro, dimostri anche di non conoscermi. Quante volte ti ho detto che rispetto le persone coraggiose, coerenti e capaci di rischiare? Sekure aveva dimostrato di possedere tutte queste qualità. Per coerenza con le sue idee, si era rifiutata di vampirizzare un allievo. Tornare da me era stato un azzardo. Chi le assicurava che avrei rivoluto indietro una squinternata che mi aveva fatto a pezzi nel sonno? Avrei potuto avere un'altra draculina. Avrei potuto deriderla, insultarla e scacciarla. Credi che Sekure non abbia considerato queste ipotesi? Però ebbe comunque il coraggio di rischiare. Da quel momento, ebbi sempre stima di lei. -
Integra, invece, si sentiva sinceramente delusa dalla marcia indietro di Sekure, anche se doveva ammettere che era contenta che la vampira continuasse a comparire nel racconto del servo, evento che non avrebbe potuto verificarsi se se ne fosse andata via una volta per tutte.  
Il vampiro si riaccese il sigaro, spentosi nel frattempo, e continuò:
- Accettò di diventare la mia compagna. Anzi, per l'esattezza disse che io ero diventato il suo compagno. Ci teneva a scegliere con cura le poche parole che spiattellava. A quel punto mi affiancò nel lavoro che facevo da quando ero tornato in Valacchia. -
- Da quando in qua succhiare il sangue alla gente è un lavoro? - motteggiò Integra, tentando di fare una battuta.
- Master, quando te ne esci con queste frasi ridicole, mi fai venire una gran voglia di prenderti a sganassoni. Ho mai confuso le parole "lavorare" e "mangiare"? No. Quindi perchè pensi che cominci proprio adesso? Se ho usato la parola "lavorare", l'ho fatto con cognizione di causa. Quando Sekure, diventata una regina della notte a tutti gli effetti, se ne andò via da me, pensai di mettermi sulle tracce dei miei discendenti. Tutto quel guerreggiare da solo contro l'Impero Ottomano da quando ero diventato un vampiro, l'avevo fatto anche per loro. Volevo scoprire se la mia stirpe era ancora in vita, se c'era qualcuno che proseguisse la mia esistenza e i miei ideali umani. -
Una pausa. Quando il vampiro riprese a parlare, aveva perso il suo tono scanzonato:
- Erano trascorsi molti decenni da quando ero morto come umano. In quel lasso di tempo, la maggior parte dei miei figli era deceduta. Di guerra. Di parto. Di malattia. Di intrighi politici. Solo pochi erano ancora vivi, ed erano tutti vecchi, pieni di rughe e con i capelli bianchi. -
Integra avvertì i muscoli della schiena del servo tendersi come corde di violino.
- Vuoi sapere se mi sono mai pentito di essere diventato un vampiro? Sì, ci sono stati dei momenti in cui avrei desiderato di essere morto e basta e sono stati proprio quei momenti, le occasioni in cui incontrai i miei figli umani...non bisognerebbe vivere tanto a lungo da vedere i neonati che tenesti in braccio ridursi in anziani vacillanti! Non è nell'ordine naturale del mondo assistere ad un simile spettacolo! Aiutavo quei vecchi e quelle vecchie a camminare, sostenendoli per un braccio e mi sentivo sgomento... -
Anche Integra si sentiva sgomenta. Il suo giovane Alucard, padre di un gruppo di anziani? Non riusciva neanche ad immaginare una simile scena. Fu allora, per la prima volta, che comprese fino in fondo alcune delle frasi pronunciate da suo padre sul letto di morte:
- In questo mondo esiste una moltitudine di mostri. Ogni volta che li vedo, penso a qualcosa. La loro natura immortale ... potevano veramente volere questo? Li compiango. Sembrano così pietosi. -
Anche Sir Hellsing, adesso, sentiva di compiangere con tutto il cuore quel servo che così spesso la faceva irritare. Attese con pazienza la fine della lunga pausa di silenzio che seguì quella rivelazione. Alucard aveva bisogno di smaltire la bufera che gli si agitava dentro. Finalmente, riprese a parlare:
- Che incontrassi i miei figli e figlie superstiti o i loro figli, figlie e nipoti, non faceva differenza. Comparivo di fronte ai capi delle diverse famiglie, mi facevo riconoscere come loro antenato, assicuravo che non li avrei mangiati, e prendevo informazioni su cosa ne era stato della mia stirpe. Scoprii che le linee di sangue erano ancora tutte su questa Terra. I miei discendenti legittimi valacchi, che portavano il nome di Draculesti; i discendenti legittimi avuti dalla mia moglie ungherese e che vivevano in Ungheria; i miei illegittimi, avuti da madri valacche o sassoni...esistevano ancora tutti quanti. I Draculesti tentavano di riprendere il potere sulla Valacchia. Il mio povero regno non aveva pace. Sul suo suolo si svolgevano continuamente guerre fra i Draculesti e i clan rivali. Il potere veniva preso per pochi anni da un voivoda che veniva spodestato e soppiantato da un altro...E' imbarazzante ammetterlo ma a quei tempi ero ancora attaccato a quel che restava dei miei scampoli di vita umana, e il bello è che nemmeno me ne rendevo conto! Avevo rimproverato tante volte Sekure perchè continuava a comportarsi come un'umana, cercando di bere l'acqua o di stare sotto al sole ma io non ero migliore di lei. Continuavo a ricordare tutti i miei sogni interrotti con la morte, le mie fantasie di essere il capostipite di un clan famoso di un regno potente. Senza starci a pensare, mi buttai a capofitto in quella guerra che non mi apparteneva più. Contribuivo come vampiro alla disfatta dei nemici dei Draculesti, sperando di vedere trionfare la mia stirpe e realizzare attraverso di loro le mie ambizioni umane. Nei ritagli di tempo, favorivo anche gli altri miei discendenti, quelli illegittimi e quelli ungheresi. Anche loro portavano il mio sangue, perchè non dare una spintarella anche alle loro aspirazioni? Eliminavo i mercanti avversari della mia stirpe sassone, i nobili rivali dei miei pronipoti ungheresi, e così via. Il nostro era un patto di mutuo soccorso. Io difendevo i loro interessi, loro mi proteggevano da umani armati di paletti di frassino e altri pericoli simili . Nei miei spostamenti fra la Valacchia, la Transilvania e l'Ungheria, spesso mi fermavo presso i miei discendenti dislocati lungo il cammino, per dormire il mio sonno diurno nelle loro cantine, al sicuro dagli altri umani. I miei servi che trovi nel libro di Bram Stoker, non erano altro che una parte della mia stirpe. I miei discendenti hanno sempre accettato di servirmi, in cambio della mia tutela. Quando Sekure tornò da me, mi affiancò nell'attività che avevo cominciato a praticare da quando ero tornato in Valacchia, l'unico lavoro che mi consentisse di coniugare la missione che mi ero dato con il mio bisogno di avventura: diventammo briganti. -
Il silenzio attonito di Integra fece comprendere ad Alucard che la ragazzina non comprendeva le motivazioni profonde di quella scelta.
- Ragiona, master. Cosa fa un brigante? Ruba tutto ciò su cui riesce a mettere le mani e ti assicuro che sgraffignare non è mai un'operazione facile. Ci sono sempre guardie armate da eludere, protezioni da valicare e un'infinità di altre regole da rispettare, se vuoi rendere il gioco divertente. I boiardi rivali dei Draculesti possedevano palazzi in città e ville in campagna. Io e Sekure entravamo in queste dimore e sottraevamo quello che ci riusciva. Per lo più, oggetti di lusso dai palazzi cittadini, come monete, pellicce e gioielli, mentre dalle ville in campagna andavamo via a bordo di carri pieni di sacchi di grano o tirandoci appresso tutte le bestie al pascolo che trovavamo. Non ridere: a quei tempi c'era molto meno da mangiare rispetto ad ora e ti assicuro che anche per i nobili perdere un carro di cereali o un gregge di pecore era un colpo alle finanze non indifferente. Ovviamente, essendo noi vampiri, non ce ne facevamo nulla di quella roba, così la smistavo fra i miei discendenti. A quelli che erano contadini, pastori, artigiani, davamo la roba da mangiare, gli animali e le stoffe per coprirsi. A quelli che erano mercanti o nobili, mollavo gli articoli di lusso. Nel corso di quelle razzie, se incontravo un boiardo, mi facevo sempre un dovere di mangiarlo. Se invece ci imbattevamo solo in servi senza importanza...be' allora tutto dipendeva da quanta fame avessimo in quel momento o se quella notte, mentre ci recavamo al lavoro, avevamo litigato come due cani rabbiosi e ci sentivamo particolarmente nervosi. Capitava che non ammazzassimo nessuno. Altre volte invece compivamo delle stragi. Sia che uccidessimo o meno, comportandoci in quel modo assestavamo comunque dei colpi alle famiglie rivali dei Draculesti, inoltre ci divertivamo moltissimo. -
- Quindi per te...per voi...fare il brigante era essenzialmente un passatempo? -
- Ma certo! La vita di un vampiro è molto lunga, bisogna pur trovare qualche hobby con cui riempirla, no? E ti assicuro, master, che il brigante è uno dei mestieri più divertenti che siano stati inventati! -
La faccia di Integra era dubbiosa.
- Non hai un'idea di cosa volesse dire rubare una mandria di vacche dalle sconfinate praterie ungheresi, dovendo poi seminare i pastori che ci galoppavano alle calcagna! E guarda che i pastori ungheresi non sono come quelli del presepe. Erano armati di spade e sapevano usarle! Non che questo rappresentasse un grande pericolo per dei vampiri ma come ti ho detto, perchè un gioco sia divertente, le regole vanno rispettate. E la regola principale di quando fottevamo il bestiame era: mai farsi raggiungere, le tracce vanno disperse prima di lasciare la puszta. Ammetto che certe volte seminavamo i pastori con eccessivo anticipo e allora non c'era più gusto a fare quel lavoro. Così ci accampavamo per un paio di giorni, in modo da dare a quegli uomini il tempo di avvicinarsi e solo quando sentivamo il loro fiato sul collo, riprendevamo la fuga. -
Il vampiro esalò un sospirone nostalgico:
- L'abigeato è un'esperienza che tutti dovrebbero provare, almeno una volta nella vita! -
Integra si sforzò di immaginare la scena che le aveva appena descritto Alucard. Pensò che non dovesse differire molto dai film western, solo che al posto di fucili e pistole, i protagonisti impugnavano spade e pugnali. E canini affilati.
- Ho deciso! -
L'esclamazione di Alucard arrivò così inaspettata che la ragazzina saltò in aria dalla paura. Girandosi a guardare il vampiro, vide dipinta sul suo volto un'espressione radiosa. Il nosferatu proseguì:
- Ho deciso, master: quest'estate, andiamo in vacanza in Ungheria e ti insegno a rubare il bestiame! Vedrai, ti piacerà da matti, hai il temperamento giusto per divertirti con questo genere di cose! -
Lo sguardo del vampiro sprizzava una felicità tale a quella prospettiva, da dare a Sir Hellsing l'impressione che non sarebbe riuscito ad attendere l'arrivo dell'estate.
" Sta' a vedere che adesso mi prende sottobraccio come un pacco postale e si mette a correre a perdifiato verso il più vicino aereoporto? " pensò Integra e la probabilità che quell'evento si verificasse le sembrò talmente alta che tentò di smorzare l'entusiasmo del servo con la prima banalità che le attraversò la mente:
- Ma Alucard...non pensi che dai tuoi tempi ad ora, la situazione possa essere cambiata? Ti pare possibile, ai giorni nostri, rubare una mandria in groppa a un cavallo? -
- Già...probabilmente adesso è tutto meccanizzato. Trasporteranno i capi a bordo di camion. - riflettè il vampiro.
Ci voleva altro però per far demordere Alucard! Meditò un po' sulla questione infine, in tono serio, disse:
- Senti il mio piano: ci facciamo fare delle bolle di accompagnamento false, rubiamo un camion per il trasporto degli animali, presentiamo i nostri documenti contraffatti spacciandoci per degli addetti del mattatoio, carichiamo le bestie e ci diamo alla fuga per le strade sterrate della puszta. Eh? Che ne dici? Ricordo ancora sufficiente ungherese da poter interpretare la parte. E se così non fosse, mi basterà succhiare un tizio qualsiasi per assimilare la lingua col suo sangue. -
- Ho dodici anni, come posso passare per un'addetta dei macelli?! -
- C'inventiamo una scusa! Diciamo che sei mia figlia, tua madre è scappata via con l'amante e siccome non ho nessuno a cui mollarti, quando viaggio mi tocca portarti con me. E' una scusa che regge. Dai, master, facciamolo! Non ti piacciono le mucche? Allora rubiamo cavalli. Capre. Maiali. Galline. Qualsiasi cosa, purchè sia vivo e schiamazzi. Non c'è divertimento a fuggire senza un carico che schiamazza ad ogni sobbalzo del camion. Se abbiamo fortuna, magari finisce come nei film americani, tampinati da una macchina della polizia che ci spara addosso! Io risponderei con Casull. Con una mano guiderei e con l'altra sparerei. Da lì in poi, potrebbe essere un'escalation di divertimento! -
Gli occhi del vampiro sfolgoravano dall'eccitazione:
- Potremmo sfondare col camion la frontiera del paese più vicino. Creeremmo un caso diplomatico. Due cittadini britannici, di cui una minorenne, che importano illegalmente bestiame ungherese in Romania. Potremmo asserragliarci nell'ambasciata inglese. Potremmo... -
- Voli troppo con la fantasia. - lo interruppe la master in tono secco - Non dubito che tu, al volante di un camion, riusciresti a fare tutto ciò che mi hai raccontato e anche di più. Dimentichi però che Walter non si sognerebbe mai di affidarmi a te al di fuori di Villa Hellsing. -
- E' vero. Quel guastafeste! - sibilò Alucard, mettendo il broncio - Promettimi però che quando diventerai maggiorenne, un viaggetto in Ungheria o da qualsiasi altra parte per cacciarci nei guai, solo tu e io, lo faremo. -
- Mediterò sulla tua proposta. Adesso, per favore, puoi riprendere col tuo racconto? -
La domanda di Integra mescolava il sincero interesse per le vicende di Alucard col desiderio di sviare la mente del vampiro dalla fissazione di trascinarla nella puszta a rapire vacche.
- Be', non è che ci sia molto altro da aggiungere, a questa parte del racconto. Continuammo a fare i briganti finchè l'arrivo della marmocchia non obbligò Sekure a lasciare quel divertimento solo a me. -
- Di quale marmocchia parli? -
- Di quella che scodellò Sekure dopo che la sua pancia lievitò come una mongolfiera. Non poteva briganteggiare con una neonata in braccio. Le toccava aspettare in un posto sicuro il mio ritorno. -
- Non è possibile che abbiate avuto una figlia! -
- Mi spiace contraddirti quando sfoderi quel tono tanto sicuro ma è così che andò, mia master. O per lo meno, Sekure una figlia l'ebbe di sicuro, e i Draculesti che ci ospitarono nella loro villa per la bisogna te lo potrebbero testimoniare. Tutti udirono riecheggiare per stanze e corridoi i bestemmioni con cui Sekure tirò giù tutti i santi dal paradiso, mentre partoriva. Se la prese persino con me. Urlò che era tutta colpa mia se si ritrovava in quell'impiccio e appena si fosse sentita meglio, me l'avrebbe fatta pagare, suonandomele di santa ragione. Che ingrata! Dopo tutto l'impegno che mettevo per farla divertire! Per quel che riguarda il sottoscritto, master, cosa vuoi che ti dica? Lo so, gli antichi romani asserivano che la madre è sempre certa mentre il padre non è mai certo ma ho buone ragioni per sospettare di essere stato l'unico individuo di sesso maschile sufficientemente incosciente da avvicinarsi a Sekure quindi, a meno che quella tigre non abbia violentato un umano prima di mangiarlo, evento che non posso escludere a priori, ne consegue che la marmocchia quasi sicuramente fosse mia. -
- Mi prendi in giro! - ripetè Integra cocciutamente - I vampiri non possono avere figli! -
- Ah no? E chi lo dice? Una delle tante leggende sui nosferatu? - ridacchiò Alucard - Cos'è, un vampiro? Un individuo che si trova a metà strada fra il regno dei vivi e il regno dei morti. Questo vuol dire che possediamo tutte le funzioni vitali, solo rallentate, rarefatte. Quindi perchè non dovremmo riuscire a riprodurci? Certo, rispetto a un vivo impieghiamo un numero molto maggiore di anni e scopate per raggiungere lo stesso obiettivo ma alla fine ce la facciamo anche noi. -
- Questa leggenda sei stato tu stesso a confermarla a mio zio! - rimbeccò Integra. Si sentiva irritata, convinta com'era che il servo si stesse burlando di lei - Fra i quaderni di Van Helsing, ce n'era uno compilato solo ed esclusivamente con le leggende sui vampiri. Sulle leggende fasulle, tirava una riga e accanto a molte di esse aveva annotato "chiesto conferma al vampiro" cioè a te. Sulla nota "non procreano" non era stata tirata nessuna riga, e anche lì accanto aveva aggiunto "chiesto conferma al vampiro". Quindi chi è che hai preso in giro? Me o lui?-
Sir Hellsing si sentiva piena di sacro furore ed era certa che Alucard, per farla irritare maggiormente, si sarebbe divertito a risponderle in modo irriverente, magari accompagnando il tutto con una delle sue risate sfottenti. Stavolta però si sarebbe fatta trovare pronta per la battaglia!
- Stupida ragazzina umana! - sibilò il vampiro con disprezzo.
Lo zelo guerresco di Integra s'incrinò: non si attendeva una reazione simile da parte del servo. La novità di quell'astio la spiazzò.
Nello stesso tono, il vampiro proseguì:
- Una notte vengo risvegliato dal mio sonno di morte e cosa scopro? Io sono ridotto in schiavitù, alla mercè di un umano. Le mie leonesse sono state uccise. Un giorno mi sento chiedere dal mio padrone se i vampiri sono capaci di riprodursi. Cos'avrei dovuto rispondere, secondo te? "Sì, anche noi abbiamo figli"? Così a master Abraham sarebbe venuta la fregola di sbarazzarsi anche dei leoncini, oltre che delle leonesse? Anzi, considerando che era intimamente sadico, avrebbe mandato me ad ucciderli e per il Patto di Cromwell, non sarei riuscito a ribellarmi. Voi umani pensate che i mostri non abbiano alcun tipo di ritegno e questo è uno dei vostri più grandi sbagli. Anche noi mostri abbiamo i nostri limiti. Io non voglio sterminare la mia stirpe, questo è il mio limite. Quindi meglio buttare fumo negli occhi a Van Helsing e fargli credere che non ci fosse nessun'altro. -
Integra riflettè in silenzio. Ogni frase pronunciata dal servo, conteneva più informazioni di quante se ne potessero cogliere di primo acchitto.
- Ma nel libro di Stoker non avevate eredi. Nel castello abitavate solo tu e le tue mogli. -
- Quante cose non dice, il libro di Stoker! - rispose con irritazione Alucard - Stoker non sapeva tutto. Neanche master Abraham sapeva tutto. Ma entrambi erano sufficientemente pieni di sè da convincersi del contrario. I leoncini erano cresciuti e avevano lasciato la tana prima che scoppiasse tutto quel casino, per questo nè Harker nè Van Helsing li incontrarono. Fu la loro salvezza. -
Bene, un punto era stato spiegato ma ne rimaneva un altro che lasciava Integra dubbiosa:
- Però Alucard...io non ho mai sentito parlare di neonati-vampiro! -
Il non-morto si girò, per scrutare la padroncina con aria perplessa:
- Chi ha mai parlato di neonati-vampiro? I vampiri generano solo esseri umani. -
Integra immaginò che i neuroni del suo cervello, a quel punto, decretassero all'unanimità:
- Ok, ragazzi, adesso partiamo tutti per una bella vacanza! -
Non tentò nemmeno di lambiccarsi le meningi per cercare di capire come diavolo potesse, un vampiro, generare umani. Tutto ciò che fece fu chiudere gli occhi e appoggiare la fronte sulla mano, con aria disperata.
- Dai, Integra, non fare così! Non ti sto prendendo in giro, giuro. Ricordi la lezione di scienze che hai studiato durante le vacanze di Natale? L'hai ripetuta tante volte a voce alta per impararla a memoria e io ascoltavo quello che dicevi. -
La ragazzina annuì:
- Era una lezione sui cromosomi. -
- Esatto. Diceva che ai discendenti trasmettiamo i caratteri ereditari, non quelli acquisiti. Io sono nato umano. Ho scelto di diventare vampiro. Come posso trasmettere ai miei figli una scelta? Il carattere ereditario, se così lo vuoi chiamare, è l'umanità. Il vampirismo è il carattere acquisito. Capisci ora? -
La ragazzina alzò la testa. I neuroni erano tornati dalla vacanza.
- Quindi, dopo che sei diventato un nosferatu, hai continuato ad avere figli umani? -
- Certo. Sono tutti nati umani. Molti di loro, quando sono cresciuti, hanno scelto di diventare vampiri, ma questa è un'altra storia. Quando si ha un padre famoso, la tentazione di emularlo è forte. -
Il vampiro si zittì, perso nei suoi pensieri. Poi, scrollando il capo sospirò:
- Figli d'arte! -
Intanto Integra ripensava a un dialogo che aveva letto nei diari di Van Helsing:

- Cos'è che ti farebbe piacere, adesso? -
- Sapere cos'è successo nel mio castello. -
- Te l'ho già detto. Ho ucciso le schiave che vivevano con te. -
- E gli altri? -
- Quali altri? -
Stavo già cominciando a sudar freddo, temendo che in quel maniero si annidassero altri mostri sfuggiti alla mia attenzione.
- I miei servi. Ne avevo tanti. Erano tutti umani: valacchi, sassoni, tzigani. Che fine hanno fatto? -


Master Abraham, tronfio, sicuro di sè, certo di avere a che fare con un essere dall'intelligenza limitata, non aveva colto il senso di tanta insistenza. Adesso Integra comprendeva come Alucard, nel corso di quella discussione, avesse sondato il terreno: Van Helsing si era reso conto che nel maniero, fino a non molto tempo prima, avevano risieduto anche dei leoncini, oltre alle leonesse? E i suoi servi, tutti suoi discendenti, erano ancora vivi o quegli inglesi invasati li avevano sterminati?
No, Van Helsing non aveva colto le tracce dei figli. I suoi servi erano ancora tutti vivi. Il vampiro aveva potuto sospirare di sollievo. Lui era ridotto in schiavitù, le compagne erano morte ma almeno la stirpe era salva.
Aveva fregato Van Helsing. Tiè!
Sir Hellsing si riscosse:
- Sekure ha poi mantenuto la promessa? -
- Quale? Quella di picchiarmi appena si fosse rimessa in forze? Certo che l'ha mantenuta! Sekure dava sempre ciò che prometteva. - rispose il vampiro, massaggiandosi la mascella al ricordo di un pugno - Ma i cazzotti di Sekure, in quel momento, erano l'ultimo dei miei problemi. Non hai un'idea, master, di che razza di rogna sia, per dei vampiri, allevare un marmocchio umano. Se la fanno costantemente addosso, tocca lavarli e per un vampiro è deleterio toccare l'acqua. Sekure faceva delle acrobazie degne di una contorsionista, per riuscire a immergere nei torrenti  Marya e poi asciugarla. E altre acrobazie toccava fare per riempire una borraccia d'acqua da legare sulla sella, perchè gli umani hanno bisogno di bere. I vampiri non sentono nè caldo nè freddo, mentre gli umani possono morire assiderati. Ogni volta che ci accampavamo, toccava accendere il fuoco per scaldare la gnoma. Inoltre Sekure aveva legato sulla sella un rotolo di scialli in cui avvolgerla e le toccava fare le contorsioni per lavare anche quelli ogni volta che Marya ci spisciacchiava dentro. E quelli, tutto sommato, furono i guai più semplici da affrontare. I veri problemi arrivarono quando la tappetta smise di bere il latte di sua madre. Quando passavamo dai borghi, non dovevamo preoccuparci di trovare solo prede per noi, ma anche cibo per Marya. E poi cominciò a camminare e dato che cresceva con dei vampiri, era abituata a dormire di giorno ma non era capace di vedere al buio come noi e inciampava dappertutto. Se nel silenzio della notte udivi un rumore simile a una noce di cocco che cade su una pietra, potevi star certo che era Marya che tentava di spaccarsi la capoccia contro un ostacolo. In compenso, quando noi dormivamo, nostra figlia ci vedeva benissimo e si lanciava in spericolate esplorazioni. Un tramonto mi svegliai e mi accorsi che la peste non si trovava con noi nella grotta dove ci eravamo rifugiati. Uscii a cercarla e vidi che procedeva di gran carriera verso una dolina che si apriva nel terreno, sprofondando nel sottosuolo per chissà quante centinaia di metri. L'acciuffai appena prima che cascasse dentro. Non potevamo continuare a non-vivere a quel modo, così decisi che avremmo scaricato Marya a qualche umano. -
- Decidesti da solo? Non vorrai farmi credere che una tigre come Sekure abbia ubbidito come una pecorella ai tuoi ordini. -
- Ovvio che no, impiegai mesi per convincerla che gli umani devono stare con gli umani. Ciò che decisi da solo, fu a chi scaricare la pisciona. Da quando ero tornato in Valacchia, avevo riallacciato i rapporti con tutta la mia stirpe, tranne che con i discendenti di mio figlio Mircea. Dopo che io morii, Mircea cambiò il suo cognome in Stanciu, così da tenersi lontano dagli intrighi dinastici. La famiglia che aveva generato, viveva nell'ombra del potere politico, fedele a tutti e nessuno. Quand'ero stato un umano, avevo disprezzato persone simili. Era per colpa di quella mentalità sempre pronta a schierarsi dalla parte del più forte, che il mio regno non riusciva a trovare un governo stabile. Per questo, quando scoprii cos'aveva fatto Mircea, mi tenni alla larga dalla sua discendenza. Mi sentivo tradito e offeso. Ma adesso che dovevamo trovare qualcuno a cui appioppare una bambina di un anno e mezzo, mi chiesi se tutto sommato gli Stanciu non fossero i più affidabili per quel compito. Grazie alla loro politica, vivevano tranquillamente, senza che i loro possedimenti fossero devastati o minacciati da nessuno. Decisi così di dare una possibilità a quella gente. Una notte mi presentai ai capifamiglia, facendomi riconoscere come loro antenato. Avevano sentito raccontare che ero tornato dalla morte come vampiro e questo facilitò la conversazione. Raccontai brevemente di Marya e proposi un patto: se l'avessero allevata al posto nostro, li avremmo ricompensati rendendoli partecipi dei bottini che arraffavamo. Noi però saremmo passati a controllare che la ragazzina stesse bene e se ci fossimo accorti che veniva maltrattata, ce la saremmo ripresa e avremmo mangiato tutti gli Stanciu, dai vecchi ai neonati. Se non se la sentivano di correre questo rischio, bastava dicessero che rifiutavano l'incarico; sarei sparito dalle loro esistenze e avrebbero continuato a condurre la solita vita. Gli lasciai due notti di tempo per decidere la risposta da darmi. Secondo te, cosa scelsero? -
- Spero che abbiano declinato l'offerta. Al loro posto, non avrei accettato. Troppe responsabilità. Metti caso che una mattina Marya ruzzolasse giù per le scale, riempiendosi di lividi e bernoccoli e coincidenza vuole che la sera stessa tu e Sekure passaste a trovarla. Vedendola in quello stato, cos'avreste pensato? Che l'avevamo pestata selvaggiamente? E dovrei correre il rischio di vedere sterminata la mia famiglia per una cosa simile? No, molto più sicuro non accettare! -
- Quanto poco conosci l'animo umano! - ridacchiò il vampiro - La maggior parte di voi è disposta ad accollarsi qualsiasi rischio pur di ottenere una ricompensa. Gli Stanciu non furono da meno. Accettarono la proposta, gli mollammo Marya e andammo via. -
Integra rimase in ascolto, aspettando che Alucard continuasse a raccontare ma il vampiro si era interrotto. Sembrava che il servo stesse sostenendo un conflitto interiore, indeciso se fermarsi lì o proseguire. La ragazzina attese in silenzio, stupita dell'indecisione del nosferatu. Finalmente, Alucard ricominciò a raccontare ma il tono della sua voce, fino ad allora vivace, adesso sembrava stanco:
- Sekure piangeva e piangeva. Diceva che voleva tornare indietro a riprendere la bambina ma era un'idea assurda. Decisi di farla distrarre, così cominciai a cercare tracce di umani. Da quando era nata la marmocchia, non aveva più avuto la libertà di andare a caccia. Non poteva lanciarsi all'inseguimento di una preda con Marya in braccio. Trovai le impronte di un gruppo di pellegrini. Pensai che erano una preda facile, adatta a Sekure che era fuori allenamento da così tanto tempo. Raggiungemmo i viandanti e li attaccammo. Un uomo si diede alla fuga e Sekure lo inseguì. La lasciai fare e rimasi ad occuparmi degli altri. Li mangiai tutti e solo quando terminai mi resi conto che Sekure non era ancora tornata. Era strano che impiegasse tanto tempo per uccidere un solo uomo, a meno che non si stesse divertendo a torturarlo. Seguii le sue tracce e andai a cercarla. -
Altra pausa che stupì nuovamente Integra. Quando Alucard riprese il racconto, la sua voce era atona:
- Doveva essere una reliquia o qualcosa che considerava importante, altrimenti quel tizio non si sarebbe portato dietro un oggetto così prezioso in un viaggio tanto lungo e pericoloso. Avrebbero potuto rubarglielo in qualsiasi momento, in una locanda, in un mercato. Probabilmente l'aveva portato con sè per farlo benedire al santuario dove si stava recando. E quando li attaccammo, scappò via stringendolo in mano. Non ci sono altre spiegazioni. -
Sembrava che Alucard stesse parlando a se stesso, cercando di spiegarsi un evento altrimenti incomprensibile. Sir Hellsing, dal canto suo, non finiva di stupirsi: perchè il servo girava intorno all'argomento? Il vampiro proseguì:
- Trovai il pellegrino morto dissanguato. Accanto, c'era il vestito di Sekure. Ma Sekure non c'era. Dalle maniche, dal collo del vestito, usciva della cenere. E sul petto, nel punto dove c'era stato il cuore di Sekure, era conficcata una lama d'argento. -
Integra stentava a credere a ciò che udiva. Da quando Sekure era tornata al fianco del nosferatu che era stato Alucard, la piccola Sir si era convinta che la vampira altri non fosse che la prima sposa del Conte, una delle tre leonesse, come le chiamava il servo, che comparivano anche nel libro di Stoker. Così non era? No, no, un momento, non doveva saltare a conclusioni affrettate! Il racconto non era ancora finito! Adesso Alucard le avrebbe detto che aveva versato il suo sangue su quelle ceneri, Sekure era resuscitata e...
- Era una notte ventosa, la maggior parte delle ceneri di Sekure erano state spazzate via. - disse il vampiro, in tono stanco - Non mi arresi. Mi azzannai un braccio e feci colare il sangue su quel che restava della mia compagna. Ma restava poco, troppo poco. Si ricrearono solo pochi brandelli di carne. Fu così che la mia Sekure morì. -
Integra sentì un nodo stringerle la gola e non ne comprese la ragione. Era morta una vampira, nient'altro che un mostro, un essere che la sua famiglia combatteva da generazioni. Allora perchè si sentiva così afflitta? Perchè aveva voglia di piangere?
- Non tenni il conto degli anni ma credo che Sekure cavalcò al mio fianco per mezzo secolo. -
Sir Hellsing fece aderire maggiormente la sua schiena a quella del vampiro, in un goffo tentativo di dare conforto e calore al servo, dato che alla ragazzina mancava il coraggio di girarsi e stringerlo in un abbraccio. E che al nosferatu occorresse conforto, Integra ne era più che sicura. Non era da Alucard parlare con voce tanto esausta e atona, come se rivivere quei ricordi lo avesse svuotato di ogni energia. E se la morte di Sekure lo affliggeva ancora a distanza di tanti secoli, come doveva aver reagito a suo tempo il vampiro Vlad Dracula, rendendosi conto che il suo sangue non era in grado di riportare in vita la compagna?
Aveva gridato al vento la sua disperazione?
Aveva pianto lacrime scarlatte?
- Cosa facesti? - non potè trattenersi dal chiedere Integra, pur se con un fil di voce, incerta su quanto fosse lecito porre una simile domanda.
- Gli umani l'avevano uccisa e degli umani mi vendicai. Incontrai un borgo sul mio cammino e sterminai i suoi abitanti. -
Tipico di Alucard rispondere in modo da aggirare la domanda originaria.
Ciò che ad Integra interessava, era riempire il periodo intercorso fra il braccio azzannato del servo e il suo incontro con lo sfortunato paesino ma di quelle notti di lutto, sembrava che Alucard non volesse condividerne il ricordo. In compenso, le aveva schiaffato in faccia qualcosa che la ragazzina non si aspettava, una rappresaglia contro delle persone innocenti e inermi, colpevoli solo di essere umane. Il groppo in gola di Integra aumentò mentre con gli occhi dell'immaginazione vedeva il vampiro Vlad calare come un Cavaliere dell'Apocalisse sugli abitanti terrorizzati.
Se da un lato non poteva che disprezzare Alucard per quell'inutile carneficina, dall'altra non poteva non porsi delle domande. Il suo vampiro non era uno sciocco e come tale non poteva ignorare che Sekure era deceduta nel corso di una "caccia all'umano" da lui proposta, accoltellata dalla preda che aveva azzannato. Che quella consapevolezza non l'avesse roso all'interno per lungo tempo?
La pausa di silenzio fu lunga perchè anche Integra doveva smaltire la tempesta che l'agitava dentro. Infine, la ragazzina chiese:
- E Marya? -
- Era piccola quando Sekure morì, non ne conservò alcun ricordo nè sentì la sua mancanza. Sapeva di essere figlia di una vampira ma chiamava "mamma" la nullità umana che l'allevava presso gli Stanciu. -
C'era irritazione nella voce del vampiro. Evidentemente, benchè il nosferatu Vlad non facesse una colpa alla bambina se aveva cancellato dalla sua memoria Sekure, sentirle chiamare "mamma" qualcun'altra rimaneva comunque una pillola amara da inghiottire.
- Io continuai a fare il brigante da solo. Suddividevo il bottino fra i miei discedenti e passavo a controllare che Marya crescesse bene. -
Sir Hellsing immaginò quel Vlad Dracula solitario e immusonito, vagare per i boschi tendendo d'istinto l'orecchio alla ricerca di un rumore di zoccoli che, lo sapeva bene, non poteva più tornare.
- E così passarono gli anni. - concluse Integra per Alucard.
- Già. E un giorno gli Stanciu mi fecero una proposta davvero divertente. -
Il vampiro aspirò una boccata di fumo prima di continuare:
- Un'alba arrivo per vedere come sta mia figlia e i vecchi della famiglia Stanciu dicono che devono parlarmi di un fatto importante. La nullità che allevava Marya era la parente povera di uno di loro, una tizia che mantenevano per senso del dovere. La tipa in questione era nubile e nel borgo che sorgeva vicino alla villa degli Stanciu, cominciavano a farsi chiacchere sul suo conto. I paesani la vedevano in compagnia di Marya che si ostinava a chiamarla "mamma" e pensavano che la nullità avesse generato una figlia fuori dal matrimonio. La gente spettegolava e l'onore degli Stanciu era in pericolo. Non è che quindi avrei fatto loro il favore di prendere come compagna quella nullità? Almeno avrebbero potuto raccontare che quella scimunita era realmente la madre della nanerottola. -
Alucard ridacchiava ricordando questa storia e Integra non comprendeva le motivazioni che avevano spinto quei vecchi a chiedere una cosa simile al vampiro Vlad.  
- Ma non potevano raccontare sin dall'inizio che quella donna era sposata col padre della bambina? Cosa cambiava? Mi sembra d'aver capito che gli abitanti del paese nemmeno ti conoscessero. Arrivavi di notte, durante il giorno dormivi nei sotterranei degli Stanciu...quando mai i paesani ti avranno visto, prima o dopo di allora? -
- Master, ciò che gli Stanciu mi stavano chiedendo, era un compenso maggiore di quello che gli portavo solitamente. I miei bottini li dividevo in parti uguali fra i miei protetti. Ogni volta che il numero dei miei servi cresceva con l'arrivo di un nuovo clan, come era accaduto quando avevo preso sotto la mia tutela gli Stanciu, diminuivo la porzione di introiti dei miei discendenti, per permettermi di dare qualcosa anche ai nuovi arrivati. Nessuno si era mai lamentato di questo trattamento. Tutti continuavano a trovarlo comunque conveniente. Gli Stanciu però dovevano sempre distinguersi nelle loro pretese. Erano gli ultimi arrivati ma desideravano incassare più degli altri. Ciò che gli portavo per ringraziarli del favore che mi facevano allevando Marya non era poco, ma loro avevano sperato che fosse molto di più. Tutti quei giri di parole che mi fecero i vecchi sull'onore degli Stanciu da riparare, era solo un modo per farmi capire che mi offrivano una donna. Speravano che facendomi entrare nel letto di una femmina, li avrei ringraziati del favore sganciando qualche obolo in più. -
Integra inspirò con indignazione. Come si era permessa, quella gente, di vendere in tal modo una persona? Meno male che il suo servo non aveva accettato un simile scambio! No, un momento, in verità Alucard non aveva ancora raccontato come aveva risposto ai suoi discendenti. Però, se la logica non è un'opinione, perchè mai Alucard avrebbe preso per sè una donna che disprezzava? Nel corso di quelle reminiscenze, l'aveva sempre definita "nullità" e "scimunita". No, non ce lo vedeva proprio Alucard trastullarsi con qualcuno che giudicava indegno della sua stima! Così, con sicurezza, Integra esclamò:
- E tu ovviamente rifiutasti! -
- Scherzi? Avevo bisogno di qualcuno che mi allevasse la figlia! E poi mi piaceva l'idea di dare una lezione agli Stanciu. Fra tutti i miei discendenti, erano quelli che mi conoscevano di meno, non avevano ancora capito che facevo sempre parti uguali fra tutti. Si volevano illudere di riuscire a comprarmi facendomi entrare nel letto di una nullità qualsiasi? Va bene, mi sarei divertito ad infrangere le loro speranze. Mi sarei preso la donna e avrei continuato a dargli la stessa quantità di bottino di prima. -
A Sir Hellsing era sembrato che le sue certezze sul vampiro le cadessero con un gran tonfo doloroso sulla testa :
- Ma l'hai fatta pagare agli Stanciu sulla pelle di una povera disgraziata che non c'entrava niente! Quella donna...per lo meno era d'accordo di diventare la tua compagna? -
- E io che ne so? Chi ha mai chiesto il suo parere? -
Integra non riusciva a credere alle sue orecchie mentre udiva il servo spiegare con noncuranza:
- Era una parente povera, una zitella mantenuta dagli Stanciu per senso del dovere. Cosa vuoi che contasse la sua opinione? Doveva obbedire  a chi la campava. Per anni aveva mangiato alla tavola dei suoi protettori e si era scaldata al loro fuoco. Adesso le chiedevano di saldare il conto. Era suo dovere accontentarli. -
" Una pecora mandata al macello " pensò la ragazzina e sentì stringersi il cuore per la sorte di...di...
- Come si chiamava tua moglie? -
- Bho? Chi si ricorda. -
- Non è possibile! -
- Possibilissimo, invece. Sai quali sono i ricordi più solidi della mente umana, quelli che difficilmente si cancellano? I ricordi d'infanzia. L'infanzia di un vampiro è la sua esistenza umana, di quella ti trascini appresso ogni ricordo per i secoli avvenire. Nello spazio della memoria ancora libero, devi affastellare gli eventi della tua non-esistenza vampira e hai una vaga idea di quante persone conosci e di quante esperienze fai in centinaia d'anni? E' impossibile memorizzarli tutti! Sei obbligato a fare economia. Solo le persone e le esperienze che meritano di essere ricordati rimangono nel tuo cervello, gli altri lasci che si dissolvano. La tizia che mi diedero gli Stanciu non meritava di essere ricordata. Era una nullità, la gente come lei la mangiavo a colazione. La risparmiai solo perchè mi serviva per tirare su Marya e perchè apparteneva agli Stanciu. Insomma, non potevo divorare qualcosa di proprietà dei miei discedenti: sarebbe stata una scortesia, capisci? Come rubare un soprammobile agli amici che ti ospitano a casa loro. -
Sir Hellsing, scandalizzata nel sentire paragonare un'umana ad un oggetto tornò alla carica:
- Non ricordi il suo nome, ma per lo meno descrivimela. Com'era fatta? Che faccia aveva? Com'era il suo carattere? -
- Allora non hai capito: quella tizia l'ho cancellata dalla mia memoria. Nome, carattere, voce, viso...era una nullità, non meritava di essere ricordata. Compreso? O devo farti lo spelling? Tutto ciò che ricordo, è che aveva una fifa boia di me. -
- Sei uno stronzo! - sibilò la ragazzina, furente dall'indignazione.
- Come sei prevenuta, master! Scommetto che sei arrivata alla conclusione che siccome ho cancellato la nullità dalla mia memoria, allora devo essere stato per forza un pessimo consorte. Ti sbagli, sai? -
- Oh, sì, immagino! - esclamò Sir Hellsing, sarcastica - Sarai stato un gioiellino di marito! -
- Esatto, proprio così! Non hai un'idea di che razza di mariti circolassero a quei tempi. Io, al confronto, ero davvero un gioiellino! Non la picchiai mai e a quell'epoca era davvero difficile che una moglie non avesse lividi addosso. Sì, è vero, ammetto che oltre a non picchiarla non le rivolgevo in realtà la benchè minima attenzione, nè le parlavo. Insomma, era una tale nullità che non valeva veramente la pena di degnarla di uno sguardo,  o di rivolgerle un rimprovero o un complimento. Comunque non aveva ragioni per lamentarsi di me! Stavo via di casa per mesi, e non venirmi a dire che non avermi fra i piedi tutti i giorni non sia una benedizione! Quando ero in casa, la molestavo raramente, solo se non riuscivo a trovare altre donne più appetibili nei paraggi, e nonostante tutto riuscii a regalarle un figlio...veramente, cosa poteva volere di più dalla vita una nullità come lei? -
Integra aveva in testa un elenco chilometrico di cose che avrebbe potuto desiderare Nullità ma siccome non aveva voglia di mettersi a litigare con Alucard, preferì tacere. Il vampiro, invece, continuava a chiaccherare allegramente:
- Così trascorse qualche altro anno, ya. Una notte, mentre procedevo in direzione dell'Ungheria per andare a fare un po' di danni laggiù, m'imbattei in un accampamento tzigano. Avevo compiuto una strage poche notti prima, accanendomi su di un gruppo di saltimbanchi, e mi sentivo ancora sazio di sangue e di violenza. Quindi mi avvicinai a quell'accampamento senza intenzioni bellicose, solo per ammazzare la monotonìa del viaggio. Misi a tacere i cani con i miei poteri e con la mente mi insinuai nei sogni dei dormienti. Li osservavo e quando mi venivano a noia, facevo apparire nelle loro teste mostri spaventosi che trasformavano i sogni in incubi. E' sempre divertente spaventare la gente. Ad un certo punto, m'insinuai in una mente che non stava dormendo. Era desta e rifletteva sul proprio avvenire. La vita non le offriva grandi prospettive:girare sempre intorno ad un sentiero già battuto dalle generazioni precedenti, attraversando le solite città e i soliti paesi, popolati dalla solita gente che la prendeva a calci e sputi da quand'era nata e avrebbe continuato a farlo fino alla sua morte. La testa in cui mi ero intrufolato ne aveva abbastanza di quell'esistenza. Voleva entrare a far parte della schiera dei forti. Non voleva solamente non essere presa più a calci, desiderava incutere soggezione negli altri, allo stesso modo di un voivoda dall'alto del suo cavallo. E voleva anche scoprire cosa offrisse il mondo, oltre all'anello di città che aveva sempre visitato. Quella mente apparteneva ad una donna di nome Zofia. Capii che desiderava un'esistenza avventurosa come quella dei marinai, aveva pochi scrupoli ed era disposta a fare quasi di tutto pur di raggiungere i suoi scopi. Io ero indubbiamente ciò che faceva al caso suo, e anche lei sembrava essere fatta apposta per me, così m'insinuai nella sua testa come un diavolo tentatore. Era talmente spericolata che non si spaventò più di tanto quando si rese conto di stare parlando mentalmente con uno sconosciuto. Interferii nei suoi pensieri per parecchie notti di seguito. Le raccontai del mio vagare nomade, facendo il brigante e mi rispose che quell'esistenza andava a genio anche a lei, però non voleva diventare una vampira. Era orgogliosa d'essere nata umana, femmina e tzigana e voleva morire per com'era venuta al mondo. Così accettai di non vampirizzarla. -
Il silenzio di Integra era carico di diffidenza.
- Te l'ho già detto una volta: sono capace di tenere le zanne fuori dal collo degli umani che rispetto e di Zofia avevo stima. Era un impasto di coraggio, incoscienza e mancanza di scrupoli che mi allettava molto. Se voleva venirmi dietro come umana, avrei accettato la sua scelta. Una notte uscì dal suo accampamento mentre tutti dormivano. L'aspettavo con un cavallo già pronto per lei sul limitare del bosco. Salì in sella e partimmo. -
Il pensiero di Integra volò alla nullità, cornificata con la stessa leggerezza con cui si sbadiglia. Il tono di Alucard era scanzonato:
- Zofia era in gamba. Mi veniva dietro nelle rapine senza paura, armata di pugnale e sapeva combattere. Quando ci spostavamo attraverso i boschi, seguiva i miei passi cantando. Le piaceva cantare e aveva una bella voce. Aveva lo sguardo sfrontato e la risata sfottente. Non aveva stima degli altri umani, li considerava subdoli. Trovava comiche le loro debolezze e sghignazzava quando vedeva le persone comportarsi ipocritamente. Per questo rideva e sorrideva così spesso. Dopo qualche mese scoppiò un'epidemia di difterite e volevo andare a controllare se i miei figli fossero ancora vivi però non potevo portare Zofia con me dagli Stanciu. Anche quella gente aveva i suoi limiti di sopportazione, non mi sembrava il caso di tirare troppo la corda presentandomi con la mia compagna. Finchè non tornavo, Zofia doveva stare con la sua famiglia. Tu riaccoglieresti una figlia, una sorella, una cugina che ha infangato l'onore della famiglia fuggendo nottetempo con un vampiro? -
- Non saprei. Forse, a quei tempi, no. -
- Ya, esisteva la possibilità che nemmeno il clan di Zofia la rivolesse indietro. L'unico modo per convincere quella gente a riaccoglierla, consisteva nel dimostrargli che allearsi con un vampiro era un guadagno. La famiglia di Zofia era composta da artigiani ambulanti, calderai che vagavano di paese in paese a riaggiustare e vendere pentole. Era gente che tirava la cinghia, la fame era loro compagna perenne. Con Zofia decidemmo di depredare una fattoria appartenente a dei rivali dei Draculesti e fu così che il suo clan la vide tornare con una fila di muli carichi  di viveri. Poco ci mancò che quegli affamati cronici si inginocchiassero per baciare la terra che calpestavamo. Nessuno rinfacciò a Zofia di essere scappata con un mostro, nè si interessarono di scoprire da dove provenissero tutte quelle scorte. Da allora in poi, ogni volta che mi recavo dagli Stanciu, posteggiavo Zofia presso i suoi parenti, per poi ripassare a prenderla quando ricominciavo a fare il brigante. Così passò qualche anno. -
- E i tuoi figli? Erano ancora vivi o avevano preso la difterite? -
- Erano vivi e vegeti. Ci voleva altro per stroncarli, soprattutto Marya aveva la pellaccia dura. E una testa altrettanto dura. -
- Ti sorprendi? Sei un ribelle nato, Sekure lo era altrettanto, non potevate certo generare una persona tranquilla e ragionevole. -
- Già. Quando Marya era bambina, spesso mi aveva detto che le sarebbe piaciuto imparare a leggere e a scrivere, come veniva concesso ai maschi della famiglia, così chiesi agli Stanciu di accontentarla e di lasciarla studiare con il precettore dei loro figli. Esaudirono a malincuore la mia richiesta perchè la cultura non era considerata adatta alle donne. Mia figlia era sveglia, imparò alla svelta a scrivere e diventò una lettrice accanita. Divorò i pochi libri che trovò nella villa degli Stanciu e cominciò a chiedermi di portargliene di nuovi quando l'andavo a trovare. Per me era facile accontentarla. Quando entravo a rubare negli appartamenti di nobili, abati e mercanti, sottraevo qualche volume a casaccio, tanto sapevo che Marya leggeva di tutto, e glieli portavo. Gli Stanciu ripetevano che non dovevo comportarmi così, era pericoloso, la mente delle femmine non era fatta per la sapienza, più mia figlia leggeva e scopriva, più diventava estranea al suo mondo. Io non davo loro retta, pensavo che chiunque avesse avuto un po' di cervello si sarebbe annoiato in compagnia degli Stanciu, così continuai a regalarle libri con cui trascorrere il tempo. Marya era assetata di sapere, più leggeva, più domande si poneva ma nessuna delle persone che la circondavano era in grado di rispondere ai suoi quesiti. Cominciò a convincersi che l'ignoranza fosse un difetto congenito della specie umana. Si chiedeva se diventando una creatura sovraumana non sarebbe riuscita a trovare le risposte che cercava e ad espandere maggiormente la sua conoscenza. Per questo, diventata una ragazza, cominciò a blaterare di volersi trasformare in una vampira. Non trovavo nulla da obbiettare su questo progetto, ma il master doveva sceglierlo con oculatezza. Se fosse incappata in un vampiro alle prime armi, correva il rischio di restarci secca fra le braccia di quello sprovveduto. Le avevo proposto di venire via con me, quando partivo per fare il brigante, perchè in quegli spostamenti avremmo attraversato il territorio di altri vampiri. Un paio di loro erano davvero potenti, con secoli di non-vita alle spalle. Con tipi come quelli, Marya non avrebbe corso il rischio di essere succhiata fino alle ossa anzichè venire trasformata in una draculina. Ovviamente quella capocciona non mi diede retta. Se poteva, faceva sempre l'opposto di quanto le raccomandavo. Tutta sua madre! Così si ostinò a rimanere presso gli Stanciu, rifiutandosi di seguirmi. -
- Ma non sarebbe stato più semplice se l'avessi morsa tu? -
Dalla gola del vampiro salì un ringhio irato:
- Come ti passa per la testa un'idea simile?! -
Integra incassò la testa nelle spalle, impaurita da quella reazione. Aveva sbagliato di nuovo? Aveva detto qualcosa di errato? Sembrava che la prospettiva di vampirizzare la figlia suonasse alle orecchie del vampiro come un incesto. La ragazzina balbettò:
- Io...credevo che un morso fosse solamente un morso. -
- Un morso non è mai soltanto un morso! Non azzanno chi ha il mio stesso sangue! - ruggì il nosferatu, ancora in preda all'ira.
Ecco, l'aveva fatto arrabbiare! Adesso Alucard se la sarebbe certamente legata al dito e avrebbe smesso di raccontare. Sir Hellsing sbagliò la sua previsione. Alucard rimase zitto il tempo necessario per sbollire la rabbia, dopodichè riprese a parlare, anche se in tono cupo:
- Una sera tornai dagli Stanciu. Li trovai tutti terrorizzati, come se si attendessero che li sbranassi da un momento all'altro. La più impaurita di tutti era ovviamente la nullità. Mi dissero che mesi prima, subito dopo che me n'ero andato, Marya era scappata e non sapevano dove fosse fuggita. Tremando come foglie, mi implorarono che risparmiassi almeno i più giovani. Idioti! Erano davvero convinti che facessi loro una colpa se mia figlia era una testa calda. E' seccante essere mal interpretati dai propri sottoposti! Li mandai a quel paese e andai a cercare Marya. Quella testona era certamente scappata per trovare un maestro da cui farsi vampirizzare. Dovevo sapere se era diventata una draculina o era stata uccisa. Impiegai mesi per trovarla. La scovai nel territorio di una mezza tacca di vampiro novellino, di cui era diventata l'allieva. Gli inetti di quel genere solitamente diventavano il mio pranzo. C'era da sorprendersi che quell'imbranato non l'avesse uccisa mentre la vampirizzava! Be', ormai era andata così. Quella nullità adesso era il suo master, spettava a lui guidare Marya nella sua nuova vita. Lasciai mia figlia alla sua non-vita, ripassai dagli Stanciu, presi mio figlio Adrian e lo portai via con me. -
- Ma come! - esclamò Sir Hellsing, in tono accorato - Prima dici che non facevi una colpa agli Stanciu se Marya era scappata e poi togli Adrian a sua madre? -
Quella domanda lasciò perplesso il vampiro:
- Era grande. Dovevo portarlo con me. -
Per Alucard, la spiegazione che aveva fornito era lampante ma Integra, estranea al mondo che aveva generato il suo vampiro, non poteva comprendere l'universo contenuto in quelle due frasi. Il nosferatu avvertì l'incomprensione della ragazzina e con voce calma chiese:
- Che cos'è un harem, Integra? -
- E questo cosa c'entra? - ringhiò la dodicenne, irritata dall'abitudine di Alucard di saltare da un argomento all'altro senza rispondere alle sue domande.
- C'entra. Rispondimi, cos'è un harem, secondo te? -
- Un posto dove rinchiudono le belle ragazze destinate ai Pascià. -
- Ecco, lo vedi quanto sei ignorante? Voi umani moderni non conoscete un tubo delle usanze dei vostri antenati. Ascolta la mia spiegazione. Gli harem non erano riservati solo ai Pascià. Gli harem, ovviamente chiamati in modo diverso a seconda delle lingue, esistevano in tutto il Vecchio Continente. Non erano una prigione per belle ragazze, erano solo le stanze più interne di un castello o di un palazzo, in cui le donne della famiglia e le serve si riunivano durante il giorno per lavorare. Che lavoro facevano, secondo te? -
- Mai sentito dire che le nobili dei tempi passati lavorassero. - rispose Integra, ancora imbronciata.
- Ecco, lo vedi che sei ignorante? Pensi che fossero tutte delle perdigiorno come Maria Antonietta di Francia? Ovvio che lavorassero!Tessevano, ricamavano, cucivano e allevavano i bambini, questo era il loro mestiere. -
Il vampiro aspirò una boccata di fumo prima di proseguire:
- Se nascevi femmina, trascorrevi tutta la tua esistenza nell'harem, passando da quello del padre a quello del marito. Se nascevi maschio, appena diventavi abbastanza grande da non fartela più addosso, e non avevi più bisogno delle donne che ti venissero dietro per soffiarti il naso, uscivi dalle loro stanze per entrare a far parte del mondo degli uomini. Anch'io crebbi nell'harem di mio padre. Quando compii sette anni, mi sottrassero alle cure della balia e delle mogli del principe per affidarmi ai maestri d'arme e ai precettori, affinchè mi insegnassero a cavalcare, combattere e scrivere. Questa era la vita che facevamo e nessuno trovava che fosse ingiusta. Tutte le donne sapevano che i figli maschi non sarebbero rimasti per sempre con loro. Prima o poi il padre si sarebbe occupato dell'educazione dei ragazzi e da allora in poi, le madri li avrebbero visti raramente. Anche la nullità sapeva che sarebbe finita così. Era mio dovere staccare nostro figlio dalle sottane di sua madre per farne un uomo. Anzi, a ben vedere ero stato ingiusto nei confronti di Adrian perchè l'avevo tenuto nell'harem degli Stanciu fino all'età di dieci anni, quando avrei dovuto prenderlo con me molto prima ma ogni volta che lo incontravo, continuava a sembrarmi sempre troppo gracile e debole per seguirmi nei boschi a briganteggiare. Non volevo che mi morisse di stenti sulla sella così rimandai il momento finchè non mi sembrò robusto a sufficienza da non correre rischi. Come vedi, non ho commesso nessuna cattiveria gratuita, nè nei confronti della nullità, nè nei confronti di mio figlio. -
Integra faticava a convincersi che quella fosse la verità. Le riusciva estremamente difficile riuscire a calarsi in una mentalità così estranea alla sua:
- E ti pare bello che Adrian avesse dovuto lasciare sua madre per viaggiare in compagnia dell'amante di suo padre? -
Alucard scoppiò in una risata divertita:
- Il moralismo degli Hellsing! Mi mancava, lo ammetto, è talmente divertente! Da quanto non sentivo una sentenza sparata in tono così convinto? Da almeno vent'anni, questo è certo. Fammi indovinare, nel tuo cervellino sei convinta che quella situazione avesse provocato in Adrian traumi e scompensi a non finire, vero? Ovvio, voi umani moderni considerate traumatizzanti almeno la metà dei più banali eventi quotidiani. Tenete i ragazzini sotto una campana di vetro, convinti che sia l'unico modo per farli crescere sani e forti. Siete davvero incomprensibili, lo ammetto, e proprio per questo molto spassosi nelle vostre indignazioni. Lascia che ti rinfreschi la memoria: mia madre non era la moglie di mio padre. Era solo una delle tante concubine del principe. Secondo il tuo modo di ragionare, per questo motivo avrei dovuto trascorrere la mia infanzia seduto in un angolo buio a rimuginare su quanto fosse cattivo mio padre a non amare solo la mia mammina? Mi spiace deluderti, master, ma non ho mai fatto niente del genere. Avere una sola donna era roba da poveri, i signori si circondavano di quante più femmine possibile e se mio padre si fosse comportato come un marito fedele, devoto alla sua legittima consorte, non avrebbe mai preso delle concubine con sè e io non sarei mai nato. Ero venuto al mondo ed ero figlio del principe, di cos'altro vuoi che mi importasse? Comprendo che le mie parole ti deluderanno enormemente ma neanche Adrian si lasciò sconvolgere dalla presenza di Zofia. Anzi, probabilmente, vedendo la vita che conduceva, si sarà illuso che avessi una grande stima di sua madre. Zofia era quella che faceva il lavoro sporco: rischiava la pelle, si schizzava di fango, strigliava i cavalli, si faceva venire i calli alle mani raccogliendo la legna per il fuoco e tenendo le redini...la nullità, invece, passava le sue giornate seduta al sicuro nelle stanze più interne di una villa, senz'altra occupazione che ricamare, godendosi i frutti della fatica mia e di Zofia. Mio figlio avrà pensato che sua madre, ai miei occhi, apparisse come un fiorellino troppo delicato per riservarle una vitaccia tanto ingrata. -
- Come poteva pensare un'assurdità simile, dato che avevi abbandonato sua madre? -
- Che idiozie vai dicendo? La nullità aveva allevato Marya ed era la madre di mio figlio. Le dovevo un minimo di gratitudine per tutto questo. Se l'avessi abbandonata, come dici tu, avrei detto agli Stanciu che potevano buttarla fuori dalla loro villa, facendola morire di fame e di freddo in mezzo a una strada. Invece mi sono sempre preoccupato che mantenesse un tetto sulla testa, avesse cibo per sfamarsi e legna e vestiti per scaldarsi. E quando potevo, le riportavo suo figlio per vederlo. Ho fatto il mio dovere verso quella donna quindi come ti permetti, marmocchia, di rivolgermi delle accuse tanto gratuite? -
Integra abbandonò il discorso, tanto Alucard trovava sempre il modo di darsi ragione da solo. Inoltre, se fin'ora la sua pena si era concentrata sulla nullità, adesso empatizzava con quel povero ragazzetto di dieci anni, scaraventato a fare il brigante in compagnia di quel losco figuro di suo padre.
- Assalire le carovane doveva essere molto rischioso. Come riuscì Adrian a cavarsela? -
- Mi prendi per un incosciente totale? Credi che lanciassi mio figlio allo sbaraglio, col rischio di farlo ammazzare? Prima di partire per un attacco, valutavo la pericolosità del nemico. Se il rischio era alto, lasciavamo i marmocchi all'accampamento e partivamo solo io e Zofia. Se il pericolo era basso, lasciavo le femmine al bivacco e  mi trascinavo dietro Adrian, per insegnargli il mestiere. -
- Un momento! - intimò Integra - Perchè parli al plurale? Perchè marmocchi? Perchè femmine? -
- Perchè Zofia scodellò una figlia, Lilith. -
Integra si voltò a guardare il servo con occhi sgomenti:
- Si può sapere quanti figli hai?! -
- Non lo so. - rispose placido il vampiro.
- Non prendermi in giro! -
- E' la verità. - replicò il nosferatu nello stesso tono calmo - Non è facile tenere il conto, fra quelli nati quand'ero umano e quelli venuti dopo. Inoltre bisogna anche stabilire se devo veramente contarli tutti o solo una parte. Prima che inventassero i vaccini, la mortalità infantile era altissima. Me ne sono deceduti tanti di marmocchi, quand'erano ancora bambini. Quindi io quali dovrei considerare? Tutti quelli che sono nati o solo quelli che sono arrivati vivi all'età adulta? Una volta risolta la questione, possiamo anche tentare di contarli ma non è mai un'operazione facile. Ce n'è sempre qualcuno che dimentico di inserire nell'elenco, mentre altri finisco per contarli due o tre volte. Mi rendo conto dell'errore, ricomincio daccapo, sbaglio nuovamente, mi irrito, mando tutto affanculo, mi giro su di un fianco e mi addormento. Ormai uso la conta dei miei figli come voi umani usate contare le pecore per scacciare l'insonnia. Funziona a meraviglia, tanto che in 500 anni ancora non sono riuscito a scoprire quanti siano. Mi assopisco sempre prima di arrivare in fondo. -
Alucard taque. Aveva parlato veramente tanto, la sua lingua necessitava di un po' di riposo. La mente di Integra riempì quel vuoto rimuginando su varie frasi del servo. Una constatazione improvvisa la stupì, spingendola a domandargli:
- Adrian, Zofia e Lilith erano tutti umani. Eri l'unico vampiro di un branco umano. Tempo fa, in biblioteca, ti chiesi se ti pesava essere l'unico vampiro della famiglia Hellsing e mi rispondesti di sì. Allora perchè nel passato ti eri costituito un gruppo umano? -
- Modifichi i ricordi a tuo piacimento, master? Non ti risposi che mi pesava essere l'unico vampiro di casa Hellsing. Ti chiesi semplicemente se a te sarebbe dispiaciuto essere l'unica umana di una famiglia di vampiri. Da questa tua affermazione, deduco che ti dispiacerebbe enormemente. -
Integra arrossì, sentendosi presa in castagna. Era sbagliato sentirsi a disagio all'idea di ritrovarsi la sola umana in mezzo a un branco di vampiri? Il tono di Alucard però era conciliante:
- L'unica cosa che mi dispiace dell'Hellsing, è che non ho potuto scegliere di entrarci. Mi è stato imposto. A parte questo, la prospettiva di essere l'unico vampiro del branco non mi disturba. Così come non mi disturbava a quei tempi. Continuammo quella vita per qualche anno. Un tramonto, incrociammo il nostro cammino con quello di mia figlia Marya. Era diventata una vampira e aveva scelto di restare con quella nullità del suo master, in qualità di compagna. Contenta lei...fra l'altro, quella mezza tacca di sposo che s'era scelta, oltre a tutti i difetti che aveva, era pure maleducato! Gironzolava intorno ai miei umani con lo scopo di assaggiarli, indifferente al fatto che costituivano il mio branco. Come gli sarebbe sembrato se la sua master, incontrandolo, dopo averlo salutato avesse cercato di succhiargli la compagna? Lo avvertii che se si fosse azzardato a fare uno spuntino con la mia gente, poi lo avrei spolpato io fino alle ossa, ma anche questo concetto gli riuscì incomprensibile. Alla fine, prima che ci rimettesse la pelle uno dei suoi fratelli o il master, Marya riprese il cammino, trascinandosi via quella nullità di compagno che s'era scelta. Fu poco dopo quell'incontro che posteggiai Zofia e Lilith dai loro parenti, per portare Adrian a visitare sua madre ma quando arrivammo dagli Stanciu, ci dissero che la nullità era morta da qualche mese. -
- No! - si lasciò scappare Integra in tono accorato. Alucard proseguì con voce indifferente:
- Condussero Adrian sulla sua tomba. Era sepolta in terra consacrata. Questo perchè, secondo la versione ufficiale, morì per un'incidente. Scivolò lungo un sentiero che costeggiava un torrente e affogò. Adrian comunque se la bevve e rimase fermamente convinto che sua madre fosse deceduta per un accidente. -
- Perchè dici che questa era la versione ufficiale? - chiese Integra, mentre sentiva una morsa fredda afferrarle lo stomaco.
- Chi lo sa come andarono veramente le cose, master? Morì da sola, nessuno era lì con lei per testimoniare cosa accadde. Può anche darsi che si sia gettata volontariamente, suicidandosi. -
- Ecco, lo sapevo io che soffriva perchè le avevi tolto il figlio! Avevo ragione a... -
La gomitata che Alucard le appioppò nelle costole le tolse fiato e parole. La ragazzina si piegò su di un fianco, dolorante. Il vampiro trasse un profondo sospiro, per cercare di calmarsi:
- Te l'ho detto e ripetuto che quando spari certe idiozie mi fai venir voglia di prenderti a ceffoni. Ho cercato di trattenermi ma stavolta te lo sei proprio meritata! La tua testolina è incapace di considerare che io non ero l'unica fonte dei mali della nullità? Credi che gli Stanciu fossero dei santi? -
Una parte del cervello di Integra strepitava che doveva farla pagare immediatamente a quel servo traditore. Come si permetteva di picchiare la padrona? Il resto dell'encefalo però era del parere di rimandare la vendetta ad un'occasione più propizia. In quel momento, il corpicino che governava era decisamente troppo acciaccato per tentare una simile impresa. Le parole del servo intanto continuavano a giungere alle orecchie di Sir Hellsing:
- Gli Stanciu avevano tentato di comprarmi offrendomi una nullità qualsiasi. Si erano illusi che dopo la nascita di Adrian mi sarei finalmente deciso a sganciargli qualche soldo in più ma io mi ero sempre limitato a dar loro quanto gli spettava. Quando incontrai Zofia, il numero dei miei servi crebbe perchè ogni volta che la riportavo dai suoi parenti, distribuivamo anche a loro una fetta del nostro bottino. Questo voleva dire che gli introiti spettanti a ciascun clan che mi serviva erano diminuiti. Gli Stanciu se la legarono al dito. Intuivano che i loro incassi erano declinati per colpa di una donna e se la presero con la nullità perchè era incapace di incatenarmi a lei e al clan. Era Marya a raccontarmi queste cose, quando ancora abitava presso gli Stanciu. "Padre, non avete un'idea di cosa abbiano detto e fatto i nostri parenti a mia madre, durante la vostra assenza" era il suo saluto appena mi vedeva e passava poi a raccontarmi con dovizia di particolari tutto quello che era accaduto in quei mesi, convinta che a me fregasse qualcosa di quelle lagne quando invece sentivo solo una gran voglia di prenderla a ceffoni e ricordarle "Tua madre si chiamava Sekure"! Marya voleva bene alla nullità, la difendeva quando io non c'ero e proprio per questo giudicavo che quella scimunita di mia moglie non meritasse il mio aiuto. Un'adulta che si fa difendere da una bambina è una vigliacca. Se gli Stanciu le avessero sputato in faccia, se lo sarebbe meritato. Quando Marya se ne andò, la nullità restò senza protezione. Se gli Stanciu avessero avuto un po' di giudizio, si sarebbero accontentati di quello che gli portavo, considerando che non avevo più bisogno di loro, dato che i miei figli non abitavano più in quella casa. Invece continuarono a lamentarsi della scarsezza della loro parte e a farne una colpa alla nullità. Con qualcuno dovevano prendersela, dato che non avevano il coraggio di venire a lagnarsi direttamente da me. Quindi perchè non dovrei pensare che quando quella scimunita non ne potè più, la fece finita buttandosi nel torrente? -
Integra, che lentamente sentiva il dolore scemare e cominciava a riacquisire la posizione eretta, rispose:
- Almeno quando parli della sua morte, potresti essere rispettoso. -
Alucard sbuffò, seccato:
- Perchè te la prendi tanto a cuore per quella nullità, non lo capisco! No, non ho nessuna intenzione di rispettarla, nè da morta nè da viva. E non ho intenzione di fingermi addolorato per la sua sorte. Il dolore lo provo solo davanti alle vere sciagure, come quella che accadde quando ce ne andammo via dagli Stanciu... -
Il vampiro si bloccò come, nel corso di quella lunga sera, aveva fatto molte altre volte quando la sua narrazione si avventurava per sentieri spinosi. Integra sentì un brutto presentimento.  
- Quando, con Adrian, tornammo al campo di Zofia, lo trovammo bruciato. Durante la nostra assenza, dei valacchi provenienti da un paese vicino erano calati di notte sull'accampamento, mettendolo a ferro e a fuoco. Quando Zofia tornava presso il suo clan, portava sempre in regalo roba da mangiare, stoffe con cui coprirsi e cuoio per fabbricare scarpe. Da quando poteva contare su quei doni, la vita della sua gente era migliorata. I contadini del luogo non tolleravano che degli tzigani, dei calderai morti di fame, stessero bene quasi quanto loro. Pretendevano di vederli passare per le strade coperti di vesti rattoppate e con i piedi scalzi, in modo da potersi sentire superiori a quegli straccioni. Così avevano deciso di vendicare quell'affronto sterminandoli. Solo pochi si erano salvati. Con Adrian, li trovammo nascosti nel folto del bosco. Fra di loro c'era Lilith. Un parente, quando aveva capito che le cose si stavano mettendo male, aveva afferrato i primi due bambini che gli erano capitati sottomano ed era scappato a rifugiarsi fra gli alberi. Lilith era una dei due bambini. -
Silenzio.
Integra si chiese se fosse il caso di porre quella domanda. La voce di Alucard aveva lo stesso tono stanco di quando aveva raccontato della morte di Sekure. A Sir Hellsing riusciva facile immaginare che Zofia non si era salvata, quindi a che scopo chiedergli cosa fosse successo alla donna? Poi però ripensò a una frase del vampiro: "I ricordi m'inseguono e mi mordono come cani rabbiosi". Forse era invece necessario chiedergli cosa fosse accaduto a Zofia, se questo avrebbe consentito ad Alucard di rinchiudere quell'evento in un angolo della memoria. Col cuore che pulsava all'impazzata dalla paura, Integra chiese:
- Zofia? -
- Fra la sua gente, era quella che stava meglio di tutti e per questo era la più odiata dagli abitanti del paese. Fu la prima che andarono a cercare. Mi raccontarono che si era battuta come una tigre, col suo pugnale, ma era sola contro una torma di uomini che la circondavano. Avevano tutti delle torce in mano. Qualcuno le schizzò addosso del vino. Avvicinarono le fiaccole ai suoi capelli, ai suoi vestiti. Le diedero fuoco. Zofia divampò come una torcia e morì arsa viva. -
Integra sentì un nodo stringerle dolorosamente la gola.
- Sapevo che sarebbe vissuta poco, avendo deciso di non diventare una vampira. Ma non mi aspettavo che sarebbe vissuta così poco. Per soli undici anni ha cavalcato cantando alle mie spalle. -
Una pausa, poi Alucard proseguì il suo racconto con voce atona:
- Mi misi Lilith sull'arcione della sella e condussi i sopravvissuti in un luogo sicuro, prendendoli sotto la mia protezione in qualità di servi e affidai loro mia figlia affinchè l'allevassero. -
Integra aggrottò la fronte, assalita da un ricordo. Con la voce strozzata dal groppo in gola, domandò:
- I servi tzigani del Conte che si incontrano nel libro di Stoker, erano i loro discendenti? -
- Sì. I figli di Lilith si unirono in matrimonio a quella gente e fu così che il clan di Zofia finì per mescolarsi alla mia stirpe. -
Integra tornò con la memoria ad un altro passo che aveva letto nel diario di Van Hellsing.

- A parte le tue schiave, il castello era disabitato. I servi ti hanno abbandonato. Gli tzigani che scortavano la tua bara si sono dati alla fuga appena abbiamo cominciato a sparare. E' per questa ragione che siamo riusciti ad ucciderti. -
Gongolavo, nel dare queste notizie. E' bene che questo essere inferiore si stampi nel suo cervellino medievale l'idea che ormai non ha più nessuno. Tutti l'hanno abbandonato, tranne me.
Speravo che accusasse anche questo colpo invece, come un padre che giustifica i figli, ha sentito il bisogno di spiegarmi:
- Voi avevate fucili e pistole. Loro solamente pugnali. Se non fossero fuggiti, li avreste uccisi tutti. -
Tanta indulgenza verso dei servi traditori mi ha lasciato stupefatto.


Anche Integra era rimasta interdetta la prima volta che aveva letto il commento del vampiro ma adesso comprendeva le motivazioni profonde che avevano spinto il servo a parlare in quel modo.
Alucard riprese:
- Dopo aver messo al sicuro mia figlia e i suoi parenti, riportai Adrian dagli Stanciu. Non lo volevo fra i piedi, mentre compivo la mia vendetta. Quando fui finalmente solo, calai sul borgo che aveva dato alle fiamme l'accampamento, sterminando quanti più abitanti possibile. -
Integra si sentì invadere da un senso di nausea. Morti e vendette sembravano susseguirsi in un ciclo infinito nella non-esistenza del vampiro che era stato Alucard. Lei che ascoltava non faceva in tempo ad affliggersi per la dipartita di Sekure e Zofia che si ritrovava ad angustiarsi per gli umani che subivano l'ira del vampiro. Chissà quanti innocenti erano caduti sotto la lama e le zanne del non-morto, quante persone che non avevano partecipato nè approvato quella caccia agli tzigani! Davvero Vlad il nosferatu riusciva a trarre consolazione da queste vendette? O le compiva solo perchè la mentalità vigente a quei tempi, e che gli era stata inculcata col latte materno, esigeva dai sopravvissuti il dovere di infliggere la legge del taglione? Ma quando mai il dovere riesce a lenire la sofferenza? Non è che passata la furia della prima ondata di dolore, quei cadaveri finissero per affastellarsi sul cuore del non-morto, rendendo più greve il suo tormento? In fondo, sventrare anziani, infermi e neonati non gli aveva restituito le sue donne tanto amate. La stessa voce atona con cui Alucard elencava quelle vendette, faceva sospettare che a distanza di secoli, il vampiro percepisse le sue azioni passate come una fatica inutile e non come un atto di cui andar fieri.
Master e monster rimasero a lungo in silenzio, ognuno impegnato a smaltire il proprio dolore. Quando riuscì a calmare il suo animo in subbuglio, la ragazzina chiese:
- E poi? Come hai proseguito? -
Alucard ebbe bisogno di rimanere in silenzio ancora per un po' prima di decidersi a rispondere:
- Briganteggiai per qualche altro anno con mio figlio ma lui non era tagliato per questo genere di esistenza. Aveva un carattere...pacifico. -
Il vampiro pronunciò l'ultima parola quasi con vergogna, come se per un guerriero della sua levatura non esistesse umiliazione peggiore  che generare un uomo tranquillo.
- Probabilmente somigliava a sua madre. - commentò Sir Hellsing con una punta di malignità.
- Può darsi. - concesse Alucard, non del tutto convinto che i suoi cromosomi potessero lasciarsi soggiogare da quelli di una nullità qualsiasi. Infine proseguì:
- Adrian restò umano e decise di tornare dagli Stanciu. Trascorse il resto della vita lontano da lotte e guerre, amministrando i suoi possedimenti. -
Il tono di Alucard tradiva tutta la sua perplessità su come si potesse preferire un'esistenza da contabile a quella di combattente. Il fatto che ad aver compiuto una simile scelta fosse stato uno dei suoi figli, sangue del suo sangue, non poteva che lasciarlo ancor più sbigottito.
- Avrei dovuto staccarlo prima dalle sottane di sua madre! - concluse il vampiro, non riuscendo a trovare altra spiegazione per quella bizzarrìa.
- E poi? - incalzò Integra, dato che il servo aveva nuovamente interrotto la sua narrazione.
- Poi continuai a fare il brigante da solo. Suddividevo il bottino fra la mia gente e passavo a controllare che Lilith crescesse bene. Una notte andai a trovare gli Stanciu e da loro incontrai Marya. Era da un pezzo che non ci vedevamo. Era tornata dalle persone che l'avevano tirata su per partorire e affidare la sua creatura al fratello e alla cognata, affinchè l'allevassero con i loro bambini. Calcolai che mia figlia non si sarebbe rimessa in viaggio verso il territorio del suo maestro prima di un paio di mesi e decisi di approfittarne. Galoppai a rotta di collo dal nosferatu che l'aveva vampirizzata e appena lo trovai, me lo mangiai. -
Integra non riusciva a credere alle proprie orecchie. Dopo alcuni istanti di attonito silenzio, esclamò:
- Ma perchè?! -
- Perchè se lo meritava, ecco perchè! - ringhiò inferocito Alucard - Io non sono diventato il Conte Dracula standomene in panciolle per tutto il tempo! Combattevo, sfidavo altri vampiri, estendevo il mio territorio, rischiavo la pelle in prima persona contro gli altri nosferatu...se sono diventato famoso, è perchè mi sono impegnato e ho faticato! E cosa faceva invece quell'imbecille di mio genero? Pretendeva di vivere alle mie spalle, di gloria riflessa! Si presentava agli altri vampiri dicendo che era un componente del mio branco, per incutere loro timore ma fra me e quella nullità non c'è mai stato alcuno scambio di sangue, nè diretto nè indiretto, quindi come osava spacciarsi per un mio protetto? Ogni volta che lo incontravo, lo avvertivo di finirla con quella menzogna. Rispondeva che mi avrebbe ubbidito e poi continuava a fare di testa sua. Meditavo già da tempo di sbarazzarmi di quel deficiente ma ogni volta che i nostri cammini si erano incrociati, mia figlia era stata presente e come potevo ucciderle il maestro sotto il naso? Non me lo avrebbe mai perdonato! -
- E per una stupida questione d'onore, hai reso orfano tuo nipote? -
- Mia nipote, Marya partorì una femmina. E comunque non era una stupida questione d'onore, i miei affari rischiavano di essere rovinati da quell'imbecille! Se voleva ampliare il suo territorio, combattesse in prima persona invece di andare dicendo che si impossessava delle aree altrui a nome mio, che poi i legittimi proprietari venivano a cercare me per sfidarmi a duello e avevo già tante di quelle beghe da sbrigare per conto mio! Riguardo a mia nipote, credi veramente che le abbia fatto un dispetto, impedendole di conoscere suo padre? Meglio restare orfani che crescere con genitori meschini, così la penso io e il deficiente che aveva messo incinta mia figlia era una vera nullità, meglio perderlo che trovarlo! -  
- Ma quella povera bambina... -
Integra non riuscì a terminare la frase, subito coperta dal tono seccato del servo:
- Macchè povera! E' stata una persona in gamba, mia nipote, del resto somigliava tutta a sua madre! Per fortuna non aveva preso nulla da quell'imbecille che l'aveva generata! Nonostante fosse figlia di due vampiri, decise di rimanere umana. Si sposò con un mercante di Sofia che la lasciò presto vedova, con un nugolo di marmocchi attaccato alla sottana. Mia nipote non si scoraggiò: prese in mano le redini delle attività del marito, facendole fruttare più di quanto lui non fosse mai riuscito a fare. Dal suo ufficio di Sofia, la figlia di mia figlia controllava un impero commerciale che andava da Samarcanda a Venezia, dal Mar Baltico al Golfo Persico. Morì ricca sfondata a settant'anni suonati, età che poche raggiungevano, a quei tempi. -
- Ammesso e non concesso che tu abbia ragione e quella donna non abbia sofferto per non aver conosciuto il padre, come la mettiamo con tua figlia? A lei andava bene, il master che si era scelta! -
- Le sarà anche andato bene, ma non era tagliato per lei. Marya aveva stoffa e non lo dico perchè è mia figlia ma perchè è la verità. Era sprecata come allieva di quella nullità! -
- Ma lei era felice così! -
- Quante storie! - sbuffò seccato Alucard - Decisi di renderla ancora più felice dandole la possibilità di crearsi degli allievi e fondare un branco tutto suo, contenta? -
Integra meditò sulla pericolosità di ritrovarsi Alucard come suocero mentre ascoltava il servo continuare a raccontare:
- Me la vidi ricomparire davanti mesi dopo. Afflitta, mi raccontò di non essere riuscita a ritrovare il suo master. Pensava che fosse morto nell'esondazione del Danubio, avvenuta mentre si trovava dagli Stanciu. Le alluvioni sono delle gran brutte situazioni anche per noi vampiri, Integra. Non hai un'idea di quante volte abbia rischiato di finire anch'io sciolto come una zolletta di zucchero nel tè, quando i fiumi in piena uscivano dagli argini. Finsi di essere addolorato per lei e risposi che molto probabilmente aveva ragione. Non mentivo: ciò che non ero riuscito a mangiare di quel gaglioffo, l'avevo gettato in un torrente, in modo che si squagliasse senza lasciare traccia. Dissi a Marya che poteva restare con me finchè le fosse piaciuto e lei accettò. Rimase a fare la brigante con suo padre per un bel pezzo. Infine prese la sua strada, com'era giusto che fosse. Vampirizzò due ragazzi, creandosi un branco tutto suo. -
Un richiamo lontano interruppe la conversazione:
- Integraaaa! -
Era la voce di Walter. La ragazzina guardò l'orologio, accorgendosi con stupore che era già ora di cena. Possibile che il tempo fosse volato così velocemente?
Spense il sigaro contro un albero e lo ripose nella scatolina mentre pensava febbrilmente da quale ingresso secondario della villa potesse entrare per correre in bagno e lavarsi via dal viso il puzzo di fumo, senza imbattersi nel tutore.
Quanto le seccava però interrompere la discussione con Alucard! Chissà quante cose aveva ancora da raccontare! Divorata dalla curiosità, chiese:
- Raccontami almeno com'è finita ai tuoi figli. Se Adrian ha deciso di rimanere umano, sarà ormai morto, ma Marya? E Lilith? -
La voce del vampiro tornò ad essere atona:
- Marya, col suo branco, nel corso dei secoli bazzicò tutta Europa. Negli anni '30 si fermò in Germania e lì venne uccisa con un paletto nel cuore da qualcuno che si era reso conto di avere di fronte una vampira. -
Sir Hellsing sentì un nodo stringerle la gola. Accettò quella reazione, senza più stupirsi di provare pena per una succhiasangue.
- Seppi della sua morte solo anni dopo ma anche se ne fossi stato informato subito, la situazione non sarebbe cambiata. - continuò Alucard con voce stanca - Ormai ero il cane degli Hellsing, non potevo più uccidere umani a mio piacimento. Così mia figlia è rimasta invendicata. La sua pelle, i suoi capelli, il suo profilo, si sono polverizzati in un mucchietto di cenere, proprio come successe a sua madre. Se i suoi assassini non ci sono rimasti secchi durante la guerra, allora saranno deceduti serenamente, di vecchiaia. -
Una pausa, per smaltire quel qualcosa di pesante che gli gravava in gola. Poi la voce monocorde riprese:
- Adrian invecchiò. Con l'età regredì al neonato che era stato un tempo. Perse i capelli e la testa. Trascorreva le sue giornate parlando come un bambino e comportandosi come un bambino. Lo guardavo in silenzio e mi dicevo che questo non era l'ordine naturale delle cose. Io sarei dovuto essere il vecchio rimbambito e pelato e lui il giovane che mi aiutava a scendere i gradini. Tornai a maledirmi per essere vissuto talmente a lungo da assistere alla decadenza di un altro figlio. Infine, una notte Adrian si coricò e si spense nel sonno. Morì dolcemente. Devo essere contento almeno di questo. -
Altra pausa, più lunga della precedente. La voce di Walter rimbombava nelle orecchie della ragazzina ma per quanto Integra sentisse crescere in sè l'urgenza di sbrigarsi, si impose di non sollecitare il servo a parlare. Certi silenzi andavano rispettati, lo comprendeva bene. Finalmente, il vampiro proseguì:
- Lilith restò umana e continuò a vivere nel clan in cui era nata. Neanche lei, come sua madre, desiderava una vita comune ma aveva idee diametralmente opposte a quelle di Zofia su come raggiungere quest’obbiettivo. Zofia era stata un animo irrequieto e impulsivo mentre Lilith era calma e razionale. A mia figlia non interessava esplorare il mondo. L’anello di città che il suo clan girava per lavoro bastava e avanzava a soddisfare la sua poca voglia di viaggiare. Quel che interessava veramente Lilith era la conoscenza. Era assetata di sapere, proprio come sua sorella Marya ma io non avevo tempo di insegnarle a leggere e a scrivere e le persone che la circondavano erano tutte analfabete, così sfogò il suo bisogno di apprendere prestando orecchio ai discorsi delle donne anziane. Scelse come maestra una vecchia che sapeva molto sulle piante e arrivò il giorno in cui la superò in bravura. Fu così che mia figlia diventò una fattucchiera. Con le piante creava medicamenti da rivendere nelle città che incontrava sul suo cammino e siccome erano molto efficaci, glieli pagavano bene. Fra le tante cose, Lilith preparava anche pozioni capaci di provocare a chi lo richiedeva un aborto vietato da Santa Ipocrita Madre Chiesa. Delle levatrici se ne accorsero e si arrabbiarono molto perchè ogni marmocchio che non nasceva era lavoro in meno per loro, così denunciarono mia figlia per stregoneria al tribunale dell'Inquisizione. Lilith venne arrestata, torturata per farla confessare, processata e condannata al rogo. Era scampata alle fiamme da bambina per finire arsa viva da adulta. Le sue ceneri vennero gettate nell'immondezzaio che sorgeva fuori dalle mura della città. Quando questo accadde, io non c'ero. Ero in Galizia, impegnato a saccheggiare le proprietà di una famiglia rivale dei Draculesti che aveva possedimenti laggiù. Venni a sapere tutto mesi dopo, una notte in cui passai dal clan tzigano per far visita a mia figlia e trovai solo i suoi bambini e suo marito che mi raccontò l'accaduto. Fu allora che cominciai a chiedermi se non dovessi lasciare le faccende degli umani agli umani. Le lotte di potere fra i Draculesti e i clan rivali quanto mi riguardavano, ormai? Mi dicevo che forse, se non fossi stato impegnato a fare il brigante in terre lontane, avrei potuto salvare mia figlia dal fuoco. Era un'idea stupida, adesso me ne rendo conto. Anche se fossi rimasto nel mio territorio, non posso avere la certezza che sarei stato avvertito in tempo di quello che stava accadendo. Magari Lilith sarebbe finita in cenere comunque. A quei tempi però non potevo fare a meno di illudermi che forse avrei potuto cambiare le cose e fu da allora che, lentamente, cominciai a lasciar sbrigare le beghe degli umani agli umani. -
Alucard spense il sigaro contro il tronco della quercia:
- Mi feci dare da mio genero i nomi di chi aveva denunciato mia figlia al Sant'Uffizio, dei boia che l'avevano torturata e appiccato il fuoco, di chi aveva testimoniato al processo confermando che era una strega e dei monaci che l'avevano condannata. Dopodichè andai a trovare uno ad uno quei signori e quelle signore e feci in modo che arrivassero a supplicarmi di ucciderli, così da mettere fine alle loro sofferenze. Ma io, non diedi ascolto alle loro implorazioni. -
La conversazione era finita, il vampiro non aveva altro da aggiungere.
Integra corse verso uno degli ingressi secondari di villa Hellsing. Doveva assolutamente raggiungere uno dei bagni per sciacquarsi il viso. Non voleva presentarsi al cospetto di Walter con la pelle impregnata dell'odore di fumo e le guance rigate di lacrime.


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Lasciate che vi spieghi la genesi di questo capitolo assurdo. XD Tempo fa mi ero messa a cercare su internet informazioni sui figli di Vlad III, dato che nelle sue biografie vengono citati solo i nomi di quattro figli e una figlia, i suoi discendenti legittimi e/o più famosi. Mi pareva strano però che non ne avesse altri dato che, secondo l'usanza dei tempi, ai fini di assicurarsi la continuità dinastica, l'Impalatore aveva varie concubine sparse per il regno. Alla fine, ho scovato altri 3 ragazzi e 2 ragazze, figli di Katharina Siegel (e probabilmente ne avrà avuti altri ancora da varie donne ma non ho trovato nessuna menzione su ulteriori rampolli).
Nelle mie ricerche, accanto ai figli dell'Impalatore, continuavano a saltarmi fuori risultati anche sui figli del Conte Dracula, protagonisti di film, telefilm, cartoni, fumetti, libri e videogiochi. Ho finito per fare un elenco anche di loro e fin'ora ne ho contati 15, senza avere la pretesa di averli scovati tutti (chissà quanti saranno sfuggiti alla mia attenzione! Per questo faccio dire ad Alucard che non sa quanti figli ha XD). Non ho resistito alla tentazione di riunirli tutti in un unico universo coerente con Hellsing, e questo è il risultato.
Ammetto però di aver spudoratamente rimescolato le carte a mio piacimento. ^^ La maggior parte dei figli e delle figlie di Dracula sono protagonisti di storie in cui si oppongono al padre, mostrato come il male assoluto e a me, questa visione manichea in cui i cattivi lo sono fino in fondo, dimostrandosi spietati verso chiunque, inclusi i figli, proprio non va giù, anche perchè fa a pugni col Vlad storico.
Se l'Impalatore si fosse macchiato di crudeltà con la sua prole, la notizia sarebbe giunta fino a noi: figuriamoci se i cronisti che lo ritraevano come un mostro assetato di sangue si sarebbero lasciati scappare un pettegolezzo tanto ghiotto! Invece, non solo non sono segnalate atrocità ma c'è arrivata la notizia che il sovrano assegnò terre e case ai discendenti illegittimi, così da garantir loro un futuro e quando partì per la sua ultima guerra, benchè i figli maggiori fossero ormai degli uomini capaci di combattere al suo fianco, preferì lasciarli al sicuro in Ungheria, forse presagendo che non sarebbe uscito vivo da quella campagna e non volendo trascinare con sè gli eredi in una morte inutile. Perchè mai un uomo tanto attaccato alla sua stirpe avrebbe dovuto mutare atteggiamento una volta diventato vampiro? Ho così preferito lasciare questo "sentire" anche in Alucard.
Adesso arriviamo ai crediti. ^^ Marya è la protagonista del film "La figlia di Dracula" del 1936 (che nel film, scontenta della sua condizione, cerca una soluzione al suo vampirismo e non trovandola, si fa uccidere dal proprio servo). Lilith e sua madre Zofia appartengono ai fumetti Marvel (dove Dracula, incarnazione del male assoluto, è obbligato a sposare Zofia e appena può causa la morte di questa moglie tanto detestata. Il rancore di Lilith, abbandonata dal padre, è tale da tramutarla in una vampira e trascorrerà i secoli ad ingaggiare col genitore duelli mortali). Adrian è il vero nome dell'Alucard protagonista di Castlevania (che nel videogioco è un dampyr, mentre io l'ho tramutato in umano). Valutate voi quanto abbia modificato i personaggi originali a mio uso e consumo XD.
Sekure è un personaggio di mia invenzione (come anche la povera Nullità e la nipote che dall'ufficio di Sofia controllava un impero commerciale): mi piace immaginare che nel corso della sua non-vita, Alucard abbia trovato qualcuno capace di tenergli testa. ^^
Le informazioni sulla vita di Vlad l'Impalatore le ho riprese dall'accurata biografia di Vito Bianchi "Dracula, una storia vera", di cui consiglio la lettura :)
Nella mia fantasia, il vampiro Vlad ha le stesse fattezze che Hirano dà ad Alucard a livello zero, con la barba di due settimane e i capelli scarmigliati. Il vero Vlad l'Impalatore invece lo immagino con il suo aspetto reale, per questo faccio dire ad Alucard che quando era umano, era brutto. Voi però siete liberi di immaginare Vlad il vampiro e Vlad III come meglio vi pare.
A chi può interessare, gli altri figli e figlie di Dracula che ho trovato, sono: Janus (appartiene ai fumetti Marvel), Eva (appartiene ai fumetti Dynamite Entertainment), Alucard (protagonista del film "Il figlio di Dracula"), Ferdinand (Protagonista del film "Dracula père et fils"), Nadja e un fratello di cui non ho scoperto il nome (protagonisti del film "Nadja"), Ingrid e Vlad (protagonisti del telefilm "Young Dracula"), Quincey (compare nel libro "Dracula - the Undead" ), Damian (protagonista di "Vampire Hunter D"), Sibilla (compare in "Scooby-Doo e la scuola dei ghouls"), Mavis (protagonista di "Hotel Transilvania"). Va da sè che in molti casi, per riuscire a rendere coerenti questi individui con Alucard, bisognerebbe solo prenderne il nome e l'aspetto fisico, e certe volte nemmeno quest'ultimo, visto che Sibilla è un obrobrio con i capelli viola XD.


APPELLO: la mia gatta ha avuto i cuccioli, ho trovato famiglia a tutti tranne che ad una femminuccia nera. Se qualcuno di voi desiderasse prenderla, può mettersi in contatto con me attraverso un messagio privato su EFP. Risiedo in Toscana ma non ho problemi a spostarmi anche nelle regioni limitrofe (Romagna, Lazio, Umbria, Marche).
  
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