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Autore: Agnetha    20/04/2013    2 recensioni
Safety Hill è il nome di una scuola per ragazzi prodigio: Sara non è una ragazza particolarmente dotata eppure frequenta ugualmente l'istituto. Il suo insegnante più caro è appena morto e il suo sostituto è la inquieta, senza che lei sappia spiegarsi il perché. Ma quando uno degli studenti ha uno strano incidente, e una serie di inspiegabili fatti cominciano a susseguirsi, Sara e i suoi amici decidono che è il momento di indagare...PS. non aspettatevi né vampiri né lupi mannari!
[storia scritta a 4 mani da Agnetha e Glenda, in corso: aspettiamo i pareri di chi ci legge]
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia confondeva il profilo delle colline: i prati sembravano affogare nelle nuvole, il cielo era di un grigio desolante, e tutto appariva come coperto da un vetro appannato.

E’ di nuovo scomparso l’orizzonte...”

Pioveva sulle croci, sulle lapidi, sulle iscrizioni, sui nomi, sulle date tra parentesi, sugli ombrelli, su tutta quella gente raccolta in un silenzio innaturale, sulla terra smossa, sulle sue scarpe.

Chissà perché sono qua...”

Odore di acqua, odore di foglie. Di terra smossa e di campagna.

Siamo qui riuniti per salutare il nostro fratello....”

L’uomo è polvere e torna alla polvere.

E l’anima?

L’anima poteva essere qualcosa di molto simile a quelle nuvole laggiù: resta un po’ sospesa a guardare, curiosa di essere lì, già immemore di quella gente, di quello che è stata.

Un soffio di vento e se ne va.

Dissolta, sparita, come se non avesse mai vissuto, amato, gioito, sofferto.

Inghiottita nel nulla da cui è venuta.

Il tutto, il nulla, la morte e la vita: così toccabili quando un essere che si conosce viene calato nella terra.

Eppure, lui non riusciva a pensare ad altro che a quell’ombrello: un ombrello variopinto, chiazzato di fiori estivi, così solo e triste in mezzo a tutto quel nero, a coprire una testa di capelli biondi.

Una ragazza esile, bionda come l'oro, sotto un ombrello multicolore che era come una corona di fiori sulla sua testa.

Eppure la conosco...”

L’immagine riemerse per un attimo e poi riaffondò di nuovo tra i suoi ricordi.

Dove l’ho vista?”

La fissò a lungo, stupito: era difficile che la sua memoria facesse difetto.

Anzi. Forse era la prima volta che gli succedeva.

D’un tratto lei voltò appena la testa, con una mano si asciugò il viso, poi alzò gli occhi e lo fissò per pochi istanti.

Il ricordo, lontano, da qualche parte, nella sua mente, brillò di nuovo, veloce come un lampo, e scomparve.

 

Sara osservava in silenzio la bara posta davanti ai suoi occhi. Cercava disperatamente di trattenere le lacrime. Quell'uomo, il professor Stephan Mc Farlene, che le era stato tanto vicino, ora se n’era andato via per sempre. Nonostante al funerale vi fosse un mucchio di gente raccolta per porgergli l’estremo saluto, lei si sentiva dannatamente sola. Sola con la sua sofferenza, con il suo dolore. Nessuno dei presenti avrebbe mai potuto colmare il senso di vuoto che sentiva crescere dentro di lei.

Non riusciva a distogliere gli occhi dalla bara circondata dai fiori.

Sono così colorati” pensò “Non hanno proprio nulla a che vedere con questa grigia e triste giornata”

Per un po' provò a inseguire la fantasia che anche il cielo fosse infelice per la scomparsa del docente. Come sarebbe stato bello se quello fosse stato soltanto un incubo: un brutto e odioso sogno! Avrebbe voluto svegliarsi, come le era capitato, in classe con Mec Farlane che la rimproverava per essersi appisolata ancora una volta durante la sua lezione: “Signorina Pendleton, devo proprio annoiarla a morte!”.

Gli occhi, a quel ricordo, le si riempirono di lacrime.

Mec Farlane aveva saputo essere per lei più che un semplice professore. Era un amico, un confidente, una persona a cui affidarsi nei momenti di sconforto. Lui era il solo a credere in lei, a darle quella fiducia in se stessa di cui aveva bisogno. Persino quando nemmeno sua madre credeva che potesse farcela, persino quella volta che lei, la brillante avvocatessa tutta d'un pezzo, le aveva detto che avere una figlia così poco intelligente era una vergogna per la famiglia.

Professore” sussurrò “non è giusto! Perché se n’è andato? Io avevo ancora tanto bisogno di lei…”

Si guardò intorno, tanta gente si era raccolta intorno alla bara.

Erano tutti vestiti di nero, e anche lei, quel giorno. Non le avrebbero perdonato il contrario. Aveva dovuto cercare molto nell'armadio per trovare dei capi di quel colore. Ma l'ombrello no, aveva portato il suo. Non si comprano oggetti nuovi per un funerale: sarebbero rimasti per sempre impregnati di quella tristezza.

Un soffio di vento umido le scompigliò i lunghi capelli e nello scostarli dal viso avvertì una presenza i margini del suo campo visivo.

Si voltò e lo vide un uomo in cima ad una piccola collinetta, poco distante dal luogo del funerale, che la stava fissando. Era senza ombrello, nonostante quella mattina piovesse già da alcune ore.

Per un istante ricambiò lo sguardo, ed un brivido le percorse il collo: era come se in quel breve scambio d'occhiate una folata di oscurità fosse passata da lui a lei.

La bara fu calata all’interno della fossa mentre la gente le si avvicinava lanciando dei fiori.

Sara gettò un piccolo mazzo di margherite bianche che fino a quel momento aveva stretto a sé, e si erano afflosciate fra le sue mani.

Addio...professore…” mormorò quasi tra sé.

Poi, istintivamente, si voltò a cercare l'uomo che aveva visto qualche attimo prima, ma non lo vide. Era scomparso, svanito come un fantasma nella densa foschia di quella grigia e piovosa giornata.

- Sara, dobbiamo andare. -

Lei si voltò in direzione della voce. Candida la stava chiamando.

- Si, arrivo -

S’incamminò lentamente verso l’amica. Il funerale era finito e stava smettendo di piovere.

  
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