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Autore: MikiBarakat96    21/04/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiornoooo :D
Sono tornata! Ecco a voi il nuovo capitolo, finalmente sono riuscita a postarlo :) spero che l'attesa non sia stata troppa :3 
Questo è un capitolo diciamo "morto" xD, in cui non succede nulla di importante, c'è solo qualche indizio su cosa prevederà il prossimo capitolo u.u 
Buona lettura... alla prossima settimanaaa :D!  P.s. Oggi un ragazzone muscoloso di mia "conoscenza" compie gli anni *-* auguri al nostro Zack <3 

Miki*

 
-Hello Brooklyn-.
 
Il viaggio in aereo di quella sera fu abbastanza calmo ma allo stesso tempo deprimente visto il silenzio che c’era tra i ragazzi rimasti della crew e della band che si parlavano a malapena, ma io pensavo fosse più un fatto che nessuno era in vena di scherzare o di fare battute invece che un fatto che non si sopportassero più cosa poco probabile visto anche il fatto che erano ancora insieme e non avevano fatto come Zack, Rian, Jeff e Matt Colussy che se ne erano andati. Ancora mi chiedevo perché i due membri della crew se ne fossero andati, dopotutto loro non c’entravano nulla in quella storia, ma probabilmente erano legati di più a Zack e Rian.
Durante il viaggio, mi sedetti tra Alex e Vinny visto che Matt mi ignorava di nuovo, Jack sembrava una mummia e Denny non è poi che lo conoscessi così bene. Alla fine mi divertì un po’ durante il viaggio grazie alle battute di Vinny che erano davvero stupide, ma in modo divertente e anche grazie ad un film comico che misero da far guardare ai passeggeri. Quando mi misi comoda per dormire un po’, Alex –che mi tenne la mano per tutto il viaggio come per paura che senza non ce l’avrebbe fatta a sopportare quel viaggio silenzioso- mi aiutò a facilitare il sonno cantandomi la ninna nanna più innovativa del mondo: under a paper moon che da un po’ iniziavo a considerare come la nostra canzone.
Debbie avrebbe preso l’aereo il giorno dopo, tornando ad una vita normale e dalla sua famiglia che di sicuro l’aspettava a braccia aperte. Non era venuta a salutarci quando ce ne eravamo andati e sospettavo fosse per il fatto che dopo quello che era successo si vergognava troppo anche per rivolgere solo un saluto ad Alex e gli altri; ma comunque non appena atterrammo mi mandò un messaggio chiedendomi come fosse andato il volo e io per non farla preoccupare dissi che era stato divertente… per tutti.
Usciti dall’aeroporto, ci dovemmo separare: io, Alex e Jack prendemmo un taxi che ci avrebbe portato a Baltimora, mentre Matt, Vinny e Danny ne presero un altro che li avrebbe portati alle loro rispettive case che esattamente non sapevo dove fossero. Jack salutò tutti con un veloce gesto della mano a cui gli altri non badarono, era comprensibile che fosse così giù e scontroso, lo saremmo stati tutti al suo posto. Alex, invece abbracciò tutti con affetto e promise che si sarebbero rivisti per un altro tour; avevano tutti annuito nonostante non credessero affatto in una probabile “rinascita” degli All Time Low, speravo almeno che ci sperassero. Una cosa strana di quei saluti fu che Matt mi abbracciò! E mi sussurrò anche di avere coraggio e di dire ad Alex la verità visto che ora lui non cantava più e io ero in una sorta di pausa riflessione e insieme saremmo potuti diventare dei buoni genitori anche se senza lavoro… ma a quello avremmo pensato più in là.
Il taxi si fermò davanti casa di Jack, il quale ci salutò a malapena e dopo aver recuperato le valige, si andò a ficcare nella casetta simile a quella di Alex che distava abbastanza poco dalla mia nuova casa. Mi accorsi di quanto mi fosse mancato quel posto, solo quando il taxi si arrestò e un sorriso mi affiorò sulle labbra mentre guardavo la piccola casetta bianca con il tetto blu e il piccolo giardino intorno circondato dalla staccionata bianca. Non sapevo se mi fossero mancati di più i cani oppure il senso di pace che mi dava quella casa, un luogo in cui mi potevo finalmente rilassare, in cui finalmente io e Alex saremmo stati da soli senza gli altri e un luogo fisso che non avrei mai dovuto cambiare, che non avrei mai dovuto lasciare almeno finché non avessi preso una decisione.
Sebastian e Peyton erano a casa, i genitori di Alex erano stati informati del nostro ritorno e quindi aveva riportato le due pesti in quella che era anche la loro casa; probabilmente non vedevano l’ora di rivedere Alex, perché una volta aperta la porta di casa gli schizzarono addosso come razzi e iniziarono a fargli le feste e a leccargli tutta la faccia facendomi scoppiare a ridere piena di una favolosa sensazione di… benessere, di felicità, ero tornata e per la prima volta dopo mesi potevo riposarmi un po’ anche se da quando Debbie me l’aveva proposto non riuscivo a togliermi dalla mente il pensiero di tornare a Roma.
<< Finalmente a casa! >>, esclamò Alex fermandosi al centro della stanza che comprendeva la cucina e il salotto.
Dopo aver salutato Alex, i cani vennero anche da me prima di svignarsela fuori nel giardino dove finalmente potevano uscire. << Eh già >>, sospirai, << dopo tanto tempo fuori siamo di nuovo tornati >>.
<< Purtroppo non nel modo in cui mi aspettavo >>, disse dirigendosi verso il frigorifero dal quale estrasse una bottiglia d’acqua.
Gli sorrisi. << Forse un po’ di tempo a casa vi farà bene, siete stati per tanto tempo insieme che forse alla fine è normale che si vada in escandescenza >>.
Prese due bicchieri e li poggiò sul tavolo prima di riempirli con l’acqua. Stavo morendo di sete da quando eravamo arrivati all’aeroporto, questo perché avevo mangiato dei maledetti salatini durante il volo. << A Jack non farà per niente bene >>, disse lasciandosi cadere su uno degli sgabelli intorno al tavolo. << Hai visto com’è stato per tutto il viaggio? Sembrava completamente assente >>.
Bevvi l’acqua tutta d’un fiato facendomi venire i brividi per quanto fosse fredda. << Be’… Debbie se n’è andata, deve decidere tra lui e Zack e Jack si sente male solo al pensiero che lei possa scegliere Zack e uscire dalla sua vita >>.
Non appena la nominai, sentì il telefono nella mia tasca vibrare; era un suo messaggio nel quale mi chiedeva se potevo dire io ai ragazzi della band che lei si era definitivamente licenziata mentre lei in cambio avrebbe chiamato la casa discografica per dire che il tour era annullato e così forse anche la mia carriera.
Le risposi che per me andava bene, anzi benissimo visto che mi mancavano un po’ i miei quattro musicisti e avevo voglia di sentirli.
<< Dov’è andata Debbie? >>, mi chiese quando finì di rispondere al messaggio.
<< È tornata a Roma >>, risposi sorridendo solo al ricordo di quella bellissima città che mi aveva vista crescere.
Alex sorrise a sua volta. << Mi manca un po’ Roma, è una bellissima città e quell’estate ci siamo divertiti tantissimo >>.
<< Si, è vero, ma ci sono stati comunque alcuni alti e bassi, come la nostra litigata >>, dissi.
Scacciò le mie parole con un gesto della mano. << Solo per quello, per il resto eravamo tutti felici e contenti quando non c’era di mezzo Enrico >>.
Scoppiai a ridere al suono di quel nome. Ah Enrico! Mi sembrata passata un’eternità dall’ultima volta che lo avevo visto ed era di sicuro una cosa positiva visti i tanti problemi che mi aveva causato! Lo disprezzavo così tanto che il desiderio che esprimevo ogni notte era quello di non rivederlo più per il resto della mia vita, perché sapevo che se fosse successo si sarebbe attaccato a me come una sanguisuga e avrebbe di nuovo cercato di diventare mio amico per ridiventare poi il mio fidanzato. Ripensando alla mia relazione con Enrico mi veniva da domandarmi come diavolo avessi fatto a stare con uno così.
<< Oddio non me lo ricordare >>, dissi continuando a ridere.
<< Credimi, non lo voglio ricordare neanche io, era un tale… ragazzino! Un idiota, un egoista, un bastardo, un perdente, un… >>.
<< Okay, ho capito il concetto >>, dissi.
Alex ridacchiò. << Mi fa felice il pensiero di averti tolta dalle sue grinfie >>, annuì, << anche se è stata dura, non lo mollavi mica! >>.
Mi strinsi nelle spalle per rispondere alla sua occhiataccia. << Ero ancora innamorata, era passato poco tempo da quando ci eravamo lasciati e lui sapeva benissimo come incantarmi per bene >>.
<< Speriamo che se lo rincontri non finisci di nuovo tra le sue braccia >>, commentò.
Questa volta fui io a guardarlo storto. << Ma certo che no! >>, esclamai stizzita. << Tu sei duemila volte migliore di Enrico >>.
Sorrise compiaciuto. << Lo so >>, disse. << Però è bello sentirselo dire >>.
Alzai gli occhi al cielo, poi decisi di cambiare discorso e tornare a parlare dell’estate in cui io e Alex ci eravamo conosciuti. << Ricordi il giorno che siete arrivati a Roma? >>, gli chiesi.
Rise. << Oh si, la corsa a perdi fiato per sfuggire alle fans >>.
<< È stato un arrivo un po’ movimentato >>.
<< Un po’ è riduttivo, ho sudato come un maiale! >>, esclamò.
<< Tu sudi sempre come un maiale >>, ribattei stuzzicandolo.
Cercò di guardarmi con disappunto, ma non ci riuscì visto che gli angoli della bocca continuavano ad alzarsi verso l’alto. Non rispose alla provocazione, ma cambiò domanda. << Ricordi i giorni al mare? >>.
Annuii. << I castelli di sabbia, i bagni… >>.
<< Tu in costume >>, aggiunse al mio elenco.
Lo guardai perplessa non sapendo se prendere quel commento in modo negativo –visto che prima lo avevo offeso- oppure positivo, così lui si affrettò ad aggiungere. << Eri da bava alla bocca >>.
Arrossii. << Oh be’… anche la vista del tuo petto mi faceva venire la bava alla bocca >>, dissi ricordando perfettamente la sensazione che mi aveva dato la prima volta la vista del petto nudo di Alex e la stupenda sensazione quando mi ci ero ritrovata contro mentre le sue braccia mi cingevano la schiena davanti al camerino di un negozio il cui nome sfortunatamente non me lo ricordavo, ma mi ricordavo che avevamo speso più soldi lì dentro che da qualsiasi altra parte.
<< Davvero? >>, chiese aggrottando le sopracciglia.
Annuii varie volte.
Si strinse nelle spalle. << Non ho mai pensato che il mio fisico potesse essere bello sinceramente, insomma, paragonato a quello di Zack che è tutto magro e muscoloso… >>.
Sbuffai. << Per favore! Non mi piaceresti tutto palestrato >>.
Mi mostrò i muscoli. << Invece a me piacerebbe avere degli addominali da urlo >>.
Mi alzai dallo sgabello e andai da lui facendo il giro del tavolo. << A me piaci così come sei >>, dichiarai. << E detto questo prima che tu prenda la pazza decisione di andare in palestra per diventare come Zack, è meglio se andiamo a dormire, sono stanchissima >>.
<< Già, è tardissimo anche se in Europa a quest’ora sarebbero le sette di mattina >>.
<< Io dormirei comunque >>, dissi.
Sospirò. << Sarà uno strazio riabituarsi al fuso orario >>.
<< Però il bello di essere tornati a casa è che possiamo dormire fino a quando volgiamo >>.
Alex fece rientrare Peyton e Sebastian, poi mi raggiunse in camera da letto dove dopo esserci infilati i rispettivi pigiami, ci rifugiammo sotto le calde coperte e ci addormentammo abbracciati.
Finalmente un po’ di riposo. 
 
<< Che cosaaaaaaaaaaaaaaaaa?! >>, quasi urlò Chris attraverso il ricevitore del mio cellulare.
<< Povero Zack >>, sentì commentare Travis.
<< Da Debbie non me lo sarei mai aspettato! >>, dichiarò Edward.
<< Zack l’ha spaccato in due non è vero? >>, chiese Sam con una curiosità malata.
Alzai gli occhi al cielo. << Non l’ha spezzato, è ancora vivo e vegeto! >>, chiarì.
<< Non se lo merita, avrebbe dovuto farlo nero >>, sbuffò Sam
<< Ma che dici, è Jack! >>, esclamò Edward
<< Ha ragione, sarebbe dovuto rimanere al suo posto >>, ribattè Travis.
<< Ha fatto benissimo per me, meglio le donne che gli amici! >>, esclamò Chris.
<< Vuoi finire fuori dalla finestra? >>, gli chiese Travis con tono irritato.
<< Scherzavo bello, fatti una canna! >>.
<< Ma che suggerimenti dai?! >>, gli chiese il fratello.
<< Utili per il suo umore irritabile >>, disse Chris.
<< Sei un…>>.
<< Ragazzi! >>, esclamai esasperata. << Potete per favore stare zitti o almeno parlare uno alla volta? >>.
Era da quando era iniziata la telefonata che non facevano altro che parlare l’uno sopra l’altro non facendomi parlare. Quella mattina Alex era uscito già da prima che io mi svegliassi e mi aveva lasciato un bigliettino con su scritto che andava da Jack per fargli compagnia e per vedere un po’ come stava. Avevo approfittato dell’assenza di Alex per chiamare i vari membri della mia band che con mia sorpresa e con mio sollievo, erano tutti riuniti a casa di Chris e Edward per passare una giornata insieme e che quindi per sentirmi tutti avevano messo il vivavoce. Avevo raccontato loro quello che era successo con Debbie e Jack e anche del fatto che lei si fosse licenziata, ma ovviamente i ragazzi avevano quasi ignorato l’ultima notizia preferendo parlare della relazione segreta tra mio fratello e la mia migliore amica.
Ero sdraiata sul divano bianco del salotto, con le gambe piegate e Sebastian appollaiato sulla pancia che mi osservava con quello sguardo furbetto che lo rendeva tenerissimo; sembrava quasi che stesse ascoltando la telefonata.
<< Scusa Tell >>, dissero in coro.
<< Bene, ora fate le domande uno alla volta, se ne avete >>, dissi.
<< Quindi gli All Time Low si sono sciolti? >>, chiese Edward.
<< Per ora si, sembra che si siano divisi in due parti >>.
<< Zack con chi sta? >>, chiese Travis.
<< Con Rian che a quanto pare si è arrabbiato con tutti come se tutta la situazione riguardasse lui personalmente >>, risposi pensando a come Rian avesse difeso Zack e ci avesse insultati tutti come se avessimo fatto a lui qualche torto.
<< Forse ha manie di protagonismo >>, commentò Chris.
<< No, vuole solo proteggere il suo amico e fa bene, Jack ha veramente sbagliato >>, disse Sam.
<< Non è colpa sua Sam, ha fatto solo quello che doveva >>, dissi e mi sembrò quasi la milionesima volta che lo dicevo a qualcuno per dissuaderlo dal pensare a mio fratello come il cattivo della situazione, perché non lo era.
Sentì Sam sbuffare. << Si, come no >>.
Prima che potessi rispondergli male, Travis intervenne. << Jack è davvero innamorato di Debbie? >>, chiese. << Non è che… è stata solo una botta e via? >>.
Ripensai alla scena che mi ero trovata davanti il giorno prima, quando ero entrata nella camera di Debbie: mio fratello in lacrime. Era raro vedere Jack piangere, soprattutto per una donna. Amava veramente Debbie, ne ero convintissima e sapevo che Debbie lo amava quasi quanto lui. << Si, lui ama Debbie, farebbe qualsiasi cosa per lei >>.
<< È sbagliato in un certo senso che abbia fatto questo a Zack, ma è anche giusto perché non si rinuncia alla persona che si ama >>, disse Edward.
So wrong, it’s right.
Una frase che aveva caratterizzato la mia vita da quando gli All Time Low vi erano entrati, una frase che mi aveva fatto capire molte cose e che, chissà come, trovavo sempre lungo il mio cammino.
Sorrisi inconsciamente. << Già è proprio così >>.
<< Quindi… è per questo motivo che Debbie si è licenziata? >>, chiese Travis.
<< Be’… no, si è trasferita perché vuole allontanarsi un po’ dalla vita “da star”, perché le manca la famiglia e perché ha bisogno di un po’ di tempo per riflettere, ma quello che è successo è stato il motivo che l’ha
spinta ad andarsene >>, spiegai.
Ci fu un attimo di silenzio.
<< Mi ha deluso, ma non voglio che se ne vada >>, disse infine Edward spezzando il silenzio.
<< Già, ormai eravamo tutti amici >>, commentò con tono triste Chris.
<< Hai già in mente qualcuno che la sostituirà? >>, mi chiese Sam.
Non so neanche se tornerò mai a cantare, come diavolo faccio a sapere chi sostituire a Debbie?!
Pensai infastidita.
<< Può venire Cassadee >>, propose Travis.
Mi sentì ribollire di rabbia al solo suono di quel nome, ma non fui abbastanza veloce da dire a Travis di non nominarla neanche che Edward disse: << Già, è molto simpatica >>.
<< Idioti, Cassadee ha già un lavoro! >>, commentò acido Chris.
<< E poi abbiamo litigato >>, aggiunsi io.
<< Avete litigato? >>, mi chiesero all’unisono.
<< Già, è stata lei a spifferare la storia di Jack e Debbie a Rian che a sua volta l’ha detto a Zack >>, dissi.
<< Ha fatto bene >>, disse Sam.
Se fosse stato lì lo avrei preso a schiaffi, ma purtroppo era dall’altro capo del telefono e quindi mi limitai solo ad ammonirlo. << Se hai commenti positivi da fare sul comportamento di Cassadee ti prego di tenerteli per te perché per oggi o anche per un altro paio di giorni non sarò affatto in vena di mettermi a discutere ancora! >>.
<< Va bene >>, accettò anche se dal suo tono di voce capì che non era affatto d’accordo e probabilmente dentro stava ribollendo dalla voglia di dirmene quattro.
<< Comunque, tornando al fatto di rimpiazzare Debbie… >>, feci una pausa per cercare il coraggio di proseguire il discorso dichiarando ai ragazzi della mia indecisione sul continuare a cantare dato il mio stato di futura mamma assolutamente inesperta e inadatta. Con mia sorpresa, Sebastian si alzò sulle zampe e dalla pancia salì fino al mio petto sul quale si fermò e come se mi volesse dare coraggio, mi iniziò a leccare la faccia. Gli accarezzai la testa e lo ringraziai a bassa voce prima che lui si accucciasse di nuovo tornando a guardarmi. << Credo che non ce ne sarà bisogno >>, continuai.
<< Perché no? >>, chiese Chris. << Non ti serve più un agente? >>.
<< No, perché… non so se… tornerò a cantare >>, ammisi.
<< Che cosaaaaaaaaaaaaaaaaa?! >>, urlò di nuovo Chris.
<< Sei impazzita? >>, mi chiese Sam.
<< È per il bambino? >>, mi chiese Travis.
<< Si, è per il bambino >>, mi affrettai a dire prima che potessero ricominciare a parlarsi sopra.
<< Che problema c’è?! Canterai con il pancione! >>, disse Chris.
<< È Alex che ti ha detto che non puoi più cantare? >>, chiese Sam.
<< No! >>, risposi riferendomi a tutti e due. << Non canterò con il pancione e Alex… non mi ha detto nulla perché… è una decisone che spetta a me >>, risposi evitando di dire che Alex non sapeva nulla del bambino così da evitare che mi iniziassero a dire che lo doveva sapere come ormai facevano tutti. Avevo bisogno dei miei tempi per dirglielo e avevo anche bisogno di un’atmosfera migliore. << Comunque il problema non è cantare con il pancione o meno, il problema è dopo… dopo che nascerà il bambino come farò a girare il mondo mentre imparerò a fare la madre?! Come faccio a dedicarmi ad un bambino quando ogni giorno di un tour è piano di cose da fare e mi stanca molto?! >>.
Li sentì sospirare. << Hai ragione >>, disse Travis. << È una grossa responsabilità e io ti capisco, non sarebbe facile pensare al bambino in tour, quindi è meglio se rifletti bene >>.
<< Potremmo aiutarti noi a tenerlo >>, propose Edward.
<< Già, non devi per forza rinunciare alla tua carriera >>, disse Chris.
<< O a noi >>, aggiunse Sam.
Feci un bel respiro per cercare di eliminare il senso di colpa che mi stava bloccando lo stomaco. << Ragazzi, io non vorrei lasciarvi, davvero, io amo cantare e vi voglio davvero molto bene, abbiamo passato del tempo bellissimo insieme, ma… devo prendere una decisione e quella che prenderò potrebbe non piacervi >>.
Calò un silenzio di tomba che mi fece temere che da un momento all’altro i ragazzi potessero iniziare ad accanirsi contro di me… ma non fu così.
<< Come ho detto prima, io ti capisco e accetterò qualsiasi cosa tu deciderai di fare >>, disse Travis.
Sorrisi nonostante non potesse vedermi. << Grazie Travis >>.
<< Stella, noi ti vogliamo bene e sappiamo anche quanto tu ci tenga al canto, non vorremmo mai che ci rinunciassi >>, disse Chris.
<< Ma se è quello che deciderai… per noi andrà bene >>, continuò Edward.
<< Si, ti staremo vicini comunque, anche se non saremo più una band saremo sempre tuoi amici >>, disse Sam.
<< Grazie, significano molto per me le vostre parole >>.
<< Conservale nella tua memoria, perché potremmo anche cambiare idea >>, disse Travis.
Risi. << Me lo potevate dire prima, almeno registravo la chiamata >>, scherzai.
<< Troppo tardi, carina >>, rise Sam.
Avrei voluto chiedergli cosa avrebbero fatto se io non fossi più tornata a cantare, ma preferì lasciar perdere per evitare di metterli di cattivo umore e magari metterli anche in crisi. Concludemmo la chiamata pochi minuti dopo, salutandoci allegramente.
Finita la chiamata feci alzare Sebastian da sopra di me e un po’ riluttante mi diressi nella camera da letto dove c’erano due valigie piene di vestiti che mi stavano aspettando a braccia aperte. Sospirando mi sedetti accanto ad una valigia, l’aprì e iniziai a togliere i vari vestiti raggruppandoli in due gruppi: quelli da lavare e quelli che invece potevo ancora indossare. Mi ci vollero una decina di minuti per finire e per portare la roba da lavare dentro la lavatrice. Quando tornai in camera per chiudere la valigia vuota, mi saltarono all’occhio due fogli rettangolari infilati in una tasca interna della valigia. Li presi in mano domandandomi cosa potessero essere: biglietti aerei, ma non dei biglietti qualsiasi, il primo era quello che mi era stato regalato da Debbie per andare da Roma e Baltimora e invece il secondo mi era stato regalato da Cassadee e dava come meta sempre Baltimora, dove c’era Alex e la mia unica felicità in quel periodo. Chissà come sarebbe stato il mio futuro se non avessi conosciuto Alex, se non me ne fossi mai andata da Roma… probabilmente avrei iniziato a cantare per i pub oppure avrei partecipato ad X Factor per cercare di ottenere un contratto discografico, supportata sempre dalla mia famiglia, da Debbie… solo da loro.
Mi alzai con ancora i biglietti in mano e mi andai a sdraiare di nuovo sul divano dove chiusi gli occhi presa improvvisamente da un senso di malinconia gigantesco che mi faceva desiderare così tanto di essere a casa mia che potevo quasi sentire la voce della mamma che mi chiamava, l’odore buono di cibo italiano che caratterizzava la cucina, mio padre che imprecava contro il computer perché non sapeva come usarlo, il profumo familiare della mia camera, il rombo dei motori delle macchine che si dirigevano verso il centro della città.
Dio mio! Roma mi mancava tantissimo, era quella città che per tanto tempo era stata la mia casa, il posto in cui da piccola pensavo di vivere fino alla vecchiaia lavorando in qualche bar o in qualche negozio come commessa oppure ancora come guida turistica; oltre che diventare una cantante, da piccola, ne avevo avute di idee su come impiegare il mio futuro, su come lavorare anche se cantare era sempre stato il mio sogno e per questo diventando più grande avevo deciso che tutti gli altri lavori non potevano fare per me perché io sarei diventata una cantante a qualunque costo. Roma mi aveva vista crescere e in quelle antiche strade piene di storia mi erano successe talmente tante cose sia positive che negative che non riuscivo a ricordarle tutte. Mi mancava un po’ avere una casa stabile, non viaggiare sempre, uscire con Debbie a fare shopping, cenare con i miei e cantare nella mia camera senza nessuno che mi ascoltasse; mi mancava anche un po’ la scuola, soprattutto i miei compagni di classe, le gite, le risate. Mi mancava la mia vecchia vita da ragazza normale e in quel momento più di tutti avrei voluto tornare indietro così da essere ancora una ragazzina piena di sogni e non una neo-mamma che non si sentiva affatto pronta. Sembrava impossibile che stessi davvero sentendo la mancanza di quello che avevo sempre odiato, di quella routine e quella normalità che avevo sempre accettato a forza con il desiderio che un giorno sarei andata via e avrei cavalcato i palchi di milioni di città… probabilmente non avevo mai capito quanto la vita che avevo fosse facile e preziosa.
<< Ma io non posso tornare a casa >>, dissi gettando i biglietti per terra in un tentativo di far andar via tutta quella malinconia e farmi tornare a pensare a cose più importanti, a problemi più urgenti. Purtroppo quel gesto si rivelò inutile così come i “baci” di Sebastian che aveva approfittato di nuovo del fatto che mi ero sdraiata e mi era risalito sopra, ma questa volta aveva poggiato le zampette bianche all’altezza delle mie clavicole e mi stava leccando le guance forse cercando di rassicurarmi, chi lo può sapere!
<< Mi dispiace ma questo non servirà a farmi stare meglio >>, gli dissi riaprendo gli occhi giusto in tempo per ricevere un abbaio di protesta. << Però lo apprezzo lo stesso >>, continuai grattandogli la testolina dove il pelo era di color marrone.
<< Ti mancherei se me ne andassi? >>, gli chiesi.
Alzò le orecchie, sollevò il muso con la lingua penzoloni e iniziò a scodinzolare prima di abbaiare una sola volta; decisi di prenderlo per un si.
<< Ti occuperesti di Alex se me ne andassi? >>.
Un altro abbaio.
Sospirai. << Ma non me ne posso andare, lascerei tutti da soli e farei la figura dell’egoista che preferisce tornare a casa sua invece che stare vicina al fidanzato e al fratello >>.
Sebastian si mise a sedere e posò il muso tra le zampette con aria afflitta. Lo accarezzai. << Meglio che mi levi quest’ idea della testa >>, dissi, poi guardando il cane aggiunsi: << Non lo dire ad Alex, okay? >>.
Sbuffò il che mi fece ridere, perché mi sembrava un gesto talmente umano da non poter mai immaginare di vederlo fare ad un cane.
Sentì delle chiavi infilarsi nella serratura della porta di casa e sorridendo al cagnolino dissi: << Ehi, Alex è… >>. Non riuscì a finire la frase che Sebastian mi era già passato sopra la faccia per buttarsi dal divano e correre verso la porta. << Grazie Sebastian, mi serviva proprio che mi passassi sulla faccia >>, borbottai mettendomi seduta giusto in tempo per vedere Alex entrare con ai piedi Sebastian che lo rincorreva saltellando per essere preso in braccio. Per essere piccolo saltava davvero molto in alto!
<< Non mi vedi solo da qualche ora, non ti sembra una reazione esagerata? >>, gli chiese Alex mentre Sebastian continuava a saltellargli da una parte all’altra abbagliando.
<< Io sarei contenta, vuol dire che ti vuole bene >>, dissi rivolgendogli un sorriso.
Alex si arrese e si chinò per prendere in braccio il cagnolino che con un ultimo abbaglio si sistemò tra le braccia di Alex e si accucciò. << Sei sveglia da tanto? >>, mi chiese sedendosi vicino a me.
Feci spallucce. << Forse un’oretta, non mi ricordo che ore erano quando mi sono svegliata >>.
<< Spero non ti sia annoiata >>.
<< No, per la prima volta dopo tanto tempo mi sono alzata e non avevo nulla da fare, tranne disfare le valigie >>.
<< Io devo ancora disfare le mie… che pizza! >>, sbuffò grattando la testolina di Sebastian.
Alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise raggiante ed io capì all’istante cosa stesse pensando. << Non guardare verso di me, farai tutto da solo >>, lo avvisai.
Mi guardò storto. << Che gentile! >>, commentò sarcastico.
Risi. << Io ho dovuto fare da sola quindi anche tu farai da solo >>.
<< L’hai fatta da sola perché io ero da Jack >>, ribattè.
<< A proposito, come sta? >>, chiesi.
Riabbassò lo sguardo mentre sospirava. << Sta cercando di tirarsi su >>.
<< In che modo? >>, chiesi preoccupata della risposta.
<< Be’… è tornato a fare quello che faceva sempre >>, rispose Alex evasivo.
<< Cioè? >>, chiesi ancora più preoccupata.
<< Quando sono arrivato era ubbriaco fradicio, neanche mi aveva riconosciuto per quanto stava fuori e si reggeva in piedi a stento, ma poco gli interessava visto che aveva messo nel lettore dvd un film porno che… lo impegnava molto >>, mi lanciò un’occhiata significativa ed io capì al volo anche se avrei preferito non capire ed evitare che il mio cervello pensasse ad una scena parecchio… raccapricciante.
Feci una smorfia di disgusto che fece sorridere Alex. << Be’… se è ubbriaco almeno è allegro, è fuori di sè e non pensa a Debbie >>.
<< Già, ma può sempre fare qualche pazzia >>, disse.
Annuii. << Hai ragione, ma conoscendolo l’unica pazzia che potrebbe fare è quella di andare nudo per la città >>.
Rise. << Si, sarebbe decisamente da lui, lo fa persino da sobrio! >>.
Lo guardai perplessa. << Va in giro nudo per la città? >>.
<< No, no, non per la città, ma comunque sono molte le volte in cui va in giro nudo anche sopra al bus, nei camerini prima dei concerti… >>.
Sorrisi tristemente ricordandomi di tutte le volte in cui Jack correva per casa senza vestiti e mamma lo rimproverava dicendogli che era un indecente e che se continuava così avrebbe trovato lavoro solo come spogliarellista. Quella prospettiva, a differenza di quanto sperasse mia madre, aveva sempre reso Jack quasi euforico, non gli sarebbe mai dispiaciuto spogliarsi per delle ragazze.  Altri ricordi, altra malinconia.
<< Anche quando era piccolo andava sempre in giro per casa nudo e mia madre si arrabbiava molto >>, dissi.
Scoppiò a ridere.<< È sempre stato così… pazzo >>.
<< Già >>, concordai.
Mi sentì improvvisamente di nuovo triste e malinconica soprattutto perché ora che sapevo che Jack stava degenerando non potevo assolutamente andarmene, dovevo fare qualcosa per lui.
<< Che hai? >>.
Sobbalzai leggermente al suono della voce di Alex che mi stava guardando preoccupato. Cercai di sorridere. << Nulla, va tutto bene… a parte Jack >>, risposi sperando che lasciasse perdere e tornasse a parlare di Jack e invece si chinò facendo scendere Sebastian e raccolse dal pavimento i biglietti aerei che avevo cacciato dalla valigia facendomi salire il cuore in gola. << C’entrano qualcosa questi biglietti? >>, chiese dopo averli osservati.
Scossi la testa. << No, quelli sono solo i biglietti che avevo usato per venire qui l’anno scorso >>, risposi.
<< E perché sono qui, per terra? >>, chiese sospettoso.
<< Li ho trovati nella valigia, mi devono essere caduti mentre tornavo in salotto >>, risposi cercando di sembrare sincera. << Meglio che li vada a rimettere dov’erano >>, continuai prendendo i due biglietti e alzandomi per dirigermi nella camera.
<< Stell? >>, mi chiamò.
Mi girai anche se con riluttanza cercando di sembrare tranquilla. << Si? >>.
<< Dimmi la verità, che c’è che non va? >>.
Risi forzatamente. << Wow, hai fatto la rima >>.
Mi guardò storto ed io capì che i miei tentativi di sviare il discorso sarebbero stati inutili, quindi dovevo dirglielo, tanto non ci sarei andata comunque a Roma.
Mi andai a risedere sul divano e dopo aver fatto un profondo respiro dissi: << Mi manca Roma >>.
Alex non disse nulla, così continuai. << È da quando Debbie è partita che non riesco a togliermi dalla mente l’idea di tornare a Roma, dalla mia famiglia, per stare… un po’ tranquilla visto che ora non ho più nessun impegno >>, sospirai, << sarebbe davvero bello per me poterci tornare, ma… so benissimo che non posso andarmene perché lascerei te e Jack da soli e visto il brutto periodo non mi sembra davvero una buona idea >>.
<< Dai Stell, non sono un bambino, posso cavarmela anche da solo, non c’è bisogno che ti preoccupi per me >>, disse.
<< Invece mi preoccupo, perché da un giorno all’altro hai perso alcuni dei tuoi amici più cari e so che ci stai male e mi dispiacerebbe un sacco lasciarti sapendoti da solo con l’umore a terra >>.
Sospirò. << Si, è vero, ci sto male, ma non così tanto da volere che tu rinunci a qualcosa per me, non ti chiederei mai di restare con me invece di andare a trovare la tua famiglia, perché non sarebbe giusto, non passi del tempo con loro da… molto tempo e io sarei felicissimo se tu tornassi a Roma >>, fece una pausa, << ammetto che mi mancheresti come l’ossigeno, ma non importa, me la caverò lo stesso, non devi assolutamente preoccuparti >>.
<< E Jack? Come posso lasciarlo in questo stato pietoso? >>.
<< Portalo con te >>, disse.
<< Dici sul serio? >>.
<< Potrebbe fargli bene tornare a casa, magari tornerebbe un po’ più sereno >>.
In effetti quella di Alex era davvero una buona idea, io e Jack saremmo tornati a casa per riflettere, per allontanarci un po’ da quella vita, per tornare a star bene. La mamma ci avrebbe aiutati, era sempre stata brava in quello.
<< Hai ragione, tornare a Roma servirà a Jack per staccare un po’… anche se Debbie sarà comunque lì >>.
<< Ma non la vedrà, probabilmente neanche uscirà di casa! >>, sorrise soddisfatto.
Incrociai il suo sguardo. << Sei sicuro? >>.
Mi sorrise sghembo. << Assolutamente si, starò benissimo, tranquilla >>.
Sorridendo mi ci avvicinai andandomi a sedere sulle sue gambe girata verso di lui; lo abbracciai forte cercando di fargli percepire tutta la mia gratitudine. Tornare a Roma era importante per me più di quanto lui sapesse.
<< Grazie >>, dissi.
Mi accarezzò i capelli. << Per te questo ed altro Stell >>.
Sciolsi l’abbraccio e mi allontanai da lui per guardarlo mentre dentro il cuore mi esplodeva per quanto felice mi sentissi in quel momento, per quanto sentissi di amare Alex che era assolutamente fantastico; non avrei mai saputo cosa fare se lui non fosse stato lì con me.
<< A che pensi? >>, mi chiese.
Sorrisi. << Al fatto che ti amo molto più di qualsiasi altra cosa e sono felicissima di averti al mio fianco >>.
Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo facendo incontrare le nostre labbra che senza induci si schiusero in un bacio profondo ed intenso che mi fece rimanere senza fiato ma non me ne curai finché i polmoni non iniziarono a bruciarmi, allora lì staccai lievemente le labbra dalle sue per riprendere fiato e poi ricominciai a baciarlo assaggiando il sapore amaro della birra che era rimasto sulle sue labbra probabilmente perché aveva bevuto da Jack, cosa normale visto che appena vedeva una birra non riusciva assolutamente a non berla.
Le sue mani scivolarono svelte lungo il mio busto andandosi a fermare all’altezza della fine maglietta i cui bordi se li arrotolò intorno alle dita così che sollevando le mani potesse sollevare anche l’indumento fino a farmelo passare su per la testa e poi buttarlo via. Anche io feci lo stesso con la sua maglietta, approfittando del momento in cui le nostre labbra si erano divise. Presi a baciargli il collo lentamente, mentre le sue mani mi accarezzavano dolcemente la schiena facendomi venire i brividi per quanto fosse piacevole quella
sensazione. Dal collo scesi a baciargli il petto, ricoprì ogni centimetro della sua pelle. Finito di baciarlo, lui ricondusse la mia bocca verso la sua e fece incontrare le nostre lingue nuovamente facendo aumentare il mio desiderio di averlo. Le sue mani arrivarono al gancetto del mio reggiseno che sganciò e fece scivolare lentamente a terra mentre mi osservava con quegli occhi così scuri e profondi dei quali ero tanto innamorata. Mentre Alex mi lasciava profondi baci sul petto, nella mia mente si fece largo un pensiero che mi fece rinsavire dal mio stato di eccitazione e mi fece ricordare che avevo un bambino in grembo e non potevo fare l’amore con Alex o meglio, potevo, ma avevo paura che potesse succedere qualcosa, non ero andata neanche dal ginecologo, come potevo sapere se fare l’amore con Alex avrebbe potuto comportare qualche rischio per il bambino? Anche se non volevo quel bambino non significava che avrei voluto farlo morire solo perché volevo fare l’amore con il mio fidanzato, non volevo assolutamente distruggere una nuova vita.
Accarezzai la schiena di Alex soffermandomi sulle scapole che sentivo muoversi ad ogni movimento delle sue mani sul mio corpo. Dovevo trovare il modo di staccarmi da lui, di fermarmi, ma non ci riuscivo, più lui mi accarezzava più mi sentivo bene, mi sentivo rilassata, sentivo la pelle bruciare al passaggio del suo tocco e il desiderio aumentare sempre di più come un fuoco che bruciava feroce.
Mio Dio! La sua pelle era così morbida, la sua bocca così delicata, i suoi pantaloni erano così gonfi… okay, dovevo mettere un freno a tutto quello prima che perdessi totalmente il controllo. Mi allontanai da lui. Si appoggiò di nuovo con la schiena allo schienale del divano e mi guardò mentre facevo dei lunghi respiri per cercare di tornare lucida. Quando incrociai il suo sguardo, mi sentì il cuore sprofondare, erano pieni di delusione, di preoccupazione e di tristezza. << Per favore, non… interromperlo ora, non di nuovo >>.
Non riuscì a dire nulla, anche perché non sapevo cosa dirgli. E se avesse pensato che non lo volevo più?
<< Mi piacciono i preliminari, ma vorrei avere anche di più >>, continuò. << Voglio averti Stella, lo so che dicendo questo posso sembrarti uno che lo vuole fare e basta, ma ti posso assicurare che fare l’amore con te è la cosa più bella che io abbia mai fatto, mi da sensazioni bellissime e mi piace sentirti solo mia, sentire che ci amiamo davvero, sei l’unica persona adesso con la quale posso concedermi un po’ di serenità e… io… non so perché tu in questo periodo non lo voglia fare e sinceramente mi preoccupa il fatto che io abbia fatto qualcosa di male, se è così per favore dimmelo, perché… >>.
Sentire quelle parole mi fece sentire uno schifo, perché non mi meritavo affatto di averlo accanto, gli stavo mentendo perché non avevo il coraggio di dirgli la verità e per questo lo stavo anche facendo preoccupare, lo stavo facendo sentire rifiutato. Ero davvero un’idiota! Al diavolo tutto, io lo desideravo e volevo con tutto il cuore fare l’amore con lui che facesse bene al bambino o meno.
Gli posai un dito sulle labbra interrompendo il suo discorso. << Alex, mi dispiace tanto, è solo che con tutto quello che è successo non mi sentivo molto di buon umore per fare l’amore con te, ma… adesso… al diavolo tutto, sei l’unica cosa che voglio in questo momento >>.
Mi sorrise e prima che potesse dire qualcos’altro, mi avvicinai a lui e lo baciai pronta a lasciarmi andare.
 
Quando Alex uscì da dentro di me, eravamo tutti e due ricoperti da un leggero velo di sudore ed eravamo senza fiato, ma io mi sentivo benissimo e penso che lo stesso valesse per Alex visto che mi sorrise e ricominciò a baciarmi dolcemente accarezzandomi le guance.
Prendendomi alla sprovvista, improvvisamente mi fece sdraiare sul divano e mi si sdraiò sopra attento a non appoggiarsi con tutto il peso. << Ti amo Stell >>, mi disse portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Gli sorrisi e lo baciai a stampo. << Ti amo anche io >>.
Per la prima volta da quando avevo scoperto di essere incinta, mi ero sentita felice e spensierata, come se fossi uscita per un po’ dal mondo.
 
Jack accettò volentieri di andare con me a Roma nonostante quando glielo chiesi avesse un mal di testa terribile dovuto alla brutta sbronza che si era preso. Quando avrebbe imparato?! Mah!
Partimmo il giorno dopo alle dieci di sera così che dopo otto lunghissime ore di volo, arrivassimo a destinazione a mezzo giorno, così da star sicuri che mamma e papà fossero svegli. Non li avevamo avvisati del nostro arrivo, volevamo fargli una sorpresa. Quando atterrammo all’aeroporto, mi sentivo molto emozionata e non vedevo l’ora di rivedere i miei genitori e di vedere le loro espressioni quando aprendo la porta si sarebbero trovati me e Jack davanti. Il mio entusiasmo però si spense non appena ricordai a me stessa l’altra “sorpresa” che avevo in serbo per i miei genitori e che li avrebbe sconvolti di sicuro e magari anche fatti arrabbiare… speravo che almeno non mi cacciassero di casa, perché avevo intenzione di rimanere per qualche giorno a Roma così da dare il tempo a Jack di riprendersi; nonostante fossimo partiti, Jack sembrava lo stesso di quando eravamo partiti da Berlino, era sempre spento e poco allegro, ma almeno era più partecipe, infatti ci riuscì a parlare e qualche volta anche a farlo ridere anche se per qualche breve secondo.
A Roma era una bellissima giornata, il sole splendeva caldo e riscaldava almeno un po’ la città che se no sarebbe stata freddissima vista la stagione ancora invernale. Fu strano uscire dall’aeroporto e prendere un taxi, in tutti gli anni che ero vissuta a Roma non avevo mai preso un taxi per spostarmi, o andavo a piedi oppure mi facevo accompagnare da papà quando ancora non avevo la patente.
Entrammo nel taxi e demmo l’indirizzo di casa al tassista. Per la prima volta dopo tanto tempo mi trovavo in un posto dove qualcun altro oltre me –Debbie e Jack- parlasse italiano, ormai lo parlavo talmente tanto poco che a volte mi domandavo se sapessi ancora parlarlo per bene.
Dopo aver fatto l’amore con Alex, il giorno prima, non mi ero sentita ne male e ne avevo trovato tracce di sangue nelle mutande quindi a quanto sembrava quello che sarebbe diventato un bambino stava benissimo e non aveva rischiato nulla. Il pomeriggio del giorno prima, un po’ preoccupata, mi ero anche andata a documentare su internet e avevo letto che il primo mese di solito non si sa di essere incinta e quindi capita spesso che si abbiano rapporti e quindi non si corre nessun rischio. Era divertente come su internet si potessero trovare le risposte a tutto quello che chiedevi e molte varie opinioni su un determinato argomento.
Quando entrammo a Roma, sentì Jack iniziare a canticchiare a bocca chiusa una canzone che conoscevo ma che sentita così non riuscivo ad identificare; solo quando cantò ad alta voce capì di che canzone si trattava o meglio di quale canzone modificata.
<< Hello Rome, hey Italy! >>.
<< Take the streets all night cause you sleep all day >>, cantai mentre il mio sguardo vagava fuori dal finestrino, pronto a rivedere la sua vecchia casa.
<< When the world comes crashing down, who’s ready to party? >>.
<< Hello Rome, hey Italy! >>, cantammo insieme. << Coast to coast, I’ll take you down in flames,
 let the good times roll, we can let go, everybody knows that there’s a party at the end of the world >>.
Ci guardammo e ci scambiammo un sorriso che sparì in fretta dalle labbra di Jack che con sguardo malinconico si girò verso il suo finestrino. << Non suonerò mai più questa canzone e neanche la sentirò mai più in un concerto >>, disse.
Mi sembrava stupido ripetere ancora una volta che sarebbe andato tutto bene, perché io non ne ero affatto sicura e non volevo illudere inutilmente Jack anche perché continuare a dargli speranza per ora non aveva affatto funzionato.
Gli presi una mano e la strinsi senza dire nulla, lui ricambiò la stretta e sperai che quel gesto potesse farlo sentire almeno un po’ meno triste.
<< Sei venuta qui per dire a mamma e papà della gravidanza, vero? >>, mi chiese senza girarsi a guardarmi.
<< Si, sperando che… mi diano qualche consiglio su come gestire d’ora in poi la mia vita >>, dissi.
<< Quello lo dovrai decidere tu, loro possono solo darti dei consigli >>, ribattè.
<< Lo so… spero solo che con i loro consigli sceglierò di fare la cosa giusta >>, ammisi sospirando.
Si girò a guardarmi sorridendomi e questa volta il suo sorriso durò più di un minuto. << Ti starò vicino sorellina >>, disse accentuando la stretta intorno alla mia mano. << So per certo che farai la cosa più giusta >>.
Gli sorrisi.
E così eravamo tornati a Roma, dopo tanto tempo, dopo tanti cambiamenti… finalmente eravamo tornati a casa.
 
 
  
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