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Autore: Chimera in blue jeans    10/11/2007    5 recensioni
L'unico vero fallito è colui che si arrende.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1999

‘La vera forza non è rimanere sempre in piedi… ma sapersi rialzare dopo che si è caduti’

*

1950.
Non manca molto

1951.
Tutto brucia…

1952.
…come fuoco.

1953.
Quanto tempo…

1954.
Quante…

1955.
…ore?

1956.
…giornate?

1957.
…stagioni?

1958.
Quanto tempo…?

1959.
Forse tutta la vita.

1960.
Passata a sudare

1961.
A sanguinare…

1962.
Tutto il peso straziante della fatica

1963.
Dei pregiudizi.

1964.
Ho imparato il significato del dolore fisico…

1965.
Impresso a fuoco sulla mia pelle

1966.
Sulle mie mani.

1967.
Ho assaggiato il sapore del fallimento…

1968…
-Piccolo spasmo muscolare-

1969.
Tante volte…

1970.
Tante volte…

Nebbia confusa di dolore; solo un ricordo nitido nella sua memoria.
“Sei un fallito. Sei solo un povero fallito. Comincia a fartene una ragione…”.
Qualche passo e si era fermato. Un ghigno e uno svolazzo di capelli mori.
“…perdente.” Aveva trovato opportuno soggiungere.
Inciso in profondità nella sua mente, quell’episodio di confronto con Neji –solo uno da una lunga sequenza di tentativi dall’esito sempre fallimentare- non aveva mai smesso di tormentare Rock Lee. Sentiva quelle parole rimbombargli in testa, cercare di sfondargli le tempie con la loro violenza. Erano state come una sciabolata supplementare data a un nemico già sconfitto, al solo scopo di aumentare il suo dolore con l’umiliazione.
Aveva portato per anni il peso di quelle sconfitte, inesorabili, di quel destino che, secondo Neji, non avrebbe potuto contrastare. Ma lui non si era arreso. Aveva continuato a lottare con tutte le sue forze per migliorarsi, per dimostrare a sé stesso e al mondo che il lavoro duro e l’impegno valgono molto più del talento naturale.
Perché contengono tutta la passione, tutta la forza d’animo che un uomo possa tirare fuori dando tutto sé stesso. Con il sudore e col sangue.
E Lee se lo ricordava, se lo ripeteva, ogni volta che scendeva in campo, ogni volta che si allenava, ogni volta che metteva ogni fibra del suo essere in ogni piegamento. E continuava fino allo strenuo, a costo di patire le pene dell’inferno, ma non era disposto ad abbassare lo sguardo dalla sua meta.

Le immagini riesumate dai ricordi scorrevano nella sua mente come un film, mentre dava ancora una volta tutta la sua vita in sacrificio. Spasmi di dolore gli scuotevano i muscoli addominali; pressoché esaurita la riserva di resistenza fisica, soltanto spingendo sulla forza di volontà poteva continuare a far leva su quelle braccia tremanti, ora ed ancora, fino alla fine.

1985.
Anni di sacrificio.

1986.
Tecniche di sacrificio.

1987.
Una vita vissuta nel sacrificio

1988.
Per realizzare un sogno…

1989.
Che i miei stessi limiti tengono incatenato

1990.
… sempre più lontano da me.

Serrò le mascelle, implorando di poter resistere ancora… il tempo necessario a compiere ancora soltanto dieci volte il movimento che, in quelle quasi due migliaia di ripetizioni, lo aveva portato allo stremo delle forze.
La linea del busto poco più in alto del terreno, tese lentamente le braccia. Tremavano. E forte, anche. Il suo viso era una smorfia di dolore, vene sottili pulsavano sulle sue tempie. Come una scarica elettrica, l’intensa sofferenza si attanagliò ai suoi addominali nella lenta, straziante discesa verso terra.
1991.

Rantolo.
E ancora uno sforzo innaturale; la sua ombra si strinse a allargò ancora una volta sul terreno, bagnato a macchie irregolari dalle gocce della sua somma fatica.
1992.

Il suo viso bruciava, rigato. Le labbra secche ritratte sui denti scoperti, la pelle contratta sulla fronte e sul naso, era la maschera del supplizio. Ma dopo anni che lentamente si avvicinava a quei duemila piegamenti, una meta sovrumana, dopo due giorni che crollava a 1997, quella volta non avrebbe potuto mollare.
1993.
Gemito.

Dolore. Dolore immenso, dolore indescrivibile. Ma lui doveva dimostrare d’essere in grado di affrontarlo.
1994.
Emise un urlo, spezzato dal respiro forte e irregolare.

Era stato davvero un colpo basso da parte della natura fornire Lee di un carattere così impetuoso e passionale, ma allo stesso tempo di così scarse potenzialità. Si innamorava perdutamente di una ragazza, ma il suo aspetto fisico non poteva proprio dirsi attraente. Il lavoro di ninja era la sua ragione di vita, per il quale sarebbe stato pronto a sacrificare tutto, ma non era in grado di usare né le tecniche magiche né quelle illusorie. Contrasse il volto al punto di sentirne i muscoli soffrire.
1995.
Fra i rantoli spezzati sorse un singhiozzo di disperazione.

Era come se tutto ciò che amava gli fosse proibito dai suoi stessi limiti. Ed era questa la cosa più dolorosa…
1996.
Urlò, urlò a lungo mentre compiva scendendo quell’ennesimo piegamento. Le sue dita penetravano gradualmente nel terreno umido, con esasperazione.

Ma aveva speso quella misera vita a cercare di dimostrare che quei limiti… sì, che lui li avrebbe potuti superare.
Un lamento costante si stanziò nella sua gola mentre stendeva le braccia…
1997.
E ancora un grido di dolore. Aveva raggiunto il record degli ultimi due giorni.

Sentiva il suo corpo sempre più pesante, il terreno sempre più vicino… La nuova distensione fu lenta, spasmodica, parve non finire mai e consumarlo di dolore…
1998.
In compenso la ridiscesa fu quasi una pesante caduta. Ma riusciva ancora a sostenersi.

“Ancora due… Soltanto due…”
Aprì gli appena gli occhi, rivolgendo lo sguardo di fronte a sé. Ai lati delle orecchie tremavano le sue mani in preda agli spasmi. Sentiva che avrebbe potuto frantumarsi i denti per quanto li teneva stretti; gocce bollenti gli si congiunsero sotto il mento solleticato dall’erba.
Neji.
Quel nome gli apparse nella mente nitido e chiaro come se qualcuno lo avesse appena pronunciato ad alta voce. Una fila di immagini gli scorsero davanti agli occhi sbarrati, immagini nelle quali Neji era in piedi davanti a Lee, il braccio teso, mentre lui giaceva al suolo incapace di alzarsi.
Non poteva finire così. Non poteva cadere prima di arrivare al suo obiettivo, come aveva sempre fatto al cospetto del compagno di squadra; non ora che quella voce che lo chiamava ‘fallito’ gli echeggiava nella testa…
Fece appello ad ogni minuscola quantità di energia che pervadeva ancora il suo corpo, mentre un gemito di dolore gli fluiva fra le labbra salendo d’intensità.

1999…
Il respiro di Lee sembrava ormai un pianto rotto. Così come era arrivato a quel punto poteva fare ancora un ultimo piegamento… uno solo…
Ma ciò che non aveva ancora imparato a comprendere era l’esistenza di un limite oltre cui non si può andare oltre, un limite che hanno tutte le cose. L’umana resistenza, per esempio.
Si spinse, un’ultima volta. Perdendo il controllo della sua voce.
I suoi muscoli sembravano arrivati al punto di non poter essere forzati oltre. Nel sospettarlo, la marea della disperata frustrazione più potente lo pervase riempiendolo di un senso di ansia e imminenza.
C’era quasi… si era quasi sollevato del tutto…
Era come lottare contro la corrente di un fiume. Era qui che doveva dimostrare di essere un uomo che sa lottare fino alla fine… per diversi secondi rimase sospeso a metà, tremando convulsamente.
E un colpo picchiato pesantemente al terreno annunciò che la corrente aveva vinto, trascinando inesorabilmente il ragazzo verso il basso e vincendo le sue forze.

Aveva fallito ancora. Ma c’era qualcosa, come una punta di dolce nel boccone amaro, qualcosa che inspiegabilmente lo faceva sorridere lì, scompostamente steso a terra sudato e ansimante, i capelli sparsi morbidamente sull’erba.
Era lì, tramortito, la coscienza stava per abbandonarlo per forse diverse ore. Ma l’unico segno che su un’aria così sfatta denotava un barlume di speranza era quell’espressione serena dipinta sul volto.
A meno che quello sforzo non lo avesse ucciso, -cosa assai improbabile- avrebbe avuto tutta la vita davanti per compiere quel piccolo passo. E come rispetto al giorno precedente aveva saputo migliorare resistendo per altri due piegamenti, avrebbe potuto farne uno in più l’indomani… sapeva che la prossima volta ce l’avrebbe fatta.
Sorrise debolmente e chiuse gli occhi.
“L’unico vero fallito è colui che si arrende.”

-

E' una settimana che lavoro su questa one-shot -.- Spero che vi sia piaciuta, ci ho messo veramente l'anima! xD Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento della mia fan fiction erotica "tempation slave", ho avuto davvero molto da fare... credo di aggiornare domenica o lunedì sera ^^
Un saluto a tutti e un bacio enorme a chi recensirà questo "elogio alla determinazione"!L'ho anche dovuta ri postare una volta perchè avevo combinato un casino con l'html :s

  
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