Io non lo so,
come si faccia a vivere.
«Io
non lo so, come si faccia a vivere»
«Secondo te
io sì?»
«Ma sei
felice!»
«E chi te
lo dice?»
«Il tuo
sorriso»
«Ma magari
mento»
«Sì, a
volte sì, ma tu sei felice. Gli occhi ti sorridono, capisci?
Tu sei felice,
solo, alcune volte, non stai troppo bene»
«E tu?»
«Mi chiedi
se sono felice?»
«Eh»
«Io no»
«Perché?»
«È così e
basta. Fatti, cose, gesti. Io non sono felice»
«Sorridi
anche tu, ti ho vista qualche volta»
«Tra tanti
giorni bui, ogni tanto ce n’è qualcuno meno
orribile»
«E questo
ti fa sorridere»
«Sì»
«Bene no?»
«Eccome»
«Ma non ti
basta, giusto?»
«No, perché
sento sempre quella cosa sulla stomaco che è pronta a farmi
piangere e farmi
sentire debole. Anche nelle giornate carine e col sole»
«E tu
mandala via!»
«Come si
fa? Illuminami, ti prego»
«…»
«Appunto,
non se ne va via neanche con i vaffanculo e i pugni al
cuscino»
«Ma sai, i
vaffanculo non piacciono a nessuno»
«A me
piacciono»
«Giura»
«Parola di
lupetto»
«Caspita.
Ma hai mai mandato qualcuno a fanculo? No, perché non quella
faccetta che ti
ritrovi non si direbbe proprio»
«Un sacco
di volte»
«Davvero?»
«Certo.
Penso vaffanculo circa ogni ora»
«Ma io
dico, hai mai urlato vaffanculo a qualcuno, in faccia?»
«Oh, no»
«Davvero?»
«E allora?»
«E allora
non vale»
«Pace»
«Secondo me
dovresti urlarlo forte forte»
«Lo farò»
«Secondo me
no»
«Infatti»
«…»
«…»
«Ma il
cioccolato ti piace?»
«Fondente»
«Buono»
«Che
c’entra il cioccolato, posso chiedertelo?»
«Era così
per dire. Vuoi del cioccolato?»
«Adesso?»
«Se vuoi»
«Perché?»
«Magari lui
ti guarisce»
«Ma io non sono
malata!»
«Sei
infelice»
«L’infelicità
a casa mia non è una malattia»
«A casa mia
invece è anche peggio»
«Dicono che
passa»
«Dicono»
«Tu che
dici?»
«Che ti ci
stai abituando. A non sorridere, o a farlo troppo spesso. A tacere
quando
invece dovresti urlare. A piangere quando dovresti
arrabbiarti»
«Che cosa
brutta»
«Supponendo
che l’infelicità sia una malattia, come dico io,
il cioccolato ti farebbe
guarire?»
«Mi farebbe
guarire un bell’abbraccio»
«Vuoi un
abbraccio?»
«Volendo»
«Ma come?
Stretto o distaccato? Dolce o no?»
«…»
«Ti
abbraccio e basta?»
«Vai»
(…)
«Come stai?»
«Come prima»
«Che
peccato»
«Già»
«Andiamo a
prendere quella cioccolata calda, okay?»
«Con la
panna?»
«Con la
panna»