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Autore: BlackColey    10/11/2007    0 recensioni
Una madre cerca di raccontarsi alla figlia...
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cara bambina Finalmente ti rivedo. Quanto sei cresciuta… nei tuoi occhi vedo lo splendore dell’infanzia, la sua genuina felicità, il suo innato candore. Il tuo sorriso perlato mi saluta silenziosamente. Sei sempre stata timida, lo so. Nonostante il tempo trascorso lontano da te, ho conservato gelosamente molte tue memorie. Non avere paura, finalmente ci siamo riunite. Dopotutto sono la tua mamma e non c’è bisogno di mostrare tale solennità nei miei confronti. Aspetto impazientemente un tuo abbraccio, mi sembra già di udire il rumore dei tuoi balzi che divorano avidamente la distanza che ci separa. Eppure, ciò non accade. Sei ancora ferma, sorridente di fronte a me. Come vorrei affondare il mio naso nei tuoi lunghi capelli neri e inalare il loro profumo speziato, mentre le tue braccia mi stringono fino a togliermi il respiro. Niente da fare. Composta e austera non cedi nemmeno un istante nel scioglierti. Poi la luce si fa più intensa, il riverbero del pavimento di marmo mi acceca. La tua sottile figura si nasconde tra i raggi e io non ti vedo più. Te ne sei andata? No… scommetto che sei ancora davanti a me, latente e immobile. Raccolgo le mie forze e spalanco gli occhi. La luce fa male, come se mille dardi mi avessero colpito le mie pupille. Lacrime grosse come sassi mi scendono sulle guance. Ma non temere. La mamma piange per la luce, non è arrabbiata con te. Allungo bramosamente una mano con la speranza di sfiorarti, per provare che sei ancora qui. Le mie dita lambiscono la tua felpa di lana. Che gioia. Ora, con il cuore colmo di fiducia, mi avvicino lentamente. Ecco, sento il tuo respiro. E una strana sensazione mi solletica la nuca. Significa che ti sono vicinissima. Chiudo per un istante le palpebre, per riposare i miei poveri occhi, e quando le riapro, la luce se n’è andata. Ora ti vedo… Quanto sei cresciuta… nei tuoi occhi vedo lo splendore dell’adolescenza, la sua maliziosa vitalità, il suo sprezzante vigore. Il tuo sorriso perlato mi saluta silenziosamente. Sei sempre stata timida, lo so. Nonostante il tempo trascorso lontano da te, ho conservato gelosamente molte tue memorie. Non avere paura, finalmente ci siamo riunite. Dopotutto sono la tua mamma e non c’è bisogno di mostrare tale solennità nei miei confronti. Aspetto impazientemente un tuo abbraccio, mi sembra già di udire il rumore dei tuoi balzi che divorano avidamente la distanza che ci separa. Eppure, ciò non accade. Sei ancora ferma, sorridente di fronte a me. Come vorrei affondare il mio naso nei tuoi lunghi capelli neri e inalare il loro profumo speziato, mentre le tue braccia mi stringono fino a togliermi il respiro. Niente da fare. Composta e austera non cedi nemmeno un istante nel scioglierti. Poi il vento inizia a soffiare con vigore. I tuoi capelli si scompigliano e la tua gonna di seta balla al ritmo dei soffi. La tua sottile figura si allontana, perché il vento ti spinge lontano da me. Hai chiamato il vento perché non mi vuoi accanto a te? No… scommetto che è così forte che non riesci a opporti alla sua ira. Raccolgo le mie forze e punto i miei piedi. Il vento è freddo, così gelido da perforarmi i vestiti e pizzicarmi la pelle. Fatico a tenere gli occhi aperti per non perderti di vista. Lacrime grosse come macigni mi scendono sulle guance. Ma non temere. La mamma piange per il vento, non è arrabbiata con te. Muovo le mie gambe sempre più velocemente, e dopo un po’ mi accorgo che sto correndo. È la prima volta dopo tanti anni, poiché solevo correre da giovane, quando ero ancora in forze, ed ora, che la mia gioventù non mi appartiene più da tempo ormai, mi sforzo solo per te. Che gioia. Con il cuore colmo di speranza, corro verso di te. Ecco, ti ho raggiunto. Sento il tuo profumo. E mi lascio sopraffare dai singulti che mi privano del respiro. La corsa mi ha provato parecchio. In pochi attimi mi riprendo e quando riposo il mio sguardo stanco sulla tua figura, posso vederti in tutto il tuo splendore a pochi centimetri da me. Quanto sei cresciuta… nei tuoi occhi vedo la maestosità dell’età adulta, la sua gloriosa energia, la sua sete di responsabilità. Il tuo sorriso perlato mi saluta silenziosamente. Sei sempre stata timida, lo so. Nonostante il tempo trascorso lontano da te, ho conservato gelosamente molte tue memorie. Non avere paura, finalmente ci siamo riunite. Dopotutto sono la tua mamma e non c’è bisogno di mostrare tale solennità nei miei confronti. Aspetto impazientemente un tuo abbraccio, mi sembra già di udire il rumore dei tuoi balzi che divorano avidamente la distanza che ci separa. Eppure, ciò non accade. Sei ancora ferma, sorridente di fronte a me. Come vorrei affondare il mio naso nei tuoi lunghi capelli neri e inalare il loro profumo speziato, mentre le tue braccia mi stringono fino a togliermi il respiro. Niente da fare. Composta e austera non cedi nemmeno un istante nel scioglierti. Inizia a piovere insistentemente, l’acqua non fa in tempo a scorrere via ed è per questo che in breve tempo ci ritroviamo immerse sino al collo. Il cammino delle onde ti porta lontano da me. Hai chiamato la pioggia perché non vuoi vedere la tua vecchia mamma? No… scommetto che sono tutti gelosi di me e di te, che stiamo così bene insieme, e di conseguenza si sono affidati a queste nuvole minacciose. Ma nonostante tutto la mamma è stanca. E nella tua irremovibilità non te ne rendi conto. Tu sei giovane, sei vigorosa nel corpo e nella mente. A cosa ti serve ormai questa vecchia mamma, che pesa come un fardello inutile sulla tua schiena scattante? Ho deciso. Dato che sei grande e dato che sono tanto fiera di te, ti lascerò al tuo destino. Con il cuore pieno di pace, mi lascio andare. Lacrime grosse come scogli mi scendono sulle guance. Ma non temere. La mamma piange per la crudeltà del fato, non è arrabbiata con te. L’acqua mi inghiotte, e sento che la mia vita si stringe nei miei polmoni, in un ultimo, disperato tentativo di difendersi. Non ho paura. Come un guerriero avvezzo a varcare il fronte di guerra, aspetto. Già mi manchi. Tu rimarrai per sempre la mia bambina. Chissà se mai lo saprai. Perché persa nel tuo orgoglio, non hai mai trovato il tempo per ascoltare la tua mamma. Porterò tutto nella tomba, anche l’amore che ho provato per te e che tu non hai mai scoperto. Non riuscirai mai a spezzare il silenzio della morte. Potrai scavare finché vorrai, ma non potrai mai riunirti con la tua mamma. Ma la mamma non muore per colpa tua. La mamma è stata uccisa dalla più grave malattia esistente al mondo. È la malattia che l’indifferenza e il tempo sprecato portano con se. Ti avvelena l’anima, ti svuota il cuore e ti priva di ogni energia. E non saprai nemmeno che la cura per questo male si celava nel tuo abbraccio che io ho sempre desiderato. Solo un abbraccio. E tu non me l’hai mai concesso. Ecco, il tempo di dire addio è giunto. Vedo le tue gambe lottare contro l’acqua, le vedo avvicinarsi. Sento il tuo calore. E una strana sensazione mi solletica la nuca. Significa che mi sei vicinissima. Ma è troppo tardi, bambina mia. Le tue urla non possono nulla contro l’ineluttabilità della mia decisione. Ti saluto, bambina mia. Impara dal più caro dei tuoi errori e sii sempre forte. La tua mamma.
  
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