Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: LyraWinter    22/04/2013    5 recensioni
Brady mosse qualche passo verso di lei, incerto se compiere quel gesto un tempo così ordinario, ma che ora gli pesava più che la stessa lontananza e totale indifferenza che si erano mostrati l’un l’altra in quegli ultimi anni. Poi, con un inaspettato slancio di coraggio, tese le braccia per stringerla, in un gesto che sembrava volerle dirle -tregua-.
Fu in quel momento che Annie la vide: impercettibile, sottile, quasi invisibile, una fascetta dorata brillava sull’anulare sinistro del suo migliore amico d’infanzia. E allora capì che sì, forse erano i grandi beni che provocavano grandi mali, ma che quelli piccoli, provocavano disastri. E che niente, a Province Town, sarebbe più potuto essere come lo ricordava.
[STORIA SOSPESA MOMENTANEAMENTE PERCHé IN CORSO DI REVISIONE-RIVOLUZIONE]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Non lasciarmi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A chi, dopo tutti questi mesi,

é ancora qui.

A chi, ogni giorno,

mi ha incoraggiato a continuare.

Alla Lu

che ama "Brian" e ne capisce la bellezza.

 

 

 

 

 

6.

 

 

Back to the start

 

 


canzone del capitolo





Come up to meet you,

tell you I'm sorry

You don't know how lovely you are

I had to find you, tell you I need you

Tell you I set you apart
Tell me your secrets and ask me your questions,

let's go back to the start

 

 

 

-Tesoro, potresti per favore fare un salto a comprare il latte per domani mattina? Ho fatto male i calcoli e temo non ve ne sia abbastanza per tutti i clienti ora che sono arrivati anche i Sorgen.

Annie chiuse con un gesto secco dell'indice la finestra di Facebook aperta sulla pagina di Landon Campbell, la quale segnalava che il suo proprietario non aveva più effettuato alcun accesso da una decina di giorni, quando ancora le loro strade erano ben lontane dall'incrociarsi. Non sapeva se gioire della sua assenza, giustificando il fatto che non l'aveva mai richiamata con gli impegni di lavoro che lo avevano costretto a fare ritorno a New York, oppure se arrabbiarsi con lui, maledicendolo per l'assenza totale di autocontrollo nella quale l'aveva fatta piombare con la sua partenza.

Non era così ingenua da illudersi che quell'invito a pranzo avesse significato qualcosa di particolare, ragion per cui non si era data più di tanto pena quando inizialmente Landon non l'aveva richiamata, né le aveva inviato un messaggio, tuttavia aveva cominciato a tenere sott'occhio il telefono e spostarsi tenendolo sempre in tasca, cosa che non faceva mai di norma.

Ringraziando il cielo di aver ereditato orgoglio e riservatezza da suo padre, la sera stessa del famoso barbecue nel giardino del Brass Key, si era trattenuta dall'accennare casualmente al fatto che non aveva avuto sue notizie direttamente a Nicole, mentre questa si vivisezionava le sopracciglia e si passava più e più volte il rimmel davanti allo specchio per essere certa di essere impeccabile persino prima di una semplicissima pizza a casa di Scott. Nonostante la curiosità la rodesse, non le aveva domandato nulla nemmeno lungo il tragitto dalla casa dei Cooper al piccolo cottage dell'amico, per paura che si riempisse quella testolina impeccabilmente acconciata di idee completamente sbagliate, che in realtà così errate poi non erano: non riusciva a smettere di chiedersi il perché, nonostante tutto fosse filato liscio quel sabato pomeriggio e si fossero divertiti parecchio, lui non le avesse mandato nemmeno un messaggio di saluto.

 

Nicole, per parte sua, nel corso della serata aveva osservato silenziosamente la cugina estraniarsi più e più volte dalla conversazione, non dando il minimo segno di insofferenza nemmeno al perpetuo battibeccare suo e di Scott, che di norma le faceva perdere il lume della ragione.

Due erano stati i chiari segnali del comportamento anomalo di Annie e furono colti da chiunque fosse al tavolo, Josh compreso che, irritato dall'indifferenza che sua zia gli mostrava, aveva cominciato a piangere disperato finché Scott non si era alzato e aveva cominciato a lanciarlo in aria, strappandogli finalmente risate, gorgoglii e sbavacciamenti di gioia.

 Il primo fu il fatto che, nonostante la presenza di Roger Federer in polo rossa della Nike in televisione, lei era rimasta seduta al tavolo e non accovacciata davanti allo schermo, redarguendo chiunque osasse alzare la voce, seriamente convinta che anche dall'altro capo del mondo i rumori avrebbero distratto il suo grande amore.

Il secondo fu il categorico rifiuto della seconda fetta della cheesecake alle fragole fatta da Abbey, dinnanzi alla quale Annie di norma perdeva qualunque tipo di dignità. Aveva sbocconcellato distrattamente la prima porzione, fingendosi interessatissima ai racconti sconsolati sulla completa incapacità della nuova assistente di Nicole, che si era macchiata della colpa di confondere la seta di gelso con quella tussah, ma quando poi la cugina l'aveva tirata in ballo, affermando che persino una come lei avrebbe saputo distinguerle, era saltata sulla sedia arrossendo imbarazzata al dovere ammettere di non stare ascoltando affatto.

 

Questo era quanto avvenuto la sera del famoso sabato in cui Landon si era fermato a pranzo al Bed and Breakfast dei Morgan.

 

Il giorno seguente Nicole, al colmo dell'esasperazione per il comportamento della cugina, le aveva confessato staccandole con forza il dito indice immolato come vittima sacrificale della sua ansia, che Landon aveva avuto un imprevisto sul lavoro, e aveva dovuto fare ritorno di grande fretta a New York, senza nemmeno trovare il tempo di passarla a salutare.

Al debole tentativo di Annie di darle a bere il fatto che non fosse per nulla interessata a quello che aveva fatto il ragazzo, lei aveva risposto con maggiore accuratezza di dettagli, spiegandole che lo avevano chiamato a causa della criticità delle condizioni di uno dei piccoli pazienti che seguiva e che era sicura che presto si sarebbe fatto vivo. Presto, nella sua testa, sottintendeva un paio di giorni, il tempo di tornare a casa, sistemarsi e sbrigliare le questioni più urgenti, senza immaginare che la cugina sarebbe stata ridotta a tal punto da pranzare con il suo stesso dito indice a partire dalla sera stessa della sua partenza.

Vedendo che nemmeno questo serviva a distrarla, Nicole le aveva confessato strizzando l'occhiolino che, prima di imbarcarsi di gran fretta per New York, il ragazzo si era premurato di avere il suo numero ben memorizzato nel cellulare: aveva sottolineato che premurato equivaleva a dire che glielo aveva voluto ripetere tre volte, prima di essere sicuro di averlo salvato correttamente.

Il cuore di Annie a quella notizia aveva fatto una capriola, ma lei si era cinicamente risposta che la ragione di quello spasmo fossero i tre caffé ingurgitati per l'ingordigia di assaggiare tutti gli aromi delle capsule Nespresso, recente investimento di suo padre per il Brass Key.

E questo era dunque quello che era successo a distanza di un giorno e un paio di ore dopo che Landon l'aveva salutata lasciandole un bacio sulla guancia sulla porta di casa sua.

Ne erano però passati altri cinque, ma del minore dei Campbell, a parte una richiesta di amicizia su Faceboook, non vi era stata alcuna traccia.

 

Annie staccò lo sguardo calamitato dallo schermo del suo cellulare, imponendosi un contegno. Nel corso dell'ultima settimana, far scorrere il dito per sbloccare la tastiera era divenuto ormai un piccolo gesto per stemperare il nervosismo, visto che il più delle volte era così immersa nei suoi pensieri che nemmeno controllava se vi erano realmente notizie.

A costringerla attaccata a quel dannato gingillo elettronico, oltre al mutismo di Landon, era stata la coincidenza di altri due fattori: il primo era sicuramente la sua incapacità di starsene con le mani in mano, nonché proverbiale iperattività, che l'avevano portata a non farsi bastare l'occupazione di cameriera, donna delle pulizie, cuoca, tuttofare del Brass Key, alla quale si era dedicata con fervente zelo, spingendola addirittura a mandare il suo curriculum in giro ai vari editoriali della zona per mettere a frutto i suoi studi. Fino ad allora, nonostante il direttore del Provincetown Banner fosse il loro vicino di casa e storico amico di suo padre, nessuna strada che non prevedesse servire i caffé gratuitamente ai dipendenti della testata le si era aperta; fosse stato per lei sarebbe corsa a farlo, era stato il Signor Morgan ad impedirglielo quando si era reso conto che quell'estate, con Annie in città, non avrebbe dovuto pagare qualche timida ragazzina in cerca di un lavoretto estivo per rovesciare il caffelatte mattutino sulle gambe di qualche malcapitato cliente. Per simili incidenti, infatti, bastava la goffaggine di sua figlia. Era dunque qualche giorno che si era messa ad attendere inutilmente che qualcuno la contattasse offrendole quel minimo salariale da sventolare sotto il naso di suo padre, per schivare l'ingrato compito che lui le aveva affibbiato senza troppe cerimonie.

Il secondo, ma non meno importante, era stato Brady, che, tranne due SOS lanciati nei momenti di crisi in cui le domandava a gran voce del caffé una volta sceso  a terra dopo estenuanti mattinate al largo con le orde di piccoli demoni della scuola di vela, non si era fatto mai sentire. Una volta, sentendolo particolarmente in difficoltà, gli aveva sostituito il liquido caldo con della vodka e lui, nel buttarla giù di un fiato aveva sorriso commentando:

 

-Efficace. Dovrei farlo più spesso,-  prima di schioccarle un bacio frettoloso sulla guancia e correre nuovamente verso il gruppo di quelli che ormai erano divenuti i piccoli demoni di Chicago.

Era stata a guardarlo allontanarsi e issarsi in spalla il più piccolo del gruppo, dando prova per l'ennesima volta di quell'innata capacità di fingere di essere calmo e avere tutto sotto controllo che possedeva sin da bambino: aveva solo dieci anni quando la signora Sanders era venuta a mancare ma lui, a testa alta, si era assunto la responsabilità di crescere le due sorelle ancora troppo piccole per potersi arrangiare, visto che il padre era costantemente diviso fra l'impiego da professore di educazione fisica e istruttore di vela, nonché gestore del club più rinomato di tutta la città. Anche allora Annie ricordava di averlo sempre visto sorridere, fingendo che nulla avesse mai turbato la sua innocenza e il suo quieto vivere, mostrando al mondo un'immagine di compostezza e di responsabilità che raramente aveva trovato negli adulti incontrati nel corso della sua vita.

Tranne quei rari e improvvisi slanci di complicità però, Brady si era mantenuto distante, distaccato e non l'aveva mai cercata per vederla in occasioni che violassero le misure di sicurezza che avevano inconsciamente pattuito: mai incontrarsi da soli per più di dieci minuti, mai rivangare il passato né, tantomeno, discutere di questioni che riguardassero, anche alla lontana, la sfera emozionale.

Dunque per coincidenza di fattori, congiunzione astrale o semplice concatenazione di sfortunati eventi, l'ultima settimana era stata per Annie all'insegna del nervosismo, dell'attesa estenuante e del costante tentativo di trovare qualcosa di abbastanza impegnativo da sedare l'ansia crescente: fu per questo che accolse con insolito calore la richiesta del padre e, sistemando Josh nella sua astronave che si rifiutava categoricamente di chiamare carrozzina, si accinse a dirigersi al supermercato più vicino.

 

 

 

 

 

***

 

 

Perso fra la moltitudine delle bottiglie di vino accuratamente riposte negli scaffali di legno del supermercato, Brady stava esaminando l'etichetta di Pinot grigio, tendendo un orecchio a sua moglie Hailey la quale, con notevole sforzo, gli esponeva da almeno un paio di minuti i principali piatti del banchetto pantagruelico che i suoi genitori avevano allestito in occasione del trasferimento nella nuova casa appena fuori dal centro della città.

Per il pensionamento normalmente si regalano orologi e i miei suoceri, giustamente, si regalano una casa, pensava il ragazzo con una punta di acidità. E un cane di nome Perkins che Brady odiava con tutte le sue forze. E il robot Bimby, ovviamente, il nuovo, grande amore della Signora Murray, nonché unico reale motivo di quella cena che il ragazzo attendeva con crescente ansia: l'ennesima occasione in cui tentare di ostentare dinnanzi a tutti una felicità inesistente, di dispensare sorrisi che di vero non avevano nemmeno l'ombra. Una serata che sarebbe passata nel disperato tentativo di sedare il desiderio dei suoceri di diventare nonni e di spegnere il continuo chiacchiericcio sull'argomento da parte della madre di Hailey, che non perdeva mai l'occasione di rimproverarli per non avere ancora messo al mondo un piccolo cuginetto per i tre figli della sorella di sua moglie. Non poteva nemmeno contare sull'aiuto di suo padre, visto che in tali occasioni era solito accettare con grande festa ogni tipo di alcolico il Signor Murray gli offrisse, per mostrare al mondo di essere ancora il giovane stoico di un tempo.

La realtà era che il Signor Sanders era l'unico delle due famiglie a essersi reso conto della tensione e della freddezza che era aumentata nel corso degli ultimi mesi fra lui ed Hailey. L'entusiasmo con cui seguiva nelle degustazioni il consuocero era dunque di norma dovuto al bruciante senso di colpa che provava ogni volta che incrociava lo sguardo assente e spento del figlio, il suo sorriso che sapeva essere di circostanza, comprendendo di non potere fare nulla per sollevarlo di quel fardello che si era accollato quando aveva fatto ritorno a Province Town. 

 

Ma, si rispondeva al culmine dell'angoscia, Brady era fatto così e lo aveva dimostrato chiaramente fin da bambino, quando il primo giorno di lavoro dopo la morte di sua moglie lui, al ritorno dal lavoro, gli aveva fatto trovare la tavola apparecchiata e gli aveva orgogliosamente mostrato di aver già messo a letto le gemelle.

Neil non aveva mai trovato il coraggio di domandare esattamente al figlio quale fosse il reale stato delle cose, per cui si sforzava di leggere fra le righe e tentava di darsi da fare per quello che poteva. Nel corso dell'ultimo anno si era fatto in quattro per venire a capo della spinosa situazione che si trovavano ad affrontare, per regalargli quel futuro che si era sempre meritato, ma più tentava di trovare una soluzione più questa gli sfuggiva di mano. E così poteva limitarsi solo a stargli vicino e sostenerlo in quella piccola follia nella quale si era imbarcato e che tentava di portare avanti, nonostante tutto, dando prova di una maturità ancora una volta troppo sviluppata per la sua età.

Brady stava ancora valutando se fosse più adatta una bottiglia di Pinot Grigio o di Chardonnay da abbinare alla spigola della madre di Hailey, quando il gorgoglio felice di un bambino dall'altro lato della scansia catturò la sua attenzione. Ma non fu tanto quello, quanto il riconoscere la voce di Annie, quale ragazza di spalle intenta a fare ridere così apertamente il piccolo che lo fece impietrire. Rimase qualche secondo ad osservarla silenziosamente giocherellare con l'orsacchiotto di Josh, fino a che, forse sentendosi osservata, lei non sollevò lo sguardo e gli sorrise apertamente.

-Annie!

Hailey si diresse verso la ragazza a braccia tese e stringendola in un abbraccio sincero; la preoccupazione circa la reazione del marito al ritorno della ragazza non riusciva comunque a superare il fatto che al liceo fossero grandissime amiche. Probabilmente, si diceva Brady, non era l'unico a cui era mancata la sua presenza in quegli anni. Il ragazzo, fingendo di studiare ancora le bottiglie di vino, si tenne in qualche minuto in disparte ad osservare la scena ma, più passavano i giorni, più avvertiva la crescente, fastidiosa sensazione che la situazione gli stesse scivolando di mano.

 

Vedeva la presenza di Annie a Province Town come uno di quegli oggetti che si trovano nei giochi in appendice ai giornali del tipo "Trova l'intruso": tutto appare nella norma, ogni elemento sembra concorrere a far tornare perfettamente il quadro della situazione, eppure hai la percezione che qualcosa stoni. Uno ad uno scovi i fattori del disturbo, fino a che non arrivi all'ultimo, quello che non c'é verso di trovare, sul quale ti arrovelli per ore, per poi arrenderti alzando le mani, il più delle volte. Con Annie aveva l'impressione che la situazione fosse la stessa, ma che tutti si comportassero come i piccoli oggetti sparsi nella perfetta resa di un paesaggio: se ne stavano lì, come ignorando il fatto che c'era ancora qualcosa che non quadrava.

O forse era semplicemente lui che tentava di autoconvincersi che qualcosa ancora stonasse, al solo scopo di non abbandonare la partita. Perché arrendersi nella ricerca di quell'ultimo particolare avrebbe significato riconoscere che le cose stavano andando per il verso giusto, sarebbe stato arrendersi all'inevitabile ammissione che tutto era tornato come una volta.

Si avvicinò alle due ragazze mentre Annie muoveva leggermente il passeggino per far sorridere Josh, al momento troppo impegnato nel grattarsi le gengive con un pupazzetto a forma di orso per considerare i complimenti di Hailey chinata su di lui, alla quale si erano illuminati gli occhi alla vista del piccolo.

Poi, finalmente, il suo sguardo si fermò su di lui.

Per una frazione di secondo stettero così, a guardarsi e Brady ebbe la netta impressione di aver finalmente trovato ciò che stonava: e non era Annie, né Hailey, né Josh.

 Quello che nulla c'entrava con quel quadretto non era altro che lui, con una mano stretta attorno alla bottiglia di Pinot da portare alla cena dei suoi suoceri e l'altra appoggiata alla schiena di Hailey.

La ragazza lo fissò a lungo, con un'espressione indecifrabile dipinta in volto e le guance che andavano tingendosi di rosso. Per quelli che gli parvero eterni secondi rimasero come sul punto di dire qualcosa, come impegnati in un lungo dialogo che mai sarebbe avvenuto: Brady ebbe la sensazione di sapere esattamente quello che Annie gli stava chiedendo, eppure gli sembrava di non capire. Poi, d'improvviso, come se non riuscisse più a sostenere il suo sguardo, lei abbassò gli occhi sull'orologio ed esclamò che si era fatto tardissimo, che aveva perso di vista l'ora.

La osservò fingere di salutarli frettolosamente e allontanarsi aggrappandosi al passeggino di Josh promettendo ad Hailey di chiamarla per un caffé l'indomani. La guardò voltare le spalle e, per un attimo, ebbe la fugace impressione che si stesso portando una mano al viso e la stesse strofinando nel tentativo di cancellare in fretta le tracce di una furtiva lacrima.

 

 

 

***

 

Landon Campbell ne aveva commesse di leggerezze con le donne.

 

Non tante quante gliene venivano attribuite, dal momento che almeno la metà delle storie che lo vedevano coinvolto non erano altro che il frutto della fervente fantasia di ficcanaso sfaccendati e, delle restante parte, un'abbondante fetta non aveva nemmeno superato il primo appuntamento, ma, soprattutto, che nei suoi ventisette anni di vita poteva contare solo tre relazione degne di essere classificate tali.

Fra queste, la più importante era stata sicuramente quella che aveva riguardato il longevo fidanzamento con Alison Tyler, della durata di ben sette anni.

 

Dai tre ai dieci, precisamente.

 

Ben più attivo, sotto questo profilo, era stato David, anche se di questo normalmente non si faceva menzione; la faccenda, sospettava Landon, doveva essere in qualche modo connessa al fatto che suo fratello, sin dalla più tenera età aveva fatto tutto ciò che ci si aspettava da lui. Studi, sport, feste mondane e, infine, una perfetta fidanzata con cui concludere la brillante carriera di giovane scapolo più ambito di New York.

 

Lui al contrario, che del mantenersi invisibile aveva fatto una filosofia di vita, non poteva risultare più appetibile alle malelingue dell'alta società. Negli anni si era ribellato tentando nell'ordine di sparire con un paio di amici, una chitarra e una macchina fotografica in Venezuela, di boicottare qualsiasi evento a cui i genitori gli imponessero di presenziare, di perdere il passaporto in Palestina e rimanerci per sempre, ma, per quanto lontano andasse, la lunghezza delle lingue di coloro che non ne avevano mai abbastanza dei pettegolezzi lo aveva sempre doppiato. Era così giunto all'elaborazione di una personale teoria: la fama e le dicerie vengono alimentati con diretta proporzionalità agli sforzi compiuti per stroncarle sul nascere.

E così aveva imparato a convincerci, abituandosi a lasciarsele scorrere addosso e a fare come più gli pareva.

Tuttavia, se guardava al proprio passato, possedeva sufficiente onestà intellettuale per ammettere che qualche volta non si era comportato come il cavaliere ideale e che in certe occasioni avrebbe potuto mostrarsi più delicato, anziché sfoggiare quel primordiale istinto scimmiesco che molti individui sfoderano dal cilindro quando non sono interessati a portare avanti una relazione. E forse, ripensandoci, le donne a cui non aveva riservato un trattamento di cortesia erano state proprio quelle che avevano contribuito in larga parte ad alimentare le voci sul suo conto.

Nonostante ciò, non si sentiva particolarmente colpevole anche in virtù del fatto che sì, aveva sicuramente provocato cocenti delusioni, ma altrettante ne aveva ricevute. Era stato un ragazzo come tanti insomma, con picchi di romanticismo alternati a crolli di bieco cinismo, che aveva amato, ferito, si era divertito, ma che era stato deluso, aveva sofferto, esattamente come altre milioni di persone al mondo.

Questo prima di incontrare Annie.

Dal rientro affrettato a New York, per seguire le già critiche condizioni del piccolo Johnson, era stato risucchiato in un buco nero fatto di veglie notturne, tempo libero ridotto quasi a zero -sempre che si potesse chiamare tale un hamburger rinsecchito alla mensa del piano terra-, pause spese nelle sale d'attesa dell'ospedale, assieme ai genitori di Matt. Ogni volta che provava a sollevare il telefono per chiamarla era stato distratto da qualcosa di più urgente.

 

-Riprovo fra un'ora- si era detto di impegno in impegno, mentre correva per i corridoi dell'ospedale.

Ma poi c'era sempre altro da fare, mangiare, correre dal primario, nel laboratorio delle analisi, o semplicemente crollare esausto nel tentativo di riprendersi in dieci, effimeri minuti, dalle ore di sonno arretrato. E magari, al risveglio, avrebbe trovato una sua chiamata, o un messaggio.

-Nemmeno lei si é mai fatta sentire- si era ripetuto mentalmente durante l'intera durata il volo che lo riconduceva a Cape Cod, nel corso del quale aveva distrutto pezzetto per pezzetto il libretto della CapeAir messo a disposizione dei viaggiatori.

"Orgoglio femminile" era stato la sua prima risposta per sedare l'ansia crescente via via che vedeva l'aeromobile avvicinarsi alla meta nel piccolo schermo installato nel sedile dinnanzi a lui. Dopo aver trangugiato una bottiglietta d'acqua ed essersi dato una veloce lavata al viso per stemperare il nervosismo, aveva poi liquidato la questione con un respiro profondo e l'idea che era giunta l'ora di troncare quelle stupide convenzioni sociali che vedevano l'uomo come colui che avrebbe dovuto fare il primo passo.

Nel momento in cui però si era tranquillizzato ed era affondato con la schiena nella morbida poltrona blu, canticchiando fra sé e sé un nuovo dubbio aveva cominciato a farsi strada nella sua mente.

 

Arriving at the door just to be told the girl I'm missing’s been in London for a while...

 

E se il silenzio di Annie fosse stato semplicemente disinteresse? La sola idea che la ragazza non condividesse il suo stato d'animo lo innervosiva sempre di più.

-Smettila,- aveva sussurrato strizzando gli occhi e passandosi una mano sugli occhi, catturando l'attenzione della signora seduta accanto a lui.

-È dura conviverci,- lo aveva rassicurato sfiorandogli il braccio con tenerezza materna.

 Lui le aveva lanciato un'occhiata smarrita, domandandosi come fosse possibile che quella turista di mezza età in partenza per una vacanza rilassante avesse letto pensieri che lo tormentavano.

-La paura dell'aereo,- aveva continuato mostrando un istinto di protezione materno che sorprese Landon.

Il ragazzo la studiò velocemente: boccoli biondi perfettamente acconciati, completo sportivo di felpa grigia, runners ai piedi. Il classico prototipo della casalinga del New Jersey, di quella con quelle case intonacate con i prati all'inglese davanti, un marito che si dedica al bricolage nell'interrato, tre figli ormai adulti e un cane. Quelle mamme che attendono i figli a casa con la torta di mele e che al Ringraziamento preparano la cena per la famiglia finalmente riunita dopo mesi; una donna che non apparteneva al suo mondo, insomma.

Aveva annuito abbassando gli occhi sulla mano che, protettiva, non si era mossa di un millimetro dalla sua felpa blu, notando la fede al dito della bionda signora.

-È in vacanza con suo marito?- le domandò abbassando le cuffie e spegnendo la musica.

La donna aveva sorriso fieramente.

-È il regalo per l'anniversario, trent'anni di matrimonio,- aveva aggiunto indicando con un cenno del capo l'uomo profondamente addormentato che sedeva nel sedile accanto al suo, dall'altra parte del corridoio.

-Auguri allora,-  le aveva risposto con un sorriso sincero.

Trent'anni di matrimonio e un viaggio romantico per festeggiarli.

I suoi genitori per quell'anniversario avevano dato una festa di cui tutta New York aveva parlato per un mese, tranne loro, che se non fosse stato per il brindisi, non si sarebbero nemmeno incrociati.

 -C'é qualche ragazza che ti attende a Cape Cod?- gli aveva domandato timidamente la donna.

Lui si era mantenuto silenzioso, accompagnando l'assenza di parole con un eloquente silenzio.

-L'hai fatta arrabbiare?- gli aveva domandato la donna.

-Spero di no...

-Vedi che avevo ragione? Quelle labbra mangiucchiate non possono che essere sintomi di pene d'amore. Lei lo sa che ti dispiace? Qualunque cosa tu le abbia fatto.

-No...

-E allora diglielo, no?- aveva obiettato come se stesse dicendo la cosa più naturale del mondo. -Vai da lei e scusati, qualunque cosa sia successa, vedrai che alla fine capirà. Non l'hai tradita, no?

 

Avrebbe voluto risponderle che nemmeno volendo avrebbe potuto farlo, dal momento che, tecnicamente, non c'era nessuna ragazza da tradire. Perché dunque si sentiva tremendamente in colpa?

Annie era la prima ragazza da lungo tempo che gli faceva porre delle domande sul futuro. E, sebbene l'idea gli sembrasse assurda dato il fatto che la conosceva da soli dieci giorni, non poteva fare a meno di riflettere su quale sarebbe stata la sua vita se avesse deciso di fermarsi e mettere le radici in un posto per qualcuno. Qualcuno come lei.

Una volta giunto in città e salutati i Branson, così si chiamava la coppia del New Jersey, si era tolto di fretta e furia i pantaloncini sportivi e la felpa blu, infilandosi a forza dentro abiti più consoni alla serata che lo attendeva e, senza nemmeno salutare la madre, si era precipitato al Brass Key. Desiderava poterle parlare ad Annie in privato, lontano dalle orecchie e dagli occhi indiscreti delle famiglie di entrambi. Ma quando era arrivato al B&B era stato accolto dal Signor Morgan, che gli disse che Annie era uscita a passeggiare con Josh.

Alla cocente delusione del ragazzo, Kenneth non aveva però saputo resistere. Gli aveva domandato di aspettare qualche secondo, era corso in cucina e ne era uscito con un pacchetto di cartone rosso in mano.

-Tieni,- gli aveva detto piazzandogli in mano una scatola di Digestive,- ne avrai bisogno, nel caso tu la trovassi.

Landon lo aveva guardato smarrito.

-Le donne si sciolgono con i fiori. Annie con i biscotti. Buona fortuna!- gli aveva spiegato rientrando nella hall, dove i nuovi clienti lo reclamavano a gran voce.

 

 

***

 

 

Scott stava pulendo i resti della merenda a base di cheeseburger e milkshake alla fragola consumata da un gruppo di famelici e sfaccendati quindicenni in vacanza, quando Annie entrò come una furia nel locale spalancando la porta e mandandola a sbattere contro il muro con un rumore sordo. Sollevò la testa giusto in tempo per vederla sistemare Josh dietro il bancone e, senza profferir parola, precipitarsi nel retro per poi uscirne abbracciata all'enorme contenitore blu tracimante dei biscotti al cioccolato e nocciole di sua madre.

Si avvicinò lentamente e, tendendo la mano per solleticare la pancia di Josh, si mise in assorta osservazione della furia famelica della zia, che in pochi secondi era riuscita a divorare quattro dei preziosissimi dolcetti. Un record notevole, visto che lui stesso, ai bei tempi in cui aveva quindici anni e l'argento vivo addosso, non riusciva a superare i cinque in un intero pomeriggio.

-Sai,- esordì con un sospiro, mentre Josh mordicchiava e ricopriva di bava il suo dito, trovandolo evidentemente più appetitoso dell'orsacchiotto di plastica, -negli ultimi anni non siamo stati molto insieme, ma ritengo di conoscerti abbastanza bene da poter affermare che qui ci sia lo zampino di un maestra di vela dagli occhi azzurri.

Annie, sentendosi pungolata nel vivo del suo orgoglio, lo fulminò con lo sguardo, dando piena conferma alla sua tesi

-Cosa te lo fa pensare?- gli domandò con scarsa convinzione, addentando l'ennesimo biscotto. Il sesto, per la precisione.

-Di norma,- cominciò lui irrigidendo la schiena e appoggiandosi al bancone con l'unica mano libera, -il numero di grassi freneticamente ingurgitati é commisurata alla dimensione del problema che ti rende così famelica. E, a giudicare dal numero di biscotti che ti sei divorata in pochi minuti direi che il tuo é grande circa un metro e novantacinque per novanta chili, dico bene?

 

Annie deglutì lentamente, sentendo nuovamente gli occhi riempirsi di lacrime.

 

-Ho capito, ti preparo un bel cappuccino bollente. Anzi, un Earl Grey, ti va?- le domandò accennando alla magica scatola di latta della Whittard of Chelsea alle sue spalle, alla vista della quale gli occhi di Annie si illuminarono.

-Solo il meglio per i miei clienti,- le rispose lui rizzando il collo, premendosi una mano sul petto e imitando con il mento sollevato e una presunta aria da lord altezzoso l'accento inglese.

Annie scoppiò a ridere, mentre l'ennesima lacrima scivolava velocemente lungo la sua guancia.

-Ti va di parlarne?- le domandò lui addolcendosi, sfilando delicatamente l'ennesima bomba di burro e cioccolato che le stava impiastricciando le dita.

Annie scosse la testa impercettibilmente, abbassando lo sguardo verso il contenitore dei biscotti, che appariva sensibilmente svuotato.

-Non ha importanza,- sussurrò con voce strozzata per il groppo alla gola.

-Si che ne ha, se ti fa stare così male,- le rispose avvicinandosi e asciugandole con un tovagliolo gli occhi ormai circondati da un unico, brillante cerchio nerastro di lacrime e rimmel. Annie, per tutta risposta, tirò stoicamente su con il naso, facendolo scoppiare a ridere.

 -Davvero Scott, passerà. È un periodo un po' stressante, ho fatto dei colloqui per un lavoro e sto aspettando con ansia una risposta. E...sai...mi conosci sai che non sono capace di starmene con le mani in mano. In più é qualche giorno che attendo una chiamata importante che non arriva e...

 

Scott la guardò assorto, come per invitandola a continuare. Annie però sembrò rendersi conto all'improvviso che non avrebbe nemmeno saputo attribuire distintamente la colpa della sua tristezza ed ansia ad un singolo fattore, anche se dopo quell'incontro al supermercato tutti i problemi che l'avevano afflitta nelle ore precedenti sembravano farsi futili e quasi inesistenti. Per cui, scuotendo la testa, concluse frettolosamente:

-È solo stress, suppongo.

L'amico sospirò, avvicinando uno degli alti sgabelli di legno chiaro e prendendovi lentamente posizione.

-Annie, posso farti una domanda alla quale sei liberissima di non rispondermi ed anzi, mandarmi a quel paese in tutta franchezza?

La ragazza annuì seria.

-Cos'é successo fra te e Brady?

-Assolutamente nulla, Scotty,- gli rispose francamente, sollevata dalla facile domanda che l'amico le aveva posto,- é sposato...

Il ragazzo sbuffò spazientito.

-Non intendo adesso! Mi riferisco a sette anni fa, alla sera precedente al ballo di fine anno.

Annie lo fissò con intensità per qualche secondo, stringendo gli occhi. Scott poteva essere la persona più imbecille di sua conoscenza, sempre pronta a ridere, a scherzare e mai disposta a tirarsi indietro quando si trattava di dire o fare qualcosa di incredibilmente stupido. Ma era anche, fra tutti quelli che aveva avuto accanto nella sua vita, il solo a sapere cogliere da uno sguardo, una parola o un semplice gesto, l'intero, intricato, ammasso di pensieri e groviglio di sensazioni che si celava dietro le apparenze.

-Niente che valga la pena di essere raccontato,- mentì con scarsa convinzione.

-Per favore, Annie, non mi prendere in giro. Non sarò andato a Berkley, alla Columbia o alla UCL come voialtri geniacci, ma non sono scemo. Hai passato la sera del ballo in spiaggia con me, strizzata in un abito da Cenerentola che, se mi permetti di dirlo, non ti si addiceva affatto, piangendo ed affogando la tua disperazione in una bottiglia di Keglevich alla menta che avevamo sgraffignato dalla dispensa di tuo padre. Ti ho riportato a casa in spalla e Dio solo sa la fatica che ho fatto, visto che anch'io ero ubriaco fradicio. Dopo poco sei partita e da quel giorno non ti sei più fatta sentire da nessuno, hai cambiato numero di telefono, e mail e tagliato ogni possibilità di connessione da parte nostra: se non vuoi dirmelo non importa, ma non venirmi a raccontare delle balle, per favore.

 

Annie lo squadrò, sollevando il viso ed appoggiandosi sulle mani. Era stata così abituata ad ascoltare solo la sua versione dei fatti e così impegnata a leccarsi le ferite che, nonostante la lontananza, non volevano saperne di rimarginarsi, che aveva finito per convincersi di essere stata l'unica a soffrire. E invece non si era mai fermata a riflettere sul vuoto che aveva creato con la sua assenza, sui sentimenti di coloro che le avevano voluto bene incondizionatamente, a tal punto da rispettare la sua scelta e smettere di cercarla. Che l'avevano amata così tanto che anche nel momento in cui si era egoisticamente ripresentata alla loro porta l'avevano accolta, come se nulla fosse mai successo in quegli anni, come se non fosse passato nemmeno un giorno dall'inevitabile fine della loro adolescenza. Osservò l'espressione tenera e risoluta di Scott, il suo viso infantile, che mille e mille volte le aveva sorriso, l'aveva fatta ridere fino alle lacrime, l'aveva confortata e consolata. Improvvisamente si sentì stanca, come al termine di un lunghissimo ed estenuante viaggio, e per la prima volta nella sua vita avvertì il peso del tempo trascorso, dell'infanzia che se n'era andata, ma che continuava a gravarle addosso, come un problema irrisolvibile:

-Oddio Scott. Non sai quanto mi dispiace, avrei dovuto chiamarti...

Il ragazzo stroncò il suo discorso sul nascere, scuotendo la mano, e sorridendole con affetto.

-Annie, non é questo il punto. Non sono offeso e non ti porterò rancore per come sono andate le cose fra di noi. Mi sei mancata, ma ora che sei qui, mi rendo conto che non ha senso portarti rancore. Se hai preso una scelta così forte, mantenendovi fede, devi aver sofferto così tanto che non ha senso continuare a fartela pagare ancora. Per cosa poi? Per stare ancora male? Io sono disposto a ricominciare sin da ora, come se fossimo entrambi  ancora quei due ragazzini che passarono la serata più attesa da ogni adolescente giù ad Herring Cove, ad ubriacarsi come se non ci fosse un domani. La domanda a questo punto é...sei disposta a farlo tu?

Le prese delicatamente le mani su cui teneva poggiato il viso, obbligandola a sollevare lo sguardo verso di lui. Annie lo guardò, facendo appello a tutte le sue forze per non scoppiare in lacrime a causa della nostalgia, del senso di colpa e del sollievo che aveva infine provato alle parole dell'amico.


-Allora,- incalzò lui, -non vuoi proprio dirmelo?

Per qualche istante Scott ebbe l'impressione che Annie stesse per cominciare un discorso. Poi, dopo qualche istante di esitazione, l'attenzione di entrambi fu catturata da tutt'altro. E fu così che i due assistettero al rumoroso ingresso di Nicole, impeccabile anche dopo un pomeriggio di sole in spiaggia visto con il volto coperto da un enorme cappello  e un'enorme borsa di paglia piena di prodotti cosmetici e libri.

Annie avrebbe nuovamente voluto chiederle come diavolo facesse ad essere perfetta anche dopo essersi arrostita al sole, rotolata nella sabbia e con i capelli incrostati di sale, ma dovette tacere perché questa, gettata la borsa in un angolo e lasciatasi cadere pesantemente sullo sgabello accanto al suo, sbuffò esasperata:

-Dio mio, Anderson, sei proprio stordito! Cosa vuoi che sia successo! Avrà rivelato a Brady tutto il suo amore per lui e poi avranno consumato questo eterna passione fino a che quella santarellina di Hailey non li ha scoperti...

Annie si voltò lentamente fissandola con gli occhi sbarrati, mentre Scott, dopo essersi quasi strozzato con la spremuta d'arancia che stava consumando, le domandava con voce incredula se fosse vero.

 

Nicole scosse la testa con aria desolata, afferrando senza chiedere il permesso un biscotto.

-Stavo scherzando!- sorrise con aria di sufficienza, prima di continuare, - Anderson, se é possibile, il tuo amico é più stordito di te, ti pare che possa aver colto la palla al balzo, anche se questa non sembra aspettare altro,- sciorinò ammiccando verso la cugina, che continuava a fissarla incredula e paralizzata dall'alto del panchetto sul quale si era ancorata con le mani, al punto che le nocche erano sbancate dal troppo stringere.

A quelle parole Annie si lasciò andare sul bancone, sollevata, mentre Scott ricominciava e respirare e ad riassumere colore.

-È proprio vero quello che dicono,- proseguì imperterrita Nicole con la stessa naturalezza con cui avrebbe parlato della splendida giornata all'esterno.

-Sarebbe a dire?- le domandò Scott smarrito.

-Che Dio li fa e poi li accoppia,- concluse soddisfatta ,-o li accoppa, nel caso tuo e di Brady.

 

Annie li osservò sostenersi lo sguardo a vicenda, con aria di sfida, domandandosi il motivo di tanto astio. Negli ultimi giorni aveva assistito incredula al mutamento di atteggiamento di Nicole nei confronti di Scott: se nei primi giorni lei lo aveva ignorato,  riservandogli ostinatamente una perenne aria di superiorità, del tutto simile a quella che gli mostrava al liceo, nell'ultima settimana aveva avuto come l'impressione che la tensione fra loro si fosse allentata. Certo, continuavano a punzecchiarsi a vicenda in un modo così irritante che la faceva letteralmente impazzire, ma alla cena a casa di lui il sabato precedente, la cugina era persino stata quasi gentile, arrivando persino a chiedergli se avesse bisogno di una mano per sparecchiare. Ma Annie attribuiva tale mutamento semplicemente a un processo di maturazione giunto di pari passo al fatto che ormai erano tutti adulti e che Nicole non aveva più ormai alcuna fama da difendere: nella sua vita aveva dimostrato più e più volte di poter ottenere tutto ciò che voleva e di potersi aggiudicare il primo posto in qualunque sfida la quotidianità le avesse posto dinnanzi e, soprattutto, in quel piccolo riunito gruppo di amici di vecchia data e familiari non vi era più alcuna smorfiosa con cui competere. Fatto che probabilmente, aveva fatto sì che con gli anni lei avesse smesso  di torturare tutti gli Scott Anderson di turno, solo per dimostrare al mondo intero di essere sempre e comunque l'intoccabile e raffinata principessa di porcellana che si concedeva solamente alle persone socialmente più adatte.

Ma quella che sembrava dimostrare in quel momento evidentemente non era rabbia, né desiderio di affermazione, né tantomeno disprezzo. Se non le fosse risultata ridicola l'idea avrebbe affermato che Nicole sembrava gelosa di aver colto lei e Scott in atteggiamento così intimo.

 

-Cooper,- le rispose lui fingendo una calma che non aveva, - vorrei ricordarti che il biscotto che stai addentando costa 50 cents che, aggiunti ai biscotti e alla tisana della buonanotte di ieri fanno 3 dollari e 50, tondi tondi.

Un momento, pensò Annie, ieri sera?

-Mi avevi detto che eri stanca e che saresti andata a dormire,- disse fissando con insistenza la cugina.

-Io...,- rispose questa balbettando imbarazzata,- avevo litigato con David...e...ecco...in cucina a casa non c'era nulla...quindi ho pensato di scendere da Sc...ehm, qui al Pheseant a...chiedere...sai insomma, qualcosa per rilassarmi...tipo...cioccolata e...

-Finocchio!

 

Le ragazze si voltarono di scatto verso Scott, che arrossì violentemente al rendersi conto della stupidità del tentativo di salvataggio di Nicole e tuffò la testa verso la carrozzina dove Josh aveva cominciato a piagnucolare per attirare l'attenzione di almeno uno dei tre adulti presenti, che sembravano essersi completamente dimenticati del fatto che si trovasse lì.

- Voglio dire,- continuò lui fingendo un'aria impassibile, mentre sollevava il piccolo e lo faceva saltellare un po',- il finocchio é adattissimo in questi casi, sai...rilassa e...sgonfia...

Se avesse potuto strangolarlo, risultò evidente a tutti, Nicole lo avrebbe fatto senza esitazione alcuna. Ma lui non le lasciò il tempo di sistemare la faccenda, continuando imperterrito:

-E anzi sai cosa ti dico, Annie, dovresti proprio berlo anche tu...ti farebbe bene, ne vuoi una tazza?

La ragazza lo fissò sempre più incredula per qualche secondo, con la bocca semi aperta.

-Io...no grazie, devo tornare a casa. Mi devo preparare per la cena di stasera e suppongo che fra poco Josh comincerà a ricordare a tutti che ha fame e...mio padre ci darà ormai per dispersi, visto che gli avevo detto che saremmo usciti solo per comprare il latte...

Aveva la netta impressione che lei, in quel diverbio, non c'entrasse assolutamente nulla. Ragion per cui, sentendo nascere la fastidiosa sensazione di ricoprire il ruolo del terzo incomodo, si diresse verso il retro del bancone, attese che Scott posizionasse suo nipote nello space shuttle che sua sorella continuava a spacciarle come carrozzina e si allontanò di gran fretta, salutando entrambi frettolosamente.

Quando la porta si fu richiusa alle sue spalle, Nicole si voltò verso Scott, fingendo una calma che veniva tradita dall'espressione furente che le si era stampata in volto.

-Finocchio?- gli domandò sminuzzando ad arte un tovagliolino di carta. -Di tutto quello che potevi dire, finocchio é stata la prima cosa che ti é venuta in mente?

-Scusa tanto sai, ero troppo impegnato a smaltire l'infarto che mi sono preso con la tua entrata in grande stile!- scoppiò lui.

-Non cambiare argomento!- sibilò  lei con rabbia.

Scott la squadrò incredulo, ancorandosi con forza al bancone e scuotendo la testa.

-Nicole, c'é qualcosa che mi sfugge, davvero.

-Cos’é che ti sfugge?- gli domandò lei spazientita, tamburellando nervosamente la sigaretta che aveva estratto dal pacchetto sulla superficie di marmo.

-Vieni qui ormai tutte le sere dalla notte della festa a casa dei Campbell, dai fondo alle mie scorte di tisane, ai miei biscotti al cioccolato e chiacchieriamo fino all'alba, il più delle volte. Non ci vedo nulla di male, a parte il fatto che prima o poi mi manderai in rovina e che verrà il giorno in cui crollerò dal sonno mentre preparo i sandwich per il pranzo- azzardò, accennandole un sorriso. Vedendo però che Nicole si ostinava a mordicchiarsi l'interno della guancia nervosamente, aggiunse con tono risentito.

-È una cosa che fanno tutti gli amici, sai...parlare.

 

Lei continuò a tacere, incapace di sostenere il suo sguardo.

 

- Nicky, guardami,- la obbligò lui sollevandole il mento con il dito indice, -siamo amici, no?

E fu allora che Nicole ebbe una reazione che mai Scott si sarebbe aspettato.

Roteò gli occhi, prese un sospiro profondo e, infine, scoppiò:

-È questo il punto Anderson! Noi non siamo amici, né lo saremo mai!

Lui la guardò incredulo, facendo crollare la mano chiusa a pugno sul tavolo. Una parte di lui si rifiutava di credere a quello che lei gli aveva affermato, mentre l'altra desiderava solo farle male, almeno quanto lei ne aveva appena fatto a lui.

-Dovevo aspettarmelo,- mormorò. -Pensavo che fossi cambiata, sai? Che in qualche modo negli anni fossi maturata e invece...

-E invece?

-E invece sei la solita vipera immatura e viziata di un tempo!

Nicole lo guardò impietrita, evidentemente spiazzata dalla sua reazione.

 

Per una vita aveva detto cose ben peggiori a Scott. Un' intera adolescenza di sguardi di sufficienza, di battute sarcastiche, di lotte silenziose. Eppure lui non se l'era mai presa: l'aveva ignorata, le aveva risposto per le rime, l'aveva canzonata. Ma era sempre stato lì. Giorno dopo giorno, aveva incassato il suo disprezzo senza mai raccogliere realmente le sue provocazioni. E, se in un primo momento Nicole aveva creduto ingenuamente che il tempo avesse lavorato per loro calmando le burrascose acque della loro amicizia, se tale si poteva chiamare, ecco che si rendeva conto che sei anni non erano sufficienti a cancellare la sua reputazione presso di lui. E che le cose non erano così semplici come aveva pensato.

 

-Non....puoi pensarlo davvero,- balbettò con un filo di voce, trattenendo a stento le lacrime.

Perché sto per piangere? si domandò allarmata.

-Sì che lo penso! Le persone non cambiano, Nicole! E ne abbiamo appena avuto la dimostrazione! Tu sei la stessa di un tempo e io rimango il solito imbecille cretino! E non ho intenzione di perdere un altro minuto a stare dietro a...te.

 

Poi, senza lasciarle il tempo di rispondere, prese la via della porta, con un gesto secco girò il cartello che indicava che il locale sarebbe rimasto chiuso e si sbatté l'uscio alle spalle.

Nicole poté avvertire nitidamente il suo urlo liberatorio in strada, seguito immediatamente dall'imprecazione del malcapitato in cui il ragazzo in cui si era imbattuto, prima che il silenzio piombasse nel locale. Fu allora che abbandonò la testa sulla fredda superficie di marmo, lasciandosi pervadere dal senso di colpa.

 

Scott ci era andato pesante, ma che diritto aveva lei di biasimarlo?

 

Da quando era tornata a casa non aveva fatto altro che ripetersi che trovarsi in quella città dopo anni che non vi metteva piede se non in rarissime occasioni nelle quali trascorreva essenzialmente il tempo in casa, la faceva sentire un'estranea. Vivere quei luoghi con David la faceva sentire a disagio, come se fosse un'intrusa nella sua stessa vita. Eppure vi era stato qualcuno che l'aveva fatta sentire di nuovo bambina.

Non l'adolescente insicura che aveva bisogno di apparire la migliore, la più bella, famosa, elegante e raffinata solo per sentirsi in pace con sé stessa, ma la dodicenne spensierata che credeva fosse morta.

Cominciò a camminare intorno, tentando di scacciare la tristezza che l'aveva pervasa. Dapprima si mordicchiò le unghie, poi trangugiò l'aranciata abbandonata da Scott sul bancone, seguita da un paio di biscotti al cioccolato. Non riuscendo a calmarsi si precipitò sul retro, nella speranza che almeno una sigaretta l'avrebbe aiutata a ritrovare l'autocontrollo che le scivolava di dossi minuto dopo minuto.

 

-Accidenti,- imprecò pestando con forza il mozzicone, prima di ricordarsi che se mai Scott di fosse accorto che aveva fumato nel retro del suo locale l'avrebbe strangolata a mani nude. Raccolse il filtro schiacciato e tentò di nasconderne le tracce nel fondo della pattumiera, sotto un mucchietto di bucce d'arancia.

Quando ebbe finito sospirò profondamente, riavviandosi i capelli. Non aveva alcuna voglia di tornare a casa, sentire parlare della cena in grande stile, ascoltare i consigli di sua madre su come apparire perfetta, impeccabile, attraente, intelligente. Avrebbe voluto rimanere chiusa in quel caffè deserto sino all'indomani, quando sarebbe stato tutto finito e lei non avrebbe più dovuto preoccuparsi dei Cambell, di David, dei suoi genitori, delle aspettative della sua famiglia.

Mentre si tormentava sul da farsi, gli occhi le caddero sullo stereo ancora acceso, che Scott doveva aver interrotto nel momento in cui aveva cominciato a parlare con Annie. Premette play, lasciando che la voce di Chris Martin le riempisse la testa fino a farle venire un groppo alla gola, facendole capire di essere giunta alla soglia al di là della quale non vi sarebbe più stato nulla che le avrebbe impedito di trattenersi. Cominciò a piangere in silenzio, scivolando con la schiena contro il bancone, lasciando che tutto il marcio che le sembrava la stesse corrodendo, fuoriuscisse mescolandosi con le lacrime che le sgorgavano dagli occhi, senza che riuscisse a fermarle.

 

 

Come back and haunt me

Oh and I rush to the start

Running in circles,

chasing our tails

Coming back as we are

 

 






Note essenziali.

 

 

Devo profonde scuse al mondo.

Settembre....dio mio, mi sembra ieri. Mi sono mancati i miei disagiati, lo ammetto. Spero che a voi siano mancati un pochino meno.

 

 

Un abbraccio chi é arrivato fino a qui, il capitolo, come ho già detto, é tutto per voi.

Ringrazio le ragazze che sono nel mio gruppo Sing and write for the wind, fear not for tomorrow, che ogni giorno mi tengono compagnia, sostenendomi nei miei disagi (che sono tanti): ne approfitto per dire che chiunque é il benvenuto e che se vorrete unirvi a tale delirio mi renderete più che felice.

Un grazie particolare va, come sempre, alla mia famigliola: a Erica, che continua a betare e ad amare incondizionatamente qualunque faccino le proponga, vecchio o nuovo che sia. A Veronica, Ellina, Emily e Gnagny, che ogni giorno sono una presenza di cui ormai non posso fare a meno. "Siete più grande fortuna che mi sia capitata ultimamente", per usare parole non mie.

E ad Acquetta e Cri che si sono unite d'improvviso a questo delirio e, fra rivoluzioni, sottaceti, brillantini e boccoli biondi mi fanno quotidianamente ridere fino alle lacrime.

 

Non ho molto da dire sul capitolo, se non che spero vi abbia soddisfatto: per reclami, lamentele e pomodori, mi trovate, come sempre, nel sovracitato gruppo, oppure nella mia pagina FB.

 

Un abbraccione gigante

 

Lyra

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: LyraWinter