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Autore: Keros_    22/04/2013    6 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il motivo per cui scrivo le note qui sopra è perché dopo mi ucciderete o non riuscirete a mettere a fuoco ciò che dico. 
Questo è il capitolo più lungo scritto fino a ora e anche uno di quelli scritti meglio; forse il contenuto non è dei più felici ma per me è così. 
Boh, vabbé scappo via e vi ricordo che potete insultarmi sia qui, che su facebook sia su Ask dove potete chiedermi anche la qualsiasi cosa. 









Capitolo 8




“Ha parlato con i suoi figli della loro eventuale separazione?”

Quelle parole lo colpirono come uno schiaffo in pieno viso; sentiva quello stesso dolore, solo nel petto. Per poco non gli cadde il telefono a terra e si dovette ricordare di essere appoggiato a una porta e non a un muro che si poteva gettare senza paura che si aprisse.

“Io.. no, non ne ho ancora parlato con loro. In realtà.. non ne ho nemmeno parlato con mio marito.”

“Capisco.” Rispose la donna e Blaine capì immediatamente perché sembrava aver perso la tua parlantina spedita e il tono acuto: aveva detto MIO marito, senza ex, senza quasi ex; non aveva aggiunto nulla che facesse pensare che volesse divorziare. “Ma è importante che lo faccia. E’ una decisione molto importante, per questo l’avvocato ha bisogno di esserne messo al corrente, così da poter procedere tranquillamente.”

“Ah.. ma certo, può dirgli che appena parleremo con i nostri figli, gli faremo subito sapere la nostra decisione.”

“Molto bene.  Allora la richiamerò per riferirle la data. Buona giornata,” Lo salutò e Blaine capì che stava sorridendo.

“Buona giornata,” rispose, sapendo già che non ci sarebbe stato niente di buono quel giorno. 





 

Sebastian era sfinito. Era arrivato al limite, non ne poteva più. Se solo Tony gli avesse proposto un’altra volta di pranzare insieme o di parlare, non sapeva bene se lo avrebbe ucciso o sarebbe stato lui a buttarsi dalla finestra, magari quella del suo ufficio che era ai piani più alti dell’edificio.

Da quando aveva fatto quella specie di voto di castità, Tony sembrava essere diventato più insopportabile del solito. Sapeva che sarebbe diventato una palla al piede fin dalla prima volta che, da sposato, gli aveva chiesto comunque d’andare a mangiare un boccone e se n’era convinto quando l’aveva sbattuto poco delicatamente contro la stampante della sala fotocopie. Ma era sempre stato così rompi scatole?

Insomma, va bene che era più giovane di lui di un età considerevole e fosse uno di quelli che crede nell’amore, ma adesso ne aveva fin sopra i capelli. Oppure era l’astinenza a parlare? Molto probabile. Non aveva mai fatto una cosa del genere prima e per lui era una cosa del tutto nuova; quando era sposato con Blaine, anche se ogni tanto gli cadeva l’occhio su di un bel sedere, non aveva mai di quei problemi, anche con la frustrazione del lavoro a mille. Era semplice: tornava a casa, mettevano i bambini a letto e poi facevano l’amore per quando la stanchezza accumulata per tutto il giorno glielo permettesse.

Sebastian sbuffò.

Perché era quello che in realtà lo infastidiva, non poter fare più quelle cose;  non era Tony, o il lavoro, il suo capo o… bhe, li sotto. Era Blaine a mancargli. Perché sì, poteva fare il menefreghista, lo scorbutico e lo scontroso, ma era lui che gli mancava e nessun altro, nient’altro.

Era vero, riusciva a fingere e far credere che a lui la vicinanza al marito non facesse nessun effetto, che baciare Blaine non gli faceva nessun effetto, che dormire con Blaine non gli faceva nessun effetto, ma appunto fingeva.

Poteva dare la colpa a chiunque, ma sapeva che in realtà era solo e soltanto colpa sua.

“Hey.” Disse una voce irritante dalla porta del suo ufficio.

“Che vuoi?” Chiese lui brusco, massaggiandosi le tempie e riaprendo lentamente gli occhi.

“Niente di speciale... gli altri stanno andando a pranzare insieme e ci hanno invitati ad andare con loro, vuoi-“

No,” rispose secco, respirando a fondo per non prendere il controllo. “Vattene.”

“C’è qualcosa che non va? Magari ti posso aiutare!” Continuò Tony, speranzoso. Per poco Sebastian non lo lanciò dalla finestra. “Sul serio, se vuoi parlarne puoi! Mi dicono tutti che sono un bravo ascoltatore e consigliere-“

“Vuoi aiutarmi? Sparisci dalla circolazione.”

Tony sorrise appena, pensando che quello fosse il suo modo carino per dirgli “Resta”, non sapendo di star facendo un errore madornale. Si avvicinò a lui, per poi fare il giro della scrivania e poggiarcisi sopra, proprio accanto a Sebastian che lo guardò alzando un sopracciglio e un’aria indecifrabile.

“Pensavo,” esordì il moro, “Che magari... Stasera potresti venire a cena da me, che ne pensi?”

“Che piuttosto mangerei pietre.” Rispose Sebastian, ghignando appena nel vederlo abbassare lo sguardo. “Ti ho già detto mille volte che non ho nessuna voglia di fare nessun pasto con te. Come te lo devo dire?”

Tony  si sporse leggermente verso di lui, portando i loro viso a poca distanza l’uno dall’altro. “Lo so, ma in questi giorni sembra che mi stai evitando..”

Ho cose più importanti da fare che evitarti.

“…e ho pensato che magari ti avrebbe fatto piacere passare una serata insieme...”

Hai pensato decisamente male.

“… come i due frequentanti che siamo.”

Sebastian non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.

Tony lo guardò con gli occhi sgranati, per poi guardare a destra e sinistra, cercando la causa che facesse ridere l’altro così forte. Poi, dopo aver capito che non c’era niente in quell’ufficio, lo guardò con un sopracciglio alzato, “Cosa?”

Sebastian non se la sentì d’infierire maggiormente, dal tono innocente con cui l’aveva detto, s’intuiva che era sincero  e che non aveva davvero capito. Si sistemò meglio nella sedia, come se ci fosse qualcosa che gli dava fastidio, quando per sbaglio i loro occhi s’intrecciarono e istintivamente deglutì rumorosamente.

Quegli occhi azzurri sembravano due oceani e anche se erano diversi da quelli di Blaine, dietro nascondevano le stesse emozioni, le stesse speranze. E quello che disse successivamente, non lo fece per Tony in se, ma per Blaine.

“Senti  Tony, dobbiamo parlare.”

Il ragazzo s’incupì di colpo, allontanandosi, per poi guardarlo allarmato. “Su cosa?”

“Sulla…” Sebastian temporeggiò, trovando una parola che non suonasse troppo male. “Sulla nostra relazione.”

“C’è qualcosa che non va?” Continuò il moro, costringendo l’altro a mordicchiarsi il labbro per non rispondere acido e possibilmente finire per insultarlo. “Ho fatto qualcosa che non ti è piaciuto? Posso rimediare, ti chiedo scusa!”

Ma stava davvero cercando i rompere una relazione che non c’era mai stata?

“Tony, ascolta.. il problema non sei tu,” E’ Blaine, continuò nella sua mente, per poi darsi dello stupido, io lo amo, si diede dello stupido un’altra volta. “Il problema sono io,” perfetto, adesso citava le più scadenti commedie romantiche. Guarda che gli toccava fare. “Sono io che non ti merito,” questo un po’ era vero, “e non voglio vederti soffrire per causa mia,” questo forse non tanto, “forse è meglio chiuderla qui,” verissimo.

Il ragazzo spalancò la bocca, incredulo per quello che le sue orecchie avevano appena sentito. “Vuoi rompere con me?”

Non è che siamo mai stati insieme.

“E’ meglio per tutti e due.”

“Ma io non voglio rompere con te.”

Dio, ma quando siamo mai stati insieme, io e te?

“Te l’ho già detto è meglio per entrambi.”

“Potremmo almeno discuterne meglio?” Chiese Tony, afflitto e Sebastian avrebbe giurato che sarebbe scoppiato a piangere da li a poco.

“Io-“ Sebastian si bloccò nel momento esatto in cui il telefono iniziò a vibrare nella tasca del completo che indossava, si infilò una mano nella tasca ed estrasse l’apparecchio elettronico, per poi alzare le sopracciglia e ghignare appena leggendo il nome sul display. “Tony, ne parliamo più tardi, eh?”

Lui annuì e deglutendo rumorosamente si staccò dalla scrivania per poi uscire dalla porta e restare lì fuori, in attesa che l’altro finisse di parlare.

“Blaine!”

“Dobbiamo parlare.” Dèjà-vu di pochi secondi o cosa?

“Ok, dimmi pure.” Rispose lui, senza emozione.

“Riguarda i bambini e l’avvocato.”

Il buon giorno si vede dal mattino, no?

“Cos’è successo?” Chiese, sbuffando e cercando di reprimere la rabbia sembrando invece il più distaccato possibile.

“Niente. Per lo meno non per adesso. Lunedì andrò dall’avvocato perché non abbiamo trovato un buco libero in questa settimana, ma il problema non è questo; vuole sapere che decisione abbiamo preso sull’eventuale separazione di Grant e Juliette.”

“Ah... quello.” Rispose lui, facendo finta che niente lo avesse scalfito, “Pensavo fosse chiaro che i bambini non si separeranno.”

“Sebastian,” lo supplicò il moro dall’altra parte del telefono, con il solito tono da ti-prego-assecondami-non-ho-nessuna-voglia-di-litigare-con-te.

Ma quello non riguardava Blaine, lo avrebbe accontentato sennò, ma si trattava dei suoi figli, di lui e della loro famiglia in sé; no, quella volta non poteva passarci sopra. “Niente Sebastian, Blaine.” disse, pronunciando il suo nome allo stesso modo in cui lo aveva detto l’altro poco prima, “Non ho alcuna intenzione di far separare i nostri figli.”

“Ne ho già discusso-“

“Con chi?”

“E abbiamo deciso di parlarne prima con i bambini.” Continuò Blaine imperterrito, facendo finta di non essere stato interrotto.

“Blaine, ascoltami. Ne puoi parlare con chiunque, ma dimentichi che io sono il padre, come te, e ho gli stessi diritti.”

“Per questo voglio che glielo diciamo insieme.”

Vigliacco. Sebastian sapeva che l’unico motivo per cui lo voleva al suo fianco era perché terrorizzato dalle reazioni di Grant e Juliette, non era mica stupido. “Blaine, non c’è niente da dire. Io non voglio nemmeno il nostro divorzio, figuriamoci se voglio separare i nostri figli.”

“Sebastian sei sempre il solito, con te non si può parlare.”

Pochi secondi dopo, entrambi avevano già perso il controllo della situazione e si stavano urlando contro attraverso la cornetta. 


 


 

 

Venti minuti dopo, Sebastian stava ancora urlando contro l’apparecchio elettronico, visibilmente agitato e la voglia che aveva di rompere tutto si poteva notare a chilometri di distanza. Venti minuti dopo, non aveva ancora risolto nulla; venti minuti dopo, voleva solo riaprire gli occhi e ritrovarsi nel suo letto, possibilmente con Blaine accanto che gli diceva che era solo un brutto sogno; venti minuti dopo, gli chiuse il telefono in faccia, deciso a chiudere quella conversazione che doveva ancora essere ben chiarita.

Non che ci fosse molto da dire o su cui discutere, per tutta la telefonata non avevano fatto altro che urlare, insultarsi in modo più o meno pensate e rinfacciarsi azioni che potevano benissimo risalire all’età medievale per quanto erano vecchie. Del vero motivo della telefonata ne avevano parlato poco e niente, Sebastian aveva capito -ma poteva benissimo sbagliarsi- che ne avrebbero parlato insieme con i bambini e sempre con loro avrebbero deciso le condizioni su cui fare il loro accordo, ma aveva capito che era una cosa che non voleva neanche Blaine e non perché ne era terrorizzato.  E secondo il marito, doveva pure accontentarsi di quella offerta, visto che poteva benissimo decidere di fare tutto da solo, ma col cavolo che Sebastian si accontentava.

Poggiò con forza il cellulare sulla scrivania, che fece un tonfo sordo, dopodiché si alzò in piedi di scatto, facendo spostare la sedia girevole di quasi mezzo metro, tale era la forza con cui si era mosso, e guardò verso la porta, cercando Tony con lo sguardo. Non fu difficile trovarlo, visto che era ancora li dove si era messo quando era uscito dall’ufficio.

“Tony,” lo chiamò, la voce ancora agitata, ma sperò che non ci facesse molto caso e fortunatamente fu così. Il ragazzo entrò un po’ incerto, non sapendo bene cosa aspettarsi. “Accetterei l’invito a cena di stasera, sempre se è ancora valido.”

Sebastian sentì i due occhi azzurri del ragazzo scrutarlo attentamente, ma non ebbe la forza di incontrare le sue iridi, così fece finta di cercare qualche scartoffia sulla scrivania.

“Ma certo,” rispose Tony, sorridendo e con chi occhi pieni di gioia. “Ci vediamo alle nove a casa mia.”


 




 

Blaine era sempre stata una persona molto aperta, solare, vivace e divertente; era sempre riuscito a catturare l’attenzione su di sé con poche difficoltà e riusciva a sentirsi completamente a suo agio in posti affollati e a parlare in pubblico.

Era sempre stato, però, un ragazzo che arrossiva facilmente e dal solito sorriso idiota a ogni minimo apprezzamento sul suo aspetto fisico e interiore; non era mai stata una cosa che gli era piaciuta, trovava imbarazzante che tutti riuscissero a conoscere il suo stato d’animo, ma aveva iniziato ad apprezzarlo quando Sebastian lo definì “Super hot” e successivamente “adorabile”, e una cosa detta da uno come lui, poteva solo farlo sentire lusingato.

Ma in quel momento, seduto a poltrire sul divano, era l’esatto opposto di ciò che era di solito. Stava lì immobile a guardare Cooper giocare con i nipoti, senza nemmeno vederli perché la sua mente era troppo impegnata a pensare e ripensare alla litigata di quella mattina con il quasi ex-marito.

Non che non ci fosse abituato, ma litigare con lui gli faceva sempre male, soprattutto dopo che in quei giorni le cose sembravano migliorarsi un po’. Voleva che ritornassero ad andare d’accordo e anche se sapeva che era una cosa impossibile,  ci sperava. Voleva anche sentirsi d’avere ragione.

Sì, perché una parte di lui sapeva di non aver poi così ragione e che, anche se le sue motivazioni erano fondate, stava agendo nel modo sbagliato. Far dividere i figli era un pensiero che lo angosciava, gli faceva venire un groppo in gola e pizzicare gli occhi; Ma l’altra parte, non riusciva a vederne via d’uscita o un altro modo per sistemare quella situazione; sapeva che una delle tante era di tornare con Sebastian, ma in quel momento, dopo la furiosa litigata di quella mattina dove entrambi avevano avuto sia ragione che torto, non prendeva nemmeno in considerazione quell’eventualità.

Anche se, una parte di lui, non faceva altro che supplicarlo di pensarci, ricordandogli che nei momenti in cui non litigavano, dove la maggior parte delle volte usciva lui la discussione, stavano bene insieme e sentiva un colare riscaldargli il petto e la mente riempirsi di ricordi.

Scrollò la testa, sbuffando.

“Cosa c’è?” Gli chiese Cooper, alzando gli occhi su di lui e tenendo Juliette a terra facendole una lieve pressione sul petto.

“Niente,” rispose lui, sorridendogli gentile e fingendo che andasse tutto bene sentendo gli occhi dei suoi figli addosso. “Dov’è Elizabeth?”

“Non lo so,” gli rispose pensieroso il fratello, “credo da qualche parte in casa.. ma non ne sono sicuro.”

Che fidanzato modello, pensò Blaine tra sé e sé.
“Sta facendo il bucato,” rispose Grant che gli dava le spalle per poi sbuffare leggermente.

Il moro ringraziò il figlio e si alzò in piedi; uscì dalla stanza con Juliette che strattonava i capelli dell’attore con forza, prendendosi la rivincita, seduta a cavalluccio sopra la sua schiena, mentre l’uomo gemeva di dolore e cercava di disarcionarla con tanto di nitrito; sorrise a quella scena, cercando di non dar troppo peso a due occhi fin troppo simili al quasi ex-marito che lo seguirono per tutto il tragitto, fin quando non svoltò l’angolo.

Una volta arrivato in bagno, dove Elizabeth stava disponendo in file separate i panni sporchi colorati da quelli bianchi, si avvicinò a lei per poi superarla passandole una mano sulla schiena, per poi appoggiarsi alla lavabiancheria.

“Hey,” Disse disinvolto, cercando di iniziare una conversazione.

“Che hai?” Gli chiese lei, come se non avesse mai aperto bocca, guardandolo con gli occhi preoccupati.

I suoi occhi erano bellissimi, di un azzurro cielo con varie sfumature blu mare; solitamente erano dolci e facevano trasparire i suoi stati d’animo e tutta la sua furbizia, ma in quel momento sembravano leggerlo dentro, come se nei suoi occhi passasse una scritta a neon che raccontava del suo problema e possibilmente come risolverlo, visto che la maggior parte delle volte aveva la soluzione sempre pronta.

“niente,” mentì comunque; sperando che lei lasciasse perdere e cambiasse argomento. Ma doveva immaginarsi che non sarebbe mai stato così fortunato.

“Hai litigato con Sebastian, se ne vuoi parlare sono qui.”

“Non c’è niente di cui parlare.” Blaine la vide alzare un sopracciglio. Provò a mordersi la lingua per stare zitto, ma ovviamente non ci riuscì. “Gli ho telefonato, gli ho detto che avremmo dovuto parlare con i bambini del divorzio, del loro distacco, gli ho anche offerto di vederci pure da soli prima, per non finire a litigare davanti a loro, ma lui non ne ha voluto sapere e abbiamo finito per urlarci contro.”

“Blaine, la cosa è seria.” Disse apprensiva lei, tracciando più volte i contorni del suo viso con chi occhi.

“Lo so,” concordò lui, angosciato.

“Gli hai offerto di passare un po’ di tempo da soli e lui ha rifiutato.” Blaine la guardò perplesso e annuendo, non capendo. “Blaine, ha rifiutato, non vuole stare da solo con te. Ha rifiutato a stare da solo con te. Dobbiamo scappare, sicuramente tra poco scoppierà un’altra guerra mondiale.”

“Eh?”

“Eh?”

“Vai a quel paese. Non era divertente e non faceva ridere.” Disse Blaine giocoso, prima di tornare serio. “E’ davvero grave.. e non per quello che pensi tu.” Si affrettò ad aggiungere vedendo nascere un ghigno sulle labbra della donna.

“Ascoltami, Blaine. Io vorrei aiutarti, lo sai, ma non posso se continui a non volermi parlare di questa fantomatica decisione che vuoi prendere. E’ una cosa delicata, lo capisco che per il momento non vuoi condividerla con nessuno, ma così non so cosa fare. L’unico consiglio che posso darti è chiamare Sebastian e cercare di sistemare la situazione.”

“Non se ne parla!” Rispose secco lui, prima di borbottare: “mi ha pure rinfacciato d’avergli rotto il suo CD preferito anni fa. Lo sa che non l’ho fatto apposta e che mi sono scusato un sacco di volte.”

Elizabeth lo guardò come solitamente si guarda un cucciolo randagio in mezzo alla strada sotto la pioggia, in un miscuglio di tenerezza e pietà. Perché doveva essere così idiota? Con tutto quello che Sebastian gli aveva urlato contro –e sapeva che quando era arrabbiato ci andava giù pesante con le parole- lui si ricordava che gli aveva rinfacciato d’avergli rotto un CD. Sorrise.

“Humm-humm.”

“Sai che altro mi ha rinfacciato?  Ricordi quella volta…”

Ma Elizabeth aveva già iniziato a desiderare di scomparire dalla circolazione.

 

Trenta minuti dopo era sicura che, se Blaine avesse continuato a parlare per soli altri 2 minuti, il cervello avrebbe iniziato a fumargli. Gli voleva bene, ed era più che il fratello di Cooper per lei, era più come il fratello che aveva sempre desiderato e mai avuto. Voleva vederlo felice, aiutarlo e consolarlo, ma se solo fosse uscita un’altra parola o lamentela da quelle labbra carnose, lo avrebbe schiaffeggiato per altri trenta minuti di seguito; anche lei aveva bisogno di un po’ di calma e tranquillità e invece lui stava continuando a parlare senza sosta.

Per tutto il tempo non aveva fatto altro che dirgli della litigata, di ciò che si erano detti, come Sebastian lo avesse messo di cattivo umore, di come ancora si sentiva impotente davanti a lui, che la sua voce ancora gli dava i brividi, di come entrambi avessero ragione e di come lui avesse ragione.

“Blaine!” disse a voce alta ad un certo punto, facendolo zittire di colpo e granare gli occhi. “Zitto. Anche solo per un momento, ma sta zitto.”

Lui la guardò stranito, poi altri la bocca per chiedere se c’era qualcosa che non andava ma lei lo precedette con un: “Shh, zitto un attimo. Mi stai facendo venire mal di testa.”

“Ma-“

“Shh”

“Scus-“

“silenzio.”

“Ok..”

“Shh lo stesso.” Elizabeth si massaggiò una tempia, mentre l’altro continuava a guardarla come una psicopatica, non sapendo che l’unico a dover essere guardato in quel modo era lui. La donna assaporò quel lungo attimo dove l’unico rumore erano le urla che provenivano dal salotto e nel frattempo si chinò a prendere i pantaloni colorati sul pavimento.

“Dammi a me, quelli sono i miei.” Le disse Blaine, avvicinandosi, ma lei lo cacciò via in modo teatrale.

“Non c’è bisogno,” disse poi, sorridendogli e girando l’indumento che aveva tra le mani. “Mi spieghi perché ti metti ancora questi pantaloni color senape? Sono brutti e fuori moda!”

“Cosa? Stai scherzando spero.” Ribatté il moro scandalizzato. “Sono bellissimi e sono vintage.”

“Andavano di moda quando avevi 19 anni.”

“Vanno di moda tutt’ora.” Continuò lui, imperterrito.

Elizabeth alzò gli occhi al cielo, mettendo i pantaloni nella pila apposita. Poi afferrò una camicia bianca, rigirandola tra le mani, scoprendo una rivista di sposa sul pavimento per metà nascosta da indumenti. Blaine si chinò lentamente, cercando di non farsi notare. La afferrò e iniziò a sfogliare le prime pagine, trovando vari appunti al bordo delle pagine con una calligrafia disordinata e minuta.

“Io non penso proprio, sono veramente orribili... Che stai facendo?” Chiese lei allarmata girandosi verso di lui, facendo scivolare gli occhi da Blaine alla rivista. “Dammela.”


“E’ una rivista dasposa,” rispose lui, calcando l’ultima parola e dicendola come qualcosa d’impensabile.

“Mi serve per il lavoro.” Mentì Elizabeth, cercando di strappargliela dalle mani, ma lui fu più lesto, spostandosi e leggendo qualche riga. “Blaine, ridammela.”

“Perché tutta quest’agitazione se è per lavoro?” La canzonò lui, ghignando. “non è che mi stai nascondendo qualcosa?”


Blaine si aspettava qualche risposta rabbiosa o battuta tagliente, ma invece alle sue orecchie non arrivò nulla. Pensò che stesse prendendo tempo o voleva soltanto far cadere la conversazione così. Alzò gli occhi su di lei per capire quale fosse davvero la sua intenzione e quado lo fece ne rimase pietrificato.

Elizabeth aveva abbandonato la camicia che fino a poco prima aveva tra le mani ed era intenta a leggere il foglio di carta che gli aveva lasciato John. Se n’era completamente dimenticato e lo aveva anche lasciato nella camicia; non che non ci avesse riflettuto sull’eventualità d’andarci, anzi ci aveva pensato ore intere, ma quella sera aveva i figli a cui badare.

“E questo cos’è?” Cantilenò la donna facendo la finta innocente, spostando gli occhi su di lui. “Un invito ad un secondo appuntamento?”

“No, non è un appuntamento.”

“Non ti credo, neanche un po’,” continuò lei, usando un tono bambinesco che assomigliava tanto a quello di Juliette.


“El, te l’ho già detto, non è un appuntamento. John ci va con dei suoi amici e ha invitato anche me… credo.”

“E tu ci andrai, non è così?” Più che un incoraggiamento e una domanda informativa, sembrava più una minaccia bella e buona. Blaine la guardò per un attimo, pensando a quale sarebbe stata la sua reazione dopo che gli avesse detto la verità.

“No.”

“Su, su, forza! Andiamo.” Disse subito lei, afferrandolo per le spalle e iniziando a camminare dietro di lui, facendo uscire dal bagno.

“Dove?” chiese lui confuso, girando un po’ la testa per poterla vedere in viso.

“A prepararti.” Rispose lei, con il tono più naturale del mondo e Blaine avrebbe voluto sprofondare, perché infondo doveva immaginarselo che sarebbe finita così. 


 


 

 

Tony era più iperattivo del solito mentre apparecchiava la tavola. Aveva uscito il miglior servizio di piatti che aveva a disposizione in casa, visto che aveva da poco abbandonato quella dei suoi genitori per sentirsi un po’ più indipendente e fargli capire quanto fosse maturato.

Aveva indossato i vestiti nuovi comprati la settimana precedente, una comodissima e attillatissima maglietta nera che gli risaltava il fisico muscoloso e asciutto, insieme a un paio di jeans scuri e delle scarpe Prada in nero lucido che erano un ammirabile emblema di elegante sportivo, come il suo outfit.

Andò quasi trotterellando fino alla credenza, prendendo due piatti fondi e due piatti piani, per poi dirigersi al tavolo e sistemarli l’uno di fronte al tavolo. Uscì dalla tasca un accendino e accese la candela che era al centro del ripiano, sorridendo tra sé e sé, tra poco sarebbe arrivato Sebastian.

Per un attimo impallidì, pensando di non essere abbastanza elegante o bello per l’occasione. Si catapulto quasi correndo in bagno, per specchiarsi meglio, facendo anche due giri su se stesso. Poi affermò che, tutto sommato, non era niente male e arrossì leggermente immaginandosi Sebastian fargli un complimento.

Tornò in cucina per controllare il pollo e accertarsi che la pasta fosse quasi pronta e che avesse messo già il sale; non era mai stato bravo in cucina, a dire il vero.  Poi aprì il frigo e ne uscì la bottiglia di vino che aveva comprato proprio per quell’occasione e prese anche l’apri bottiglie. Fu in quel momento che il campanello suonò.

Rabbrividì d’eccitazione e sventolò un pugno in aria in segno di vittoria. Lasciò tutto lì dov’era e si diresse alla porta d’entrata. Guardò dallo spioncino per sicurezza, restando folgorato alla vista dell’uomo; si passò una mano tra i capelli per sistemarli meglio e aprì la porta, mordicchiandosi il labbro inferiore alla vista del ghigno di Sebastian. 


 



 

Blaine entrò nel locale in un po’ titubante, era da tanto che non andava in un locale gay. Ogni tanto ci andava con Sebastian, ma anche quelle volte erano rare, nessuno dei due amava quei luoghi particolarmente. Blaine ricordava ancora l’avance propostagli a lui e suo marito per un “favoloso sesso a tre” per la quale si era pure litigato con Sebastian che l’aveva davvero presa in considerazione.

Si addentrò sempre di più, cercando John con gli occhi, dovendo ammettere a se stesso che il locare era davvero carino nonostante le luci basse e il fumo che gli pizzicava il naso. Essendo parecchio affollato però non riuscì subito ad individuarlo, così fu costretto a farsi due volte il giro del locale, fino a quando una mano con una presa dolce ma decisa lo afferrò per il braccio.

“Blaine!” Lo salutò il biondo, lasciandogli un affettuosa e delicata pacca sulla spalla.

“Ciao, scusa ma non ti avevo visto,”  Rispose subito lui, sorridendo mentre John usciva dalla stretta di amici da cui era adornato.

“Non pensavo saresti venuto,” Aggiunse subito il biondo, “o mi sarei vestito meglio per far colpo su di te,” Continuò facendogli l’occhiolino e Blaine ridacchiò. 

“Ti va se prendiamo una birra e poi ti presento i miei amici?”

“Certo.”


 


 

 

Tony si mordicchiò il labbro guardando verso il salone dove aveva spedito Sebastian dopo averlo fatto entrare in casa, dicendogli d’accomodarsi. Aveva calcolato male il tempo che ci voleva per cucinare il pollo e la pasta, così si trovava in cosa in mezzo all'insalata.

Voleva andare subito dall’altro e cercare di capire per quale motivo quella mattina voleva mettere la parola Fine alla loro relazione, ma sapeva che se l’avesse fatto avrebbe sicuramente bruciato qualcosa e non voleva sembrare ridicolo davanti al suo frequentante.

Continuò a trotterellare per la cucina, cercando posate e qualcosa da offrire come aperitivo e di prendere tempo. Sentì Sebastian accendere la tv e sorridendo iniziò a preparare due bicchieri e qualcosina da sgranocchiare. 



 




 

“Hey, c’è qualcosa che non va?” Gli chiese John, avvicinandosi a lui e sedendosi nello sgabello accanto a lui. “Hai un espressione triste?”

“Cosa? No,” Rispose prontamente Blaine, girandosi un po’ verso di lui e bevendo un lungo sorso di birra. “Sono solo un po’ stanco.”

“Sicuro? Perché se ti annoi ti accompagno a casa.” Propose l’altro, non credendo neanche un po’ alle parole del moro.

“No, no. Mi sto divertendo.” Mentì Blaine, sorridendogli. Ma capì subito che John non gli aveva creduto e infondo, come avrebbe potuto? Era da più di mezz’ora che era seduto lì senza far niente, ancora a rimuginare su Sebastian e al casino di quei giorni.

“Blaine, non sono stupido. Se non ti trovi bene, puoi dirmelo. Non ti sei offeso per la buttata di Lorenzo sulla tua altezza, vero?”

“Oh, dio, no” Lo rassicurò subito, ridacchiando ancora alla battuta pessima che gli aveva fatto il ragazzo. “I tuoi amici sono simpatici. E’ che in questi giorni ho davvero tanti pensieri per la testa, mi dispiace.”

John gli poggiò una mano sulla schiena, sorridendogli per rassicurarlo. “Dispiace a me che non ti diverti. Ti va di ballare, così ti distrai un po’?”

Blaine lo fissò per un attimo, cercando di capire se ci fosse qualche scopo dietro quel sorriso genuino. Rifletté sul da farsi prima di decidere che John avesse ragione: aveva bisogno di distrarsi e ballare non era per niente una brutta idea. Sorrise raggiante e si alzò in piedi, bevendo un altro lungo sorso di birra aspettando che l’altro facesse lo stesso.

Gli sorrise e fece strada, fino ad arrivare alla pista da ballo con il biondo dietro di sé. Si avvicinarono al gruppo di amici del pediatra e si sistemarono l’uno di fronte all’altro, iniziando a ballare e sorridendosi.

 


Non ci volle molto affinché Tony bruciasse ciò che stava cucinando, era bastato soltanto uno sguardo languido da parte di Sebastian, accompagnato a un sorso d’aperitivo.

Era seduto sul tavolino in legno difronte all’altro quando dell’odore di bruciato arrivò a riempirgli le narici, facendolo sussultare a correre svelto in cucina dove trovò del fumo nero condensato davanti al forno e dalle pentole poste sui fornelli. Aprì le finestre e fece cambiare l’aria, passandosi una mano tra i capelli folti e cercando di non pensare all’orrenda figura che aveva fatto con Sebastian.

Quella cena doveva servire a far colpo su di lui, a passare del tempo insieme e fargli capire che non sarebbe stato così male come suo compagno, riuscendo ad essere allo stesso livello di quel Blaine di cui aveva sentito tanto parlare e che non riusciva proprio a sopportare; lo aveva visto una volta, in una foto incorniciata sulla scrivania di Sebastian, che teneva in braccio un fagottino rosa. Lo aveva trovato sexy, era vero, ma nulla di eccezionale e non riusciva a capire cos’avesse di speciale da far cadere tutti gli altri uomini e ragazzi al cospetto di Sebastian, visto che aveva occhi solo per lui.

Tony voleva dimostrargli che anche lui aveva qualcosa di speciale e che, al contrario di Blaine, non lo avrebbe mai trattato in quel modo, nemmeno dopo un tradimento; e invece aveva combinato un pasticcio. Sapeva che Sebastian non aveva un altissima considerazione di lui per via della loro differenza di età e in quel momento non aveva fatto altro che dargli ragione.

Ma, fortunatamente, quando tornò il salone a comunicargli cos’era successo, l’uomo non fece nessun commento acido com’era solito fare e non si dimostrò nemmeno contrariato quando gli propose d’ordinare del cibo da asporto.

Gli sorrise e anche se Sebastian non rispose, Tony non poté non sentirsi felice lo stesso. 

 


 

Blaine rideva. Rideva talmente forte e in un modo talmente divertito, che non si ricordava quando fosse l’ultima volta in cui aveva sentito le guance fargli male come in quel momento. Si teneva addirittura le mani sulla pancia quando non erano troppo impegnate ad asciugare le lacrime sul viso.

Aveva sempre creduto che suo fratello fosse un’idiota egocentrico e invece si ritrovava a ringraziarlo mentre ascoltava John che gli raccontava delle scene bizzarre che aveva vissuto o raccontava barzellette. Per una volta Cooper aveva pensato anche a lui, facendo qualcosa di positivo. Il biondo lo stava facendo divertire come non riusciva nessun’altro, escludendo Sebastian. Finalmente si sentiva la testa libera di ogni pensiero e si sentiva sereno e rilassato. 

Rise ancora una volta alla battuta di John, prima che questi si avvicinasse per sedersi accanto a lui e allontanasse la bottiglia di birra sul tavolo posta poco distante da lui, per poi passarsi una mano sul viso stanco e sorridergli successivamente.

Blaine, essendo sempre stata una persona premurosa, si rizzò subito sullo sgabello, guardandolo preoccupato. Gli poggiò una mano sulla schiena quando lo vide sbadigliare. “Vuoi andare a casa?”

“Vorrei, ma non posso.” Rispose il biondo, nascondendo uno sbadiglio dietro la mano.

“E perché?”

“Non sarebbe giusto nei tuoi confronti, visto che finalmente ti stai divertendo e poi sono in macchina con Daniel.” Disse John, facendo cenno verso il gruppetto dei suoi amici distanti un paio di metri di distanza, da cui Blaine si era allontanato per prendersi da bere.

“Non è un problema se vuoi andare a casa, sono stanco anch’io! Ho la macchina di mio fratello qua fuori, se vuoi ti do un passaggio fino a casa.”


“Sei sicuro di non voler restare?” Chiese il biondo, titubante. Blaine annuì convinto, sorridendogli per rassicurarlo. Era già tardi e non gli dispiaceva tornare a casa. “Allora va bene, però non bere più, voglio tornare nel mio appartamento ancora integro.”

Entrambi risero e John si alzò per andare a salutare i suoi amici e avvertire che se ne stavano andando e Blaine, una volta rimasto solo, non seguì il consiglio dell’altro e si scolò tutta la birra sul bancone. 

 


    

Sebastian ne aveva già fin sopra i capelli e se non fosse che doveva distrarsi in qualche modo per non dare di matto e chiamare Blaine per finire a litigare un’altra volta, se ne sarebbe andato senza battere ciglio. Avrebbe potuto passare la sera in uno dei tanto bar gay della zona, magari uno di quelli sistemati e carini, ma quando aveva accettato quell’invito a cena era fin troppo arrabbiato pure per fermarsi cinque secondi e aspettare; però, dopotutto, non era stata un’idea così cattiva: aveva chi poteva soddisfarlo a portata di mano.

Aveva promesso a se stesso che non sarebbe andato a letto con nessun’altro che non fosse stato Blaine, era vero, ma quella mattina era stato così arrabbiato da dimenticarsene. Adesso era più sereno, anche se sarebbe bastato un minimo a farlo scoppiare un’altra volta.

 Adesso non ricordava nemmeno il motivo per cui aveva accettato quell’invito, ma di sicuro si ricordava le intenzioni che non erano così difficili da capire e ovviamente sapeva che anche Tony da una parte ne era a conoscenza o almeno ci sperava.

Il ragazzo, come chiamato dai suoi pensieri, arrivò in cucina buttando il telefono sull’altro divano, prima di sbuffare piano e sedersi accanto a lui.

“Questa è la seconda volta che li chiamo per sapere che fine hanno fatto e mi ripetono sempre la stessa cosa. Che palle.”

“Cosa ti hanno detto?” Chiese Sebastian, sedendosi meglio sul divano per fargli spazio mentre questi si sedeva a gambe incrociate perso la sua direzione.

“Che è tutto pronto, che il stanno aspettando il fattorino, blablabla, che passa un po’, blablabla, che gli dispiace e via dicendo.”

Sebastian mugugnò qualcosa come risposta, prima di tornare a guardare la partita di Lacrosse che stava guardando sullo schermo. Pochi secondi dopo sentì il momento del moro poggiarsi sulla sua spalla e due occhioni azzurri fissarlo.

Si girò verso di lui e immediatamente sentì due labbra poggiarsi sulle sue per staccarsi pochi istanti dopo con uno schiocco ben  udibile. Quando Tony aprì gli occhi, lo fissò intensamente. Sebastian non ebbene nemmeno il bisogno di percorrere tutto il suo viso per ricordarsi che quello non era Blaine, ma sentì la rabbia montargli dentro comunque.

In quello stesso istante, il ragazzo sembrava imbarazzato, non aveva le guance arrossate, ma era tenero. I suoi occhi facevano trasparire le sue emozioni e i suoi sentimenti. I capelli neri gli ricadevano sulla fronte e quelle labbra socchiuse sembravano pronte a chiedergli scusa, anche se non sapeva bene quale fosse il motivo o cosa avesse fatto di sbagliato.

Semplicemente Sebastian ci vide Blaine un’altra volta. E sentì il bisogno di ferirlo. Di togliergli quel luccichio di vitalità negli occhi. Nella sua mente poco importava che non fosse suo marito o che Tony non gli avesse fatto niente di male. Perché c’era stato quel minimo che lo aveva fatto scoppiare.

“Ti va se saltassimo la cena e arrivassimo subito al dopo?”

E senza aspettare una risposta, Sebastian lo baciò languido, poi con veemenza, fino a farsi fasciare i fianchi con le sue gambe per sollevarlo e portarlo in camera da letto.

 

Perché, alla fine, lo faceva per Blaine. 
    

 


 

John aveva capito appena entrati in macchina che Blaine aveva bevuto qualcos’altro, così aveva insistito per guidare lui, nonostante potesse sembrare da maleducati.

Aveva guidato fino a casa sua continuando a chiacchierare con lui e Blaine non poteva far altro che ridacchiare, leccarsi le labbra e fargli anche qualche avance poco velata.

Arrivati sotto casa, entrambi scesero dalla macchina e si diressero davanti al portone di casa, ma John non lo aprì, come si aspettava Blaine, semplicemente si limitò ad uscire il cellulare dalla tasca del giubbotto e a digitare un numero che l’altro non riuscì a riconoscere per via dell’alcool in circolo all’interno del suo corpo, ma prima che potesse avviare la chiamata, lo interruppe.

“Non mi fai salire?” Chiese biascicando, per poi ridacchiare appena.

“No.” Rispose semplicemente l’altro. Cercò di tornare a prestare attenzione allo schermo del suo cellulare, ma fu interrotto un’altra volta dalla mano di Blaine sulla sua.

“Sai, sei davvero un bell'uomo. Molto affascinante,” continuò languido, avvicinandosi pericolosamente al biondo. “Mi piaci tanto.. ti andrebbe di farmi salire?”

John aprì la bocca per replicare, ma la richiuse insieme agli occhi quando sentì due labbra carnose baciargli il collo. Gemette per la sorpresa e anche per il modo eccitante con un Blaine spostava la bocca. Ci volle un minuto buono per fargli formulare una risposta che non era neanche granché. “Si, a dire il vero mi piacerebbe tantissimo, ma non sali comunque.”

“E perché?” Chiese il moro contro il collo dell’altro, prima di lasciargli un altro bacio umidiccio e morderlo leggermente, mentre gli poggiava una mano sul fondoschiena.

“Basta, basta. Blaine, fermati!” Lo rimproverò il biondo, allontanandogli subito le braccia e bloccandogli le sue per allontanarlo. “Che stai facendo?”

“Ti stavo-“

“Non dicevo in quel senso,” lo corresse John, sempre in tono dolce e comprensivo, facendo vergognare Blaine.

“Beh, io pensavo.. che.. insomma.. ti andasse bene.” Balbettò quest’ultimo, riacquistando un po’ di lucidità.

“Mi andrebbe bene, ma in un’altra situazione. Sei ubriaco, Blaine.”


“Si tratta solo di-“

“Sesso. Appunto. Proprio per questo ti devi fermare.” Gli spiegò John e il moro aspettò che continuasse. “Non voglio essere ipocrita, non dico che non accetterei un semplice rapporto sessuale, ma ti sentiresti in colpa dopo, e non voglio.”

Blaine aprì la bocca per rispondere, ma l’altro parlò di nuovo. “Prima di dire qualsiasi cosa, voglio che tu rifletta su ciò che stavi facendo e se non c’è un motivo per cui non dovremmo continuare, allora ti farò salire a casa mia.”

Restò in silenzio e abbassò lo sguardo. John aveva capito che il motivo per cui si stava comportando in quel modo era per l’alcool mischiato a quello che era successo quella mattina e non lui non riuscì a non sentirsi in colpa. C’era un motivo per cui non poteva salire a casa sua, c’era un motivo per cui non aveva cercato nessuno in quel mesi, c’era un motivo per cui si sarebbe sentito in colpa, o meglio qualcuno.

“Mi dispiace.” Mormorò in fine, ma prima che potesse aggiungere qualcos’altro, il biondo gli aveva già poggiato l’indice sulle labbra, notando che voleva aggiungere qualcosa.

“Non voglio sapere il motivo, non m’interessa.” John spostò la mano, portandola ad accarezzargli uno zigomo. “Chiamo Cooper, non puoi guidare così.”

Blaine annuì e gli sorrise gentile, ringraziandolo per averlo fermato e fatto fare la cosa giusta.

Perché gli aveva fatto capire il motivo per cui negli ultimi mesi non si era trovato nessuno.

E sorrise amaro.

Perché, alla fine, lo aveva fatto per Sebastian.





 



Aww John <3

Sebtony e Blohn <3.. no? LOL 

   
 
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