It's dark inside
Sistema
i libri, velocemente perché è quasi l'ora di
pranzo e, ovviamente,
farebbe di tutto pur di non saltarlo.
Viene investito quasi
immediatamente da ragazzi e ragazze provenienti da tutto l'edificio,
quasi lo trasportano con loro, ma, nemmeno lui sa come, riesce ad
arrivare, camminando con la sua solita aria da paperotto sperduto,
fino ad una panchina.
Alla sua panchina.
Sulla quale si
siede, osservando minuziosamente intorno, perché gli piace
che
quell'angolo di parco rimanga vuoto, immerso nel verde.
A Niall
piace ascoltare gli uccellini che, timidi, cinguettano dall'alto
degli alberi, gli piace vedere tutta quella natura intorno a lui e
sorride, quando vede, alzando gli occhi verso l'alto, che un
uccellino sta portando un piccolissimo rametto nel becco e lo trova
un gesto così tenero che per poco rinuncerebbe al suo
panino, pur di
star lì a guardare con lo sguardo perso verso l'azzurro.
Il
cielo.
Il cielo è azzurro come le sue iridi, il suo
ex-ragazzo gli diceva sempre che qualche potenza divina, da
lassù,
aveva ritagliato due pezzi di cielo per darglieli a lui, come occhi.
Alza un angolo della bocca, riluttante al ricordo e si concentra sul
cibo che si porta ogni giorno da casa.
Ama mangiare, gli piace
così tanto che non farebbe altro dalla mattina alla sera;
non
ingrassa e questo lo aiuta perché può star sicuro
di aver sempre
una bella linea, pur inghiottendo quantità di cibo disumane,
ed il
suo panino è quasi alla fine, quando si rende conto che sono
già le
13:00 e che ha soltanto tre pomeriggi per leggere tutto il romanzo di
Agatha Christie e farne la tesi.
Scuote le briciole che gli sono
rimaste sul tessuto dei jeans e, lasciando un ultimo sguardo al
cielo, si dirige verso la libreria più vicina che,
onestamente, non
sa nemmeno dove si trovi.
Percorre vie che nemmeno conosce,
sorride a bambini che lo guardano incuriositi e poi, come una grazia
divina scesa dal cielo, si trova davanti ad una porta a vetri, piena
di scaffali al suo interno e ringrazia Dio in tutte le lingue
possibili del mondo mentre spinge la porta ed entra.
Mormora un
"Salve" come saluto ad un ragazzo seduto poco distante da
lui, immerso nella lettura. Quello lo guarda per poco, rivolgendogli
in minima parte i suoi occhi e torna al suo libro.
Niall pensa che
sia uno di quei classici secchioni topi di biblioteca che, tanto per
passare un po' il tempo dopo la laurea breve, si prendono un anno
senza far nulla e sospira, il silenzio in quel posto lo sta
assordando, vorrebbe il parlare della gente da cui è sempre
e
perennemente circondato, vorrebbe tutto meno che il silenzio.
Il
silenzio è pieno di cose non dette e Niall odia le cose
tenute
nascoste, odia tutte le parole messe a tacere; ed infatti lui
è
logorroico, ha la parlantina, è un ragazzo che parla
talmente tanto
che alla maturità, il professore di diritto, si era quasi
addormentato.
Mentre si reca verso lo scaffale dei romanzi gialli,
non può far a meno di pensare che il ragazzo di poco prima
sia...
stranamente affascinante, seppur un tantino maleducato; non si
risponde a qualcuno che ti saluta? Soprattutto se fai un lavoro che
implica lo stare a contatto con la gente?
Niall non capisce le
persone in quel modo e per quanto non conosca quel ragazzo, ci sta
pensando anche troppo, ma è una sua caratteristica: quando
qualcosa
lo colpisce... diventa un'ossessione, quasi.
Ma Niall ci ragiona
che si è trovato davanti una di quelle bellezze che non
può passare
inosservata, anzi, colpisce l'attenzione di qualcuno, l'attrae come
una calamita. E forse è pensando troppo intensamente a
quegli occhi
troppo scuri che gli cade una pila di libri. Si morde le labbra,
impreca a mezza voce e si china per cercare di sistemare il danno,
mentre, lo vede, dal fondo del piccolo corridoio, se ne sta in piedi
il ragazzo di prima.
Biascica alcune scuse, prima di vederlo
arrivare e chinarsi lentamente per terra, per raccogliere il suo
disastro, ancora, senza dire nulla.
"Non fa niente, lascia
fare a me", gli dice tranquillo il ragazzo; non sembra
infastidito né particolarmente amichevole,
solo...indifferente? E a
Niall, che è tutto fuorché una persona
indifferente, ciò dovrebbe
causare almeno un minimo di fastidio, e invece si ritrova a fissare
con la coda dell'occhio il viso di quel ragazzo così
affascinante.
"Che
cercavi? Posso aiutarti?" gli chiede ancora il ragazzo,
alzandosi in piedi da terra per sistemare i libri sugli scaffali.
Niall impiega qualche secondo a rispondere, inizialmente scuote la
testa d'istinto perché è ancora sorpreso per
quella bellezza così
particolare, che ha qualcosa di asiatico, che sa di paesi lontani e
sconosciuti, prima di ricordarsi che sì,
in effetti ha
bisogno di aiuto, e ringrazia il fatto che non l'abbia visto
dissentire.
"Sì,
cercavo Il segreto di Chimneys
di Agatha Christie” risponde infine, facendo mente locale
perché
si è improvvisamente dimenticato del perché
è entrato in quella
libreria.
Il
ragazzo non risponde, non sembra neppure aver sentito finché
s'incammina verso un angolo della libreria, seguito da Niall, entra
nella sezione “gialli” e recupera il libro da uno
degli scaffali
più bassi.
“Ce
ne sono due edizioni”, si rivolge a lui, “una
comprende anche la
critica di...”
“Qualsiasi
cosa va bene”, lo interrompe Niall alzando le spalle. Solo
allora
il ragazzo incontra i suoi occhi e può rendersi conto di
quanto non
siano semplicemente marroni, hanno anche una sfumatura quasi dorata;
il libraio ridacchia, quasi sottovoce.
In
un primo momento Niall decide di non farci troppo caso, è
ancora
abbastanza scosso da quella risata, ma alla fine il suo carattere
viene fuori e mentre il ragazzo imbusta il libro gli chiede senza
troppi giri di parole perché stava ridendo.
“Ah,
scusa”, risponde lui, “è solo che non
sembri persona da leggere
libri gialli. Ma forse è solo una mia
impressione...”
“Non
leggo solo quelli”, spiega Niall, trascinato come al solito
dalla
sua voglia di parlare a raffica, “è per
l'università. Ci danno
sempre nuovi libri da leggere, di tutti i tipi.”
Il
libraio annuisce, e per una persona normale quella sarebbe la fine di
un discorso, ma per Niall è solo un buon pretesto per
continuare.
“La
prossima settimana dovrei consegnare una relazione su Sayers, quindi
credo che tornerò” sorride, pagando il libro,
“devo solo
scegliere che testo leggere, perché possiamo deciderlo
noi.”
Il
ragazzo si fa pensieroso per un secondo, in questo momento dovrebbe
parlare visto che si tratta del suo lavoro e infatti lo fa.
“Potresti
leggere Cinque
piste false,
o...”
Ma
allora Niall, che ha ottenuto da lui qualche parola, gli porge la
mano: “Niall.” si presenta.
L'altro
lo guarda per un secondo con i suoi occhi ambrati e penetranti, come
a volerlo studiare, infine stringe la sua mano.
“Zayn.” risponde
a sua volta.
E, finalmente, abbozza un sorriso.
*****
Harry
è una di quelle persone, o meglio di quegli studenti, che
vedono
arte in qualsiasi cosa e potrebbero persino fermarsi in mezzo alla
strada pur di scattare una fotografia a qualcosa di particolare, che
li ispira, che vogliono in seguito disegnare. Una di quelle persone
che, finché non disegna l'oggetto della sua ispirazione,
è incapace
di parlare, esprimersi o attraversare senza farsi investire; ma,
soprattutto, Harry ha dei capelli riccissimi e delle adorabili
fossette.
In
questo momento, libero dagli studi sulla prospettiva appena
terminati, si trova a casa della sorella maggiore che si sta
preparando per uscire con il suo fidanzato; Gemma è una
ragazza
bellissima, e quando era piccolo Harry la ritraeva sempre e
migliorava ogni volta di più il suo stile.
“Pensavo
di dire a mamma di organizzare una cena con i genitori di Rob, ormai
è da quattro mesi che stiamo insieme”, racconta
Gemma, ma suo
fratello sfoglia con aria annoiata un giornale di moda che ha trovato
lì vicino. Davvero, lui la moda non l'ha mai capita;
preferisce di
gran lunga i vestiti macchiati di vernice a quelli firmati, e -anche
se lui non se ne rende particolarmente conto- se ne sono accorti un
po' tutti quelli che gli stanno intorno. Una volta una sua compagna
di corso gli ha persino consigliato un detersivo contro le macchie
difficili, siccome ogni volta che indossava qualcosa era sempre
macchiato di colore.
“Har?
Mi stai ascoltando?”, chiede sua sorella, e Harry alza subito
gli
occhi dal giornale e le sorride. “Sì, dovremmo
decisamente farlo”,
risponde, anche se non ha la più pallida idea di cosa Gemma
abbia
detto. Lei annuisce soddisfatta e torna a parlare di Robert, il suo
ragazzo, mentre inizia a mettersi il fondotinta.
Harry
continua a sfogliare la rivista; ci sono molte foto di modelle o
modelli, ed ecco, in effetti lui non è esattamente
attratto dalle ragazze...quindi, ormai al culmine della noia, salta
le pagine di vestiario femminile e sfoglia quelle della sezione
maschile.
Non
che gli interessi davvero, ma siccome sua sorella vorrebbe regalargli
qualcosa alla moda si mette alla ricerca di qualcosa che gli piaccia;
è concentrato, davvero attento nell'osservare i vestiti,
quando
improvvisamente, senza saperlo, sfoglia una delle ultime pagine e
quasi non si affoga con la sua stessa saliva.
Il
motivo è molto semplice; c'è un ragazzo,
fotografato in intimo, che
è davvero bellissimo. E non possiede semplicemente quella
bellezza
che ti fa soffermare sui particolari o che ti strega, quel modello
possiede quella bellezza capace di farti male, una di quelle che non
puoi scordarti e che ti porti dietro, come ricordo distratto ma
difficile a svanire, per tutta la vita.
Ha
tossito così forte, osservando quegli occhi così
azzurri -e sa che
di solito i modelli indossano delle lentine colorate, ma quegli occhi
sembravano talmente veri da togliere il fiato-, da far preoccupare
sua sorella che immediatamente gli si avvicina.
“Ehi!”,
esclama, allarmata. “Tutto bene?”
Per
fortuna la rivista è caduta a terra e si è
rovesciata, chiudendosi,
così da rendere impossibile intuire a chi non l'abbia vista
in
precedenza la pagina che ha causato tutte quelle sensazioni a Harry;
questi si ricompone, smette di tossire e Gemma scoppia in una
fragorosa risata.
“Certo
che tu, la moda, non la puoi proprio soffrire!”, lo prende in
giro,
raccogliendo da terra la rivista, ignara del fatto che in quel
momento, e solo in
quel momento, la moda gli sia interessata eccome.
*****
Harry
non è un tipo da pub, decisamente. Però questa
sera ha voglia di
fare qualcosa di diverso, magari di parlare un po' con il barista che
è suo amico, bere e pensare ad altro.
Già,
ad altro, visto che c'è un pensiero che lo tormenta da un
bel po':
la sua professoressa d'arte, quel pomeriggio, ha dato ancora una
volta mostra della sua originalità -meglio conosciuta come
pazzia,
fra i suoi studenti- e ha accennato che darà loro un compito
da
svolgere nella prossima settimana piuttosto interessante,
a
suo dire.
Quindi,
sapendo quanto la professoressa Dunn possa essere stravagante, Harry
ha pensato bene di svagarsi e evitare di conseguenza di sbiancare a
quel pensiero.
Ed
è proprio continuando a riflettere su quale sarà
il tema del nuovo
compito della Dunn, che Harry apre la porta del pub e subito una
musica alta e fastidiosa arriva alle sue orecchie, prima che vada a
sedersi al solito posto e richiami l'attenzione del suo amico
barista.
“Ehi,
Grimmy!”, esclama per coprire la voce di due ragazze ubriache
sedute lì accanto, che fanno commenti poco casti e senza
vergogna su
alcuni ragazzi che stanno osservando. Il barista si gira, salutandolo
con un cenno della testa.
“Harry,
era da una vita che non venivi qui!”, sorride il ragazzo.
“Come
va? Se vieni qui non è mai per un buon motivo”,
ride forte.
“Avevo
solo voglia di cambiare aria”, risponde l'altro sorridendo a
sua
volta. Un tempo lui e Nick stavano insieme, ma quando è
finita sono
rimasti amici e adesso lo sono ancora, anche se non trascorrono
insieme molto tempo.
“Vuoi
qualcosa da bere?”, domanda Nick. Harry ridacchia, per quale
altro
motivo dovrebbe trovarsi in un pub? Il ragazzo osserva per un attimo
la sua espressione divertita, poi alza gli occhi al cielo e gli versa
il solito in un bicchiere.
Chiacchierano
per qualche minuto, mentre il barista serve anche gli altri clienti,
finché sorride in modo furbo.
“Sei
ancora gay, Harry?”, domanda dal nulla, rischiando di fare
affogare
l'amico con il suo drink.
“No,
sono magicamente tornato etero!”, sbuffa ironico, arrossendo.
Ma
Nick non smette di sorridere.
“Beh,
mi dispiace per te”, sogghigna, “perché
c'è un ragazzo
parecchio carino che ti sta fissando come se vorrebbe trapassarti con
lo sguardo.”
Harry
arrossisce ancora di più. “Chi
è?”
Nick
lancia uno sguardo oltre le spalle dell'amico, fingendo indifferenza,
poi torna a pulire un bicchiere che aveva appena sciacquato.
“Non
ne ho idea”, commenta infine, “l'ho visto qui solo
un paio di
volte e non ci ho mai parlato.”
Getta
ancora un altro sguardo fugace dietro il ragazzo, poi sorride prima
di voltargli le spalle: “credo dovresti alzarti, sta venendo
proprio verso di te.”
Harry
ha il cuore in gola, perché sente quell'assurda sensazione?
Non è
la prima volta che qualcuno, maschio o femmina, gli rivolge certe
attenzioni.
Eppure,
quando finalmente vede il ragazzo di cui Nick stava parlando, quasi
smette di respirare: labbra sottili ma invitanti, capelli castano
chiaro, pelle leggermente dorata, due occhi così azzurri da
fare
invidia al cielo. E la sua voce, quando parla...è acuta, ma
non
fastidiosa, piacevole, particolare. Harry sente il suo stomaco
contorcersi mentre quello sconosciuto si avvicina fino a quasi
occupare il suo spazio vitale -in teoria dovrebbe
dargli
fastidio- e gli ricorda qualcuno che ha già visto, prova una
strana
sensazione che però è uguale a qualcun'altra.
******
A
Louis, la sfacciataggine, non manca. Mai.
In nessuna
occasione, in nessuna situazione, qualunque cosa accada intorno a
lui, non è capace di non essere sfacciato.
E non è da meno,
quando, notando una chioma indistinta della semi-oscurità
del pub,
sorride sul vetro del bicchiere dal quale sta bevendo.
Non sa
precisamente che cosa sia, il barista gliel'ha detto, ma la sua mente
è troppo stanca anche per pensare.
Ed è proprio quella cosa di
cui non ricorda il nome, che lo spinge a camminare nella direzione di
quella figura voltata di schiena, isolata dal resto del pub,
concentrata su se stessa.
Si lascia andare ad un sorriso che
neanche lui saprebbe giudicare e chiede al barista di riempirgli una
seconda volta il bicchiere.
È ubriaco, e lo sa bene, perciò non
si fa scrupoli a girarsi alla sua sinistra e "Tesoro, dove vai
vestito antistupro?" la sua voce è più ubriaca
del suo
cervello e riesce a percepire appena una leggera e cristallina risata
provenire da dietro al bancone, prima che i più grandi occhi
verdi
che abbia mai visto, si posino su di lui.
Lo osserva, mentre "Sono
vestito normalmente", risponde.
Ma non ci fa caso a quelle
parole, Louis parla perché ha buttato giù troppa
roba alcolica,
altrimenti si sarebbe limitato ad osservarlo da lontano, senza fare
una mossa.
"Mi piacciono i tuoi occhi!" strilla poi,
dopo averli guardati a lungo "Li ho sempre voluti verdi"
continua, mentre il ragazzo di prima gli porge di nuovo il bicchiere
sul bancone.
"Grazie" dice soltanto e a Louis, davvero,
non piacciono le parole, ma è ubriaco e quindi ha voglia di
usarle,
di lasciarle vibrare tra le corde vocali, lasciarle finalmente
libere.
"Posso sapere il tuo nome, oppure pensi che la CIA ti
ucciderebbe?" lo guarda, da sopra il vetro del bicchiere, mentre
beve, ancora.
Quello sembra pensarci su, quasi come se non si
ricordasse il proprio nome e Louis arriccia le labbra, leggermente
infastidito perché questa sera, a Louis, le parole
piacciono.
"Harry, mi chiamo Harry" e Louis continua ad
osservare la linea della mascella marcata, le fossette innocenti che
si formano al lato della sua bocca, sulle guance, mentre cerca di
smorzare un sorriso, quei capelli che sembrano un groviglio
inestricabile e ride, pensando che gli piacerebbe affondarci una mano
all'interno.
"Okay, Harry, perché qualcosa mi dice
che non sei un tipo che gira tutta la notte in cerca di una sbronza?"
è sicuro di non aver mai composto un periodo così
lungo, ma è
quella la sensazione che gli dà Harry.
Un tenero
ragazzino.
"Forse perché non lo sono" Louis si chiede
se lo guarderà di nuovo in faccia, fino alla fine della
serata,
invece che nascondere i suoi occhi verso il basso o magari su un
punto imprecisato alle sue spalle.
Sbadiglia e "Sei frocio?"
gli domanda senza mezzi termini.
E Louis ottiene quello che vuole:
lo guarda, di nuovo.
Sembra che quella domanda lo abbia
destabilizzato, lo abbia spinto sul confine di una scarpata e allora
Louis sbuffa, decisamente annoiato da tanta riservatezza che avrebbe
anche lui, certo, se non fosse ubriaco.
"Rilassati,
amico. Sono dalla tua parte" gli batte un paio di volte la mano
sulla spalla come per rassicurarlo, e poi si rivolge al barista
"Tesoro, hai carta e penna?", quello lo guarda leggermente
spaesato e poi gli porge ciò che gli ha chiesto.
Louis non lascia
mai il suo numero ad uno sconosciuto. Non lo fa a lavoro, non lo fa
al supermercato, non lo fa con le modelle... Ma lo fa in un pub di
periferia di Londra, porge un foglietto spiegazzato al ragazzo che si
trova davanti e poi, prima che il suo cellulare cominci a squillare,
sbadiglia apertamente, fregandosene di dare bella vista della sua
bocca spalancata.
"Chiamami, Harry. Appena puoi, per
qualunque cosa, a qualunque ora" e poi, finalmente, risponde
alla telefonata, urlando per sovrastare la musica e ridendo della
voce preoccupata di Paul e di Kaliha in sottofondo.
"Dove
sono?" ripete la domanda del suo interlocutore, mentre guarda
ancora Harry.
È interessato ai movimenti frenetici e nervosi che
fanno le sue mani, in quel momento. "In un pub in periferia...
Non so, sono con un ragazzo" la voce di Paul è fastidiosa
quando gli urla di non fare cazzate, perché ne va della sua
carriera
e dei soldi che beccherà in futuro, è fastidiosa
perché gli
impedisce di dire qualcosa che vorrebbe dire in continuazione.
"Oh,
andiamo Paul, mi sto solo divertendo un po', niente di male"
ormai non lo ascolta più, come del resto fa quasi sempre
anche da
sobrio, bensì allunga la mano verso il viso di Harry e
scaccia un
riccio che gli è andato a coprire la fronte.
"Lasciami stare
una buona volta. Non farò nulla di male, davvero," le parole
di
Paul, sono passate in secondo piano rispetto a quelle di Kaliha, che
adesso lo avverte che lo stanno venendo a prendere.
Chiude la
chiamata senza ascoltare altro, perché odia essere comandato
a
bacchetta, anche se fa tutto quello che gli viene detto.
Louis
guarda Harry, ancora una volta, prima di vedere Paul con la coda
dell'occhio, già sulla soglia d'entrata.
"È stato un
piacere conoscerti, uccellino" dice, prima di
cominciare
a correre verso l'uscita secondaria, inseguito dal suo manager e
dalla truccatrice.
Ride, mentre corre.
Ride perché uccellino
non è veramente appropriato come soprannome, ride
perché
l'eccitazione della corsa lo sta mandando fuori di testa e ride
ancora di più quando Paul riesce ad afferrarlo per un
braccio e
tirarlo verso di lui.
"Ciao Paulie", Louis non sa che
faccia fa, perché il buio glielo impedisce e l'unica cosa
che riesce
a vedere, adesso se chiude gli occhi, sono due giganteschi occhi
verdi che lo fissano sbarrati.
"Andiamo a casa, Lou" la
risata scema dalle sua labbra, non gli gratta più lo stomaco
in
maniera quasi dolorosa, la testa diventa pesante e le parole non
hanno più voglia di uscire dalla sua bocca. "Domani cominci
a
lavorare alle nove. Niente storie su quello che è successo
stasera,
nessuno deve sapere nulla, okay? Dio, Louis, un giorno di questi mi
farai diventare pazzo" Louis annuisce soltanto, mentre Paul alla
guida continua a parlare e Kaliha gli sta porgendo una bottiglietta
d'acqua.
"Chi era quel ragazzo?" Louis scrolla le
spalle, di lui si ricorda a malapena gli occhi e ancora meno come era
fatto.
Ed è passato pochissimo tempo.
Ma è un buon
osservatore e di certo, lo saprebbe ricordare in ogni minimo
dettaglio più insignificante, se solo non fosse
ubriaco.
"Non
me lo ricordo", Louis ricorda soltanto come le sue dita
stringevano il bicchiere e come cercava di non guardarlo in viso a
tutti i costi.
"Meglio così" decreta alla fine.
Ma
Louis è troppo stanco e troppo ubriaco anche per sentire
un'altra
sola parola, e si addormenta sulla spalla di Kaliha.
Note Autrici:
Inizio subito col dire che, se dicessi di sentirmi solo onorata di poter scrivere con Seele, sarei una bugiarda, ma di quelle gigantesche.
Non
so, davvero, come diavolo le possa piacere il modo in cui scrivo ma
io amo letteralmente il suo, Zayn è perfetto, Harry
è perfetto...
Non so davvero come esprimermi quando si parla del suo modo di
scrivere, ma siccome questa non è una recensione, ma dello
spazio su
cui scrivere le note, ho soltanto da dire che come già ha
detto, ci
abbiamo messo tanto di noi, soprattutto in Zayn e Louis.
Quindi...
Uhm... Non credo di aver altro da dire, se non un ringraziamento a
chi ha recensito ed anche solo a chi ha letto.
Grazie ancora, alla prossima c: