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Autore: lafilledeEris    22/04/2013    2 recensioni
ATTENZIONE: E' UNA KURTBASTIAN
“Mh…” No, non voleva alzarsi. In quel momento, con quei postumi da incubo, il letto gli sembrava l’unico posto al mondo in cui sarebbe voluto stare.
Finché Rachel non trovo opportuno sollevargli le coperte di scatto e scoprirlo.
“Rise and shine!”**
“Rachel, sappi che ti odio!”
La ragazza si lanciò a peso morto sull’amico, abbracciandolo forte.
In quell’ultimo periodo Hummel si era rivelato poco incline alle dimostrazioni d’affetto e in tutto quel casino di emozioni represse e rimosse, in qualche modo, vi era andato di mezzo anche il rapporto con la sua migliore amica. Lei ormai stava con Brody – Finn sembrava un ricordo abbastanza sbiadito a sentire i rumori che provenivano dalla camera da letto quando il ragazzo restava a dormire e Kurt era quasi sicuro che non si mettessero a spostare i mobili nel cuore della notte –, andava alla NYADA , aveva trovato il suo equilibrio newyorkese, insomma.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brody Weston, Burt Hummel, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE: CAPITOLO NON BETATO
 
 
 

Capitolo 10
 
 
 
 
Track#11 Happy Ending
 
Artist: Mika

 
 
 
“Ti prego!”
“No!”
Questo approfondito scambio di opinioni  fra Kurt e Sebastian andava avanti da circa una ventina di minuti.
Sebastian voleva che Kurt gli cantasse “You are my sunshine”[1], quella mattina infatti gliela aveva sentita canticchiare mentre gli preparava la colazione, poco prima di tornare a letto da lui.
“Dai!” ritentò Sebastian. “Solo il ritornello!”
“Così puoi prendermi in giro?” domandò Kurt, alzando il viso dal petto dell’altro,per fargli una smorfia buffa che lo fece ridere di cuore.
“Non lo fare mai!” ghignò Sebastian, cercando di contenere una risata.
“Sei perfido!” Kurt gli diede uno schiaffo leggero al costato, prima di tornare a stendersi su Sebastian. “Solo una volta?” domandò titubante.
“ Una e basta” rispose serio Sebastian. Allora Kurt si sollevò dalla posizione in cui si trovava e si posizionò a cavalcioni su di lui. Lo guardò negli occhi, per studiarne i lineamenti, e gli parve strano: lui quella canzone non l’aveva cantata davvero pensando a Bas, ma in quel momento seppe che nulla accade per caso.  Era riuscito davvero a trovare il suo sole personale e stava fra le sue braccia, perfetto incastro di corpi – magari per parlare d’anime era ancora presto- che stanno sospesi fra canzoni da dedicare e che non canteranno mai ad alta voce davanti ad un pubblico.
“You are my sunshine 
My only sunshine 
You make me happy 
When skies are grey 
You'll never know dear 
How much I love you 
Please don't take my sunshine away”.

Non è stato difficile” sentenziò Sebastian, prima di dare un piccolo bacio sul mento dell’altro, che fece spallucce per poi poggiargli la sua testa contro il petto, come prima.
Quello che Kurt non avrebbe mai ammesso era che , in realtà, per lui quel gesto era stato strano. Perché esiste una sottile differenza fra “cantare” e “cantare per qualcuno”. E lui, purtroppo, conservava ancora vivo il ricordo di troppe canzoni dedicate a chi per lui non c’era più.
“Kurt?”
“Mh?”
“ Ti prego, parla! Non sembri nemmeno tu quando stai in silenzio. Dì qualcosa, qualunque cosa”.
“Mangusta, non angosciarti tanto per me” disse sollevandosi all'altezza del viso di Sebastian.
La verità era che in quei silenzi lui si trovava a suo agio. Si erano già detti tutto ciò che dovevano dirsi – Grazie Cher!- ed i timori che prima lo assillavano si erano affievoliti. E lui stava bene, dopo tanto tempo. Le parole delle volte sono davvero di troppo, i silenzi possono colmare domande che la coscienza ci pone, ma che non hanno bisogno di risposte immediate, solo di comprensione, che arriva col tempo.
“A chi hai dato della mangusta?” scherzò Sebastian, mentre con un colpo di reni ribaltava le posizioni.
Kurt ridacchiò, dopo essere stato colto alla sprovvista, cercando di sollevare il collo nel tentativo di vendicarsi di Sebastian con un piccolo morso sulla spalla.
“Non ci provare!” lo bloccò Sebastian, andando a  cercare il suo collo per riempirlo di baci. “Ti meriti una punizione” sussurrò al suo orecchio, facendolo ridere. Fu un dolce tortura, le labbra segnavano docili percorsi ancora da imparare a memoria, ma parevano ben disposte ad apprendere.
In quel momento Sebastian capì che non avrebbe mai potuto fare a meno di tutto ciò che in quel momento stava vivendo.  Spesso la vita ti da una sola possibilità: vivere il presente, bisogna solo capire che il momento perfetto non esiste, esiste solo la persona perfetta con cui viverlo.
E lo capisci quando senti il cuore dell’altro che corre veloce, i battiti che aumentano.
Ma si sa che c’è anche chi ha un tempismo totalmente sbagliato. Questo lo si capì, quando nel bel mezzo dell’azione vennero interrotti da un bussare insistente alla porta della camera.
“Kurt, so che sei  dentro con Sebastian a fare le vostre cosacce, apri subito la porta, è urgente”.
Ma quella ragazza s’impegnava a bloccarli in quei momenti?
“Santana!” sussurrò rassegnato Sebastian, coprendosi il viso col cuscino. Dopo un po’ arrivò Brittany, con Lord Tubbington che la seguiva a ruota, per quanto la sua mole  glielo consentisse.
“Dobbiamo chiedervi un favore!” iniziò seria Santana.
Kurt continuava a guardare l’amica, mentre aiutava il gatto a salire sul letto. A guardarle bene, in loro qualcosa di strano c’era: entrambe indossavano un impermeabile beige, gli occhi erano nascosti da grandi occhiali scuri e i capelli raccolti in un borsalino.
“Dovete fare da baby sitter a Lord Tubbington” sussurrò Brittany, mentre saliva sul letto muovendosi a carponi.
“Perché sussurri?” rispose a sua volta a bassa voce Kurt.
“ Perché in missione si sussurra per non farsi scoprire dal nemico” spiegò seria la bionda, mentre continuava a tener un tono di voce basso.
“Per i nemici?” domandò Kurt.
“Esatto!” esultò Brittany, finché San non le mise una mano davanti alla bocca.
“Alla faccia della copertura” biascicò Sebastian, mentre accarezzava Lord T. , andato a sistemarsi nell’incavo fra il braccio e il costato e iniziava a fare le fusa, lasciandosi fare i grattini sulla testa.
“Perché T. non viene con voi?” domandò curioso Kurt.
“Ha detto che a lui gli impermeabili non donano e che questa volta saremmo dovute andare in missione senza di lui”. Brit fece spallucce, come a dimostrare, che un gatto normalmente va in missione ( ancora bisognava capire che tipo di missione fosse quella che comprendeva un gatto come spia) e si rifiuta quando l’abbigliamento non gli piace. Tutto nella norma, quando inizi a vivere con Brittany S. Pierce.
“Ti prego Santana, dimmi che dietro tutto questo c’è una motivazione seria”. Sebastian sperava davvero che tutto quel trambusto avesse  una valida ragione, per interrompere ciò che stava facendo – o che stava per fare –, doveva esserci per forza.
“E se ti dicessi che ho trovato il modo di liberarci di Big Jim?” disse l’ispanica, mentre toglieva gli occhiali da sole e guardava seria la coppia di ragazzi.
Kurt sussultò coprendosi la bocca, spalancando gli occhi.
“No Kurt, nessuno morirà” alzò gli occhi al cielo. “Almeno credo. Devo solo non far venire fuori…”
“Lo spirito delle Lima Height” cantilenò Sebastian.
“San” Brittany, attirò la sua attenzione tirandole la manica dell’impermeabile, per poi indicare l’orologio da muro appeso in camera di Kurt.
“Hai ragione Brit, dobbiamo andare”, si rimise gli occhiali e fece per uscire dalla stanza, quando si voltò di nuovo verso i ragazzi. “Mi raccomando col gatto”.
Ecco, quella era l’influenza di Brittany. Decisamente.
 
 
Brody Weston era un gigolò. Si vendeva alle donne come un manzo alle fiere di bestiame del vecchio West. Non solo aveva dimenticato cosa significasse stare seriamente con qualcuno. Aveva proprio rimosso cosa volesse dire stare con qualcuno. Rachel non sapeva della sua seconda vita, non avrebbe mai dovuto scoprirlo. Perché nonostante continuasse a negare, l’idea di concedersi a qualche sconosciuta ( e perché no, anche a qualche sconosciuto) dopo un primo momento non sembrava più così intelligente. Soprattutto quando davanti a lui si trovava un’ispanica arrabbiata e una bionda furente che parlava spagnolo.
“ Tu devi sparire dalla vita di Rachel”. Santana guardava Brody con ribrezzo, come fosse la cosa più meschina di questo mondo.
Niente e nessuno poteva far del male alla famiglia che con tanta fatica si era costruita e che l’aveva accettata.  Perché se non ci fossero stati Kurt e Rachel, lei probabilmente sarebbe stata una persona orribile, il che era alquanto strano visto il suo carattere abbastanza acceso e cosa la portasse a fare. Il fatto era che se quella specie di bambola gonfiabile a ore avesse fatto soffrire Rachel, lei avrebbe dovuto raccogliere i cocci del cuore della Berry. Non c’era niente di più angosciante che sapere che un membro della tua famiglia soffre, inevitabilmente finisci anche tu a soffrire con lui e allora capisci che condividere il dolore in quel momento non serve, lo aumenta a dismisura.
“E’ qui che ti sbagli, Santana”  sussurrò Brody. Teneva lo sguardo basso e  scrutava il pavimento, come a cercare risposte più esaurienti.
A quelle parole, Santana e Brittany scattarono in avanti per piazzarsi a pochi centimetri.
“Sappi che mi fai schifo” sputò Santana, fra i denti, puntandogli un dito contro il petto. “Tu non meriti di stare con Rachel, anche se è petulante e logorroica è una delle persone a cui tengo di più”.
“Non ti permetteremo di oscurare la sua stella, Ken” sentenziò Brit, dando manforte alla sua ragazza.
“Voi non capite, io con questo lavoro posso fare ciò che voglio: mi mantengo e…”
“E tradisci Rachel” ringhiò Santana, allungando le mani al colletto della camicia di Brody e avvicinandosi al suo volto. “Tu devi sparire dalla sua vita, ha di meglio a cui pensare.”
“Ma io la amo” sussurrò Brody.
“Hai una strana concezione d’amore. E lascia che ti dica che è abbastanza contorta, e io di cose contorte me ne intendo. Quindi, o esci dalla vita di Rachel con le buone maniere, oppure ti porto io a calci” spiegò glaciale,lasciandolo andare.
“Deve essere lei a scegliere!” protestò Brody.
“Non esiste” lo bloccò sul nascere la Lopez “Lei non ti dirà mai di no, perché per qualche strana ragione ci vede del buono in te. Io ci ho sempre visto del marcio, ecco perché ti dico che tu devi stare lontano da lei. Sappi che verrò a sapere se proverai ad avvicinarti. Sarà allora che dovrai davvero preoccuparti”.
Brittany scrutava seria il ragazzo. Forse per la prima volta in vita sua, aveva capito la serietà della questione.
Brody si sentì come oppresso da tutta quella situazione, in ciò che faceva c’era del marcio, lo sapeva, ma nulla che avrebbe mai potuto ledere Rachel. Aveva imparato quanto lei fosse speciale per lui ed ora la stava perdendo, per un guaio combinato con le sue stesse mani.
Sospirò, rassegnato prima di prendere la parola.
“Ok, ma concedetemi un’ultima telefonata. Voglio almeno salutarla”.
“No” rispose secca Santana.
“San, lasciamoglielo fare” la bloccò Brittany “Dopo sparirai, devi giurarlo Teddy Bear”. Brody a quel punto non poté non fare ciò che gli era stato imposto.
Così Brody Weston uscì per sempre dalla vita di Rachel Berry.
 
 
“Tub, qui! Vieni qui!”
E così anche Sebastian Smythe era finito nel “Tubbington- Tunnel”, un posto in cui i gatti erano i capi supremi, facevano parte di una gang ed erano documentati su Scientology. Il ragazzo cercava l’animale dopo aver avuto col suddetto un'accesa discussione sul football.  Insomma, aveva capito che non sarebbe stato facile tifare Patriots in quella casa, con il micio che tifava Giants.
“Sebastian, lascialo in pace!” protestò Kurt, steso sul tappeto a guardare Ellen, sorseggiando una tisana alle rose che aveva preparato anche per il gatto.
E così si erano davvero ritrovati a fare i cat sitters.
“Kurt, non esiste! Quel gatto deve assolutamente tifare Patriots, non esiste che qualcuno che tifa Giants viva sotto il mio stesso tetto!” spiegò con fare serio.
“Hai ragione  sarebbe una vera tragedia!” lo prese in giro Kurt, colpendosi la fronte con un gesto eclatante.
Sebastian riuscì ad acchiappare Lord Tubbington e iniziò ad accarezzarlo fra le orecchie.
“Riuscirò a convertirti” gli disse portandolo all’altezza del suo viso. “Fosse l’ultima cosa che faccio”.
“Comunque dobbiamo ancora capire perché Santana e Brittany non hanno voluto dirci nulla di ciò che dovevano fare”, Kurt cercò di attirare l’attenzione di Sebastian su un argomento più serio.
Sebastian fece spallucce.
“Doveva essere una questione piuttosto seria se hanno lasciato il loro fedele scudiero qui” rifletté Sebastian.
Mentre cercava di venire a capo di quel mistero, il telefono di Kurt squillò.
“San…come? Santana non urlare e soprattutto non parlare in spagnolo, non capisco una parola di quello che dici. Calmati, per favore”.
Sebastian guardava Kurt con fare stupito.
“Ti prego, dimmi che stai scherzando” continuò Kurt. “Brutto stronzo, maiale che non è altro!” sbottò.
Ok, quando Kurt diceva le parolacce non era mai un buon segno. Insomma, non è che non si arrabbiasse mai, ma se arrivava a dire certe cose doveva esserci una buona ragione.
“Spiego tutto io a Sebastian” disse poco prima di riattaccare. “Ciao, ciao”.
Smythe gli fece un cenno col capo, sapendo di avere un’espressione interrogativa in volto.
“Pare che abbiamo perso un coinquilino”  spiegò Kurt andando a sedersi accanto a Sebastian e poggiando la testa contro la sua spalla, iniziando anche lui ad accarezzare Lord Tubbington, che parve bearsi di tutte quelle attenzioni. Gli raccontò ciò che Santana gli aveva detto al telefono e divenne triste. Lui e Rachel avevano litigato, ma non poteva non essere in pensiero per l’amica – da ormai una vita -, chissà come l’avrebbe presa.
“Hai capito Weston”, fischiò alla fine della frase Sebastian.
“Che ne pensi?” domandò curioso, Kurt.
“Beh, di sicuro non è stata una mossa intelligente. Insomma, avrebbe potuto fare altri lavori se davvero voleva mantenersi e senza tradire Rachel. Perché sì, anche per me quello è tradimento, sai?”
“E io che credevo che lo avresti difeso”.
“Sarebbe stato troppo anche  per me”.
“Quindi tu non avresti mai…” Kurt cercò le parole giuste, ma sembrarono non arrivare.  Ci sono cose di cui non è facile parlare apertamente e soprattutto bisogna curarsi dei sentimenti altrui. Per qualche strana ragione, Kurt pensò che quando Sebastian faceva un piccolo passo per raccontarsi, lui dovesse farne uno indietro per lasciarlo fare.
Era andargli incontro senza tendere la mano, ma aspettando che fosse lui stesso a prenderla.
Sebastian scosse la testa.
“Sono stato con tante persone, ma mai ho pensato di arrivare a tanto, anche quando mio padre mi aveva appena tagliato i fondi. Ho preferito cercare un lavoro pulito e onesto come quello al Dirty”.
Kurt alza la testa e si sporge verso di lui.
“Stai cambiando Sebastian, sai?” lo guarda dritto negli occhi, come a fargli capire che in realtà non ha bisogno di risposte. Lui sa. Ed entrambi capiscono che se così non fosse stato non ci sarebbe stato nulla fra loro. Qualunque cosa fosse, era speciale.
 
 
 
 
[1] Questa è la canzone citata.
 
I’m here
Eccoci finalmente col nuovo capitolo. Sinceramente non so che dirne, forse a tratti è un po’ piatto, lo ammetto. Ho avuto parecchie difficoltà a scriverlo perché, pur avendo bene in mente le idee, non riuscivo a scriverle come avrei voluto, così mi sono ritrovata a scrivere e cancellare il tutto un paio di volte. E non sono del tutto soddisfatta, ma tant’è. Mi stava prendendo troppo male. Spero in un vostro giudizio, magari per capire se sono riuscita un po’ a rendere l’dea della situazione.
Alla prossima,
Nico.
   
 
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