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Autore: Gareth    22/04/2013    1 recensioni
Dal testo: "Penso che questo sia proprio il lavoro giusto per me: la sensazione della lama che passa sulla pelle e poi sulla carne è indescrivibile, parecchio piacevole; cercare di controllare la frequenza cardiaca per non far tremare la mano è pura magia. Non tanto lo è la visione che mi aspetta a lavoro finito: Dio! Grazie per questa visione, eh! Sono sarcastico, nel caso tu non l’avessi capito. Dico a te, Dio."
Ragionamenti di un chirurgo fuori e durante le sue operazioni, arrivando fin fino alla sua storia più segreta e più privata. La sua storia che lo rende così turbato dalla felicità altrui al punto da arrivare a desiderarne il fastidio, pur esercitando la sua professione da sempre in modo impeccabile, vivendo in una sorta di contraddizione. Una triste storia si solitudine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino su e giù nella mensa del mio ospedale. Alterno passeggiate più lente a passeggiate più veloci, così, giusto per confondere la gente a me attorno. “Sarà diventato pazzo”, penseranno, e mi diverto a sorprenderli con la coda dell’occhio mentre mi fissano e, una volta accorti che i loro sguardi sono ricambiati, a vederli voltare di scatto la testa, fingendo chissà che conversazione interessante con un loro compagno di tavolo.
Vorrei non mangiare oggi, non ho né fame né voglia. Tuttavia so e comprendo che mi servono energie per affrontare la giornata. Non si sa mai quali casi di tensione, come delle operazioni, possono capitare ad un chirurgo come me. “Peccato,” pensavo una volta, “che non esistano energie che non si possono vomitare”. Quando dei giorni vedi certe cose che ti smuovono e scuotono l’intestino non è tanto piacevole aver mangiato tanto. Anche se, dopo trentasette anni, sono abituato a queste certe cose.
Smetto di camminare e mi fermo. Tirano un sospiro di sollievo molti dei presenti in sala, evidentemente infastiditi dal mio comportamento. Ora mi dirigo a prendere da mangiare. Tutto self-service. Prendo poco, mi siedo vicino ad un giovane medico e non mangio assolutamente niente.
Gioia pura il disagio che causo a quel ragazzo, che sedeva vicino ad un altrettanto giovane infermiera.
Non mi prendete per pazzo, la mia vita è un po’ triste e sola, la mia storia è anche peggio.
Finisce la pausa pranzo.
Arriva un codice rosso: un giovane sta perdendo molto sangue a causa di una grossa ferita all’addome, probabilmente una coltellata.
Ci sono qua io, non vi preoccupate. Se può essere salvato sicuramente lo salverò.
Vedo i medici trascinare la barella in sala operatoria con il sudore sulla fronte e vedo la loro fretta. Ci tengono a salvare quell’uomo. Sembrano così patetici. Eppure anch’io devo sembrare patetico, mentre mi affretto a raggiungere quell’uomo, mentre, preparato e vestito con camice, mascherina e cuffietta, mi dirigo a salvarlo.
Sono davanti a lui che si trova steso. È un bianco, colore dei capelli castano chiaro, la faccia rilassata ora sotto l’anestetico. E io adesso devo aprirgli l’addome. Perché è ovvio che devo fargli una laparotomia, non ci vuole l’università per capirlo!
<< Bisturi freddo >>. Ed eccomi subito servito, con tanto di posata. Incido sull’addome.
<< Ora bisturi elettrico >>. Cambio il bisturi quando arrivo al muscolo.
Penso che questo sia proprio il lavoro giusto per me: la sensazione della lama che passa sulla pelle e poi sulla carne è indescrivibile, parecchio piacevole; cercare di controllare la frequenza cardiaca per non far tremare la mano è pura magia. Non tanto lo è la visione che mi aspetta a lavoro finito: Dio! Grazie per questa visione, eh!
Sono sarcastico, nel caso tu non l’avessi capito. Dico a te, Dio.
A volte mi chiedono se sono ateo oppure credente. Ma dopo le mie scuole superiori, pensai -e penso ancora- che essere una delle due cose fosse un atto di presunzione. Già a quindici anni lessi di Platone il Fedro, nel quale Socrate, il famoso filosofo, affermava che dir di avere la verità era un atto di presunzione, che lui non lo voleva commettere, e che quindi lui era più sapiente degli altri. Bene, dico, stessa cosa per la religione. Presumere che Dio esista è presunzione e stupidità, come dunque presumere che non esista. 
Riprendo a concentrarmi sull'operazione.
Sangue. Intestini. Organi.
Svengo e cado all’indietro. Che strano, dall’alto dei miei sessantacinque anni non mi era mai successo.
Tum.

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Spazio approfondimenti: Salve a tutti, sono Gareth. Questa storia inizialmente è nata come una raccolta di one shot con sempre lo stesso protagonista (il chirurgo) a cui ho poi aggiunto una storia, per così dire, principale. Infatti ogni capitolo non sarà molto lungo. Tuttavia io spero che non vi concentrerete tanto sulla storia, quanto su tutto quello che c'é attorno (l'atmosfera, i pensieri ecc. ecc,). Perdonatemi se i miei termini medici (a cui tuttavia presto attenzione cercando di documentarmi) non sono precisissimi, dato che nell'università di medicina non ci sono neanche mai entrato, vista anche la mia giovane età. Ringrazio in anticipo tutti quelli che mi leggeranno e vi invito, come sempre, a lasciar recensioni. Cercherò di aggiornare quando potrò, non credo sarò, ahimé, molto costante, anche perché do la precedenza alla mia altra storia, "Dark Warden". Per quanto riguarda quest'ultima infatti non aggiorno oramai da mesi, ma a breve mi rifarò vivo. 

Saluti, Gareth

  
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