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Autore: dreamlikeview    22/04/2013    13 recensioni
E se Harry Styles fosse un futuro Auror?
E se Louis Tomlinson fosse un futuro Mangiamorte?
E se si conoscessero dai tempi di Hogwarts?
E se il loro amore li logorasse fino alla fine?
[Larry, con accenni Ziam e Nosh]
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Desclaimer: Niente di ciò che è qui scritto è per lucro, non ci guadagno niente. I personaggi non sono miei, e non voglio offendere i One Direction in alcun modo.
Le ambientazioni non sono di mia fantasia, ma appartengono al mondo di Harry Potter.

 



 

Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.

(Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban)

 


1° settembre 2011 - I anno, Stazione King’s Cross.
Erano passati diversi anni da quando la minaccia di Lord Voldemort, il Signore Oscuro che per anni aveva terrorizzato con il suo nome e le sue azioni tutta la comunità magica, era stata debellata da, niente meno che, Harry Potter, il bambino sopravvissuto che era diventato famoso in tutto il mondo magico sin dall’infanzia.
La pace era tornata, quando il bambino sopravvissuto aveva definitivamente ucciso il Mago Oscuro eliminando i suoi Horcrux - pezzi della sua anima - spedendo ad Azkaban (la prigione dei maghi) tutti i suoi seguaci, salvando così il mondo magico dalla sua minaccia distruttiva.
Quella mattina, una tiepida mattina settembrina, tutti i ragazzi che avevano ricevuto la famosa lettera di ammissione erano destinati ad incontrarsi, in particolar modo due ragazzini erano destinati ad incontrarsi e a vivere una delle loro più grandi avventure: Hogwarts, la scuola di Magia e Stregoneria più famosa di tutto il mondo magico.
I giovani erano con i loro genitori all’entrata del binario 9 ¾. Il binario dal quale si prendeva l’Hogwarts Express, per giungere nella prestigiosa scuola, dove una volta il grande Albus Silente aveva insegnato, e poi era stato preside.
Un ragazzino di undici anni, dai capelli riccissimi e gli occhi smeraldini, sorrideva radiosamente, facendo comparire sulle sue guance delle adorabili fossette, mentre salutava sua madre. Il ragazzino, figlio di padre mago e madre babbana – senza poteri magici - aveva ricevuto la lettera tre anni dopo essere rimasto orfano di padre. La donna era stata più che felice che il figlio avesse ricevuto quella lettera tanto agognata da ogni ragazzino. Lei aveva sempre saputo che il figlio fosse speciale.
“Mi raccomando, Harry” – sorrise la donna baciandogli la testa riccia –“sta attento e studia. Hai preso tutto? I libri? La bacchetta? Hai la divisa?”
“Sì, mamma, ho preso tutto, ho anche il gatto! Dai, mamma mi fai sentire un bambino!” – protestò il giovane, mentre la madre cercava di sbaciucchiarlo ancora.
“Mi raccomando, cerca di finire a Grifondoro come tuo padre, lui era il migliore, non volare senza che nessuno ti abbia dato il permesso, e mangia! Io ti scriverò ogni volta che potrò. Mi raccomando, ascolta i professori e..” – Harry l’abbracciò forte, stringendola, per rassicurarla e confermarle che tutto sarebbe andato bene. La donna giovane era in preda all’ansia per il suo bambino. Dopo la perdita del marito, aveva paura anche di far uscire Harry da solo, e mandarlo ad Hogwarts la spaventava tantissimo, ma non avrebbe impedito al figlio di vivere la sua vita.
“Piccolo mio, mi raccomando, e fai anche amicizia!”
“Sì, mamma, sarò un bravo bambino!” – ridacchiò l’undicenne, dando un bacio alla mamma. Resse il suo carrello forte e poi corse veloce verso il binario. Passò la parete tra il binario nove e dieci e si ritrovò davanti il grande treno a vapore con la ciminiera fumante. Era come gli avevano raccontato lo guardò incantato per diversi istanti, poi spinse il carrello lungo il binario fino ad una delle carrozze, fino alla quale portò i suoi bagagli che per magia furono trasportati altrove, lasciandolo libero. Salì a bordo del treno, trovando uno scompartimento vuoto e vi entrò, senza disturbare chi negli scompartimenti pieni già parlava eccitato della nuova vita ad Hogwarts.
 
Un altro giovane era al binario, era appena passato attraverso il muro con i suoi genitori, che lo avevano accompagnato fino al treno. Lo guardavano duri, senza sentimento. Dovevano tenere alto il nome della famiglia, e gli avevano insegnato a farsi rispettare come se fosse stato un superiore. Lui era un purosangue, doveva mantenere alto tale nome. Non doveva affezionarsi a nessuno, doveva essere freddo e deciso.
Il ragazzino, però, era un ribelle nato. I suoi occhi vispi e azzurri, i suoi capelli castani cortissimi sempre disordinati e spettinati, il sorriso sghembo e lo sguardo furbo, facevano intendere che lui volesse distaccarsi dalla sua famiglia, anche se in realtà non era così lui non si sarebbe distaccato troppo da loro, per il semplice motivo che il signorino era troppo legato ai beni materiali, probabilmente si sarebbe ricreduto presto.
“Papà, se mi mettono in Grifondoro?” – chiese in un sussurro, forse uno dei pochi dubbi che aveva.
“Sciocchezze, sei un Tomlinson, non sarai mai uno schifoso Grifone. Tu sarai una Serpe.”
Il ragazzino sorrise. Gli avevano riempito la testa di parole a lui sconosciute, a parole che di certo non gli appartenevano, era appena undicenne, come poteva sapere che la differenza tra purosangue e mezzosangue – persone con i genitori babbani, o ibridi di maghi e babbani - non era altro che una semplice convinzione e non una cosa vera? Non poteva, come faceva a distinguerli? Ma tanto, suo padre non avrebbe saputo se avesse conosciuto qualcuno di loro, se magari l’avesse trattato male o fosse stato suo amico, non poteva saperlo, non finché non ne avrebbe incontrato uno.
Salutò i genitori e salì sul treno con un sorriso sghembo sul viso. Cercò uno scompartimento con almeno un posto vuoto vagando per tutto il treno. Voleva trovare uno scompartimento tranquillo, dove sistemarsi e dormire, era talmente svogliato da non essere eccitato nemmeno per l’arrivo imminente ad Hogwarts.
L’unico scompartimento tranquillo fu quello in cui c’era un ragazzino dai capelli ricci che se ne stava raggomitolato su un sedile con un libro tra le mani e un paio di.. che diavolo erano quei cosini neri che aveva nelle orecchie?
Sicuramente era un mezzosangue, quelli erano oggetti babbani. Eppure era così carino!
Come se avesse sentito la sua presenza, il ragazzino alzò la testa dal suo libro e proiettò i suoi occhi, due smeraldi stupendi, in quelli del giovane davanti a lui.
Louis si perse in quegli occhi tanto quanto il riccio si perse nei lapislazzuli del castano appena entrato nello scompartimento.
“S-scusa è libero?” – balbettò imbarazzato il castano. Balbettava? Un Tomlinson non balbettava mai.
“Certo, sono da solo, vieni pure!” – sorrise - Per le mutande di Merlino, che sorriso! – con quelle fossette, le guance paffute.. sembrava un pasticcino.
“Posso farti una domanda?” – chiese cordiale, e l’altro sorrise ancora con quelle maledette fossette che avevano rapito lo sguardo di Louis, annuendo –“i tuoi genitori sono babbani? O sono maghi?”
“Mia mamma è babbana, il mio papà era un mago, ma è morto, tanto tempo fa.”  
Mezzosangue – pensò -non mi importa - aggiunse mentalmente.
Louis si sentì in colpa per quella domanda, non credeva che qualcuno potesse perdere i genitori alla sua età.
“Io sono Louis Tomlinson” – si presentò prendendo posto nel sedile di fronte al riccio, sorridendogli in un modo che il ragazzino non riuscì a decifrare, ma si tirò su sedendosi di nuovo composto proiettando di nuovo lo sguardo in quello di Louis.
“Io sono Harold Styles, ma puoi chiamarmi Harry!”
 
 
Hogwarts, Sala Grande, Cerimonia dello Smistamento. (Case: Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso, Corvonero).
“Harold Styles!”
Il giovane si avvicinò alla sedia dove un docente reggeva il Cappello Parlante. Lasciò la mano di Louis, con il quale aveva trascorso le ultime ore insieme a lui, unico che avesse conosciuto bene, oltre ad altri tre ragazzi che ora parlavano tra di loro. Si sedette sulla sedia e non appena il Cappello toccò la sua testa, un urlo si levò nella stanza.
“GRIFONDORO!”
-
“Louis Tomlinson!”
Il giovane si avvicinò fiero a quel posto, lanciando uno sguardo ad Harry. Stranamente, voleva andare in Grifondoro, solo per lui. Solo per poter stare con l’amico incontrato sul treno, ma appena il Cappello toccò la sua testa, un urlo che lo fece intristire si levò nella sala.
“SERPEVERDE!”
-
“Liam Payne!”
Un ragazzetto alticcio, con dei folti capelli castani tendenti al biondo, si avvicinò al posto, lanciando sguardi preoccupati a destra e a manca, stringendo tra di loro le mani, impaurito. Le mani avevano preso a sudare, e le gambe a tremare. Si sedette e dondolò appena le gambe, mentre il professore gli metteva il Cappello sulla testa, e un urlo si levò.
“CORVONERO!”
-
“Zayn Malik!”
Un ragazzino dalla pelle leggermente scura, capelli mori e cortissimi, si avvicinò al posto, lanciando uno sguardo alla tavolata dei Corvonero. Stranamente qualcosa lo legava a quel ragazzo timido e dolce che aveva conosciuto sul treno insieme agli altri tre. Si sedette sulla sedia e il Cappello, non appena fu appoggiato sulla sua testa, urlò.
“TASSOROSSO!”
-
“Niall Horan!”
Un ragazzino biondo rabbrividì. Si alzò tremante, più degli altri e si avvicinò. I suoi occhi azzurri come il mare saettarono in tutta la sala, temeva di finire da solo, in qualche casa dove non conosceva nessuno. La paura era uno dei suoi difetti maggiori. Non appena si sedette, il professore appoggiò il Cappello Parlante sulla sua testa, lo sentì urlare.
“CORVONERO!”
 
*
 
27 ottobre 2012 – Hogwarts, II anno.
Harry era al secondo anno nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. La considerava una seconda casa, ed aveva conosciuto tantissime persone, tra quelle della sua stessa casa che delle altre, tranne tra i Serpeverde, a parte Louis, ovviamente. Anche se non capiva perché il ragazzo volesse tenere nascosta la loro amicizia. Non poteva essere così freddo davanti agli altri, e poi quando erano insieme, da soli, abbracciarlo come se fosse il suo migliore amico.
In compenso, aveva stretto amicizia con gli altri tre ragazzi conosciuti sul treno, che però erano finiti nelle altre case, in particolar modo con i Corvonero, Liam Payne, e Niall Horan. I tre ragazzi – Harry, Liam e Niall - erano appena usciti dall’aula di Trasfigurazione e si dirigevano nelle serre, per la lezione di Erbologia.
Stringevano i libri al petto, e nella tasca del mantello tenevano la bacchetta.
“Liam, hai trasformato quel povero gufo in un.. cos’era?” – rise Harry – “era tutto molliccio e disgustoso!”
“Già, ha ragione!” – confermò Niall, sgranocchiando un pasticcino conservato dalla colazione.
“Harry, Niall non prendetemi in giro, non è stata colpa mia, non siamo tutti dei piccoli geni come voi! E poi vi batto a Pozioni, sono molto più bravo di voi due messi insieme, non faccio esplodere i calderoni, io!” – spintonò Harry con una spalla ridendo, mentre l’altro continuava a ridere.
“Certo, ma io sono molto più bravo di te a Difesa contro le arti oscure, nessuno sa fare disarmare meglio di me” – fece fiero Niall, mentre Liam continuava a ridere con Harry ed entrambi spintonavano anche lui.
“Tutta invidia, Payne! Non sai trasfigurare come me, ammettilo!” – lo canzonò ancora Harry, aiutato da Niall, che se la rideva.
“Styles, voglio vederti oggi ad Erbologia. Non hai il pollice verde!”
“Ah, perché tu sì.”
“Certo! Mio padre è un botanico, conosco tutti i tipi di piante..”
“Babbane, Liam, conosci piante babbane!” – rise Harry, coinvolgendo l’amico.
“Bleah, piante babbane. Repellenti. Preferisco quelle magiche.” – fece Niall.
Il riccio, ridendo con gli altri due, immaginò per un attimo che Louis fosse al loro posto o insieme a lui in quel momento, non sapendo a cosa fosse dovuto quel cambiamento nei suoi confronti. Gli aveva fatto qualche torto? Magari sì, forse quando sul treno si erano parlati e Louis gli aveva chiesto di non farsi vedere troppo in giro con lui perché “Sono un Serpeverde, Harry, lo sai che i Serpeverde e i Grifondoro non sono mai andati d’accordo, ma lontano dagli altri potremmo stare insieme, ovviamente.” – aveva detto, ma in quasi due mesi avevano passato insieme sì e no tre sere. A volte lui restava con Niall, Zayn e Liam nella Sala Grande a giocare a scacchi – adorava gli scacchi dei maghi – oppure si appollaiava su una poltrona nella Sala Comune dei Grifondoro con il suo libro, a leggere, perché Louis era troppo impegnato con qualche altro Serpeverde per badare a lui, ma scacciò subito quei pensieri, ne avrebbero parlato insieme.
Stava ancora prendendo in giro Liam, aiutato da Niall, spintonandolo a destra e a sinistra mentre uscivano dal Castello per andare nelle Serre, quando lo vide con altri Serpeverde avvicinarsi a loro.
“Ehi, Louis!” – urlò, senza rendersene conto. Il castano subito lo fulminò con lo sguardo, ma non appena voltò lo sguardo verso di lui si sciolse, aprendosi un sorriso, fece per aprire la bocca per rispondere, ma un’occhiata dei  suoi compagni di casa lo fece desistere e si ritrovò a pronunciare delle parole che non avrebbe mai voluto rivolgere ad Harry.
“Sparisci, schifoso Mezzosangue.” – sputò acidamente, lo sguardo duro, la mascella contratta.
Harry si immobilizzò, il sorriso scomparve, le braccia crollarono verso il basso lungo i fianchi lasciando cadere per terra il libro, gli occhi si inumidirono, e prese a tremare. Doveva essere orgoglioso, non doveva permettere ad un Serpeverde di abbatterlo, non poteva. Ma era dannatamente sensibile, e quella parola lo uccise. Credeva che per Louis non contassero certe differenze, credeva che fossero amici. E ora si spiegava tutto, anche il comportamento di Louis nei suoi confronti, lo reputava solo un Mezzosangue. Si morse le labbra a sangue, prima di voltare i tacchi e correre via, lontano da lui, lontano dai Serpeverde, lontano anche da Liam e Niall, che guardarono malissimo il ragazzo davanti a loro, Liam si abbassò e raccolse il libro di Harry da terra.
“Sei solo uno stupido, ti ha solo salutato.” – scosse la testa guardandolo – “sei solo un ignorante.”
“Come ti permetti, stupido Corvonero?” – fece estraendo la bacchetta da sotto il mantello, avvicinandosi pericolosamente al ragazzino, che non si mosse di un solo millimetro.
Expelliarmus!” – fece immediatamente Niall, disarmandolo, facendo volare via la bacchetta dalle sue mani, guadagnandosi un’occhiata un po’ di rimprovero e un po’ di gratitudine da Liam.
“Lo sai che noi corvi non usiamo la violenza quando non ce n’è bisogno.”
“Avanti Louis, colpiscilo, fa vedere a questo mezzosangue di che pasta siamo fatti!” – sbottò uno dei ragazzi dietro Louis dirigendosi da Niall, mentre altri due andavano alle spalle di Liam prendendolo da sotto le braccia, facendogli cadere i libri che aveva raccolto, senza che il ragazzo muovesse un solo muscolo.
“Avanti, ragazzino, ora cosa farai?”
“Niente. Se mi farete qualcosa, vi denuncerò ai professori, non vedo l’ora che Corvonero vinca la Coppa delle Case quest’anno!” – ridacchiò. –“ e poi c’è un testimone, credo che anche Niall vorrà denunciarvi, maleducati”
Dentro di sé tremava, ma non voleva dare la soddisfazione a quelle insulse serpi di avere la meglio ancora una volta, in quel momento era solo preoccupato per Harry che chissà dov’era andato a rintanarsi. Niall si era ammutolito, non faceva niente. Aveva decisamente paura, erano cinque contro uno.
“Come osi, rivolgerti a noi così?” – sibilò Louis ad un palmo da lui, stringendo il colletto della camicia della sua divisa con la mano destra, assottigliando gli occhi. Liam rise, rise come non aveva mai fatto prima.
“Sei un codardo, non hai nemmeno il coraggio di toccarmi, perché sai che Harry non ti perdonerà mai.”
“Louis, ma permetti a questo Mezzosangue di trattarti così?!” – sputò una delle serpi dietro di lui, guardando il castano dritto negli occhi. Louis era combattuto. Quel Payne non gli era mai piaciuto, nell’ingenuità dei suoi dodici anni, credeva che Liam potesse portargli via Harry, e non si era accorto che con quella frase, l’avesse portato lui stesso lontano da sé, perché non poteva sapere quanto l’avesse ferito, non sapeva che una frase che lui usava continuamente per screditare chiunque, sul riccio avesse avuto un effetto devastante, e aveva irrimediabilmente distrutto la loro amicizia nata da poco. Non si accorse nemmeno di aver mosso un pugno verso lo stomaco del Corvonero, che vide la testa del giovane piegarsi in avanti e sentì un gemito di dolore uscire dalle sue labbra.
“Ehi!” – urlò qualcuno dietro i loro, correndo con gran foga verso di loro, allontanando violentemente Louis da Liam, facendolo cadere per terra. –“non permetterti mai più di toccarlo, Tomlinson!” – sbottò il ragazzo sopraggiunto.
I compari di Louis mollarono subito Liam e Niall, andando a soccorrere il compagno di casa, che si trovava a terra mentre un moretto con la divisa da Tassorosso gli puntava la bacchetta contro.
“Zay, Zayn!” – urlò Liam –“lascia perdere, non vale la pena con gente così!”
A dodici anni, era già saggio, non a caso era finito tra i Corvonero. Zayn, il Tassorosso appena arrivato, si voltò verso di lui, e gli si avvicinò. Gli altri Serpeverde li guardarono male, e fecero per avventarsi su di lui ed anche su Liam e, ovviamente Niall, ma l’arrivo imminente di alcuni professori li fece desistere ed allontanarsi insieme a Louis, che sentiva dentro di sé, di aver commesso uno dei più grandi errori della sua vita, di certo non voleva fargli del male, ma davanti agli altri, non aveva avuto altra scelta. Aveva dovuto chiamarlo in quel modo, aveva dovuto spezzargli il cuore, aveva dovuto fargli del male intenzionalmente, per non avere problemi con i suoi compagni di casa, o anche con i suoi genitori, perché ricordava bene cosa fosse successo l’anno precedente, quando, nell’ingenuità da undicenne, aveva comunicato di aver incontrato un Grifondoro che era simpatico e non antipatico come tutti dicevano, ricordava che il padre si fosse arrabbiato, e lo avesse lasciato chiuso in casa per giorni, da solo, al buio.
E Louis odiava il buio.
Ricordava come i suoi compagni di casa lo prendessero in giro perché era un amico di un Mezzosangue, e non poteva, non voleva essere preso in giro.
Non accettava tutto quello che aveva dovuto subire a causa di quel Mezzosangue Grifondoro, e non avrebbe più permesso che qualcuno capisse che loro erano ancora amici. Aveva dovuto chiamarlo in quel modo, ma appena visti i suoi occhi inumidirsi, le sue labbra tremare, le braccia crollare lungo i fianchi, il suo sorriso sparire, si era sentito malissimo, come se tutta la sua felicità fosse andata via insieme al sorriso di quello che era uno dei suoi migliori amici, si era subito pentito di tutto.
Quella sera, Harry non si presentò all’appuntamento con Louis. Il ragazzino castano restò sulle scale ad aspettare che l’amico, rimasto nella camera del dormitorio a fissare il soffitto e a versare lacrime amare, di tristezza, di rabbia e di collera, arrivasse e lo perdonasse, perché non era sua intenzione, non voleva fargli del male. Harry, dal canto suo, non credeva che Louis potesse fargli quello, e nell’ingenuità dei dodici anni, credette di odiarlo, e che non l’avrebbe mai perdonato. Forse per quell’anno, forse per quello dopo, ma prima o poi i due giovani avrebbero trovato il modo di chiarire, tutti ne erano sicuri.
 
*
 
1° Febbraio 2013 – Hogwarts, III anno, Biblioteca.
Era il giorno del compleanno di Harry, e Louis si trovava a camminare per i corridoi di Hogwarts diretto alla biblioteca. Perché? Il motivo era uno solo.
Harry Styles.
Gli mancava maledettamente. Era più forte di lui, non riusciva a fare a meno di lui. Era passato più di un anno da quando non si parlavano. Avevano passato il secondo anno ad ignorarsi, non parlarsi. E Louis avrebbe preferito mille volte essere insultato da Harry, piuttosto che ignorato, in un certo senso avrebbe sentito di meno la mancanza, ma non aveva osato avvicinarsi più. Non era riuscito ad ignorare qualcosa dentro di lui, che lo aveva spinto ad andare nella biblioteca e a portare la cena al ragazzo. Aveva sentito che si era rintanato lì dentro per studiare, ma il suo sesto senso gli diceva che c’era qualcosa in più. Non sapeva cosa, ma sapeva che quel ragazzino nascondesse qualcosa. E per questo camminava deciso nei corridoi, fino a che non arrivò alla biblioteca, e vi entrò sicuro. Si guardò intorno e non c’era nessuno.
Perfetto.
Iniziò a cercarlo per tutti gli scaffali, per tutti i banchi, e finalmente lo trovò. Il suo cuore perse un battito. La testa riccia affondata in un libro, le braccia strette intorno alla testa a mo’ di cuscino, il busto piegato, e la schiena scossa da tremiti e.. erano singhiozzi quelli che sentiva? Appoggiò il vassoio che aveva preparato con tanta cura per terra, e si precipitò accanto a lui. Lo avvolse con le sue braccia, e lo tirò contro il suo petto. Il riccio stava singhiozzando.
“Harry, ehi, Harry, cosa succede?” – chiese. Era conscio che fosse l’ultima persona che il riccio in quel momento avrebbe voluto vedere. Si aspettava che lo respingesse, che lo picchiasse, e invece il riccio, una volta che si fu sentito avvolto tra quelle braccia e protetto in quelle, si rilassò e pianse ancora, fino a che Louis non lo scosse ancora, accarezzandogli la schiena, facendo ballare il suo cuore rotto, e misteriosamente riuscendo a frenare le lacrime che ancora uscivano dai suoi occhi.
Louis lo guardò negli occhi, stupendosi di quanto potessero essere belli anche rossi, gonfi e pieni di lacrime. Gli accarezzò le guance rimuovendo i residui di lacrime e poi finalmente si decise a parlare.
“Harry, mi dici perché ti sei rintanato qui, senza cena, e piangi?” – chiese Louis, sperando che il riccio si aprisse, e gli parlasse, che lo perdonasse, perché sì, Louis doveva farsi perdonare, era stato troppo stronzo. Era solo un ragazzino ingenuo di dodici anni, insomma. Dannazione, ora aveva tredici anni, doveva assumersi le sue responsabilità.
“I-io.. perché mi parli? N-non sono uno schif-oso mezzosan-gue?” – balbettò, cercando di divincolarsi dalla sua presa, di scappare da lui, di evitare di ritrovarsi di nuovo da solo, ferito e umiliato come l’ultima volta, e per questo era restio a lasciarsi andare con quel ragazzo, che in realtà gli era mancato da morire, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Era orgoglioso, dannatamente orgoglioso.
“Io.. Harry, mi dispiace, davvero. Mi sono sentito in colpa ogni giorno, da quel giorno. Non potevo difenderti, non potevo parlarti, lo sai anche tu. Sono un Serpeverde e alla mia famiglia non vanno a genio i Mez- ehm, quelli come te, quindi non avercela con me, per favore. Perdonami, Harry, io davvero non volevo ferirti.”
E un Serpeverde non chiedeva mai scusa, doveva essere successo qualcosa nell’animo del tredicenne, doveva essere cambiato dentro, ma forse era ancora troppo immaturo per capirlo a soli tredici anni. Harry nemmeno lo capì, ma sin dal primo anno aveva avuto un debole per il castano e non aveva mai accettato che quello lo avesse trattato in quel modo. Come poteva? Lo aveva praticamente insultato per non essere deriso dai suoi compagni di casa, e lui quel giorno era fin troppo triste per poter litigare anche con Louis. Aveva discusso con Niall che insisteva per festeggiare il suo compleanno, ma non sapeva che lui, i compleanni, aveva smesso di festeggiarli da un pezzo.
Liam e Zayn avevano appoggiato il biondo sottolineando quanto fosse bello festeggiare con gli amici, ed Harry, non volendo raccontare il perché di quel desiderio di non festeggiare, era esploso urlando contro di loro, e correndo via, rifugiandosi nella biblioteca, in compagnia di un buon libro. Ma poi era arrivato lui, Louis, con il suo bel faccino, le sue braccia protettive, e in qualche modo lo stava salvando da se stesso, in più gli stava chiedendo la possibilità di farsi perdonare. Harry non voleva rinunciare di nuovo a lui, sarebbe stato da stupidi, da masochisti. Per questo il riccio si convinse. Appoggiò la guancia sul suo petto, beandosi del battito del suo cuore che all’interno di esso batteva leggermente accelerato, dovuto alla vicinanza del riccio.
“Oggi è il mio compleanno” – confessò il ragazzo. Louis lo sapeva, ma non lo interruppe, lo fece continuare come se da quella spiegazione dipendesse tutto –“quando ero piccolo, io e il mio papà andavamo in montagna e lui mi insegnava gli incantesimi, quelli facili.” – rise triste –“non li ho mai praticati perché è vietato usare la magia fuori da Hogwarts fino ai diciassette anni, me l’ha spiegato papà, ma stavo imparando, ero ancora un bambino, non mi sarebbe successo niente” – deglutì –“poi.. poi quando avevo otto anni, lui ha fatto un incidente.” – spiegò –“era un Auror, dava la caccia ad un ex Mangiamorte, lo sai chi sono i Mangiamorte, Lou?”
Il castano annuì, spostando lo sguardo oltre la spalla di Harry. Lo sapeva fin troppo bene. Fin da piccolo gli avevano detto che un giorno i seguaci di Lord Voldemort sarebbero tornati a far giustizia, a vendicare il signore Oscuro sconfitto dal ragazzino con gli occhiali.
“Mentre il mio papà cercava questo Mangiamorte, è stato colpito da un Anatema che uccide, perché lui era uno dei buoni.” – sospirò –“ed è stato il giorno prima del mio compleanno. Mia madre me l’ha detto il giorno del mio compleanno, mentre aspettavo papà che venisse a prendermi per portarmi in montagna per imparare altri incantesimi” – e si lasciò scappare un singhiozzo prontamente assorbito dalla divisa di Louis –“e-e odio il mio compleanno per questo, non lo festeggio da quando avevo otto anni, Louis, e non lo festeggerò mai più.” – sospirò rassegnato –“e oggi ho litigato con Niall, Zayn e Liam perché volevano per forza farmi una festa” – fece un sorriso di sbieco, staccandosi dal suo petto –“poi sei arrivato tu a chiedermi scusa, e.. credo sia il regalo più bello che qualcuno potesse farmi per il mio compleanno” – e stavolta il suo sorriso fu sincero. Triste, ma sincero e il cuore di Louis si scaldò talmente tanto che per un attimo dimenticò di essere un Serpeverde, dimenticò l’odio per i Mezzosangue, dimenticò tutto. Lo abbracciò di nuovo, stringendolo al petto e stavolta l’abbraccio fu ricambiato. Harry affondò il viso tra la sua scapola e la sua testa, inebriandosi del suo profumo, così buono, delicato, da ragazzino. Gli circondò i fianchi con le sue braccia nettamente più forti di quelle di Louis e restarono in quella posizione per un tempo infinito. Fino a che Louis non si staccò leggermente da lui, e lo guardò negli occhi sorridendo.
“Haz, vuoi vedere una cosa che ti lascerà senza fiato?”
Il riccio annuì, e lasciò che l’altro ragazzo lo portasse sulla Torre di Astronomia, dove restarono tutta la notte ad osservare le stelle, l’uno stretto all’altro. La loro non sarebbe stata un’amicizia facile, ma tanto valeva provarci, e non perdersi ancora. Dipendevano troppo l’uno dall’altro per non provarci.
Harry Styles quella notte riscoprì cosa volesse dire essere sereno la notte del suo compleanno, accanto nientemeno che al Serpeverde Louis Tomlinson.
 
*
 
24 dicembre 2014 - Hogwarts, IV anno, Sala Grande, festa di Natale.
Quando anni prima ad Hogwarts si era tenuto il Torneo Tre Maghi, quando per la prima volta dopo anni Voldemort era tornato e aveva ricominciato a radunare la sua armata, la notte di Natale nella scuola si era tenuto il Ballo del Ceppo, e per ricordare quella notte, ogni anno a Natale ad Hogwarts veniva celebrato, per ricordare una delle prime vittime dell’ormai defunto Signore Oscuro, un certo Cedric Diggory, un Tassorosso, tanto per essere precisi, e uno dei campioni del Torneo Tre Maghi.
Harry non sapeva cosa ci facesse lì. Si sentiva totalmente fuori luogo. Lui non era il tipo da feste, lui era un topo di biblioteca, gli piaceva leggere, restare per ore in biblioteca, magari anche studiare. Era anche uno dei migliori studenti che Hogwarts avesse mai avuto, ma non equiparava il livello della famosa Hermione Granger, di cui il professor Paciock, quello di Erbologia, aveva parlato fino allo sfinimento durante il primo anno, perché la conosceva ed anche bene, erano andati a scuola insieme, non era mica una cosa da niente. Ed ora, Harry immerso in quella festa, non sapeva bene cosa fare. Liam ballava con una ragazza, forse era una Tassorosso dell’ultimo anno, mentre Zayn lo fissava male e ballava con una Grifondoro del suo anno, e Niall chiacchierava con un Serpeverde, un certo Josh Devine. Perché un Corvonero parlava con un Serpeverde?
Harry scosse la testa. Si annoiava a morte, ed era più che deciso a mollare la festa. Louis era tranquillamente appartato con una Serpeverde del primo anno, e di certo lui non voleva rovinargli la festa. Si sentiva preso in giro.
Ci divertiremo, dai! – aveva detto – in mezzo a tutta quella gente nessuno si accorgerà che un Grifondoro e un Serpeverde si parlino, e non ti lascerò solo – aveva promesso. Peccato che lui fosse più che solo, e Louis no.
Stava per andarsene, quando un ragazzo del sesto anno, un Grifondoro, per la precisione, si era avvicinato a lui sorridendogli e porgendogli la mano.
“Ciao, sono Nick” – aveva detto. Ora che lo guardava bene, lo riconosceva. Era il Cercatore della squadra di Quiddich.  –“mi chiedevo cosa ci fa un ragazzo carino come te tutto solo?” – ridacchiò facendolo arrossire. Probabilmente aveva bevuto un po’ troppo perché era leggermente ubriaco.
“Io sono Harry, e non ho intenzione di alzarmi da qui” – sputò acido il riccio, vedendo che quello gli tendeva la mano,  e lui credette che volesse solo stringergli la mano per presentarsi, e gliela strinse. Questo lo attirò a sé, con una forza sorprendente ed Harry si ritrovò con una mano premuta contro il petto del ragazzo per respingerlo, cercando di allontanarlo. Non gli andava di ballare, non gli andava di far nulla, se non fulminare Louis con lo sguardo, per averlo lasciato solo quando aveva promesso che non l’avrebbe fatto.
Stronzo.
Lo stesso stronzo, che visto il movimento vicino al riccio, che non aveva perso di vista per un solo attimo, si stava avvicinando a passo rapido e con una spallata allontanò il cercatore da lui.
“TI ha detto che non ha voglia di ballare.” – fece duramente.
Ed Harry capì che Louis fosse geloso tanto quanto lui, forse di  più e colse la palla al balzo.
“No, a dire il vero, stavo proprio accettando di ballare con lui, Tomlinson” – fece sorridendo in modo strano, quasi diabolico e si allontanò con Nick da Louis, lasciandolo con un pugno di mosche, un’espressione stralunata e una certezza: Harry Styles l’avrebbe pagata cara.
Lo osservò ballare con quello stupido Grifondoro, che si muoveva contro il suo Harry, e non sopportava più quel ragazzo. Non avrebbe mai ammesso di essere logorato dalla gelosia, ma avrebbe ammesso di odiare profondamente quello stupido di un giocatore di Quiddich.
Ore dopo, la festa era pressoché finita, erano rimaste giuste le ultime coppiette, ed Harry che cercava disperatamente una cosa, che probabilmente gli era caduta durante il ballo con Nick, il suo amato papillon. Era di suo padre e sua madre gliel’aveva inviato tramite gufo proprio per quell’occasione, non voleva, né poteva perderlo.
Qualcuno picchiettò sulla sua schiena, ed Harry trasalì, sobbalzò e si girò verso l’interlocutore, perdendosi in due pozze d’acqua trasparenti, limpide, bellissime.
“Cercavi questo?” – chiese con uno strano sorrisino sul viso, facendo oscillare i papillon del ragazzo davanti ai suoi occhi verdi sbarrati.
“S-sì, grazie Lou” – fece per riprenderlo, ma Louis lo bloccò con una mano sul petto e un sorriso beffardo sul viso.
“Ad una condizione.” – sentenziò. Harry annuì, teso, per incitarlo ad andare avanti. Si sarebbe aspettato di tutto da una Serpe come Louis, si sarebbe aspettato il peggio, ma la mano del castano si protese verso di lui, mentre il castano sorrideva felice e il riccio lo guardava senza capire. –“balla con me, un lento, ora che non c’è nessuno, siamo solo io e te, Harry” – naturalezza, sicurezza e intraprendenza di un Serpeverde, con un pizzico di timore, vergogna forse, tipiche di un Louis quattordicenne di fronte al ragazzino riccio. Il cuore di Harry perse un milione di battiti sentendolo, fece mille capriole e poi afferrò la mano di Louis, accettando quella condizione che non gli sembrava così brutta, così negativa, anzi era la cosa più bella che avesse mai fatto o detto nei suoi confronti.
Louis lo condusse con lentezza verso il centro della Sala, e circondò il suo collo con le braccia, mentre le mani di Harry si posavano sui suoi fianchi, e i loro petti si congiungevano in maniera impressionante. Louis era molto più basso di Harry, e crescendo la differenza si notava molto di più. Harry tremava d’emozione, e Louis fremeva d’eccitazione.
Il più basso affondò il viso nel collo del più alto, e entrambi presero ad oscillare a tempo di musica, perdendosi gli uni negli altri, nei sospiri pesanti, nei battiti persi, nelle loro emozioni. Ballarono per un tempo indefinito.
“Wingardium leviosa” – mormorò Harry, agitando la bacchetta senza che Louis se ne accorgesse, e tutte le candele intorno a loro presero a svolazzare, così come i fiori. Venne a crearsi un’atmosfera più che romantica, che fece battere i loro cuori all’unisono, che li fece sentire due ragazzini.. innamorati.
“Buon compleanno, Lou” – mormorò al suo orecchio, mordendogli leggermente il lobo.
Quando si separano nei loro occhi c’era amore, c’era desiderio, voglia di baciarsi, c’erano emozioni troppo grandi da poter solo esprimere a parole, ma tutto quello che fecero fu scambiarsi un bacio sulla guancia, umido.
Harry non ricordava che Louis avesse ancora il suo papillon, e che il ragazzo lo avesse tenuto per avere qualcosa che avesse il suo profumo, per poterlo annusare durante la notte, perché Louis amava il suo profumo, amava i suoi ricci, i suoi occhi verdi, le sue labbra, le sue mani, la sua altezza. Forse lo amava davvero, ma era ancora troppo giovane per capire cosa fosse l’amore. Non si accorse che Harry aveva trafugato dalla sua tasca il suo fazzoletto di seta bianco, con su ricamate in verde ed argento le sue iniziali, per il medesimo motivo del castano.
Amava il profumo di Louis, così come amava i suoi occhi profondi, i suoi capelli liscissimi, la sua bassezza, le sue labbra fini.. forse anche lui si era innamorato, ma forse lui l’aveva già capito da tanto tempo.
Forse, quella notte il giovane Serpeverde purosangue e il giovane Grifondoro mezzosangue avevano scoperto cos’era l’amore.
 
*
 
23 marzo 2015 – Hogsmeade, V anno.
La primavera era da poco arrivata, la neve si stava sciogliendo lasciando ai fiori la possibilità di sbocciare tranquilli, gli uccellini iniziavano a sbocciare, il sole iniziava debolmente a riscaldare i corpi e tutti erano più allegri. Anche Harry e Louis.
Erano stranamente calmi. I genitori di Louis non avevano scoperto la loro amicizia, potevano vivere tranquillamente senza che nessuno li guardasse male, anche se dovevano guardarsi le spalle perché i compagni di casa di Louis, che erano dei grandissimi stronzi, non perdevano l’occasione di ricordare a Louis che loro avrebbero potuto dire tutto al padre, e che avrebbero potuto fargli fare cose peggiori di quello che già gli avevano fatto, ma a Louis ormai non importava, aveva Harry, cosa poteva chiedere di meglio? Assolutamente niente.
Per questo, ora si trovava con lui, ai Tre Manici di Scopa ad Hogsmeade durante quella bellissima giornata primaverile ancora fredda e si gustavano in tutta tranquillità la loro burrobirra. Ridevano, scherzavano, si guardavano, si perdevano nei loro sguardi, ridevano ancora, e si sorridevano complici, innamorati. E non potevano frenare quei sentimenti.
Occhi dentro occhi, smeraldo contro ghiaccio.
“E allora, ho detto ‘Liam, sei al quinto anno e non sai ancora trasfigurare?’ e lui mi ha risposto, tipo, ‘e tu sei al quinto anno e non sai gli ingredienti di una pozione d’amore’, ti rendi conto? Io sono il primo della classe!” – rise, indignato, raccontando quell’aneddoto. –“oh, poi c’è stata la volta che Niall mi ha disarmato, ed io ‘ma non puoi usare certi incantesimi con me!’ e ci siamo inseguiti per i corridoi!” – fece ancora –“oh e quella volta in cui Zayn ha baciato Liam e ‘sono solo ubriaco!’ si è giustificato, ti rendi conto, Lou? Sono cotti, innamorati e non si dichiarano, sono stupidi!” – fece agitando le mani verso l’alto, mentre il ragazzo davanti a lui lo fissava ammirato, rapito. Quelle labbra sembravano dirgli baciami, baciami, baciami, sono qui baciami, baciami, e quegli occhi erano una calmata per i suoi, si era perso letteralmente dentro, si era letteralmente per il riccio. –“poi quella volta in cui Nick..” - e a solo sentire quel nome Louis ebbe un brivido, di risentimento. No, non voleva condividere il suo, suo e solo suo Harry con quel Cercatore del cavolo. Era all’ultimo anno, per fortuna di Louis, e si sarebbe tolto presto dalle scatole. E forse capiva quell’amico di Harry, Zayn, che era innamorato di un suo amico. Ci era cascato anche lui, e per le mutande di Merlino era dannatamente geloso di lui. Lo voleva tutto per sé, quasi non sopportava di sentir parlare di quei suoi amici, quegli insulsi Corvonero e l’inutile Tassorosso, ma la luce negli occhi di Harry era così intensa, così luminosa che lui non voleva interrompere il flusso delle sue parole. Ma non riuscì a sentire oltre del suo discorso, quando Harry ebbe interrotto per un attimo il suo discorso per bere un sorso di burrobirra, macchiandosi quelle labbra rosse di schiuma biancastra, Louis non resistette all’impulso. Era comunque un ragazzino di quindici anni alle prese con la sua prima cotta, poco importasse che fosse un ragazzo, un Grifondoro, un mezzosangue, quello che provava per lui superava quelle barriere e per questo si ritrovò contro le labbra di Harry, leccandole e mordendogliele, imprimendo quel sapore dolciastro lasciato dalla bevanda. Harry restò paralizzato e Louis si staccò colpevole.
“Avevi sporco lì” – fece per giustificarsi.
Harry non ci pensò su due volte, si allungò verso di lui e fece il medesimo movimento, afferrando il viso di Louis tra i suoi palmi e premendo le labbra con più forza su quelle del ragazzo, mordendogliele per fargliele dischiudere.
Non appena il castano ebbe schiuso le labbra, un’esplosione di sentimenti li avvolse. Cuori che palpitavano, mani che sudavano, fronti che si cozzavano, nasi premuti l’uno contro l’altro, bocche che si cercavano, si trovavano, si separavano ancora e poi riprendevano i movimenti come se quella fosse una danza studiata alla perfezione, come se tutto quello fosse giusto, come se in quel momento non avessero bisogno d’altro.
Si trovarono ancora, poi si gustarono. Il bacio divenne man mano più dolce, lento, passionale, per poi tornare ad essere veloce, ruvido, bagnato, quasi irruento, e poi si addolciva di nuovo come in un circolo vizioso.
Serpe contro Grifone. Battaglia all’ultimo respiro.
Quanto entrambi si staccarono, per recuperare fiato, i loro sguardi si incrociarono ancora, ed entrambi sorrisero imbarazzati. Si erano davvero baciati.
“Avevi sporco anche tu” – si giustificò il riccio.
“Credo di avere ancora le labbra sporche, allora.” – asserì il castano, riprendendo le labbra di Harry sulle sue, riprendendo quel bacio interrotto per recuperare aria, riprendendo la magia.
E mentre la gente rideva e cantava fuori da quel bar, due ragazzi, due quindicenni scoprivano per la prima volta cos’era davvero l’amore, almeno in parte. Testimone e colpevole di quello, una tazza di burrobirra, ormai fredda lasciata su un tavolo ad ascoltare sussurri, a guardare baci, a godersi lo spettacolo di due anime destinate ad incontrarsi, scoprirsi per la prima volta.
 
*
 
4 maggio 2016 – Hogwarts, VI anno, Stanza delle Necessità.
Respiri che si fondono, corpi che si scontrano, amore che viene consumato.
Era questo che avveniva durante una calda notte di maggio, quando il sole ormai era calato sulla scuola di Hogwarts, e due ragazzi erano troppo persi l’uno dentro l’altro per accorgersi di ciò che accadeva intorno a loro. Si scoprivano per.. non sapevano bene quale volta fosse, ma era come se fosse la prima volta.
Harry esplorava il corpo di Louis come se non lo conoscesse, cospargendolo di baci bollenti, mentre l’altro ansimava, gemeva, implorava al ragazzo di fare di più. Lo stuzzicava, arrivava all’inguine e da perfetto bastardo che era diventato frequentando Louis, lo lasciava insoddisfatto, tornando a martoriare il suo collo, a baciarlo, a lambirlo, a macchiarlo, imprimendo il suo possesso su quello, e poi tornava sul petto, stuzzicava i suoi capezzoli, e poi giù fino al ventre morbido dove lasciava grossi morsi che lasciavano segni rossi, che segnavano l’appartenenza di quel ragazzo al riccio, ma il Serpeverde non si lasciava mettere i piedi in testa così facilmente da un Grifondoro, infatti in breve Louis rivoltò le posizioni, sedendosi a cavalcioni sul riccio, facendo cozzare i loro bacini, andando a stuzzicare il riccio già eccitato, abbassandogli i boxer. Gli accarezzava l’erezione evidente, mentre gli martoriava il collo di baci, succhiotti e morsi, mentre scivolava tra le sue gambe facendo scontrare ancora i bacini, mentre si inebriava dei gemiti del ragazzo sotto di lui, mentre il riccio lo implorava di renderlo ancora suo. Un Grifondoro non implorava mai, e invece Harry aveva detto addio al suo orgoglio da Grifondoro quando aveva conosciuto Louis, da quando amava Louis. E doveva dirglielo, gli esplodeva dentro, come gli esplodeva in quel momento tutto il corpo quando con un gesto secco, ma dolce Louis entrò in lui, baciandolo delicatamente sulle labbra.
Ansimi, gemiti, urli soffocati si estesero nella stanza che aveva visto parecchie volte il loro amore consumarsi, crescere, rafforzarsi. Era la fine del quinto anno, quando l’avevano scoperta. Desideravano solamente un posto in cui poter essere loro stessi, in cui trascorrere un po’ di tempo insieme, e questa era magicamente apparsa a loro. Ne facevano un continuo utilizzo, fino a che una notte, verso l’inizio del sesto anno, si erano ritrovati a fare l’amore tra le coperte calde del letto a baldacchino offerto loro dalla stanza, e poi al calore di un camino, e ancora, in una vasca da bagno, e ora si ritrovavano nella medesima stanza su un letto morbidissimo, e “Harry!” – urlò Louis, venendo dentro al ragazzo, che dopo pochi istanti lo raggiunse riversandosi sul suo petto, mentre l’altro affondava le unghie nella sua carne, marchiandolo ancora, rendendolo ancora suo. Era una sorta di garanzia. Harry era solo suo e di nessun altro, non l’avrebbe condiviso con nessuno, questo era scontato.
Si accasciò sul suo petto. Respiri irregolari, cuori accelerati, voci sussurrate che si fondevano, sussurri sconnessi, parole impronunciabili, forse qualche incantesimo remoto e sconosciuto, un incantesimo loro, di cui loro erano le vittime, un incantesimo che non aveva contro-incantesimi, un incantesimo che vedeva i loro cuori, i loro corpi convinti. Un incantesimo grandioso, enorme, potentissimo, quello imbattibile.
L’amore.
Chiaro, semplice, tangibile. Scorreva tra di loro con la stessa naturalezza con cui un torrente scorreva giù da una montagna, così semplice, ma così potente. Nessuna maledizione avrebbe potuto distruggerlo, nemmeno un Anatema che uccide. Niente di niente, a parte loro stessi.
Respiri quasi regolari, cuori che non smettevano di battere a ritmo potentissimo nei loro cuori, voglia di viversi ancora, sbadigli, frasi e ancora parole sconnesse.
Mani nei capelli, occhi dentro occhi, corpo contro corpo.
“Lou…” – bisbigliò Harry, come se quello che doveva dirgli fosse un segreto, come se non dovesse saperlo nessuno a parte loro due, le pareti e quel letto a baldacchino.
“Harreh…” – mormorò Louis, con gli occhi chiusi, il naso premuto contro il collo del riccio, la voglia di morderlo che gli circolava dentro, il sentimento che voleva esplodere, il suo profumo che gli inebriava la mente.
“Ti amo, Louis…” – si liberò il riccio, lasciandosi andare contro lo schienale del letto, con un sorriso stampato sul viso. Il castano alzò leggermente la testa e posò le labbra su quelle di Harry, con lentezza. Un bacio che fece palpitare i cuori, fece tremare le gambe, fece attorcigliare lo stomaco, trasmetteva amore, dolcezza, tenerezza, tutto quello che c’era di positivo al mondo che si potesse provare per una persona. Tutto era possibile in quel momento, niente era prevedibile.
Il bacio parve infinito, e ad Harry bastò come risposta, Louis ricambiava, poteva esserne più che felice, e infatti.
“Ti amo anch’io, Harry” – mormorò, lasciandosi andare contro il petto di Harry, stringendolo come un peluche, sorridendo contro la sua pelle ancora bollente, lasciandosi accarezzare dalle grandi mani del ragazzo che amava, che ora si stava accoccolando meglio accanto a lui, e lo stava stringendo forte, con possessione.
Con il cuore dell’altro nelle orecchie, i due giovani presero sonno, lasciandosi andare in un sonno profondo, tranquillo, pieno d’amore e pace. Finalmente avevano scoperto e trovato l’amore, all’età di sedici anni, l’avevano finalmente compreso e messo in pratica. I due ragazzi destinati ad incontrarsi, finalmente avevano capito cosa fosse davvero quel sentimento. Solo il tempo avrebbe detto se fossero stati in grado di viverlo come meritavano, al meglio.
 
*
 
1° giugno 2017 – Hogwarts, VII anno, Lago Nero.
Harry stringeva le mani in due pugni, guardando male il ragazzo di fronte a lui, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi alle parole dell’altro ragazzo. Non poteva dire seriamente, non lo stava davvero lasciando. No, non poteva. Avevano giurato che sarebbero stati sempre insieme, che non si sarebbero mai separati. Non poteva davvero lasciarlo, era assurdo, era oltre ogni previsione.
Louis lo guardava dispiaciuto, non poteva farci niente. Doveva farlo per lui, per proteggerlo.
Non aveva scelta. Doveva salvare il ragazzo che amava e lo stava lasciando con un banale “non ti amo più”, davvero?
No, almeno gli doveva la verità, ma dove avrebbe trovato il coraggio di dirgli davvero quelle parole che l’avrebbero fatto star male ancora di più? Doveva proteggerlo. Come poteva dirgli che suo padre e alcuni suoi “compari” avevano radunato alcuni degli ex Mangiamorte, seguaci di Voldemort, quelli più giovani, e li avevano spinti a formare un nuovo esercito, in cui lui era costretto ad arruolarsi? Non poteva, l’avrebbe deluso. Tanto valeva farsi odiare. Il marchio che gli avevano impresso – non credeva fosse possibile riprodurlo ancora – faceva male, maledettamente male e sapeva che avrebbero fatto del male prima ad Harry se lui non avesse accettato. Il dolore più grande sarebbe stato farlo morire per mano sua. Tanto valeva, davvero, farsi odiare.
“Ti prego, Lou, ti prego, cosa ho sbagliato?” – fece Harry con la voce incrinata –“non puoi lasciarmi così, stiamo insieme da quasi due anni, ti prego, volevamo andare a vivere insieme, dopo Hogwarts, tu devi diventare un ottimo insegnate di Pozioni, ed io un Auror, cosa è cambiato, Lou? Cosa?” – e stavolta non riuscì a nascondere un singhiozzo violento.
“Niente, Harry, non hai fatto niente, io non ti amo più, d’accordo?”
“Lou, ti prego, parliamone.. ti prego..” – lo supplicò afferrandogli la mano, stringendola tra le sue mani, e Louis fremette.
Lacrime, singhiozzi, disperazione, odiava tutto quello, non poteva sopportarlo. Harry non doveva stare male, Harry doveva essere felice.
“Ti prego, Harry, dimenticami” – sentenziò.
“No, no, ti voglio, ti voglio nella mia vita, non mi importa cosa diranno i tuoi, è per questo, vero? Possiamo nasconderci ancora, ti amo così tanto che non posso lasciarti andare per una stronzata così, ti prego”
“Harry, ho detto no, non ti amo, chiaro?” – altre lacrime, altri singhiozzi, ti prego, amore mio, perdonami –“non ti ho mai amato.” – duro, freddo, tagliente –“eri solo un gioco, solo un modo per passare l’anno e scopare gratuitamente” – ghiaccio, stronzate, solo stronzate –“addio, Harry.”
“No, Louis, Louis, no!” – urlò disperato Harry -“Louis, Louis, ti prego..”
Louis strinse gli occhi, non voleva vedere quelle lacrime, non voleva vedere quella sofferenza causata da lui, non voleva che il suo amore soffrisse così tanto per lui, proprio non voleva, per questo: “Petrificus Totalus” – sussurrò puntando la bacchetta contro il riccio.
Harry si immobilizzò, Louis con un incantesimo di Appello chiamò la sua scopa e con quella volò via, lontano da Harry, lontano da tutto, lasciandosi indietro la sua adolescenza, i suoi sentimenti, il suo amore, il mago che amava, il suo ragazzo del treno.
Perdonami, amore mio, perdonami..
Harry era immobile, mentre guardava Louis andare via, era immobile quando dentro di sé tutto urlava che non era vero, ma i fatti dicevano il contrario. Era immobile quando Liam lo trovò e lo de-pietrificò.
Si lasciò cadere a terra, e sembrava che non volesse più vivere.
“Mi ha lasciato” – singhiozzò mentre l’amico lo raccoglieva da terra –“non mi amava, non mi ha mai amato, ero un gioco” – parole smorzate, singhiozzi fortissimi, parole sconnesse.
“Oh..” – fu tutto quello che Payne emise prima di avvolgerlo con le sue braccia, lasciandolo sfogare contro il suo petto.
Harry ripeté le stesse cose dette a Liam, a Zayn, poi a Niall, ed anche a Josh, il Serpeverde che era arrivato nelle loro vite grazie a Niall che aveva stretto amicizia con lui. E lo stesso ripeté per tantissime volte, fino a che la consapevolezza fu unica: Louis lo aveva abbandonato.
L’ultimo giorno di scuola si era concluso nel peggiore dei modi. Tutti gli avevano detto che fosse sbagliato, gli avevano detto che lui non era quello giusto. Moriva sempre un po’ di più quando ripensava a tutto quello che erano diventati insieme. Ed era stato tutto un gioco, uno stupido gioco.
Maledetto Louis.
“Shh, Harry, va tutto bene, ci siamo noi” – lo rassicurò Zayn, mentre lui ancora piangeva.
“Ti vogliamo bene, Harry, siamo tuoi amici” – continuò Niall, mentre Harry piangeva.
Piangeva durante l’ultima cena ad Hogwarts, piangeva il giorno dopo sul treno del ritorno, piangeva quando guardava Liam e Zayn stringersi e baciarsi, piangeva quando Niall e Josh camminavano mano nella mano.
Aveva smesso di piangere quando aveva incontrato sua madre, ma dentro era logorato, lacerato.
Provò a mandargli un gufo, e non ottenne risposta, provò a contattarlo, ma non ottenne risposta.
La soluzione era una sola: lasciarlo perdere, dimenticarlo.
La sua vita doveva andare avanti, e non sarebbe stato uno stupido Serpeverde ad abbatterlo.
Uno stupido Serpeverde bellissimo.
Uno stupido Serpeverde bellissimo che amava.
Uno stupido Serpeverde bellissimo che amava, che si era preso tutta la sua vita.
Uno stupido Serpeverde bellissimo che amava, che si era preso tutta la sua vita, che era tutta la sua vita.
Semplicemente Louis Tomlinson.
Harry a diciassette anni aveva scoperto cosa significava il vero dolore, mentre Louis a diciassette anni aveva imparato a rinunciare alla persona che si amava per salvarla.
Non si sarebbero mai più rincontrati, probabilmente.
 
*
 
Otto anni dopo.
Sbuffò per l’ennesima volta mescolando con un cucchiaino lo zucchero nel caffè. Era in vacanza a casa della madre. Dopo i suoi anni ad Hogwarts, era riuscito a diventare un Auror, e adesso lavorava al Ministero della Magia, e dava la caccia ai Mangiamorte che, misteriosamente, si erano radunati un’altra volta, convinti di poter far tornare il Signore Oscuro o di rendere un Mago tanto potente quanto lui. Ma ovviamente, la cosa era stata quasi soppressa sul nascere. Fin dai suoi diciassette anni, Harry si era impegnato nella caccia ai Mangiamorte e in otto anni, ne aveva arrestati almeno un centinaio, lui con l’aiuto dei suoi grandi amici, Liam, Niall, Zayn e Josh. Tutti e cinque insieme avevano messo su una squadra efficientissima. Tutti e cinque insieme, infatti, aiutandosi e dividendosi i compiti, in otto anni, arrestando i Mangiamorte, si erano fatti un nome nel mondo magico, qualcuno li definiva “gli infallibili”, altri “il quintetto folle”, e altri nomignoli che si erano guadagnati. Vivevano tutti e cinque insieme, in un’abitazione nel centro di Londra, lontana dal mondo magico, immersa in quello babbano. Era un’ottima copertura per loro, e spesso si erano spacciati come comuni ragazzi a cui piaceva cantare nei piccoli bar, per non attirare troppo l’attenzione.
Era stato divertente quando Niall, un purosangue che non aveva mai avuto a che fare con usanze babbane, aveva chiesto con un’aria smarrita e intimorita cosa fosse una chitarra, per poi innamorarsi di quello strumento e non smettere mai di suonarlo; Josh si era dedicato alla batteria, anch’egli terrorizzato da uno strumento babbano, Liam alla tastiera ed Harry cantava. Avevano messo su una piccola band per fondersi meglio tra i babbani e la cosa sembrava funzionare. Però Harry era stanco. Aveva deciso di prendersi una pausa, e tornare un po’ da sua madre, per due motivi:
uno, non la vedeva da due anni e gli mancava da morire;
due, voleva lasciare un po’ di intimità alle due coppie che popolavano la casa.
Zayn e Liam, ormai, stavano insieme da anni, così come Josh e Niall, ed Harry si sentiva sempre un po’ solo con loro. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che era stato con un ragazzo. O meglio, lo ricordava fin troppo bene, ma fingeva di non ricordarlo per non stare male. Da quando il maledetto Serpeverde l’aveva lasciato, perché non l’amava più, o non l’aveva mai amato, Harry si era chiuso a riccio, aveva chiuso il cuore all’amore, e se n’era accorto quando aveva rincontrato Nick Grimshaw, l’ex Cercatore della squadra di Quiddich di Grifondoro, con un improponibile ciuffo rosa, che gli aveva proposto di provare a frequentarsi, ed Harry non era riuscito a provare niente, non era riuscito a vedere nient’altro che gli occhi di Louis, le sue labbra, i suoi capelli morbidi, la sua bassezza, le sue mani esageratamente più piccole delle sue.. Harry non era riuscito a mentire al ragazzo, e gli aveva detto che aveva ancora il suo ex nei pensieri,  non l’aveva ancora dimenticato e non voleva usare un altro ragazzo per dimenticarlo. Lui era troppo puro d’animo per poter fare una cosa così subdola e cattiva. Per questo, dopo quello, non era riuscito ad andare avanti, in nessun modo. Si era semplicemente chiuso in se stesso, senza piangersi addosso, portando avanti il suo lavoro nel migliore dei modi. Si era ripreso, adesso poteva anche definirsi felice, aveva tutto ciò che da sempre aveva voluto, meno una: Louis. Ma dopo tanto tempo, era riuscito a mettere da parte quel desiderio, era riuscito a fare del lavoro la sua unica ambizione, il suo unico scopo. E stava bene. Stava bene perché era benvoluto ovunque. Il suo bel faccino gli permetteva di avere spasimanti, di essere uno dei ragazzi più apprezzati di tutta Londra, e tra i più ricercati; in più nel mondo magico era considerato uno dei migliori Auror.
A venticinque anni, cosa poteva volere di più? Che se ne faceva del ricordo costante di un purosangue bastardo che lo aveva lasciato con un “non ti amo più” e per di più lo aveva pietrificato, andando via su una scopa?
Niente, assolutamente niente.
In quel momento, voleva solo godere del tempo che poteva passare con sua madre. Era troppo tempo che non passava del tempo con l’unica persona che non l’avrebbe mai fatto soffrire, e che gli sarebbe sempre stata accanto.
Bevve il caffè che la donna gli aveva preparato e poi la guardò. Era invecchiata parecchio, però restava sempre bellissima ai suoi occhi.
“Harry, piccolo, ti vedo un po’ sciupato, sicuro che vada tutto bene? Ti fanno mangiare abbastanza?” – chiese subito apprensiva.
Harry si lasciò sfuggire una risata dolce, e realmente divertita. Cosa importava a sua madre se aveva catturato uno, due, tre… dieci Mangiamorte? Il suo pensiero fisso sarebbe stato sempre hai mangiato?
“Mamma, ho venticinque anni, sono un po’ grande per essere definito piccolo.” – mormorò offeso, ma divertito e intenerito dalla mamma che lo guardava dolcemente, maternamente.
“Sarai sempre il mio bambino, anche a ottant’anni, Edward.” – lo ammonì, scompigliandogli i capelli ricci.
“Mmh. Mamma, il secondo nome no, l’ho sempre odiato!”
“Harold, ti lamenti troppo per i miei gusti. Allora, raccontami un po’, cosa hai fatto in questi due anni? Io intanto ti preparo qualcosa da mangiare. Quanto ti fermi qui?” 
Il riccio riprese a ridere. Sua madre era unica. Poteva parlare come una macchinetta e fare mille domande di fila anche a cinquant’anni.
“Niente di entusiasmante, ne abbiamo messi dentro altri cinque, mi prepari le lasagne come sai farle tu?” – sorrise, facendo spuntare le sue adorabili fossette, che non si vedevano da un pezzo. La donna sorrise ed annuì confermando che avrebbe preparato al figlio ciò che aveva richiesto, e lo incitò a rispondere all’ultima domanda –“e mi fermerò per almeno un mese, ho bisogno di stare lontano dalle coppiette felici, sai? Dopo un po’ sono… insopportabili. Ecco, sì. Sai che Niall e Josh hanno intenzione di sposarsi?”
“Oh mi fa piacere, e.. Zayn e Liam? Anche loro hanno intenzione di sposarsi?” – chiese curiosa mentre cucinava.
“Non lo so, loro non parlano ancora di progetti, ma credo ci siano vicini. Insomma stanno insieme da otto anni!” – esclamò il riccio lasciandosi scappare un sospiro dalle labbra.
“E tu, Harry? Tu quando amerai ancora?” – chiese la donna.
“Mamma, ti prego, non mettiamo in mezzo l’argomento amore, lo sai..” – sospirò.
“So solo che da quando quel ragazzo ti ha lasciato, tu non hai più sorriso, non hai più amato. Hai solo lavorato, lavorato e lavorato. Non dico che tu sia invecchiato fisicamente, ma dentro sì, Harry.” – disse seria e preoccupata, girandosi verso il figlio e guardandolo dritto negli occhi. –“sei sempre triste e questo non va bene. Puoi mentire agli altri, puoi mentire ai tuoi amici, ai tuoi colleghi, ma non a me, non a tua madre, Harold.”
“Lo so, mamma, lo so. Il fatto è che non voglio soffrire, non voglio che qualcun altro pesti il mio cuore. Non voglio.”
“Sei tale e quale a tuo padre. Voi, Styles, siete fatti con lo stampino.” – ridacchiò per alleggerire la tensione.
Harry si sbilanciò verso di lei e l’abbracciò, desideroso di un abbraccio materno. In fondo, a venticinque anni necessitava ancora di un abbraccio materno, uno di quegli abbracci dove tutto sembrava andare a posto, dove tutto era perfetto. La donna lo avvolse con le sue esili braccia, stringendolo forte. Capiva il figlio, capiva che anche nascondendolo stesse male, dopo otto anni non aveva dimenticato niente.
“Mamma, lo so di essere una delusione, i-io non sono il figlio che ti meriti, sono omosessuale, sono strano, sono un mago, sono..” – non finì il suo sproloquio, perché la donna gli diede uno schiaffetto sulla nuca, facendolo sobbalzare.
“Non azzardarti mai più a dire una cosa del genere, Harold Edward Styles. Tu sei il figlio migliore che una donna vecchia come me possa desiderare. Sei bello, sei giovane e sei uno dei migliori nel tuo campo. Non mi importa che tu sia un mago, un omosessuale o uno sturalavandini, sei mio figlio, ed io ti amo così come sei.”
Harry sorrise e arrossì appena. Sua madre riusciva sempre a lasciarlo senza parole e lui non sapeva come fosse possibile una cosa del genere. Appoggiò la testa sulla spalla di sua madre, chiudendo gli occhi.
“Grazie mamma, ti voglio bene” – mormorò.
Restò con lei tutto il giorno, scherzarono, parlarono, mangiarono, ed Harry le fece sentire quanto fosse diventato bravo nel canto, quando un gufo non entrò direttamente dalla finestra. Il caldo primaverile iniziava a farsi sentire, e per questo la finestra poteva restare aperta tranquillamente. Il gufo marroncino portava legata ad una zampa una lettera.
Oh no. – sbuffò mentalmente Harry, afferrando la lettera e lasciando libero il gufo di volare via.
“Tesoro, qualcosa che non va?”
“Non lo so, mamma” – borbottò.
Aprì rapidamente la busta e ne estrasse un foglio accuratamente ripiegato, sospirando. Sapeva già cosa fosse: una lettera del Ministero. E quindi, sapeva già che quella fosse la sua nuova missione.
Perché non poteva godersi le sue ferie primaverili in pace?
Sbuffò e l’aprì velocemente.
 
Signor Harold Styles,
lei è ufficialmente convocato al Ministero della Magia, per discutere circa il suo imminente nuovo in carico.
Sappiamo che lei è in ferie, ma le saranno retribuite non appena concluderà questa missione.
E’ un caso urgentissimo.
La invitiamo, quindi, a presentarsi il giorno 23 maggio alle ore 9 del mattino, presso il Ministero per ulteriori dettagli;
Cordiali saluti,
 
Il Ministro della Magia”
 
Harry si passò una mano tra i capelli. Era stato convocato solo lui, a quanto pareva. Era più grave di quel che sembrasse. Raramente era stato convocato da solo senza gli altri quattro, e in tutti i casi era stato il compito più duro che mai gli avessero assegnato. E questo non doveva essere da meno, vista l’urgenza. Sarebbe dovuto andare al Ministero proprio il giorno dopo. Sbuffò ripiegando la lettera, e infilandola nei pantaloni. Avrebbe passato il tempo con sua madre in un altro momento, il lavoro chiamava, ancora.
“Mamma, mi dispiace, urgenza al Ministero, sbrigo quest’ultima faccenda e poi torno.” – sorrise posando un bacio sulla fronte della madre.
“Harold, tu puoi smaterializzarti, quindi a meno che tu non debba andare al Ministero in questo momento, adesso tu vai al piano di sopra e riposi un po’, e non accetto obiezioni, signorino.”
Harry sorrise. Non aveva pensato che mancavano ancora dodici ore al giorno dopo, e quindi avrebbe potuto passare la serata con lei e dormire tranquillo, magari nel lettone con sua madre.
“Mmh, mamma e se dormissi con te?” – chiese con la voce bassa, cercando di imitare con il suo vocione la voce candida di un bambino, facendo scoppiare a ridere la madre, che annuì. Passarono insieme la serata perfettamente, e poi, durante la notte, Harry si addormentò accucciato contro sua madre.
Era un venticinquenne, era un importante Auror, era stato convocato d’urgenza al Ministero, ma dentro di sé, restava sempre il ragazzino undicenne che cercava le braccia della madre durante le ore di sonno turbato, che cercava la protezione della madre, che cercava solo un po’ d’amore che aveva trovato solo con la donna.
Si addormentò sereno, sotto le coperte, abbracciato a sua madre.
Chissà quando avrebbe potuto ripetere l’esperienza, chissà quando avrebbe potuto prendere davvero quelle dannate ferie, chissà se questa volta sarebbe stato tanto bravo da tornare a casa.
Non lo sapeva, ma in quel momento, si godeva quella tranquillità, quella pace che trovava solo tra le braccia di sua madre, solo quella e basta.
 
La mattina dopo, Harry si alzò intorno alle sette. Lasciò un delicato bacio sulla fronte a sua madre, e andò a farsi una doccia. Doveva essere in forma, dovevano dargli un caso difficile, ancora una volta.
Canticchiò qualche canzone lavandosi, non accorgendosi di aver svegliato sua madre con il suo vocione. La sua voce profonda, roca era davvero stupenda, ma spesso il riccio non si era accorto di aver svegliato qualcuno cantando, nemmeno quella mattina. Quando finì la doccia, però, si rese conto che la madre si fosse svegliata, perché sentiva l’inconfondibile profumo dei pancake appena fatti. Indossò velocemente la sua divisa con lo stemma del Ministero, e scese in cucina. Quanto gli era mancata quella vita?
Sorrise sedendosi a tavola, mentre la madre gli accarezzava i capelli e gli serviva la colazione.
“Mi mancherai, mamma” – mormorò.
“Mangia, e non preoccuparti per me. Aspetterò che ti libererai, se dopo quest’altra missione ti invieranno altri gufi.. beh, conosceranno l’ira della signora Styles.” – sorrise  dolcemente al figlio che soffocò una risata in un pancake.
Dopo la colazione, Harry notò che si fosse fatta quasi l’ora di recarsi al lavoro, e si affrettò ad abbracciare la madre e a lasciarle un delicato bacio sulla fronte.
“Harry, sta attento, ricordati di mangiare ogni tanto, e torna presto. Ti aspetto.”
“Contaci, tornerò presto, e passeremo più tempo insieme, promesso.”
La madre gli accarezzò i capelli, e gli baciò la fronte facendolo arrossire come ogni volta. Poi lo abbracciò di nuovo e lo lasciò andare. Le sembrava di rivivere il giorno in cui suo marito era andato via e non era più tornato. E stavolta, come non mai, temeva per il figlio. Aveva una brutta, un’orribile sensazione che la logorava dentro, ma non voleva che suo figlio lo capisse. Non voleva che si preoccupasse per lei.
“Ciao mamma, ti voglio bene!” – esclamò il riccio, salutandola un’ultima volta.
“Harry!” – lo chiamò prima che si smaterializzasse –“sono fiera di te, e dell’uomo che sei diventato, ti voglio bene, piccolo mio” – sorrise.
Il riccio si avvicinò di nuovo a lei e l’abbracciò forte, stringendola talmente forte da far mancare il respiro ad entrambi, per istanti restarono così, ma quando Harry si staccò fu davvero ora di andare, e l’Auror si smaterializzò, materializzandosi all’entrata del Ministero. Un puzzolente bagno babbano. A volte non capiva certe cose e mai le avrebbe capite. Tirò lo sciacquone trasportandosi nel Ministero e si recò nell’ufficio del Ministro della Magia. Non era molto loquace con i funzionari dei Ministero e tutti lo sapevano, per questo appena lo vedevano ammutolivano e si spostavano lasciandolo passare. Aspettò che lo annunciassero, e poi entrò a passo spedito nell’ufficio.
“Harry, per fortuna. Ne abbiamo trovato un altro.”
“Luogo, nome, grado di pericolosità” – fece andando subito al sodo, non gli piacevano i giri di parole, e il Ministro lo sapeva.
“Si nasconde a Doncaster, non conosciamo il suo nome, si fa chiamare ‘Il Tommo’, ed è uno pericoloso, molto pericoloso. In otto anni, avrà ucciso tanti innocenti quanti Mangiamorte tu hai catturato. Si può dire che sia te al contrario.” – fece serio il Ministro guardandolo.
Harry ci pensò su, c’era qualcosa di familiare in tutto quello. Qualcosa che in quel momento gli sfuggiva.
“Quanto tempo ho?”
“Quanto ne vuoi, ma fa al più presto, non voglio che altri innocenti siano uccisi da quel farabutto.”
Harry annuì cercando di capire di più.
“Esiste una sua foto? Anche malandata? Giusto per capire chi devo trovare.”
“Certo, te la invierò via gufo il prima possibile.”
“Bene, la contatterò a lavoro finito.”
“Buon lavoro, Styles.”
Il riccio annuì ancora. C’era qualcosa che non andava, qualcosa sarebbe andato per il verso sbagliato, ne era certo. Qualcosa non era perfettamente chiaro. Chi diavolo era ora questo Mangiamorte? Perché non ne aveva mai sentito parlare? Era così bravo da arrivare a tutti? Un terribile pensiero si fece spazio nella sua mente.
“Ministro, ho una richiesta” – fece lentamente, aspettando un cenno dall’altro uomo che annuì –“chiedo, per favore, protezione massima per mia madre. E’ l’unica persona che mi è rimasta, per favore, la protegga. Con un tale in circolazione, non mi sentirei tranquillo partendo e lasciandola sola, senza alcuna protezione.”
“Certo, Harry” – assicurò il Ministro –“parti tranquillo, manderò personalmente qualcuno a prelevare tua madre, e a proteggerla fino al tuo ritorno.” – sorrise l’uomo, cercando di tranquillizzarlo. Tutti sapevano quanto Harry Styles fosse legato alla madre, ed era per questo che il Ministro avesse accettato su due piedi di nasconderla e proteggerla.
Il riccio annuì ringraziando, ed uscì dall’Ufficio. Si passò una mano tra i ricci folti guardandosi intorno.
Il Tommo, dove ho già sentito questo soprannome?
Doncaster. Dannazione, chi vive a Doncaster? L’ho già sentita, dannazione.
Poi, improvvisamente ricordò.
Tornò indietro dal Ministro, senza farsi annunciare, con irruenza, con velocità.
“Mi dia la foto, Ministro, ne ho bisogno, ora.” – fece sicuro, rapido, arrivando dritto al nocciolo. L’uomo alzò un sopracciglio, non era da Styles fare così, perché non aspettava che gli mandassero la foto? Perché era impaziente di vederla? Non lo capiva, ma probabilmente il giovane voleva mettere fine immediatamente a quella missione, senza aspettare troppo tempo. E lui ammirava tantissimo questo lato di Harry, così ligio al dovere, preciso e coordinato in tutto. Cercò tra le sue scartoffie, finché non la trovò passandogliela. Harry la prese, e senza guardarla uscì di gran lena, sapeva cosa avrebbe visto in quell’immagine, aveva capito chi doveva cercare, aveva capito come sarebbe finita quella storia.
Finalmente si sarebbe vendicato.
Una volta fuori dal Ministero, si recò alla stazione ferroviaria di King’s Cross, e sospirò.
Dove tutto era iniziato.
Prese la foto dai pantaloni, e chiuse gli occhi. Se la sistemò tra le mani, e si decise ad aprirli solo molto tempo dopo.
La prima cosa che lo colpì furono gli occhi, così come quattordici anni prima. Quei due occhioni azzurri, profondi, dolci. I capelli castani spettinati, il viso marcato, quasi da uomo, ma con quei tratti dolci che lo rendevano rassomigliante ad una donna, il sorriso sghembo, le sue labbra sottili, il suo naso leggermente all’insù, il collo perfetto.. quell’essere stronzo, bastardo, menefreghista che lo aveva abbandonato.
Quella foto risaliva proprio all’ultimo anno di Hogwarts. Il ragazzo sorrideva davvero, Harry conosceva fin troppo bene quel sorriso, gli era stato rivolte troppe volte e lui si era innamorato fin troppe volte di quel sorriso.
Immediatamente, l’amore sembrò tramutarsi in odio.
Come aveva potuto uccidere tante persone? Come aveva potuto far del male a tanta gente? Perché era cambiato così tanto? Chissà com’era diventato ora, chissà se era invecchiato, o era ancora più bello di prima.
Il ragazzo nella foto si mosse e mostrò ad Harry il pollice. Il riccio scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
Non era il caso di perdersi in sentimentalismi, Louis Tomlinson andava arrestato, immediatamente.
 
Harry era a Doncaster da tre giorni.
Non aveva ancora capito dove vivesse Louis, ma più o meno sapeva che intelligente com’era, non si sarebbe mai nascosto nella villa di famiglia. Doveva trovarsi altrove, ma dove?
Rifletti, Harry, se tu fossi un Mangiamorte ricercato, dove ti nasconderesti?
Rifletti, se fossi uno stupido come Louis Tomlinson, dove ti nasconderesti?
E se..?
Dannazione, come aveva fatto a non pensarci prima? Come aveva fatto ad essere così stupido?
Quando erano ad Hogwarts, gli aveva sempre parlato di un gioco che si fa con la palla, lo fanno nel campo vicino casa mia, è divertente, ma troppo babbano! – risate, sorrisi, sguardi – Lou, è il calcio! Come fai ad essere così ignorante?  - risate, mormorii, insulti non offensivi – non siamo mica tutti saputelli come te, devo ricordarti chi è il primo del corso di Babbanologia? – altre risate, altri sguardi, altro amore volato – mi scusi, signor purosangue – sussurri, voci – baciami, idiota di un mezzosangue.  – baci, morsi, amore.
Gli occhi di Harry si inumidirono, mentre le frasi che si erano scambiati ritornavano nella sua mente. Scosse la testa, scacciando via le lacrime che minacciavano già di uscire dai suoi occhi. Quello era un punto di partenza, doveva iniziare ad indagare dal campo di calcio.
E se in quel momento Louis stava per uccidere altri babbani? Non poteva permetterlo, lui doveva togliere dalla faccia terra tutti i dannati Mangiamorte. Due schiaffi sul viso, e si incamminò per le stradine del paese, nascondendo il viso nel giubbotto, per evitare di essere riconosciuto, aveva anche sostituito la sua divisa da Auror, con dei jeans e una maglia a maniche corte e un cappotto per non farsi riconoscere subito come inviato del ministero. Si guardava intorno circospetto, cercando tracce del passaggio di un venticinquenne come lui, che a differenza sua seminava distruzione.
Acuì l’udito, e cercò di rilevare qualche suono, qualsiasi cosa, che gli confermasse, che ciò che gli avevano comunicato fosse vero. E poi un urlo. Una donna urlava.
Bingo.
Corse nella direzione dell’urlo e vide la donna a terra, due tipi incappucciati la sovrastavano. Avevano delle maschere a forma di scheletro. Sorrise compiaciuto di se stesso, e con nonchalance estrasse la bacchetta da sotto il cappotto.
“STUPEFICIUM!” – esclamò, schiantando uno dei due lontano dalla donna.
L’altro parve ignorare l’intervento del riccio, e puntando la bacchetta contro la donna: “AVADA..” – ma fu interrotto dal riccio che:”EXPELLIARMUS!” – tuonò disarmandolo, afferrando tra le sue mani la bacchetta del Mangiamorte.
La donna, visto il pericolo quasi scampato, si alzò in piedi e corse via, lasciando i due l’uno di fronte all’altro. Harry aveva il fiatone, ma non perché avesse corso o fatto chissà quale fatica. Semplicemente perché la voce del Mangiamorte era la sua voce.
E come volevasi dimostrare, l’uomo incappucciato si tolse la maschera, sorridendo in modo malvagio.
“E così ci rivediamo, Styles” – sputò acido –“chi l’avrebbe mai detto che ci saremo rincontrati così, eh? Io un Mangiamorte e tu un Auror.” – il tono acido nascondeva lo stupore, la paura, il cuore che martellava nel rivederlo.
“Louis.” – fece senza gioia nella voce. Il viso scavato, sofferenza impressa sul suo corpo, gli occhi spenti. Quello non era il suo Louis, no doveva esserci altro, Louis, il suo Louis non avrebbe fatto del male ad una mosca, era la persona più buona che conoscesse nonostante fosse un Serpeverde, ma non era più il tempo della scuola, e forse Louis era davvero cambiato, Harry non lo sapeva, ma qualcosa nello sguardo dell’uomo, gli fece intendere che forse sotto sotto quel Louis non se n’era mai andato. –“tu sei cambiato, ti ricordavo più in forma. Però dentro sei sempre il solito bastardo, vero?” – gli puntò la bacchetta contro, e poi gli lanciò la sua. –“avanti, ti sfido a duello. Poi ti arresterò come mi è stato ordinato di fare.”
“Potrei ucciderti.” – comunicò il castano, togliendosi il mantello. Harry notò che fosse incredibilmente dimagrito da quando l’aveva lasciato, ed era sempre basso.
“Non lo farai.” – fece – “o almeno, non lo permetterò.”
Louis, dietro la sua apparente sicurezza, nascondeva tutto. Aveva maledettamente paura.
Non voleva finire ad Azkaban, soffriva, soffriva da quando era stato costretto a lasciare Harry per salvarlo, avvertiva da sempre la sua mancanza, come se gli mancasse l’aria per respirare, non voleva uccidere nessuno, ma era stato costretto. Non aveva potuto scegliere niente della sua vita, aveva dovuto ascoltare gli altri, aveva dovuto subire di tutto, e alla fine si era ritrovato davanti ad un Auror che voleva arrestarlo, sfortuna aveva voluto che quell’Auror fosse proprio Harry. Entrambi fecero un inchino, prima di iniziare il duello.
Volarono schiantesimi, incantesimi di disarmo, protezioni, anche qualche maledizione, ma nessun colpo andò a segno. Nessuno dei due voleva ferire l’altro. Ancora troppo persi nell’amore malsano che li aveva coinvolti anni prima.
“STUPEFICIUM!” – urlò Harry, colpendolo in pieno, facendolo sbattere contro un muro dietro. Si maledisse subito, perché sentì un gemito di dolore del ragazzo che lo fece trasalire. Corse vicino a lui, e cercò in tutti i modi di respingere quello che sentiva, l’impulso di abbracciarlo e stringerlo forte a sé, sussurrargli che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Invece si ritrovò a pietrificarlo, e smaterializzarsi con lui a Londra.
Per tutto il tempo, non l’aveva guardato nemmeno per un attimo.
 
 
Il processo si sarebbe tenuto da lì ad un mese.
Louis sarebbe rimasto nella prigione di Azkaban per tutto il tempo, ed Harry poteva prendersi le sue meritate ferie, ma qualcosa lo tormentava. Qualcosa che non aveva ancora capito, qualcosa che avrebbe dovuto dire a Louis, forse. Qualcosa… ma cosa?
Era di nuovo da sua madre, quando durante il sonno, il pensiero di Louis da solo nelle celle di Azkaban, con tutti quei Dissennatori intorno a lui, e a tutti quei carcerati lo fece sobbalzare nel sonno.  Aveva il fiatone, si sentiva male, gli occhi erano arrossati e gonfi, respirava furiosamente, cercando di calmarsi, stava cercando di imporsi un controllo che non era in lui. Aveva dentro di tutto. Da quando lo aveva rivisto, anzi, da quando aveva scoperto chi fosse il Mangiamorte, aveva avuto la terribile sensazione che quella volta non avrebbe avuto sangue freddo, si sarebbe lacerato ancora una volta. Poteva davvero permettersi di stare ancora male? Sapeva che l’avrebbe perso di nuovo e stavolta per sempre. Non poteva mentire a se stesso. Louis, a distanza di anni, era ancora il suo maledetto tutto. Lo sarebbe sempre stato.
Raccontò tutto a sua madre, le disse che aveva arrestato lui, che lo aveva perso di nuovo, forse per sempre, che aveva paura, per la prima volta in vita sua aveva davvero paura di qualcosa, qualcosa di più grande di lui. Non voleva stare di nuovo male, non voleva che qualcos’altro si spezzasse di nuovo. Aveva nascosto per troppo tempo il suo dolore, la sua sofferenza, e in quella notte, tra le braccia di sua madre, tutto venne fuori, tutto il suo sentimento represso venne fuori, vuotò il sacco, rivelando a sua madre il perché non volesse più nessun ragazzo, perché si fosse chiuso a riccio, e la madre assorbì quelle parole nascoste, tutto il dolore del figlio, stringendolo forte. In fondo, sapeva già tutto, aspettava solo che il figlio si decidesse a parlare e a raccontare tutto con sincerità.  
“Harry, tu lo ami?” – aveva chiesto la madre, non appena aveva smesso di parlare e di confessare.
“Sì” – aveva risposto, schietto.
“Vai a trovarlo, allora”
 
 
Fu così che Harry Styles, un giorno si era ritrovato proprio nella Prigione di Azkaban, persa su un’isola in mezzo al mare, circondata da Dissennatori, fuori dalla cella di Louis. Aveva ottenuto un permesso speciale dal Ministero per potersi recare lì, e aveva distorto leggermente la verità, dicendo di volerlo interrogare lui stesso.
“Lou” – aveva bisbigliato. Quando il castano alzò il viso dalla branda, Harry deglutì, non lo riconosceva più. Il viso scavato, gli occhi quasi fuori dalle orbite, magro, la barba incolta sul viso. Uno spettacolo raccapricciante agli occhi di tutti, ma per Harry, no, per lui era sempre bellissimo.
“Harry.. Harry..” – sussurrò avvicinandosi alle sbarre –“sei venuto, Harry.. non ci speravo più.. sei venuto..”
Harry si inginocchiò fuori dalle sbarre e allungò una mano verso di lui. Il ragazzo nella cella strisciò verso di lui, e afferrò la sua mano stringendola forte.
“Mi sei mancato tantissimo, Harry, davvero tantissimo” – sussurrò come se qualcuno potesse sentirlo, intimorito –“ti ho sempre amato, non è mai stato vero che non ti amavo.. io-io.. ti ho lasciato per proteggerti, ti ho lasciato perché ti amo troppo, ti ho lasciato perché ero costretto..” – e pianse. Harry non lo aveva mai visto piangere in vita sua –“perdonami, ti prego, perdonami..”
Harry non ci pensò due volte, attraverso le sbarre afferrò il viso dell’altro, avvicinandolo quanto più potesse e riuscì ad appoggiare le labbra sulle sue. Il cuore martellava nel petto come non aveva mai fatto, sentiva il calore espandersi di nuovo nella zona sinistra del petto, e tutto si perse, niente aveva più senso, c’erano solo loro due e il loro bacio carico di nostalgia e disperazione.
“Ti farò uscire, Lou, ti farò uscire, ti salverò, te lo prometto”
“Harry, ti amo, ti amo, ti amo..” – sussurrò ancora –“non andare, resta, resta..”
“Non posso, Lou” – gli strinse le mani –“tornerò domani. Ho detto al Ministro che ti sto interrogando. Tu.. inventa qualcosa, ti tirerò fuori, fosse l’ultima cosa che faccio.”
Louis annuì, lasciandosi scappare un piccolo sorriso.
Il riccio gli lasciò un altro bacio sulle labbra, prima di recarsi all’uscita dalla prigione.
“Ah, Lou. Ti amo.”
 
E come promesso, il giorno dopo, Harry si recò nelle celle di Azkaban.
Era una pura follia. Si erano ritrovati dopo otto anni, non potevano provare le medesime cose di quando andavano ad Hogwarts, e invece.. eccoli lì, nelle celle – Harry era riuscito ad avere il permesso di entrare direttamente dentro per interrogarlo e costringerlo a confessare aveva detto – a consumare il loro amore tra sussurri, baci. Erano stati entrambi segnati da quell’amore apparentemente infantile, ancora vero, ancora tangibile. Tutto si fuse in quella cella, come se quella fosse stata l’ultima volta. Amore, disperazione, nostalgia, paura. Sentimenti simili, per motivi diversi. Terrore di perdere l’altro, paura di morire, amore verso il ragazzo creduto uno stronzo, disperazione nella certezza di perdersi ancora, nostalgia del ragazzo lasciato per costrizione. Si fusero, si unirono. Nessuno poté vederli, perché Harry aveva coperto tutto con una fattura in modo che nessuno vedesse ciò che consumavano in quella lurida cella di Azkaban.
 
“Maledizione Imperius.” – disse semplicemente Harry un giorno. –“diremo che eri sotto la maledizione Imperius, sarai scagionato e ce ne andremo da qui.”
“Harry.. io ti ho fatto del male, sono un assassino, perché vuoi mentire per me? Perché vuoi salvarmi?”
“Perché.. Louis, non lo so, sono folle, non voglio perderti ancora, voglio che tu viva, voglio che tu resti accanto a me” – gli prese la mano stringendola tra le sue –“promettimi che se ti tiro fuori di qui, non andrai via e non mi spezzerai ancora il cuore, ho bisogno di saperlo, Lou”
Il castano lo guardò. Si perse in quegli occhi verdi e magnetici, era riuscito una volta a mentire guardando quegli occhi, lui gli stava offrendo la possibilità di rimediare ai suoi errori, di riscattarsi una volta per tutte, una possibilità di perdono. Come poteva dirgli di non volerlo, quando non era vero? Per otto anni lo aveva voluto, per otto anni aveva fatto del male al prossimo, sperando di placare il dolore che aveva dentro per aver fatto una delle cose peggiori all’unica persona che amasse davvero? In mente aveva sempre avuto  lo sguardo ferito di Harry, le sue suppliche, il suo amore. Non poteva dimenticare tutto quello, ma Harry era tornato nella sua vita, il destino aveva deciso di dargli una seconda possibilità, e ora Harry poteva proteggere entrambi, poteva amare per entrambi. Le cose potevano davvero cambiare.
“Non andrò mai più via, nemmeno se mi caccerai dalla tua vita a calci, Styles” – rispose.
Harry si sbilanciò e lo baciò sulle labbra. Non aveva bisogno d’altro.
“Era quello che volevo sentire, mettiamo in scena questa confessione.”
 
 
Da quel giorno, tutti i giorni, Harry era andato da Louis in cella.
E lo aveva visto migliorare, non fisicamente, ma i suoi occhi avevano ripreso a brillare, come quando andava ad Hogwarts. Harry aveva pianificato tutto per bene. Avrebbe fatto credere che Louis fosse sotto l’effetto della Maledizione Imperius, la maledizione che obbligava chi veniva colpito a fare le azioni peggiori, e una volta convinti tutti di questo, Louis sarebbe stato libero. Ed Harry voleva con tutto se stesso che lo fosse.
Lo aveva ritrovato dopo otto anni, si amavano ancora, non l’avrebbe perso di nuovo, l’avrebbe aiutato, e con lui avrebbe costruito la vita che tanto aveva sognato e sperato di vivere. Un vita nella quale, Louis Tomlinson era in cima alla lista delle cose da avere. Tremava, Harry sapeva che se avesse sbagliato qualcosa, sarebbe finito anche lui nelle celle, ma non poteva permettersi assolutamente di sbagliare. Anche se per stare accanto a lui, sarebbe andato anche lì, nella prigione.
Louis venne condotto all’interno del Tribunale dentro una gabbia, e il cuore di Harry si strinse in una morsa vedendolo in quelle condizioni , sciogliendosi nell’attimo in cui incontrò lo sguardo dell’altro. Louis gli sorrise complice, e tutti presero ad interrogarlo. Louis aveva recitato bene la sua parte, fino a quando:
“Mente, signore, Louis Tomlinson ha commesso i peggiori omicidi volutamente. Probabilmente l’Auror Styles è sotto effetto di qualche maledizione, o coinvolto sentimentalmente” – una voce si levò dall’inquisizione, facendo voltare di scatto Harry. Maledetto Grimshaw, da quanto era lì? Perché doveva mettergli i bastoni tra le ruote?
“Mi permetta, ministro, io e l’imputato abbiamo avuto una relazione ad Hogwarts, eravamo bambini.” – e nel dirlo lasciò andare un’occhiata verso Louis, che capì e annuì, non si sarebbe offeso per qualche bugia –“era una cotta adolescenziale, non ci vediamo da otto anni. Sono più che sicuro che l’imputato abbia agito sotto maledizione.”
“Provalo” – sibilò Grimshaw. Gli bruciava ancora il “no” ricevuto anni prima.
Harry mantenne la calma e fornì tutte le prove, le confessioni di Louis.
“Proviamo con il veritaserum, allora” – propose Grimshaw.
Dannazione, dannazione, pensa, Harry, pensa!
“E’ inutile, ha già confessato!” – protestò Harry, cercando di prendere tempo. Non poteva fargli bere del veritaserum (una pozione che costringeva chiunque la bevesse a dire solo ed esclusivamente la verità) –“signore, l’imputato ha già subito abbastanza, crede davvero sia il caso di procedere?”
Il Ministro si prese un attimo per riflettere. Poi annuì convinto.
Non poteva credere ad un Mangiamorte così, e quello ad Harry aveva potuto mentire, se non mentiva, non avrebbe avuto paura di un po’ di pozione.
“E sia, somministrategli il veritaserum, saremo sicuri sulla sua versione dei fatti.” – comunicò.
Harry impallidì e lo sguardo di Louis si incupì. Non avrebbe più potuto mentire, ed Harry non l’avrebbe potuto salvare. Dopo la somministrazione, ci fu un nuovo interrogatorio. Louis fu costretto dalla pozione a rivelare tutto, ma fortunatamente riuscì a non dire niente su Harry, perché l’effetto della pozione si esaurì prima che potessero chiedere altro.
Dopo la sua reale confessione, fu emanata la condanna.
Tre parole che fecero crollare sulle loro spalle il loro mondo sollevato da poco.
Tre parole che fecero inorridire Harry.
Tre parole che fecero spaventare Louis.
Tre parole pronunciate dal giudice.
Tre parole terribili, una condanna, la peggiore.
“Bacio del Dissennatore.”
 
 
“Harry, è una follia!” – urlò Liam.
Era la mattina dell’esecuzione di Louis, ed Harry era più che deciso a salvarlo. Erano giorni che progettava tutto, erano giorni che cercava un modo per liberarlo e l’avrebbe fatto.
Costi quel che costi – si era detto.
Si sistemò la bacchetta nella tasca posteriore di una tuta grigia, e abbassò la felpa fin sopra le natiche, coprendosi poi la testa con un berretto.
“Ti ho detto che non mi interessa quello che dite, io lo libererò e poi partiremo insieme, lontano da qui.”  - spiegò.
“Hazza, Liam ha ragione, è pura pazzia!” – intervenne Niall, guardando l’amico.
“Niall, tu cosa faresti per Josh?” – chiese puntando i suoi smeraldi nelle pozze d’acqua del biondo.
“Di tutto.” – rispose sincero.
“E tu, Josh, per Niall? E tu Liam, per Zayn? E tu Zayn, per Liam?” – chiese a tutti, rivolgendosi ad uno ad uno, che gli risposero nello stesso modo di Niall – “ecco, è quello che farei io per Louis.”
“Per uno che ti ha lasciato!” – sbottò Liam –“ti ha ferito, per otto anni sei stato uno zombie!”
Liam non voleva che Harry soffrisse ancora, era stato lui a stargli accanto, quando Louis lo aveva lasciato, era stato lui a sollevarlo, era stato lui a guardare l’amico morire dentro, e non avrebbe permesso che si fosse fatto del male, da solo, e volutamente. Non di nuovo.
“E ne aspetterei altri otto, nove, dieci, cento, mille! Pur di stare con lui, lo amo, lo amo, lo amo, capite?” – chiese esasperato - “lo amo.”
Zayn fu il primo ad abbracciarlo.
“Abbi cura di te, sii felice, amico mio.” – l’ex Grifondoro gli sorrise e ricambiò la stretta ringraziandolo.
Poi fu la volta di Niall, che lo strinse in un abbraccio fraterno. E poi Josh, che gli sussurrò: “Provate ad infiltrarvi al nostro matrimonio, mi farebbe piacere.”
Harry sorrise annuendo, e poi si avvicinò a Liam. Inutile dire, che sin dai tempi di Hogwarts, Liam era stato il suo migliore amico, il suo confidente, il suo compagno di studi ed ora di lavoro. Di certo, non sarebbe andato via senza un suo abbraccio, forse l’ultimo.
“Ti prego, Lì, almeno salutami, anche se non condividi ciò che sto facendo..” – Liam non lo fece finire, che lo strinse forte lasciandosi scappare un singhiozzo.
“Sii, felice Haz, solo questo. E scrivimi, non sparire. Non saremo più i fantastici cinque senza di te” – sospirò rassegnandosi alla decisione dell’amico – “abbi cura di te, vivi felice. Se è Louis la tua felicità, me ne farò una ragione.”
“E’ sempre stato lui, Liam, sempre” – confessò con un mezzo sorriso sul viso - “ti voglio bene, Liam.”
“Te ne voglio anche io, troppo.”
Harry si avvicinò alla porta afferrando gli occhiali da sole. Con il cuore diviso a metà, salutò un ultima volta i suoi amici urlandogli un “non è un addio, solo un arrivederci!” – quando si chiuse la porta dietro le spalle, all’interno della casa iniziarono a piangere, conoscendo la sorte a cui andava incontro l’amico.
 
Gli avevano soffiato che l’esecuzione sarebbe avvenuta nella stessa cella in cui era stato tenuto prigioniero tutto quel tempo. Ovviamente, nessuno era stato invitato. Tutti sarebbero inorriditi osservando la scena. Avevano lasciato Louis disarmato, per terra, e i Dissennatori intorno a lui. Harry tremava, doveva fare qualcosa per salvarlo, doveva almeno provarci. Quando vide le creature avventarsi su di lui, si precipitò tra il corpo del ragazzo che amava e quelle. La bacchetta già estratta dai pantaloni, la puntò contro quelle e:
“EXPECTO PATRONUM!” – urlò. Una luce bianca si estese sopra le loro testa. Li respinse per un attimo, e si calò su Louis, per alzarlo da terra, e portarlo via da lì.
“Lou, ehi Lou, sono io, sono venuto da te.. sono venuto a salvarti, Lou, Lou, amore, svegliati..” – sussurrò. Mormorò un incantesimo di protezione sopra le loro teste, per tenere a bada i Dissennatori per un po’, e Louis aprì gli occhi, sorridendo.
“Amore mio… sei venuto alla fine…” – tossicchiò. Poche ore prima era stato torturato con la Maledizione Cruciatus da qualcuno che non conosceva, qualcuno che voleva solo indebolirlo ancor di più di quanto non lo fosse, che voleva infliggergli ancora più male di quanto non ne avesse subito in tutti quei giorni ad Azkaban.
In quel momento, però, si trovava tra le braccia di Harry che cercava di salvarlo, di portarlo via, ma lui aveva più le forze di far nulla. Qualcosa gli diceva che quella era l’ultima volta che avrebbe visto Harry, e non voleva, non poteva perdere quell’ultimo attimo insieme al ragazzo della sua vita. Era sempre stato lui, anche quando lo aveva lasciato, il suo primo pensiero appena sveglio era il riccio, il suo ultimo pensiero della giornata era il riccio, per otto anni, era sempre stato lui, e ora, che era giunto al capolinea, voleva solo una cosa davvero.
“Mi dispiace, mi dispiace tantissimo, non dovevi finire qui..” – sussurrò.
“Harry, baciami, ti prego…” – sussurrò Louis senza forze – “baciami come se questo fosse il nostro ultimo bacio…” – Harry non capì il significato di quelle parole, ma lo fece ugualmente. Premette le sue labbra su quelle di Louis sentendosi di nuovo pieno di forze, pieno di vita, felice come non mai. Pianse anche, perché sapeva che Louis si stava lasciando andare. Lo baciò con tutto l’amore che aveva dentro di sé, lo baciò come se fosse stata l’ultima volta, lo baciò a lungo, a fondo, con sempre maggiore intensità, con maggiore voglia, con amore, sempre più amore.
“Ti amo, Harry, ti ho sempre amato, anche quando ti ho detto che non era così, ti amavo, ti amo, ti amerò sempre.” – sussurrò ad occhi chiusi. Harry deglutì e lo prese in braccio.
“Non ti lascio morire, non lo faccio.” – sussurrò. Non poteva lasciarsi andare ora. –“per le mutande di Merlino! Louis, non lasciarmi! Non puoi farlo, me l’hai promesso, ricordi? Non mollare!”
“E’ tardi, tornano…” – sussurrò rassegnato, e spaventato vedendo che i Dissennatori di avvicinavano, scontrandosi con la barriera tenuta da Harry.
“No. Ti salvo.” – fece, sollevando ancora la bacchetta per respingerli ancora e allontanarli per poter scappare da lì.
Ma ecco, che quando Harry stava per evocare il Patronus qualcuno lo disarmò. Harry non ne fu certo, ma era quasi sicuro fosse stato Grimshaw. Crollò sotto il peso del corpo di Louis, e appena la bacchetta scomparve, l’incantesimo di protezione li abbandonò, e si trovarono di nuovo circondati dai Dissennatori, che voraci e rapidi si avvicinarono a loro,  fecero sparire tutta la loro felicità, nutrendosi di essa. Harry riuscì ad afferrare la mano di Louis, a sussurrargli un “ti amo, ti ho sempre amato anche quando ti odiavo”, ad intrecciare le dita a quelle del ragazzo che amava, prima di chiudere gli occhi, per non vedere i Dissennatori che calavano i cappucci e si avvicinavano pronti, con la loro bocca che aspirava come se fosse un vortice senza fondo l’aria, e si vide passare tutta la vita davanti in un attimo, tutte le parole che non aveva detto a nessuno, tutto quello che aveva vissuto, i rimpianti, le delusioni, un unico viso: quello del ragazzo che aveva accanto in quel momento.
Anche Louis vide tutta la vita passargli davanti, tutte la cose brutte che aveva fatto, tutto il male che aveva compiuto contro la sua volontà, tutto l’odio provato per suo padre, tutto l’amore per Harry, e il suo sorriso con le fossette stampato in testa.
Tutto passò davanti ai loro occhi, nella loro mente, prima che le loro anime fossero risucchiate dai Dissennatori, lasciando sul pavimento freddo due corpi vicini, privi di tutto. Freddi come il ghiaccio.
Si erano amati, forse troppo, forse troppo intensamente, forse troppo stupidamente, ma non si erano fatti sconfiggere da niente. Si erano ritrovati, si erano amati, alla fine si erano salvati, ma proprio all’ultimo, qualcuno li aveva traditi, aveva fatto sì che morissero. Ed ora giacevano, lì, freddi, inermi, stretti l’uno all’altro, dove sarebbero rimasti insieme, avvolti nel loro amore che si era rivelato fatale, per sempre. 




Fatto il misfatto.

(Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban)
 





NO, JIMMY PROTESTED!

Ciao.. *fa ciao ciao con la manina*
non odiatemi, please..
So che Voldy non può tornare in vita perchè Harry Potter il mito lo ha sconfitto. (RIP)
So che un suo ritorno è impossibile, come quello dei Mangiamorte, muahah.
Tutto è della mia dea, la Rowling, io c'ho infizzato Harry e Louis.
Ehm.. uhm.. nothing. 
Cruciatemi, odiatemi, avadakedavrizzati.
Ma voi resterete babbani, io no. Pf.
Spero vi sia piaciuta, e ora me ne vado, addio babbani. 


Vi lascio con una delle parti più belle di Harry Potter:
"Dopo tutto questo tempo?"
"Sempre."

E ora andate a pagina 394.



P.s spero di non aver profanato il grande immenso bellissimo stupefacente incredibile mondiale epocale della mia dea, le chiedo venia se ho fatto un tale errore.

   
 
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