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Autore: Karen_Aiko    23/04/2013    2 recensioni
Colette.
Una ragazza allegra, solare e dalla candida innocenza. Quando giunge la guerra è però costretta a cambiare: diventa una forte ribelle che combatte per la sopravvivenza sua e degli altri. Un amore difficile, segreto e fedele. Tutto ciò, legato da una sciarpa rossa.
Il primo ricordo che ho di te è la tua sciarpa, rossa come il sangue che ora inzuppa senza sosta i miei vestiti scoloriti e ormai ridotti a brandelli.
Attenzione: scene di violenza.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SCIARPA ROSSO SANGUE



                                                                                       

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Colette.
Eri una ragazza strana, dolce ma allo stesso tempo dal carattere indomabile e dalla mente acuta e impenetrabile. Nessuno sapeva mai con certezza cosa ti passasse per la testa e io avrei pagato oro per conoscere almeno uno dei tuoi insoliti pensieri.
Il primo ricordo che ho di te è la tua sciarpa, rossa come il sangue che ora inzuppa senza sosta i miei vestiti scoloriti e ormai ridotti a brandelli.
Spiccava nitida sul tuo collo, evidenziando il tuo viso aggraziato e ridente, e circondava con delicatezza i tuoi lunghi cappelli, che rimanevano impigliati nella sua forte stretta, mentre alcuni ciuffi ribelli cadevano liberi sulle fragili spalle. Oscillava leggera sulla schiena al ritmo dei tuoi passi lievi e misurati, e il vento spostava con garbo le numerose frange irregolari poste alle estremità di essa. Due forcine, anch’esse di un acceso color cremisi, fermavano alcune ciocche ai lati del tuo volto pulito.
Ricordo i tuoi sguardi sinceri e gentili, i tuoi occhi chiari che scrutavano ogni cosa con ingenua curiosità, come se niente potesse farti del male, come se al mondo ci fossero solo persone buone e che quelle cattive fossero semplicemente incomprese. Come se l’ingiustizia fosse soltanto un’opinione, solo una fetida scusa creata per ingannare e deturpare la bellezza della vita.
Col tempo crescemmo e con il primo vento invernale arrivò la guerra, facendo crollare i tuoi affascinanti progetti come fragili castelli di carta. Tutti i tuoi pensieri, le tue candide opinioni, furono sopraffatte dalla crudeltà degli scontri. L’esperienza di questa terribile realtà prese il posto dell’invidiabile innocenza che ti aveva caratterizzato da bambina.
Ricordo che con fervore iniziasti a combattere le prepotenze e cominciasti a odiare sempre più le crudeli persone che avevano osato rendere la tua vita un inferno.
Ricordo il tuo primo discorso di pace, quando con le guance arrossate per la timidezza ti arrampicavi su quella sedia vecchia e tremolante per parlare a tutti noi. All’inizio pochi ti ascoltarono: i più fuggivano, temendo di venire arrestati dai soldati, e si rifugiavano nelle loro modeste case, certi di essere al sicuro, anche se – tu lo sapevi – non lo erano affatto. Altri ti additavano con malizia, giudicandoti una selvaggia e ripetendo che “le donne devono stare al loro posto e non si possono permettere di intralciare i piani degli uomini”. Ma tu trovasti il modo di farti ascoltare. E così la sciarpa rossa ora non raccoglieva più i lucenti capelli di una ragazza, ma scaldava la gola bruciante di un affannato ragazzino, troppo smilzo e minuto per essere considerato l’uomo che sarebbe riuscito a guidare il popolo verso la salvezza. Ma in qualche modo, fingendoti maschio, riuscivi a catturare l’attenzione della folla spaurita e bisognosa di aiuto.
Ricordo la tua tenacia nel non perdere la speranza: continuavi a ripetere che avresti sconfitto il male che ci dilaniava tutti, che ci uccideva senza pietà. Non ti fermavi, anche se ogni giorno le bombe e i feriti della guerra ti suggerivano di arrenderti, di abbandonarti senza rimedio nella profonda pozza nera del dolore. Ma tu, intrepida, ti lanciavi senza esitazione nella mischia, recuperando i corpi delle vittime e riconsegnandoli alla terra, la madre di ognuno di noi.
Ricordo che io ti guardavo con ammirazione, ma mi nascondevo perché temevo la tua forza d’animo. Pensavo che non mi avresti notata, forse perché ero diventata fin troppo brava a non farmi vedere, tanto da essere ormai quasi invisibile alle altre persone. Tu mi avevi però vista da tempo e mi osservavi incuriosita da lontano.
Ricordo quella sera: fu il giorno più importante della mia vita. Stavi cercando di sollevare il corpo martoriato di un uomo a terra, quando d’improvviso ti voltasti verso di me urlandomi, nel fracasso degli spari, di aiutarti. Mentre ti guardavo, trasportando insieme a te il soldato in fin di vita, non sentivo più i colpi di fucile dei soldati che risuonavano nelle strade, non vedevo più il caos delle persone terrorizzate che tentavano di scappare dal campo di battaglia: sentivo solo la tua voce spezzata, vedevo solo il tuo viso determinato sporco di sangue secco e di polvere. Quando raggiungemmo il vecchio capanno l’uomo era morto, ma viva in me era la speranza di poterti parlare, di poterti finalmente conoscere. Dal tuo sguardo capii che tu desideravi lo stesso, ed è forse grazie ai tuoi occhi colmi di gioia che io compresi, infine, di essermi innamorata di te. 
Non sono mai riuscita a confessarti i miei sentimenti.
Sino ad ora, quando finalmente sono stata in grado di sussurrarti quelle agognate parole, mentre la pioggia mi rigava il viso prostrato e sofferente, mescolandosi alle lacrime e al sangue, e tu mi osservavi con orrore cadere in ginocchio ai tuoi piedi, nel putrido fango che ci avrebbe legate per l’ultima volta. Perfino adesso, dopo che il proiettile mi ha trapassato il cuore, riesco a vedere i tuoi bellissimi occhi colmi di angoscia, mentre le tue morbide labbra pronunciano parole che io non potrò mai più sentire.

L’ultimo ricordo che ho di te è la tua sciarpa rossa, che appare vivida e splendente nella mia mente ormai quasi assopita e che, come un pezzetto di cielo, mi rende la morte un po’ meno dolorosa, poiché la addolcisce con il tuo ricordo, come un frammento di paradiso che mi riporta a te.
Ti amo.
Perché è così scioccamente difficile da confessare a una persona che pare tanto superiore a noi, tanto irraggiungibile. 
Perché io non so se tu abbia provato lo stesso per me, ma so che non mi importa perché, vedi, amarti è stata una benedizione. Tu sei l’angelo che mi ha salvata da una vita di stenti e paure, la persona che mi ha fatto comprendere la differenza tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra amore e odio.
E sono felice di essere morta per te, per salvare una vita che è di gran lunga più importante della mia. Io che non facevo altro che seguirti ovunque andassi, tentando di imitarti, senza successo.
Perché io ti ho amata sempre, ma non l’ho mai saputo con certezza.
Perché credevo che l’amore tra due donne fosse peccato o che peggio, non potesse esistere. Pensavo che amare una donna fosse una cosa strana, sbagliata. E mi accorgo solo ora che è stata invece la cosa più normale, più giusta e più bella che io abbia mai fatto in tutta la mia vita.
Ora che ho trovato il coraggio di dirtelo non smetto di ripetertelo, mentre esalo gli ultimi respiri e tu mi culli tra le tue braccia calde e rassicuranti, piangendo con disperazione e sussurrando il mio nome tra singhiozzi spezzati. Chiudo gli occhi: riesco ancora a vedere quella tua sciarpa rossa che man mano si sfuoca e pare sempre più lontana da me, da te, da noi. Quella sciarpa che ci ha legate, ormai, per sempre. 


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Angolo dell'autrice gusto fragole e lamponi:

Salve a tutti!
Questa è la prima storia originale che pubblico su EFP, quindi spero proprio che vi sia piaciuta!
Se avete voglia, mi farebbe un enorme piacere leggere una vostra recensione, sia positiva che negativa (magari con critiche costruttive).
Grazie per aver letto questo mio nuovo lavoro!
A presto,

Karen

  
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