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Autore: Fallen Star 91    23/04/2013    0 recensioni
4 agosto 1914, l’Impero Britannico dichiara guerra alla Germania entrando nel primo conflitto mondiale.
Il capitano James Nicholls non ha ancora trenta anni ed è costretto a partire per la Francia insieme alla 54° divisione della cavalleria britannica lasciandosi alle spalle sogni e speranze. Accanto a lui c’è Sylvia, la sua fidanzata di qualche anno più giovane ma non per questo meno coraggiosa, che assiste impotente alla partenza del giovane. Nei primi tempi i due si tengono in contatto, ma quando le lettere di James smettono di arrivare la ragazza decide di lasciare la sua fattoria nel Devonshire e partire alla ricerca del fidanzato affrontando un viaggio pericoloso in una terra lontana e martoriata dalla guerra.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. TEMPUS FUGIT
 
Su una cosa James non si sbagliava, in tre giorni si potevano fare davvero molte cose. Nei giorni seguenti LUI e Sylvia presero i loro cavalli e percorsero il Devonshire in lungo e in largo riuscendo per un po’ ad accantonare le loro preoccupazioni riguardo alla guerra. Il cavallo di James, Joey, era un puledro di poco più di un anno dal carattere esuberante ma allo stesso tempo obbediente, la sua andatura era briosa ma il suo cavaliere riusciva a controllarlo senza tante difficoltà.
Inizialmente Sylvia era preoccupata che la sua cavalla non reagisse bene al carattere vivace del puledro, ma le sue paure furono presto smentite e i due animali socializzarono senza problemi.
Nei tre giorni precedenti alla partenza di James per la Francia i due giovani cercarono tutti gli espedienti possibili per distrarsi dalle loro ansie anche se, nei brevi momenti in cui i loro sguardi si incrociavano, era chiaro che i loro pensieri correvano a martedì e al giorno del loro addio.
 
Il canto del gallo arrivò all’alba risuonando nel cortile della fattoria fastidioso come il verdetto di un vecchio giudice dalle corde vocali rovinate per il troppo urlare.
Con uno scatto Sylvia saltò fuori delle lenzuola e dopo essersi lavata con cura scivolò dentro il vestito della domenica: un abito bianco lungo fino alle ginocchia con rose violacee che le ricadeva addosso valorizzandole le forme solitamente nascoste da indumenti maschili da lavoro rubati al padre.
Scendendo a colazione Sylvia incontrò la madre e la sorella di tre anni più piccola che la guardò sospettosa squadrandola con impertinenza.
- Dove vai vestita così? Non è domenica!-
- In città.- la giovane tagliò corto e addentò con voracità un pezzo di pane abbrustolito versandosi del porridge in una tazza.
La sorellina continuò a guardarla e malgrado le occhiatacce di Sylvia non si decideva a tornare sulla propria colazione.
- Si può sapere cosa vuoi? Ho visto oche con occhi più intelligenti dei tuoi, ed erano appese morte alla bottega del macellaio!-
La ragazza fece una smorfia guardano la sorella con malizia.
- Vai dire addio al tuo capitano? Perché sai che si tratta di un addio, vero?-
Con un movimento fulmineo Sylvia prese il coltello del burro e lo conficcò a pochi centimetri dalle pallide braccia della sorella che scappò verso le stanze squittendo come un topo a cui avevano tagliato la coda.
Finalmente libera da sorelle noiose la giovane tentò di finire il proprio pasto, ma le parole della sorellina l’avevano colpita con la violenza di un pugno all’addome bloccandole lo stomaco.
Rassegnata Sylvia uscì in giardino e si diresse verso le stalle dove il padre le aveva preparato il carro per andare in paese, l’uomo avrebbe voluto accompagnare la figlia per salutare James e consolare la ragazza asciugandole le lacrime che sarebbero inevitabilmente uscite, ma la sua presenza era richiesta nei campi e per quanto se ne dispiacesse aveva dovuto lasciare sola la giovane.
Malgrado il vestito la ragazza riuscì a salire con agilità sul carro e in poco tempo la fattoria scomparve inghiottita dalle colline.
Dopo circa mezz’ora, da dietro un piccolo rilievo, fece capolino il campanile della chiesa e in breve l’aria si riempì di urla eccitate e musica di festa.
Sylvia smontò con un salto dal carro e si perse tra la folla alla ricerca di James. Dopo diversi minuti lo trovò intento a parlare con un ragazzo che ad occhio e croce doveva avere meno di venti anni e che accarezzava con dolcezza Joey sussurrandogli parole confortanti alle lunghe orecchie.
- Sylvia!-
James andò incontro alla ragazza e la abbracciò stampandole un bacio sulle labbra, il suo volto era sorridente ma dietro i suoi occhi verdi la giovane riusciva ad intravedere lo spettro della paura.
- Ti voglio presentare un mio amico.- James accompagnò Sylvia da Joey che la salutò strofinandole il muso sul braccio – Questo giovane è Albert Narracott, è da lui che ho acquistato Joey. Il ragazzo è stato così gentile da volermelo prestare per questa guerra.-
James diede qualche pacca sul collo del cavallo che apprezzò il gesto rispondendo con un nitrito.
Sylvia studiò attentamente Albert indecisa se provare simpatia o odio per quel ragazzo che aveva venduto al suo fidanzato il cavallo che lo avrebbe accompagnato in guerra. Per quanto nei giorni precedenti la ragazza avesse visto di persona il valore di Joey non era ancora convinta che la sua velocità e il suo coraggio sarebbero bastati a riportare James a casa.
- Abitate molto lontano da qui, signor Narrocott?-
Albert spostò gli occhi celesti dal suo puledro posandoli sulla ragazza.
- Un’ora a piedi, signora, ma a cavallo ci vuole molto meno.-
- Non sono una signora, chiamami Sylvia.- la giovane tese la mano verso il ragazzo che la afferrò impacciato tornando ad accarezzare il cavallo.
Sylvia si guardò intorno cercando di comprendere l’euforia che aveva contagiato come un morbo i suoi compaesani e dovette fare un grosso sforzo per ricacciare indietro le lacrime.
- Tutto bene?-
James le prese una mano e la accarezzò dolcemente seguendo i lineamenti del suo viso.
- Sì, sto bene.-                 
La ragazza tirò su con il naso e si guardò nervosa intorno attraversata dalla spiacevole sensazione di essere in una specie di trappola per topi.
Intuendo il disagio e la tristezza della fidanzata James la tirò a sé e le accarezzò con delicatezza i capelli castani raccolti in una grossa treccia deciso a fissare nel suo cuore e nella sua memoria ogni attimo di quel momento: il profumo di erba tagliata della ragazza, i suoi occhi verde prato, il suo sorriso e quell’abitino bianco che sembrava esserle stato cucito addosso e che le metteva in risalto le forme femminili. Se avesse potuto fermare la sua vita immortalandola in un secondo, James avrebbe scelto quello: lui abbracciato alla ragazza che amava che, con il viso nascosto contro il suo petto, bagnava con le sue lacrime silenziose la sua uniforme verde certa che il sole le avrebbe asciugate prima che qualcuno le vedesse.
Un fischio attraversò l’aria seguito da un susseguirsi di ordini e dalla lenta messa in moto delle automobili su cui viaggiavano gli ufficiali. Sylvia si strinse con maggior forza a James determinata a non lasciarlo partire e decisa a non separarsi da lui, avrebbero dovuto strapparla a forza dal suo fidanzato e se solo ci avessero provato avrebbe cominciato a scalciare come una puledra imbizzarrita tornando immediatamente tra le braccia di James.
Un fitta attraversò il cuore del ragazzo mentre il convoglio si metteva lentamente in marcia, il tempo per loro era finito ed ora era arrivata la parte più dolorosa: salutarsi senza sapere se quello sarebbe stato o meno un addio definitivo. Il giovane strinse a sé la ragazza cercando di ingoiare il nodo che gli si era formato in gola e prima che le lacrime solcassero il suo viso la baciò nuovamente e più volte.
- Ti amo.-
La ragazza gli sorrise triste e si asciugò le lacrime sciogliendosi suo malgrado da quell’abbraccio che avrebbe voluto essere eterno.
Con agilità James montò in sella a Joey che si guardò intorno incuriosito alzando e abbassando le orecchie.
Sylvia si avvicinò alla bestia e gli accarezzò il collo slanciato offrendogli una zolletta di zucchero.
- Non ti dimenticare della nostra promessa, Joey, per favore.-
James si abbassò ancora una volta e baciò Sylvia assaporando un ultima volta il sapore selvatico delle sue labbra, poi spronò il cavallo che trotterellando allegro si unì agli altri cavalieri sfilando in mezzo a uomini e donne che si sbracciavano salutando orgogliosi i prodi cavalieri e i valorosi volontari dell’Impero britannico.
Sylvia si voltò verso Albert che guardava sconsolato Joey andare incontro a pericoli da cui lui non avrebbe potuto difenderlo. Per un attimo il ragazzo le sembrò incredibilmente vicino e l’antipatia che aveva inizialmente provato fu sostituita da una qual forma di compassione: entrambi avevano detto addio a qualcuno, con i soldati era partito un pezzo del loro cuore e poco importava se si trattasse di un uomo o di un cavallo quando per entrambi c’era l’incertezza del ritorno.
 
   
 
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