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Autore: distantmemory    23/04/2013    13 recensioni
Heather e Courtney si conoscono da quando sono bambine e odiano i maschi per questioni amorose passate. Cominciano a frequentare le scuole superiori, ma riusciranno a stare alla larga dai ragazzi? E inoltre, qual è il segreto dei loro genitori?
Dal capitolo 20 (Parte III):
«Bè, mi amor, adesso sai che se ti dico qualcosa è solo per avvertirti, perché non vorrei mai che ti succedesse qualcosa. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai,» avvicinò le sue labbra al mio orecchio ed abbassò il volume della voce, in modo da non far udire le sue parole al fratello. «perché tu sei la cosa più importante che ho.»
***
E in quel momento l’unica cosa che volevo era Duncan, l’unica persona di cui mi fidassi era Duncan. In quel momento mi dissi che se mi avessero privato di lui, sarebbe stato peggio della mancanza d’ossigeno. Duncan era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Nuovo Personaggio | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Alejandro lanciò il suo borsone accanto al divano sul quale si fiondò prima che potesse farlo il suo amico. Inspirò e chiuse le palpebre, lasciando che la stanchezza volasse via. Sentì gli occhi accusatori del punk fissarlo perché probabilmente anche lui avrebbe voluto stendersi lì sopra, ma lui aveva occupato tutti e tre i posti. Socchiuse un occhio e lo vide sedersi su una poltrona lì affianco.
Quella era stata una delle giornate lavorative più snervanti di sempre. Come al solito, avevano cantato e urlato a squarciagola e sopportato le grida delle ragazze che, ogni sabato, si trovavano in quel locale solo per loro due. Come dar loro torto, erano così affascinanti! Ricevere complimenti e fare autografi era rilassante, alcune volte, e divertente, ma non quella giornata. Durante il tragitto da casa al Pandemonium, Duncan aveva raccontato al messicano ciò che era successo a casa dei genitori di Courtney – sua sorella – e si era sfogato. Alejandro aveva capito fin dal primo momento che qualcosa non andava al ragazzo. Subire le sue lamentele era stato stressante, poiché Duncan si lamentava poco e niente ma, quando lo faceva, era come se lo facesse per tutte le volte che non lo aveva fatto. Insomma, un suo lamento valeva per dieci lamenti normali.
La serratura della porta venne forzata e dalla soglia entrò Heather alquanto furiosa. Dietro le stava Courtney titubante, triste e preoccupata. Forse era perché il punk era suo fratello, ma non era l’unica ragione. Come la sua amica, era curiosa di sapere cosa il messicano nascondesse.
«Ora tu mi racconti tutto ciò che devo sapere!» sbraitò l’asiatica, fermandosi a pochi passi dal divano con le braccia sui fianchi e volgendo ad Alejandro uno sguardo furente.
Quest’ultimo guardò prima Duncan dubbioso che fece spallucce, poi spostò gli occhi su Heather. «Non so di cosa tu stia parlando.»
L’ispanica riuscì in tempo a fermare la sua compagna prima che si avventasse addosso al ragazzo. «Calmati!» le sussurrò.
«No, io non mi calmo!» urlò mentre apriva i suoi pugni. Sapeva che sarebbe stato inutile cercare di scappare dalla presa di Courtney. «E tu non fare finta di niente, cascamuerto! So che stai cercando solo di farmi soffrire, spiegami cosa significa!»
Egli si drizzò a sedere e, con un cenno del capo, fece intendere al suo coinquilino che era meglio che andasse via. Così fece e prese per il polso Courtney. Nonostante non volesse farlo, lo seguì nella sua camera. Forse era meglio che parlassero.

***

Duncan si chiuse la porta alle spalle continuando a guardare Courtney. Lei era girata ma si sentiva lo sguardo del punk addosso. Era una cosa alquanto straziante.
«Potresti osservare un altro punto della stanza, per favore? Sei fastidioso.» disse facendo qualche passo avanti e arrivando di fronte alla vetrata del balcone.
«Ora che ci penso, il tuo comportamento, anzi, il nostro comportamento è molto simile a quello che c’è tra fratelli. Infatti lo siamo, ma ci siamo sempre comportati così, anche quando non lo sapevamo.» camminò anche lui e arrivò a poca distanza dalla ragazza.
«Non è vero. I fratelli non si baciano.» sputò l’ispanica. Aprì le ante del balcone e lasciò che entrasse un po’ di vento.
«Senti, Courtney, forse è meglio dimenticarlo. È ovvio che tra noi non potrà mai esserci nulla.»
«Meglio così, io non ho mai voluto che ci fosse qualcosa, tra di noi.» sibilò la ragazza torturandosi i pollici.
«Courtney, so che non è vero…» sussurrò Duncan così piano che lei non lo sentì. La prese per i fianchi e la girò e, senza lasciarla protestare, la baciò con foga. Notò la freddezza della spagnola ma non si lasciò intimidire, piuttosto continuò a baciarla per farle capire che non l’avrebbe mai ritenuta sua sorella.

***

«Come lo sai? Insomma, chi ti ha detto che io…?» Alejandro non finì la frase. Deglutì e si rese conto di aver… paura di Heather. Era davvero paura o imbarazzo, agitazione? Come avrebbe potuto spiegarglielo?
«Mark. E tu che dicevi che era un traditore. Tu sei tale quale a lui!» sbottò l’asiatica guardandolo con odio. «Spiegami tutto, veloce!»
«Cosa… cosa vuoi sapere per primo?»
«Tutto! Spiegami perché dovresti usarmi, oppure cosa centrano i miei genitori in questa storia.» si sedette sul divano sul quale era seduto anche il messicano ma dall’altro lato, in modo che non fossero vicini. Egli notò questo particolare ma non le si avvicinò.
«Io so poco e niente. Una volta mio padre mi raccontò che mia mamma avrebbe dovuto sposarsi con un altro uomo. E sì, quest’uomo è tuo padre, Takashi. Una settimana prima del matrimonio, però, lui la lasciò. Ho sempre cercato di lasciar sfuggire al mio papà il motivo, ma non me l’ha mai spiegato. Non so quanto tempo dopo, mamma ha conosciuto papà in un periodo difficile. In quel periodo, infatti, faceva uso di sostanze stupefacenti e alcool, per questo mi ha sempre vietato l’utilizzo di queste cose. Inutile dire che io, però, l’ho fatto. Questo è uno dei tanti motivi per cui papà mi ha cacciato di casa: non voleva che diventassi come la mamma. Inoltre, odiavo e odio ancora i miei fratelli. Anzi, fratellastri.» Heather aveva ascoltato con attenzione l’intero discorso e ora aveva un’espressione curiosa sul volto. «Sono miei fratelli solo dalla parte di mio padre. Lui si è sposato quattro volte circa. Josè non conosce sua madre, solo papà sa chi è ma non ha mai voluto parlarne. Quella di Carlos, invece, è morta. Successivamente sono nato io e sono quello che sa di più sulla propria famiglia.»
«Va bene, ho capito.» Heather annuì con un tono più tranquillo. «Ma non capisco perché tu abbia voluto vendicarti con me!»
«Ma è ovvio!» Alejandro urlò quasi. «Dopo la mia nascita, mia madre ha ricominciato a drogarsi e fare uso di alcool e pochi anni fa ho scoperto qual era la causa. Anzi, qual è la causa, ed è tuo padre. Non so perché ma è ancora depressa a causa sua.»
«Questo non ti obbligava a far soffrire me che non ho alcuna colpa! Sono solo sua figlia, non posso farci nulla.»
«Appunto, sei sua figlia. La cosa a cui un uomo tiene di più sono i propri figli. Soffrono loro, soffre anche loro padre. Se tu fossi stata triste, anche lui lo sarebbe stato. Questo era il mio piano …»
Heather si alzò velocemente dal divano. Le pungevano gli occhi e non avrebbe permesso al ragazzo di vederla piangere, non di nuovo. Stupida, era stata stupida ancora una volta a fidarsi di un maschio. Loro ti usavano e basta, perché non l’aveva ancora capito? Voleva correre, urlare, rifugiarsi da Courtney, piangere. Un’altra delusione, come sempre. Ma ormai era abituata alle delusioni.
Alejandro la bloccò prendendola per il polso. Heather cercò di strattonarsi dalla sua presa ma era troppo forte. «Lasciami.» cercò di dire con voce ferma e fredda prima di farsi sorprendere dai singhiozzi.
«... ma sono stato stupido e mi sono innamorato di te. Ora non voglio più farti soffrire.» Alejandro finì la sua frase. La ragazza non rispose, fissava una parte imprecisa del muro davanti a sé e aspettava che il messicano la lasciasse. Quando l’ebbe fatto, corse nella sua camera e aprì l’armadio che conteneva i suoi vestiti.

***

I quattro erano rimasti a discutere su ciò che era successo per altre tre ore. Roberto si era offerto per riportare Samantha a casa. Più che un’offerta, sentiva che quello era un dovere, il suo dovere. Era il minimo che potesse fare: si conoscevano da anni, erano stati fidanzati e l’aveva fatta anche soffrire, si era disturbato per andarla a prendere e ora doveva anche riaccompagnarla, non aveva intenzione di lasciarla nelle mani di Drew, nonostante fosse suo marito. Non avrebbe mai immaginato che potessero sposarsi. L’uomo sapeva che non si amavano sul serio, sapeva che vivevano nella stessa casa solo per farsi compagnia, in un certo senso.
Carla non avrebbe voluto che suo marito accompagnasse quella donna. Aveva paura che, in un modo o nell’altro, facendogli il lavaggio del cervello, potesse convincerlo a lasciarlo, ma sapeva che Roberto era troppo difficile da convincere. E poi l’amava, amava lei e sua figlia… Già, sua figlia. O almeno era quello che lui pensava. Si levò dalla testa quel pensiero. Courtney poteva avere un sangue diverso da quello di Roberto, ma era lui che l’aveva cresciuta e vista crescere, non Drew. Fino a poche ore prima, Courtney non l’aveva nemmeno mai visto.
Forse, Carla in realtà non voleva rimanere sola proprio con quell’uomo. L’idea di stare in quella stanza con lui le faceva percorrere un brivido lungo la schiena. Gli argomenti di discussione erano molto limitati, con lui. E questo le faceva paura. Non perché fosse stupido e non potesse parlargli liberamente, affatto. Anzi, era anche troppo intelligente e subdolo. In realtà, sapeva che Drew voleva parlare della loro situazione, della sua vita prima che lo rincontrasse, di quella dei loro figli. Di loro figlia.
«Ora che tuo marito non è qui, possiamo parlare liberamente.» Ecco, appunto. «Non negare l’evidenza, l’evidenza per me. So bene che Courtney …»
«Non dirlo, nemmeno per scherzo. Ciò che vuoi dire è vero ma non avrà mai il coraggio di dirlo. Mi viene la nausea solo a pensarci. Sappi che per lei non sei nessuno.» sputò Carla. Non lo guardò, non ne aveva il coraggio.
«Hai paura di dire cosa? Che Courtney è mia figlia?» Carla digrignò i denti, era evidente la sua rabbia. Drew ne fu felice e sul suo volto si dipinse un sincero ghigno.
«Non voglio parlarne. Piuttosto, quando hai intenzione di andartene?»
Egli sospirò. «Ora che siamo soli e soletti e possiamo parlare, mi mandi via? Se proprio vuoi, parliamo d’altro. Come stanno Takashi e tua sorella?» sorrise.
Carla spalancò gli occhi e finalmente lo guardò. «Non chiamarla così, non vuole essere chiamata così.»
L’uomo aggrottò la fronte. «E perché?»
Lei chiuse i pugni e sentì le sue unghie infilarsi nella carne dei propri palmi. «Sai che mia madre ci odia e ci reputa degli essere schifosi perché… bè, perché io sono stata con te e perché lei ha sposato un asiatico.»
«Oh, giusto, tua madre è razzista!»
«Ma papà non lo era, altrimenti non avrebbe mai dato a Mineko un nome giapponese. Nostra madre non si è mai più fatta vedere né sentire, ci disse che non dovevamo mai provare a rintracciarla. E noi così abbiamo fatto. Ci disse di non pensare più a lei come una mamma, di sapere che non abbiamo una mamma, e non avendo una mamma noi non siamo nemmeno sorelle. E poi sarebbe inutile dire a Courtney della sua parentela con Heather, ha già troppi problemi.»
«Ma prima o poi dovrai dirlo. Il prima possibile, non vorrai mica che tua figlia ti odi, vero?»
«Lo so, ma per ora è meglio stare zitti. Quindi taci e lasciala stare. Non avvicinarti a lei, non dirle nulla, nemmeno che è tua...»
«Ho capito.»
Drew si alzò dalla sedia e prese il suo cappotto poggiato sull’appendiabiti nel soggiorno. Si girò e guardò Carla. «Ti saluto, non abbiamo nulla da dirci. Comunque, sappi che verrò a trovarti. No, non è una minaccia, non preoccuparti.» rise notando la preoccupazione sul viso della donna. «Carla, tu vuoi far soffrire tua figlia?»
Lei sgranò gli occhi. Che cavolo di domanda era? La risposta era ovvia! E poi cosa centrava? «Mi sembra chiaro che la risposta è no.»
«Bè, sappi che comportandoti così lei soffrirà, e tanto. È palese che Courtney sia innamorata di Duncan e lui viceversa, ma ora che pensano di essere fratelli il loro amore è impossibile. Se non dirai a Roberto, Samantha e loro che Duncan è nostro figlio, lei soffrirà. E non credo che tu voglia vederla piangere, vero? E ora, con permesso.» detto questo si chiuse la porta alle spalle.
Il suo ragionamento non fa una piega.










Salve a tutti!
Sono tornata, un po' in ritardo rispetto a prima, ma sono tornata. Purtroppo per voi.
I problemi aumentano sempre e il titolo della storia si fa sempre più chiaro.
Non ho nulla da dire riguardo alla storia. Questo capitolo è più corto rispetto al primo, forse contiene più informazioni.
Nonostante questo, spero che vi sia comunque piaciuto e che recensiate. :)
Ringrazio ancora tutti voi che mi supportate e mi invogliate a scrivere.
Ora una domanda completamente no sense: quando pubblicate una storia, che tipo di font usate? Mi sono stufata di usare sempre questo e non so quale utilizzare.
Alla prossima, malec.

   
 
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