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Autore: shesfelix    23/04/2013    3 recensioni
Aveva gli occhi chiusi, sin da quando lo avevano fatto stendere e legato su quel lettino grigio, stretto e scomodo. Cercava di rilassarsi, nonostante l’eco dell’avanzare della lancetta dell’orologio appeso alla parete alla sua destra risuonasse in quella stanza di quattro metri per tre scarsi, insinuandosi nella sua mente senza farsi opporre resistenza.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva gli occhi chiusi, sin da quando lo avevano fatto stendere e legato su quel lettino grigio, stretto e scomodo. Cercava di rilassarsi, nonostante l’eco dell’avanzare della lancetta dell’orologio appeso alla parete alla sua destra risuonasse in quella stanza di quattro metri per tre scarsi, insinuandosi nella sua mente senza farsi opporre resistenza. Alla sua sinistra, invece, vi era una tenda bianchissima. Sapeva cosa nascondeva, ma preferiva non pensarci, non osservarla ulteriormente: non voleva conservare come ricordo quella visuale fredda e apatica, né la luce accecante –anch’essa bianchissima- che lo sovrastava, come nelle sale operatorie. In effetti, lì dentro era tutto candidissimo (sembrava che la camera risplendesse di luce propria), fatta eccezione per i tatuaggi neri più delle notti senza stelle.
Era tutto studiato nei minimi particolari per farlo sentire a disagio, come se quello o qualsiasi altro luogo al mondo non potesse essere il suo posto; per persuaderlo che era lui il colpevole e che si era macchiato di uno sporco peccato.
 
«Zayn, basta!» urlò Allison mentre rideva a crepapelle, cercando senza forze di liberarsi dalla stretta del suo ragazzo, aiutandosi con le lenzuola. Aveva le lacrime agli occhi.
«Devi implorarmi» ribatté lui, rincarando la dose di solletico.
«Abbi pietà di me, ti prego! Non avrai più la ragazza, di questo passo; morirò dal ridere!»
«Così va meglio» sorrise esultante, le baciò la guancia, e si stese sul letto.
Lei appoggiò il capo sul petto, tirando su il lenzuolo per coprire entrambi dopo la notte passata ad amarsi, accarezzandoglielo. Zayn la osservò, mentre affondava dolcemente le dita nei suoi capelli castani, colpiti dai raggi del sole mattutino. Dio, quanto l’amava. Avrebbe voluto morire tra le sue braccia. Allison gettò un urlo, appiattendosi a lui.
«Zayn Jawaad Malik, lei è in arresto!» urlarono i poliziotti irrompendo nella stanza e ammanettandolo.
 
Udì la porta –l’unica fonte di aria fresca e pulita- aprirsi e l’entrata di personale vario. Zayn si costrinse a guardarli: erano i tre agenti penitenziari che lo avevano portato in quella camera, due uomini distinti in abito scuro con penna e bloc notes con moduli da compilare, due signori in camice bianco –che poi scoprì l’anestesista e un dottore. Subito quel parallelepipedo si riempì, e lui cominciò ad avvertire un senso di oppressione (cosa che si era ripromesso di non fare accadere assolutamente).
 
Erano da cinque minuti seduti l’uno di fronte all’altra, senza proferire parola. A dividerli era solo una lastra di vetro. Zayn era emozionato: dopo due settimane d’isolamento, gli avevano concesso una visita di mezz’ora da parte di un familiare e lui aveva scelto d’incontrare la sua unica ragione di vita. Aveva solo lei al mondo.
Allison lo guardava con gli occhi rossi e velati dal pianto. Quanto avrebbe voluto scavalcare quel divisorio per abbracciarla, asciugarle le lacrime, consolarla e dirle che andava tutto bene; a non poteva: quella guardia robusta lo guardava minacciosa, studiando ogni suo movimento e violando quegli attimi intimi e preziosi.
Prese la cornetta, portandola alle labbra, e così fece tremante la sua ragazza.
«Ciao, Allie, quant’è bello vederti» disse accennando un sorriso, emozionato.
«Ciao, Zayn…» rispose lei con voce rotta.
«Non avrei resistito ancora per molto, senza sentire la tua voce. Hey, piccola, che succede? Piangi?» chiese  vedendo che aveva abbassato il capo, rattristandosi. Piangeva a causa sua. quanto si odiava in quel momento.
«È che mi manchi…» singhiozzò lei, con le lacrime che non la smettevano di scendere.
«Su, amore mio, su… Vedrai che l’avvocato saprà come farmi uscire di qui… Anche tu a me manchi»
«Qui è bruttissimo… Tu sei dimagrito, ti è cresciuta troppo la barba; e quei lividi…» continuò a singhiozzare «Là fuori fa così paura senza te»
«Allison? Allie, ascoltami» disse lui con voce ferma, anche  se dentro stava morendo «Tutto ciò che c’è lì fuori non deve spaventarti, anche se mi hanno chiuso qui dentro, perché tu puoi farcela. E noi possiamo affrontare altre e ancora altre situazioni difficili, anche più di questa, ma solo se ci credi. Me lo prometti?» domandò poggiando la mano sul vetro.
Lei poggiò piano la propria dall’altra parte. Zayn poteva quasi percepire il suo calore.
«Te lo prometto, amore» sussurrò tranquillizzandosi e sorridendogli lievemente. «Di cosa ti accusano?»
«Di aver fatto saltare in aria quel bar in centro; di terrorismo, ecco di cosa»
 
«Zayn Jawaad Malik, nato a…» cominciò a leggere la sentenza uno dei funzionari in abito scuro, dopo che le guardie ebbero aperto la tenda.
Non aveva voglia di ascoltare.  Desiderava che quell’attesa snervante finisse, così non avrebbe sentito più tutto quel dolore per la lontananza da Allison.
Il funzionario terminò il suo discorso, e Zayn vide l’anestesista insinuargli l’ago nel polso. Il battito del cuore cominciò ad accelerare, nonostante respirasse a fondo per restare calmo.
Al di là della vetrata, c’erano un centinaio di occhi puntati su di lui. Erano venuti a vedere la sua fine e non se ne meravigliava: il suo caso era diventato il più discusso in America, e in tutto il mondo. Voltò il viso verso gli “spettatori”. Voleva guardarli in faccia, uno a uno, così che potessero ricordare, un giorno, di aver guardato negli occhi un innocente. Ma lì tra la folla c’era anche qualcuno che conosceva, la persona che più gli stava a cuore, per cui avrebbe dato la vita, lacrimare disperata. Sgranò gli occhi. Non doveva trovarsi lì.
«Allison…» sussurrò mentre le iridi gli si inumidivano.
 
“Posso sentire la sua voce, vederla?” aveva chiesto lui con un briciolo di speranza, tramutatosi in felicità quando poi gli avevano accordato l’ultimo desiderio. Dopo tre mesi da suo arresto Dopo tre mesi da suo arresto Dopo tre mesi da suo arresto Dopo tre mesi da suo arresto Dopo tre mesi da suo arresto era stata emanata la sentenza, che lo aveva travolto come un uragano. L’avvocato aveva fatto il possibile ma tutto era contro di lui. Non poteva più opporsi.
Quel pomeriggio stesso gli permisero d’incontrarla, per l’ultima volta dopo la prima e ultima visita ricevuta. Lo avevano portato in una stanza del carcere, gli avevano tolto le manette; non c’erano guardie, ma sapeva che lo stavano controllando, ad ogni modo. Dopo qualche minuto d’attesa, ecco aprirsi la porta e Allison comparire. Era bellissima più di quanto la ricordasse – col tempo i volti sbiadiscono e le voci si dimenticano. Sembrava più serena della volta precedente, nel suo allegro vestito a fiori. Subito Zayn scattò in piedi e in due passi le fu davanti sorridendo. Lei lo abbracciò forte, lui la strinse a sé. Quanto gli era mancato quel calore, quel profumo, quella pelle. Rimasero così per qualche minuto, poi andarono a sedersi al’unico tavolo al centro di quella stanza grigia.
«Zayn, amore mio» gli accarezzò il viso emozionata, facendo attenzione ai lividi.
Lui chiuse gli occhi, inspirando a fondo. Il suo tocco… Appoggiò la mano sul piccolo arto dalle dita affusolate e lo portò alle labbra, lasciando sulla pelle vellutata –in confronto alla sua, ruvida e disidratata- baci leggeri.
«Allison» sussurrò tra un bacio e l’altro rocamente, intrecciando le mani. «Dio, quanto ti amo»
«Anch’io, ti amo. Chi ti ha fatto questo?» chiese con voce rotta.
«Le guardie… ma non m’importa: ora sono qui, con te»
«Io ti porterò via di qui, te lo giuro. Devo»
«Non giurare, Allison…»
Lo abbracciò di scatto.
«Io impazzisco, senza te»
«Anch’io… Ma siamo qui» sussurrò affondando le dita tra i suoi capelli. «Io non posso pensare che questa è l’ultima volta che…»
«Zayn…?» lo interruppe con voce flebile.
«Sì, piccola?»
«Sono incinta»
 
Lei era lì, al centro della prima fila, che lo guardava con occhi gonfi e rossissimi, i capelli disordinati e il viso sconvolto; stringeva in un pugno granitico un fazzoletto ormai distrutto che con tutta probabilità non era mai stato utilizzato. Tremava, sussurrando qualcosa che non riusciva a capire.
Era così tanto preso da Allie che non si accorse nemmeno che gli avevano applicato un’apparecchiatura monitorante i battiti del suo cuore –ormai irrefrenabili- e che gli stavano iniettando il siero mortale. Sentì scorrere nelle vene un liquido gelato, che prese a percorrere lentamente tutte le diramazioni all’interno del suo corpo. Cominciò a tremare, gli occhi gli si inumidirono ulteriormente.
Non avrebbe dovuto vedere: avrebbe fatto male, sia a lei che al bambino.
I brividi lo percorrevano da capo a piedi; era solo, nella stanza; quasi non riusciva a muoversi. Avvertiva il cuore inaridirsi, gelare. Bip… bip… bip…
«Allison, ti amo» provò a dire. Bip… b…
Gelo; buio; niente.




Os ispirarta a un episodio di CSI. Spero che sia stata di vostro gradimento e mi farebbe piacere se lasciaste una vostra recensione. La dedico alla mia cipo @catchmemalik. ajkasjhdshdjjkjads <3
  
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