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Autore: Yanothing    23/04/2013    1 recensioni
La mia prima ff basata a grandi linee su una storia vera.
Un amicizia che comincia all'età di sedici anni, periodi molto difficili, problemi con alcool e farmaci, il mondo della musica punk-rock, un amore sano e puro, continue sfide che si infrangono contro le vite dei personaggi, sopratutto contro la vita dell'eterno giovane Billie.
"Portami indietro a un’ora fa, il tempo sta fermo mentre gli anni passano".
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adrienne Nesser Armstrong, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'aereo prese velocità sull'asfalto caldo dell'aeroporto di Oakland e una volta decollato si lasciò la pista alle spalle allontanandosene sempre più velocemente, finché riuscii a distinguere solo gli edifici più imponenti di quella città che non avrei visto per un po' di tempo. Ero nuovamente in viaggio per una nuova esperienza, vivere a Broadway e fare l'attore, credevo molto in quel progetto, credevo molto in ciò che stavamo portando avanti, eppure avevo il presentimento che quei mesi non sarebbero stati i migliori della mia vita.
I giorni passavano lenti tra le mura di quel piccolo appartamento a Broadway, la routine er ancora più noiosa di quella che portavo avanti ad Oakland.
Mi alzavo dal letto solo all'ora di pranzo a causa del languorino allo stompaco, dopo un povero pasto congelato riascaldato al microonde mi infilavo in doccia per almeno un'ora rimanendo sotto l'acqua che scorreva con la stessa apatia con cui mi reggevo in piedi sul freddo piatto in ceramica, poi uscivo, mi avvolgevo un asgiugamano attorno alla vita e giravo per l'appartamento lasciando ogni tanto qualche gocciolina sulla moquette a trama gialla e rossa, tiravo fuori una delle mie tute e mi vestivo, lasciavo che i capelli mi si asciugassero addosso mentre aspettavo che si facesse l'ora di andare al teatro guardando programmi ben poco interessanti alla tv, poi mettevo le scarpe e uscivo in strada col giubbotto chiuso fin sopra la bocca per il freddo pungente che arrossava le mie guance in quel modo così fastidioso. C'era sempre una macchina ad aspettarmi sul lato opposto della strada che mi portava in teatro, arrivato lì mi mettevo i vestiti di scena, mi truccavano e sistemavano i capelli, facevo lo spettavolo prendendomi tutti gli applausi e l'entusiasmo del pubblico, mi rimettevo la mia tuta, tornavo al mio appartamento, mi invilavo a letto e la notte passava lenta e sileziosa.

Guardai la sveglia sul comodino e sospirai, era ormai una settimana che non riuscivo a dormire bene, era ormai una settimana che nella mia vita erano entrati quei demoni di mia spiacevole conoscenza.
Ero ancora forte, potevo resistere senza medicinali, senza l'aiuto di niente e di nessuno. Eppure quel flacone di sonniferi mi osservava con quel suo fare da diavolo tentatore, cominciai a sudare freddo e la voglia di dormire cominciava a crescere insieme al bisogno fisiologico del mio corpo di riposarsi, ma le palpebre sembravano non volermisi abbassare.
Presi il cellulare e la foto di Adie con i ragazzi mi illuminò il viso, sorrisi malinconico mentre la mia ombra si proiettava sulla parete alle mie spalle, come un enorme demone che cresceva a dismisura, come uno sconosciuto che ti si avvicina in un vicolo buio di un brutto quartiere, cresceva, cresceva, e continuava, nutrito dalla mia debolezza, dalla mia fragilità, una cosa era certa, non avrei permesso che quel demone sovrastasse le vite delle persone a me più care. Pensai di chiamare Frank, avevo bisogno di un amico con cui parlare, ma l'orario mi faceva essere un po' incerto, dovetti aspettare cinque buoni minuti prima di convincermi a farlo. Il telefono squillò per un po' di tempo, ma nessuna risposta, sicuramente i miei dubbi erano fondati e lui stava beatamente dormendo.
Mi alzai e mi trascinai in bagno, avevo delle profonde occhiaie che non riuscivo più a sopportare, che non riuscivo più a vedere sul mio viso, mi invecchiavano, mi imbruttivano, sembravo un sonnambulo che non dormiva da giorni, invece la mia insonnia era una cosa da niente, era una cosa da qualche ora in più svegli la notte, così dicevano i dottori, bastava una pasticca ogni tanto e avrei dormito tranquillamente, ma loro cosa ne sapevano? Cosa ne potevano sapere che poi io non avrei solo dormito grazie alle moltitudini di medicine che mi avevano prescritto, ma che avrei anche cominciato a viverci? Ero sempre stato un uomo tranquillo, solare, sorridente, da ragazzo ero un tipo dal carimsma trascinante, dall'umorismo travolgente, e ora ero qualcuno che nemmeno io riuscivo a riconoscere, non sapevo come gli altri non si accorgessero che quello che vedevano non era il vero Billie Joe, non lo potevo capire.
"Al diavolo!"
Tornai in stanza e mi accorsi a prendere il flacone sul comodino, lo aprii facendo leva sul tappo con i pollici e sentii un flop, poi il tappo cadde a terra adagiandosi sulla moquette, presi due sonniferi e li ingoiai sentendoli raschiare contro le pareti della gola, per aspettare che facessero effetto presi il mio fedele quadernetto nero insieme ad una penna, ma qualche minuto dopo ogni mio tentativo di scrittura risultò vano poiché le palpebre cominciavano a farsi pesanti e finalmente sentivo i nervi rilassarsi, sentivo il corpo abbandonarsi al sonno e così anche la mia mente.
Fu una notte tranquilla e al mattino mi svegliai col sorriso stampato sulle labbra, era proprio vero che il sonno è un rimedio per molti malesseri e malumori, però quel sonno era finto, era dettato dalle sostanze contenute nei sonniferi, però la mia mente assuefatta da quel meraviglioso riposo si convinse che potevo trovare benefici in tutte quelle pasticche di diversa forma e colore, mi convinsi che potevo imparare a farne buon uso, non ragionavo da ex tossico, ragionavo da normale persona che soffre di insonnia, avevo cancellato o meglio rifiutato il ricordo di quei giorni di parecchi anni fa, dimenticando cosa stavo per passare se avessi ripreso quella direzione.

  
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