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Autore: Una Certa Ragazza    23/04/2013    4 recensioni
Si possono fare tante cose, per noia: commettere errori trascurabili come tirare sassi dai cavalcavia, oppure iscriversi ad un corso di pilates, o ancora trovarsi un hobby che preferibilmente coinvolga un ambiente tranquillo in cui farsi nuovi amici.
Per noia, Rossana inizia una rivoluzione.
Proponendosi di diventare paladina degli umili e degli indifesi - ovvero, senza allargarsi troppo, di coloro che non hanno vestiti firmati e non sono proprio degli adoni - Rossana sfrutta un'arma che internet le ha gentilmente concesso: Spotted.
Nella rete, Rossana si entusiasma, si perde, si ingarbuglia. E rischia di non accorgersi che - forse - qualcuno la sta cercando nella vita reale...
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
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Ciao a tutti! Signori, il fatto che io continui ad essere puntuale è quasi commovente, al punto che per commemorare questo record ho fatto iniziare la storia di Rossana di martedì, come apparerà evidente in questo capitolo.
Ma basta con le solite ciance sul giorno in cui aggiorno, prometto che la pianto qui.
Grazie a tutti per essere qui, sono molto contenta che leggiate questa storia! Beh, viva la banalità: se uno non sognasse di essere letto non pubblicherebbe su EFP...

Ad ogni modo, commento al capitolo precedente: mi sono divertita molto a scriverlo, perché ho scoperto che Rossana è un personaggio che mi piace molto sviluppare. Non ho mai scritto una storia di questo tipo prima d'ora, come forse ho già detto. Di solito scrivo romanzi brevi, e anche l'unica cosa davvero lunga che ho buttato giù (e mai finito, almeno per il momento) è condita di una quantità oltraggiosa di avvenimenti che si accavallano l'uno sull'altro, creando poco spazio per le riflessioni dei personaggi. Invece, in questi capitoli, gran parte della narrazione è costutuita dai pensieri di Rossana, e devo dire che questo nuovo rapporto tra gli elementi che costituiscono la storia rappresenta per me una sorta di "sfida".
Insomma, volevo che mi diceste cosa ne pensate. Ho trasformato i pensieri di Rossana in un brodo noioso e senza senso oppure c'è del buono in tutto questo?
Passando alle vere e proprie notizie tecniche riguardo al terzo capitolo, ho cercato di montare un plausibile excursus psicologico per far arrivare Rossana alla sua decisione. E' uno dei motivi per cui ho speso parecchie pagine nell'introdurre i personaggi, ma non è il solo: innanzitutto volevo creare una protagonista solida, con una certa personalità e un pattern di pensiero che fosse suo. In poche parole, un personaggio con una sua "voce". Vi prego di credere che quasi nulla negli ultimi tre capitoli è stato inserito a caso (almeno, nelle mie intenzioni è così): i fucili di Cechov sono puntati su di voi XD.
Ho scritto il finale più che di getto, con un certo gusto per il suicidio perché di solito penso molto alle frasi che voglio scrivere, e se non lo faccio mi scompenso. Da quello che mi ha detto chi ha letto il racconto è stata invece la parte più apprezzata, ne sono felice!
Ho intenzione, in questo romanzo, di creare una fitta rete di rimandi. Libri, film, fumetti e chi più ne ha più né metta. C'è un motivo per cui lo faccio che al momento non vi svelerò: se riuscirò nel mio intento sarà bello scoprire i perché da soli, se non ci riesco... Beh, nessuno si sarà fatto male ;)

Inserirò i disegni di questo capitolo il prima possibile, è solo che in questo momento sto avendo qualche problema con internet e per riuscirci dovrò fare qualche maneggio con un paio di computer. Abbiate fede!


AGGIORNAMENTO: Ecco qui! La casa di Emma e Rossana e qualche oggetto sparso in giro da quest'ultima... ve l'avevo detto che avrei cambiato soggetto XD
Casa di Emma e RossanaOggetti sparsi da Rossana
E adesso, al capitolo! Grazie a tutti e a presto!





CAPITOLO 4

Gli strumenti del potere

 

"Ho vissuto annoiato in un mondo che non cambiava mai,

ma nemmeno la disperazione poteva distogliermi dalle mie bugie.

Però ho ottenuto... Il potere! E ora..."

 

"Code Geass R1", episodio 1

 

La parte difficile era raccogliere informazioni.

Rossana se n'era accorta la sera prima, quando aveva iniziato a navigare su internet alla ricerca di intelligence su questa tale Hanna Sunders e su quei pochi altri fuori casta che conosceva: era praticamente impossibile scoprire qualcosa su di loro a meno di non avere il loro contatto su qualche social network. O a meno che non avessero fatto qualcosa di sufficientemente spettacolare da meritare qualche menzione sul web.

Fortunatamente, benché ben lontana dall'essere un hacker, Rossana era in grado di svolgere ricerche in maniera efficente, e ora aveva abbastanza materiale su cui lavorare, almeno per quanto riguardava un paio di persone.

Rimise in borsa il portatile – aveva approfittato della colazione per cercare ancora un paio di dettagli – e si diresse senza fretta verso la fermata dell'autobus.

Fuori la aspettava una primavera improrogabile.

Forse era arrivata con un leggero ritardo, visto che era già la prima settimana di aprile, ma l'aveva fatto con tutta la decisione di un'idea trattenuta troppo a lungo.

Sul viale davanti a casa sua c'erano alcuni ciliegi rachitici e con il tronco annerito, ma i loro fiori, di quel rosa così fuori posto, avevano lo stesso trovato il modo di spuntare. Rossana quasi provò l'impulso di salutarli, segno che in fondo condivideva davvero parte dei suoi geni con Emma.

L'autobus era, come sempre, vergognosamente pieno.

Mentre sgusciava verso qualche centimetro di spazio libero, una voce la colse alle spalle: «Sana!»

Rossana, per quello che poteva, torse il collo per vedere chi avesse parlato. Anche se lo sapeva già.

«Oh.» fece, mentre il mezzo aveva uno scossone improvviso e lei si aggrappava ad una maniglia «Ciao, Giacomo.»

Già... Facendo Ingenieria Giacomo faceva quasi la sua stessa strada, e di tanto in tanto prendeva il suo stesso autobus. Avrebbe anche potuto ricordarselo.

«Allora, come va?» domandò lui con un sorriso acceso, avanzando finché non riuscì ad arrivare davanti a lei. Aveva il portamento di chi riesce ad essere sicuro di sé stesso senza pretendere troppo dal resto del mondo, e questo Rossana un po' glielo invidiava.

«Va.» replicò lei, sorridendo a sua volta e allo stesso tempo cercando di non fissare con troppa intensità o con troppa fantasia niente che appartenesse a Giacomo. Da quando era diventato così difficile? «Meglio del solito, devo dire.»

Altro scossone. Giacomo si puntellò contro le pareti dell'autobus per non cadere, e il suo braccio arrivò a pochi centimentri dal viso di Rossana, la sua mano bloccava qualche ciocca dei suoi capelli.

Rossana si accorse che stava trattenendo il respiro, ma non era più una ragazzina di terza media: con nonchalance si scostò leggermente, per quello che la massa di gente permetteva.

C'era qualcosa di orribilmente intimo nel modo in cui due persone possono sfiorarsi su un mezzo pubblico, specialmente se una di quelle persone sei tu e l'altro è il ragazzo di tua sorella, che disgraziatamente non ti è del tutto indifferente.

Come se un tocco potesse attraversare la pelle e arrivare fino alle ossa, bruciando un po'.

Giacomo parve non essersi accorto di niente – del resto di cosa avrebbe dovuto accorgersi? – e chiese: «Hai sentito che i Transamerica fanno un concerto al Pueblo?»

Rossana incrociò le braccia. Adesso la situazione era decisamente sotto controllo, non ci voleva poi così tanto «Sì, me l'ha detto Simona. Penso che ci andrò.»

«Beh, già che ci siamo andiamoci assieme.» suggerì Giacomo, alzando la spalla del braccio libero.

«Ad Emma non piace quella musica.» rispose Rossana, laconica. Si rese conto che c'era una nota di ammonimento nella sua stessa voce.

«Lo so, ma di sicuro non si arrabbierà se noi ci andiamo.» ribatté il ragazzo, quasi con allegria «Anzi, conoscendola potrebbe fin prendersela perché non siamo andati.»

«Già.» Rossana, monotona, monocorde, si sistemò un po' la fascia «Domani chiederò ad Ippolito, di certo vorrà venire anche lui.»

Inspiegabilmente, Giacomo la inchiodò con uno sguardo che Rossana classificò immediatamente come ironico. Dopo, successe tutto talmente in fretta che lei non poté essere sicura di averci visto giusto: vide Giacomo girare la testa di profilo e avvicinarsi ancora di più a lei, così tanto che se Rossana avesse sporto appena un po' la testa in avanti sarebbe arrivata a toccare la sua spalla.

Trasalì, per poi accorgersi che Giacomo aveva riempito la distanza tra di loro solo per permettere ad una grassa signora con un vestito a pois di sistemarsi dietro di lui.

L'autobus era pieno, cosa bisognava farci...

Rossana quasi sospirò di sollievo, ma quel ragazzo continuava ad essere vicino. Era troppo, troppo vicino.

Staccò a forza i suoi occhi da quelli di Giacomo, di quell'azzurro così perfetto, così irritante, e si concentrò sulle persone che li circondavano e sulla città che scorreva fuori.

Accanto al finestrino c'era un ragazzino con una cartella blu, che aveva un game boy tra le mani e un'espressione talmente concentrata sul volto che si sarebbe detto che stesse salvando la razza umana; ogni tanto, però, alle sue labbra affiorava un sorriso, come se fosse il custode di una specie di segreto che solo lui conosceva.

L'anziano piantato in mezzo al corridoio sembrava un vecchio soldato messo a guardia dell'obliteratrice, perché guardava con un guizzo di sospetto chiunque si avvicinasse, cosa che in realtà non sembrava avere molto senso. La donna obesa dietro Giacomo aveva con sé almeno quattro sacchetti della spesa pieni di insalate e pomodorini e frutta.

Signora, non poteva mettersi a dieta prima di salire su questo autobus?

Se avesse ignorato Giacomo ancora a lungo sarebbe parso un atto di scortesia premeditata, e benché generalmente non si facesse il problema di cosa gli altri avrebbero pensato di lei, spostò ancora una volta la sua attenzione sul ragazzo.

«Dunque» cominciò a parlare, come se avesse sempre avuto intenzione di riprendere un discorso lasciato in sospeso «per il concerto potremmo metterci d'accordo stasera.»

«Oh, già, che c'è il mercoledì universitario...»

Un muscolo si contrasse all'angolo di un sopracciglio di Rossana, cosa che succedeva sempre quando un'affermazione evocava un pensiero blandamente irritante. Non le piaceva l'espressione "mercoledì universitario", forse per via dell'esistenza di tutti i martedì, i giovedì e i venerdì universitari di questo mondo: era una dicitura che cancellava qualsiasi eccezionalità, qualsiasi aspettativa che si potesse avere riguardo a quelle serate.

Ad ogni modo, era un pensiero molto ozioso.

«È irritante, vero?» fece Giacomo dopo qualche secondo di silenzio.

«Che cosa?»

«Il fatto di parlare di mercoledì universitario.» Giacomo parlava e Rossana intanto guardava la linea definita che separava la sua maglietta, le sue spalle, il suo tutto dal resto del pullman «Sono due anni che sto qui e non ho ancora capito che cazzo significhi.»

Il fatto era che lei e Giacomo andavando d'accordo su troppe piccole cose.

Per fortuna il paesaggio fuori dal finestrino era diventato un lungo caseggiato rosso mattone, il che significava che la sua fermata si stava avvicinando.

«A stasera.» a Rossana parve di sfrecciare verso la porta, anche se in termini di tempo reale sapeva – razionalmente – di essere andata alla velocità di un bradipo.

Era in momenti come questi che ad un tratto si incantava ad immaginare un'ascia, ben stretta nel suo pugno, con cui liberarsi di tutti quelli che si mettevano sul suo cammino.

«Ciao.» la salutò Giacomo, che adesso si era appoggiato con le spalle al finestrino, più o meno dov'era lei poco prima.

Mentre scendeva, le sembrò di vedere di nuovo sul suo volto quel sorriso ironico e affilato di prima. Beh, saranno stati problemi suoi, supponeva.

Lei invece era piuttosto allarmata dalle sue reazioni, che diventavano sempre più fuori luogo ogni volta che vedeva Giacomo.

Fece il breve tragitto che la separava dall'Università tormentandosi una ciocca di capelli e considerando nell'insieme quello che era ormai un fatto: le piaceva il ragazzo di Emma, e aveva avuto modo di accorgersene nel giro dell'ultimo mese. Era, più che altro, una specie di attrazione che volente o nolente – in realtà, per quello che la riguardava, decisamente controvoglia – la portava ad agire in conseguenza della sua esistenza.

Il motivo stesso per cui ad un certo punto aveva smesso di considerare il ragazzo, sull'autobus, era che lo stava considerando, quindi in sintesi ogni sua azione durante il viaggio era stata dettata dalla presenza di Giacomo.

Tuttavia ci mise pochi minuti a decidere che il problema non si poneva neanche: la felicità di Emma aveva per lei una precedenza talmente assoluta che non aveva neppure bisogno di essere evocata. Non era un pretesto, era un fattore già inserito nel calcolo, imprescindibile, immutabile. Quanto a lei... beh, la sua era proprio una cotta sciocca.

Era stata innamorata, una volta, e questo non era niente in confronto.

 

Questa volta Rossana si diresse dritta verso le prime file. Non perché le convenisse, anzi avrebbe fatto molto meglio a sedersi dietro a tutti, in modo da poter pistacciare indisturbata sul computer per l'intera lezione, ma per poter vedere come stava Andrea, se aveva letto il post e cosa ne pensava.

Sapeva di non avere il distacco o l'umiltà necessari a non aver bisogno di osservare i frutti della propria penna, ma non se ne preoccupava più di tanto.

"L'assassino ritorna sempre sul luogo del delitto" le venne in mente per qualche ragione sconosciuta, mentre si sedeva al contrario sulla ribalta del banco e sistemava i piedi sulla sedia, così da poter guardare l'ingresso.

Il grande interrogativo della mattina, quello che l'aveva fatta alzare dal letto con un entusiasmo senza precedenti, trovò risposta non appena Andrea entrò nell'aula con un sorriso che sembrava disegnato da un bambino, tanto era grande.

Simona, l'altra fedelissima di Rossana lì all'Università, faticava a tenere il passo dell'amico, mentre lui si fiondava giù per le scale.

«Ciao Sana!» esclamò Andrea non appena la raggiunse, togliendosi la vecchia kefiah che portava anche a luglio. Poi esitò, e Rossana lo conosceva abbastanza per sapere che voleva pazzamente raccontarle cos'era successo ma allo stesso tempo non voleva apparire presuntuoso.

In ogni caso Simona, grande urlatrice, gossipara di classe A nonché chiaccherona ufficiale del gruppo, lo tolse dall'impaccio seduta stante: «Lo sai cos'è successo? Andrea è stato SPOTTATO!»

Aveva detto l'ultima parola a voce talmente alta che parecchie persone, anche distanti quattro o cinque file, si voltarono verso di loro.

«Ma non mi dire.» Rossana accompagnò le sue parole con una specie di ghigno affettuoso rivolto ad Andrea.

«Oh, lo sapevi già.» si rese conto Simona, un po' delusa.

«Certo. Con Emma in casa, ieri non ne ho visto la fine!» disse Rossana, sporgendo leggermente il mento in avanti. Assestò un pugno leggero sul braccio di Andrea «Che dire, carismatico violinista... Non farne cadere troppe ai tuoi piedi, o non ti resterà più tempo per noi.»

«Sana, devo proprio chiederti aiuto.» iniziò Andrea, sorridente. In quel momento il professore entrò e fece cenno di sedersi, così il ragazzo prese posto accanto a lei e abbassò il volume della voce «Devi aiutarmi a trovare questa ragazza, ti prego.»

Rossana alzò un sopracciglio, vagamente stupita. Questa, poi, oltre ad essere ironica era pure inattesa...

«Io?»

«Sì!» la incalzò Andrea, con tutta la foga che si poteva trasmettere in un bisbiglio «Tu sai come sono fatte le persone, inutile negarlo.» piegò un angolo del suo quaderno degli appunti e poi cercò in tutti i modi di farlo tornare com'era prima, senza successo «Insomma, se non chiedo a te non so chi mi può aiutare a rintracciarla.»

«Dunque vuoi che, basandomi su quello che ha scritto, io riesca a trovarla in mezzo ad altre centocinquanta persone, sempre ammesso che frequenti il nostro stesso corso?»

«Lo so, lo so» fece Andrea, alzando un po' le mani come per dire che si arrendeva «ma tu hai la vista lunga...»

Rossana sbuffò una risata bassa, mentre le parole del professore scivolavano sul fondo «Le lusinghe non ti porteranno da nessuna parte, lo sai. E poi, questa ragazza non ha detto che vorrebbe fossi tu a capire chi è?»

«Sì, ma...»

«Ma è difficile.»

Andrea annuì, pur tenendo lo sguardo fisso sulle diapositive proiettate, per fingere di essere interessato alla lezione. Rossana era sicura che il professore non si stesse ponendo il problema, ma Andrea aveva sempre fatto così, anche al liceo e prima ancora alle medie, perciò era una sorta di abitudine.

«Rossana» iniziò, a voce ancora più bassa «tu lo sai che... Insomma, è più facile che Simona si trovi una ragazza piuttosto che me la trovi io.» Simona era esageratamente eterosessuale, nel senso che saltava addosso a qualsiasi cosa respirasse purché fosse un ragazzo dai diciotto ai venticinque anni, il che rendeva il paragone di Andrea un tantino catastrofista, ma Rossana capiva il problema «E lei – questa ragazza che mi ha scritto – anche se non la conosco è... Potrebbe essere...»

«Lei, ho capito.» fece Rossana, capendo che aveva avuto ragione e che le sue parole avevano centrato il punto. Si sorprese, quasi con soddisfazione, a non essere per nulla turbata nel sentire Andrea parlare di lei in terza persona, e a quel punto capì: non era lei ad aver scritto, era stato un personaggio da lei inventato a mandare un messaggio ad Andrea, una chimera ideata dalla sua mente a cui lei aveva donato una personalità. Non esisteva, ma forse...

Un sorriso si formò nella sua testa, ed era il sorriso dello Stregatto uscito da un libro di Carrol; in fondo, poteva essere tutto molto più interessante, ma con molta calma e senza calpestare la già provata autostima di Andrea.

«Ma sì, perchè no.» disse pensosa, sia ad Andrea sia a sé stessa «Ti aiuterò a trovarla, questa ragazza, ma non ti prometto niente.»

«Grazie.» disse Andrea con una gratitudine fonda e sincera. Rossana osservò il suo profilo allampanato stagliarsi contro l'aula semibuia. Si distinguevano bene il pomo d'Adamo un po' troppo pronunciato e il naso aquilino, ed affermare a sé stessa che in realtà non esistevano sarebbe stata una forma di perbenismo poco meno spregevole delle altre, ma gli occhi... gli occhi di Andrea brillavano, e anche se Rossana – che non credeva agli sguardi carichi di luce interiore e di significati, appannaggio dei romanzi di bassa lega – ne attribuiva la causa al riflesso dato dal proiettore, era certa che fino al giorno prima ci fossero state altre cose sul viso di Andrea. Disillusione, stiramento di sé stessi come se ci si allungasse, senza più forze, sulla propria esistenza.

Ieri era adagiato su sé stesso, Andrea, e allo stesso tempo Rossana quando l'aveva visto suonare negli ultimi tempi gliel'aveva visto fare con la foga di una tempesta. Si chiese se oggi avrebbe suonato di nuovo come se volesse rodere le corde con l'archetto fino a farle saltare. Probabilmente no.

Sorrise ancora.

Finalmente, il potere; perché Andrea era felice, e lo era grazie a strumenti poveri e immateriali: le parole nella sua testa e una pagina su un social network. E allora era vero, adesso, che lei aveva il potere, quello di fare qualcosa di diverso rispetto a sperare che le cose vadano per il meglio, che i torti si sistemino da soli e, quando non possono, che le vittime dimentichino. Il potere di andare contro quella che veniva chiamata, con rassegnazione, la natura umana. Perché chinare il capo?

Tirò fuori il taccuino su cui aveva preso qualche appunto e lo studiò a fondo, pensierosa.

Hanna Sunders era un piccolo genio della matematica, Raffaele Gianchi – quel ragazzo che era nella sezione C del suo liceo e adesso faceva beni culturali lì – era un bravo fumettista, e almeno era stato facile trovarlo su deviantart1. Quanto agli altri... aveva passato la sera precedente a creare profili su facebook da usare come alter ego, e aveva in programma di chiedere l'amicizia dei suoi prossimi obiettivi non appena avesse sistemato un paio di dettagli.

Dopotutto chiunque era stato alle elementari, dove c'erano tanti bambini di diverse sezioni e di diverse età, facili da scordare. E fare la parte di uno di quei visi che colano dalle crepe della memoria e se ne vanno, e che quasi ti senti in colpa ad aver dimenticato, poteva rivelarsi fin troppo semplice.

 

 

1Popolare sito per la pubblicazione di disegni, schizzi, dipiniti, progetti grafici e addirittura – in misura minore – storie.




Così è, se vi pare. Dovevo assolutamente citare Code Geass, così come dovevo citare Cirano nel capitolo scorso, per motivi che chi ha seguito questo anime potrà facilmente capire. Non sarà l'ultima citazione su questa falsa riga, questa è una promessa! Nota sul cognome di Hanna: è stato il primo cognome del mio primo personaggio serio. Con la seconda stesura della storia di cui era protagonista lo cambiai, ma gli sono in qualche modo rimasta affezionata, e così ho deciso di fargli un piccolo omaggio qui!
   
 
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