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Autore: nonabbastanza    24/04/2013    1 recensioni
«Papà?» mi chiamò poi all’improvviso.
«Dimmi Lucas.»
«Com’era la mamma?»
«Cosa vuoi sapere esattamente?» gli chiesi poi, un po’ intimorito e allo stesso tempo incuriosito.
«Era bella?» disse il piccolo alzandosi dalla sua posizione supina per guardarmi dritto negli occhi.
Era bella? Oh, si che lo era.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«..e quando la Luna era prossima al tramonto si salutarono strofinandosi i nasi e si diedero appuntamento alla prossima Luna Piena e alla prossima avventura.» chiusi il libro e mi voltai verso il piccolo folletto al mio fianco, stupendomi nel trovarlo ancora sveglio.
«Hey, ancora sveglio? Non ti è piaciuta la storia?» Di solito si addormentava dopo i primi due minuti di lettura. Qualcosa lo turbava, me n’ero reso conto.
«Papà?» mi chiamò poi all’improvviso.
«Dimmi Lucas.»
«Com’era la mamma?»
Rimasi un attimo interdetto da quella frase. Non tiravamo fuori l’argomento da un bel po’, anzi non ne avevamo mai parlato, e ora mi poneva quella domanda.
«Cosa vuoi sapere esattamente?» gli chiesi poi, un po’ intimorito e allo stesso tempo incuriosito.
«Era bella?» disse il piccolo alzandosi dalla sua posizione supina per guardarmi dritto negli occhi.
Era bella?Oh, si che lo era.


 
«Harry!» si voltò lei di scatto.
«Cosa c’è?»
«Metti giù quella macchina fotografica per favore? Odio essere fotografata, lo sai!» disse mettendo il broncio.
«Ma perché? Sei bellissima.» mi avvicinai a lei accarezzandole un braccio.
«Ah-ah. Tu sei di parte.» disse appoggiando la testa sul mio petto e circondandomi la vita con le braccia.
«Sei bellissima. Sei bellissima quando sorridi. Quando ti incazzi.. Sei bellissima sotto la doccia. Sei bellissima quando ti mordi il labbro perché sei in ansia. Sei bellissima quando ti imbarazzi. Sei bellissima quando cerchi di essere forte. Sei bellissima addirittura mentre ti lavi i denti! Sei bellissima, okay?»
Lei scoppiò a ridere, di quelle risate che fanno nascere a chiunque l’ascolti un sorriso sulle labbra.

 
«Si, era molto bella.» risposi a Lucas dopo alcuni minuti.
«Quanto bella?» chiese ancora curioso.
«La più bella.» dissi con un sorriso sulle labbra ripensando al suo sorriso.
«Come l’hai conosciuta?» continuò Lucas sempre più curioso.


 
Il sole era alto quel giorno a Londra, strano a dirsi non faceva neanche tanto freddo.
Camminavo tranquillo, godendomi quella perfetta giornata, contento di poter sfoggiare finalmente i miei nuovi Rayban, quando una ragazza, o meglio un tornado, mi venne addosso distruggendo la mia quiete.

«Oddio, scusami! Non volevo.» disse cercando di asciugare il caffe che aveva accidentalmente fatto cadere su di me.
La fermai prima che rischiasse di aggravare la situazione.

«Hey ferma, ferma. Capisco che con la scusa del caffe rovesciato cerchi di toccarmi dappertutto, ma la macchia si sta ingrandendo sempre di più.»
«C-come prego? Non era una scusa per toccarti, mister fanatico!»
«Ah no? Sta più attenta a dove metti i piedi la prossima volta, comunque.»
«Vado a scuola, sono in ritardo, non sono una nulla-facente come te.» continuò lei raccogliendo i libri che le erano caduti.
«E come fai a sapere che sono un nulla-facente?»
«Ti conosco. Tutti ti conoscono.» disse con quell’aria da So-Tutto-Io.
«Già, sono molto popolare.»
«E presuntuoso. E fanatico. E arrogante.»
«Ma non eri in ritardo tu?» l’incalzai, lei se ne andò sbuffando più arrabbiata che mai.


 
«Papà ma sei stato cattivo!» mi rimproverò Lucas quando terminai il racconto.
«Era una tecnica Lucas. Quando sarai un po’ più grande ne discuteremo.»
«Ma lei ti odiava!»
«Solo all’inizio.»
«E poi?»


 
«Oh no! Ma tu mi perseguiti!» la rividi una settimana dopo, al bowling. Era con le sue amiche, e non appena mi vide divenne bordeaux dalla rabbia, o dall’imbarazzo.
«Sei tu che segui me! Cosa ci fai qui?» chiese a disagio.
«E tu che ci fai qui? Sono con i miei amici.» dissi cercando di indicarli ma ormai erano già scomparsi chissà dove.
«Ed io con le mie.»
«Bene.»
«Perfetto.»
«Devi sempre avere l’ultima parola?» le chiesi esasperato.
«Si.»
«Anch’io.»
«L’avevo notato.»
«Ma che ragazza intelligente.»
«Ma che ragazzo presuntuoso.»
«Ci siamo incontrati due volte, e mi hai dato del presuntuoso, due volte. Cambia aggettivo.»
«Pallone gonfiato.»
«Acida.» le risposi.
«Borioso.»
«Insopportabile.»
«Fastidioso.»
«Saccente.»
«Irritante.»
«Esci con me?»
«Si.» rispose, meravigliandosi da sola per la risposta immediata, portandosi una mano alla bocca.


 
«Wow - disse Lucas sorpreso – bel modo per chiederle di uscire papà.» terminò poi battendomi il cinque.
Quel bambino mi ricordava tanto me stesso da piccolo. I capelli ricci e chiari, le fossette ai lati della bocca, la voglia di stare sempre al centro dell’attenzione.
Gli occhi no però. Quelli erano di sua madre.
Quegli occhi grandi e marroni che mi avevano fatto innamorare di lei.
«E quella sera vi siete messi insieme?» quella domanda mi fece nascere un sorriso spontaneo sulle labbra.
«No, non quella sera.» dissi accarezzandogli i capelli.
«E quando?»
«Ma non devi dormire tu?»
«Dai, papà!» disse piagnucolando e mettendomi il broncio. Non seppi resistere.
«D’accordo..»


 
«Sei venuta alla fine.»
«Mi hai praticamente costretta.» disse lei facendo la sostenuta.
«Avevi una voglia matta di vedermi, ammettilo.» dissi spostandomi di lato per farla entrare in casa, e lei in risposta mi sventolò una mana davanti alla faccia come per farmi tacere.
Era molto in imbarazzo, ma cercava di fare la dura. Si guardò intorno, osservò la casa da cima a fondo e poi si voltò verso di me.

«Qual è il resoconto allora? Test passato?» le chiesi divertito. Lei sorrise facendo colorare le sua guance di un lieve rossore.
«Sei sicuro che sia casa tua? E’ troppo di gusto per esserlo!» Mi fece ridere.
In effetti non l’avevo arredata io, ma mia sorella Gemma. Decisi comunque di non farglielo sapere, e di gongolarmi finche potevo.

«Molto spiritosa, ma si, è mia.»
«Quindi questa è la tana del lupo. E’ qui che porti tutte le tue conquiste?» disse senza davvero guardarmi negli occhi ma osservando il salotto.
«Giusto per curiosità, che razza di ragazzo pensi che io sia?» le chiesi, forse un po’ deluso conoscendo già in parte la risposta.
«Quello di cui la gente parla.» Colpito e affondato. Mi avvicinai di più a lei.
«E se loro non sapessero quello che dicono?»
«Tu non fai nulla per smentire ciò che dicono.» disse indietreggiando e colpendo la libreria alle sue spalle.
«E se ti dimostrassi che non è così?»
«Potrei cambiare idea.» Eravamo ormai a tre centimetri di distanza,  il suo fiato era corto, segno che fosse agitata, ma proprio quando le nostre labbra stavano per toccarsi mi allontanai.
«Ti piacciono gli spaghetti?» le chiesi andando verso la cucina.
«S-si, certo.» disse seguendomi e guardandomi cucinare.
«Cucini tu?» mi chiese poi quasi sbalordita.
«Non preoccuparti, non ho intenzione di ucciderti. Sono un ottimo cuoco.» e le feci l’occhiolino. Lei super imbarazzata si avvicinò al tavolo, prese un bicchiere di vino e lo scolò in un sol sorso.
«Hey hey, vacci pian con quello. Non puoi bere  a stomaco vuoto.»
«Pensavo fosse Coca-Cola.» disse iniziando a tossire per il bruciore in gola.
«Sei proprio ingenua.» dissi con un sorriso sul viso, scuotendo la testa.
«Sei stato tu a chiedermi di uscire, se non ricordo male.» rispose mettendo il broncio e avvicinandosi alla cucina.
«E sei anche permalosa, dovrei appuntarmi tutte queste cose.» Lei non rise, probabilmente non mi trovava divertente. Eppure anche con quel broncio a me pareva bellissima.
I lunghi capelli chiari quella sera erano lasciati liberi, un po’ mossi, proprio com’era lei. Il viso chiaro, e gli occhi circondati da un po’ di matita nera sembravano più lucenti, e le labbra più rosee del solito erano un chiaro invito a baciarle.

«Quanto sei irritante, non so nemmeno perché sono qui.» disse alzando gli occhi al cielo.
«Perché ti piaccio da morire.»
«Ti piacerebbe.» mi chiese allontanandosi. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che la vidi inciampare sui suoi stessi piedi e cadere rovinosamente a terra.
Le corsi in contro temendo si fosse fatta qualcosa.

«Hey! Ma che combini, tutto okay?» la feci appoggiare su una mia spalla e l’aiutai a sedersi. Notai che non riuscisse a poggiare il piede destro a terra.
«Sto bene.» disse lei più testarda che mai.
«D’accordo, Regina di Ghiaccio, ora lascia che prenda qualcosa per quella caviglia, e per quel labbro rotto.»
Lei sbuffò, battendo i piedi a terra, e facendo una smorfia di dolore. Ben le stava. Presi una garza e della pomata per la caviglia, e del disinfettante per il taglio sul labbro.
Ritornai in cucina e le sfilai la scarpa, notando la caviglia effettivamente gonfia. Spalmai un po’ di pomata.

«Non c’è bisogno che tu lo faccia.» mi disse sviando lo sguardo.
«Possibile che non apprezzi nemmeno un gesto carino da parte mia? Sta zitta e fatti aiutare.» dissi alzando un po’ il tono di voce, quella ragazza mi esasperava.
«Io non..» e poi non continuò. Meglio così pensai, sarei potuto sbroccare per davvero.
«E ora pensiamo a quel labbro.» dissi una volta bendata per bene la caviglia, alzandomi e sedendomi difronte a lei. Iniziai a tamponare con dell’ovatta la piccola ferita sul suo labbro inferiore. Non potei evitare di pensare a quelle labbra, al loro sapore.
Parevano morbide da quella prospettiva, probabilmente lo erano.
C’era tensione nell’aria, chiunque avrebbe potuto avvertirla. Era quello il momento.
“O la va, o la spacca Harry.”
Pensai.

«Se faccio una cosa, mi schiaffeggi?»
«Dipende da cosa hai intenzione di fare.»
«Se lo dico prima non vale.»
«Allora si.»
«Si, posso?»
«No, si ti schiaffeggio.»
«Correrò il rischio..» sussurrai per poi avvicinarmi delicatamente a lei.
Non sembrava stesse per picchiarmi, quindi continuai ad avanzare. Quando era a due centimetri dalle sue labbra, potevo sentire il misto tra l’odore della sue pelle e quello del disinfettante, che stranamente non mi procurava alcun fastidio.
Quando feci combaciare le nostre labbra trovai un’accoglienza a cui non ero preparato. Lei non mi respinse, anzi, mi avvicinò ancora di più a lei infilando una mano tra i miei capelli.
Quando finalmente, sicuro che non mi avrebbe respinto, cercai di approfondire il bacio, un bel rovescio mi arrivò in pieno viso. Mi staccai da lei fulmineamente tenendomi la guancia dolorante.

«Ma che..? E perché questo schiaffo?» chiesi col fiato corto, i capelli arruffati e il viso rosso.
«Mi hai fatta male, mi brucia il labbro.» disse lei con disinvoltura
«E tu mi schiaffeggi?!» lei sorrise senza rispondermi.
«Sei perfida mia cara.» le dissi scuotendo la testa.
«Ma ti  piaccio da morire.»


 
«Quindi la mamma era cattiva?» mi chiese Lucas quasi dispiaciuto.
«No, no. No assolutamente. Voleva solo fare la dura, ma era molto dolce.» gli dissi per tranquillizzarlo. Era davvero così.
«Era dolce allora?»
«La più dolce di tutte.»


 
«Ti ho preso una cosa.» mi disse all’improvviso mentre eravamo abbracciati sul divano.
«Davvero? E’ per caso il mio compleanno?» le chiesi confuso.
«No, cretino. Vado a prenderla.» si alzò dal divano e scomparì sulle scale che portavano al piano superiore.
«Ti prego dimmi che non ho dimenticato il nostro mesi/anniversario!» le disse non appena ritornò in salotto con un pacco abbastanza grande tra le mani. Non doveva essere un regalo piccolo, aveva una forma stretta e lunga, e non avevo idea di cosa potesse essere.
«Aprilo su.» mi incoraggiò andando a sedersi  e aspettando che lo aprissi. Iniziai a strappare la carta da regalo,  più eccitato di un bambino.
Non appena rimossi gli ultimi strati di carta capii di cosa si trattasse, e mi mancò il respiro.
Rimasi con una mano a mezz’aria, non potendoci credere. Era una chitarra, la chitarra. Quella che avevo sempre voluto, quella acustica del negozio in centro, quella che sognavo di poter suonare da mesi.

«Allora, ti piace?» mi chiese impaziente. Mi voltai verso di lei, senza parole.
Era riuscita a stupirmi ancora una volta, come avrei mai potuto lasciarla andare?

«Io.. davvero non so cosa dire. E’ magnifica.»
«Sono contenta.»
Mi avvicinai a lei, con ancora lo strumento tra le mani. Mi sedetti anch’io su quel divano e la baciai.
«Perché l’hai fatto? Sai che non avresti dovuto.» le disse facendola accoccolare tra le mie braccia.
«Lo so. Ma volevo farlo. La volevi così tanto.»
«E’ stupenda. Non quanto te, ma molto vicino.» lei  rise e ci baciammo ancora.
«Mi suoni qualcosa?» mi chiese poi.
«Certo.» le dissi spostandomi un po’ per posizionare la chitarra sulle mie gambe.
«Ah, Harry?» continuò lei, mentre accordavo lo strumento.
«Dimmi, amore.»
«Ti amo.»
«Ti amo anch’io.» ed iniziai a suonare.


 
«Papà, hai gli occhi lucidi.» mi disse Lucas, catturando una piccola lacrima sulla mia guancia. L’asciugai con il dorso della mano.
«Deve essermi entrato un moscerino nell’occhio.» evitai lo sguardo di mio figlio sapendo che non mi avrebbe mai creduto.
«Ti manca la mamma, papà?» mi chiese poi.
«Moltissimo. Come mai sei così curioso stasera?» lui mi si avvicinò e poggiò la testa sulla mia spalla.
«L’ho sognata, ieri notte. Mi accarezzava, e mi augurava la buona notte. Sapevo che era lei, ma non distinguevo il suo viso. Tu la sogni mai papà?»
«In realtà no, mai. Ma Lucas, lei è sempre qui con noi, in casa, a scuola, a lavoro. Non ci lascia mai.» accarezzai il capo di mio figlio, pronunciando quelle parole con voce tremante.
Quella conversazione stava diventando troppo pesante, non avrei retto.
« E’ ora di andare a dormire, peste. Devi dormire per davvero però!» gli dissi coprendolo con il piumone e schioccandogli un bacio sulla tempia.
Quando mi voltai e aprii la porta della camera, Lucas mi richiamò ancora.
«Papà?»
«Dimmi Lucas.»
«Lei, la mamma, mi voleva bene?»
«Ti amava più di qualunque altra cosa al mondo.»
«Va bene, posso dormire ora.» disse raggomitolandosi tra le coperte chiudendo gli occhi.
«Buonanotte, Lucas.» e chiusi la porta.



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Bonjour a tutti! Rieccomi, con le mie solite one shot del
cavolo :)
Ma Harry e Lucas sono due cuccioli dai. Io li amo. 
L'idea mi sembrava buona, poi la os è uscita uno schifo,
ma sorvoliamo. 
Un bacio!
  
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