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Autore: SaraD    24/04/2013    1 recensioni
“Sei la prima cosa bella che capita nella mia vita. Ti voglio bene” le dissi con voce tremante e le lacrime agli occhi.
“Ti voglio bene anche io” ripose. E mi sorrise.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sei bionda,alta e magra. Cosa vuoi di più dalla vita?”

Ecco quello che sento dire da tutti quando dico che ho qualcosa che non va.

Questa società di merda nota solo l’aspetto esteriore. Non se ne frega un cazzo di quello che hai dentro. Se sei bella fuori va bene. Ma se stai male dentro,nessuno se ne accorge.
Mi guardano e dicono tutti la stessa cosa. “Vorrei essere come te” dicono le ragazze. “Ma perché non ci facciamo una storia?” “Ti va se ne andiamo in un angolino a pomiciare?” dicono,invece,i ragazzi.

Sono magra? Sto male. Ecco perché. Sto male perché i miei litigano sempre,sono sempre da sola a casa,e non mangio mai. Mi passa la voglia di mangiare.
Vedo la tv per non annoiarmi,ma poi sto male perché vedo film in cui ci sono famiglie felici che mangiano tutte insieme,che ridono e scherzano tra loro. Io non ho mai scherzato con i miei. Non sono mai a casa e quando ci sono,non si parlano. E non mi parlano.

Non ho fratelli,non ho amici,non ho un ragazzo. Sono sola.

Ho solo una radio e tanti cd che ascolto ogni giorni. Li ascolto perché le canzoni mi fanno stare meglio. La musica mi fa dimenticare,per un istante,tutto il dolore che sento va via. Tutta la tristezza va via.

Quando ascolto la musica,il mondo si ferma. E inizio a muovermi io.

Inizio a respirare,ad essere felice. A vivere.

Quest’anno ho cambiato scuola. Prima andavo ad una scuola privata perché lo volevano i miei. Ma mi sono rotta. Tutti che pensano a comprare l’ultimo modello di cellulare o l’ultimo paio di jeans firmati. Così ho deciso di passare alla scuola pubblica. Dove tutti sono loro stessi,dove tutti sono simpatici. O almeno,dove credevo che tutti lo fossero.
Ho iniziato il terzo anno da tre mesi e ancora non ho fatto amicizia con nessuno. Tutti mi guardano come se fossi un’aliena. Le ragazze non vogliono essere mie amiche,mi guardano dall’alto al basso con invidia. Ma io che ho fatto? Mi fanno sentire in colpa,ma non so che cosa ho fatto di male.

Così ogni giorno è sempre uguale: mi sveglio,vado a scuola con il bus,faccio lezione per cinque noiosissime ore e poi torno a casa dove sono sola. Non mangio perché non ci riesco,se va bene mangio una mela o due biscotti al cioccolato. Poi studio un po’ e quando ho finito accendo la radio fino a quando non mi sto per addormentare sul divano del salotto,così decido di spegnere e andare a dormire. A volte mi addormento con la radio accesa e mi sveglio quando inizia qualche canzone movimentata.
La mia vita è monotona. Non ce la faccio più.

Ho provato a farmi delle nuove amiche,ma nessuno vuole parlare con me. Allora ho deciso che le cuffie sono le mie migliori amiche. Le ho addosso quasi tutto il giorno,a volte anche durante le lezioni più noiose come storia e filosofia,o chimica.
Ma mi hanno tradita anche loro.
Una mattina pioveva fortissimo,allora sono uscita da casa e alla fermata,con l’ombrello,aspettavo il bus.

Ma non arrivava. Ho deciso di mettere le cuffie e sentire qualche canzone nell’attesa. Metto le cuffie ed una macchina mi sfreccia davanti bagnandomi dalla testa ai piedi. Il telefono cade e finisce in una pozzanghera.

Sono finita.

Lì dentro c’era la mia vita. Ed ora stava annegando. E assieme stavo annegando anche io.

Vedo lo schermo del mio cellulare diventare tutto bianco,poi nero,verde,viola e poi nulla. Spento. Era morto. E io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Non riuscivo a rendermi conto che era finito. Il pullman arriva,20 minuti di ritardo. E ci passa anche sopra! Il mio povero telefono. Lo prendo e lo metto in tasca.

Vado a scuola tutta zuppa,tutti mi guardano,ma non mi frega. Non mi interessa che mi guardano e che parlino di me.
Entro in classe. Ancora non è arrivato nessuno. Così mi siedo vicino la finestra e guardo fuori. C’erano ragazze che scendevano dalle auto dei fidanzati,ragazzi che correvano per entrare e non bagnarsi,ragazze che avevano capelli e trucco perfetto nonostante il tempo.

All’improvviso sento “Ehi,tutto ok? “ alzo lo sguardo. “Perché non vai nel bagno delle prof che c’è l’asciugacapelli di quella di educazione fisica? Asciugati che sei zuppa! Ti accompagno se vuoi.”

Mi blocco. Non riesco a rispondere. La guardo. Lei,sorridente,mi chiede ancora “Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” Accenno un sorriso. E lei mi guarda stranita.

“Grazie.” Continua a fissarmi. Allora il mio sorriso sparisce e guarda in basso,guardo le mie povere converse zuppe. “Sono Sofia,piacere” alzo lo sguardo,lei sorride. “I-io sono Charlotte”
“Piacere di conoscerti Charlotte. Dai,vieni che asciughi questi jeans.” E mi porta nel bagno delle prof.

È grandissimo,tutto bianco e rosa. Sembra il bagno delle Barbie. C’è uno specchio grandissimo con delle luci sopra,e sotto un lavandino con il sapone e accanto degli asciugamani usa e getta. Mica come il bagno delle ragazza,mezzo rotto con le porte che lasciano vedere a tutti i piedi. Le odio. Infatti non ci vado mai in bagno.
“Tieni” mi da un phon. “È di quella fanatica della Zarro.” La Zarro è la prof di educazione fisica. L’unica femmina. Vanitosissima,che si mette le minigonne nonostante abbia quasi 50 anni.
Accendo il phon e lo dirigo verso i jeans. L’aria calda mi fa venire i brividi.

La campanella suona. “Dai,andiamo” Sofia mi trascina fuori dal bagno. “È stato un piacere conoscerti. Se ti va ci vediamo fuori da scuola.”
“Va bene” rispondo,ma con un po’ di timidezza. “Ehi mi raccomando,ti aspetto.”

Finalmente le lezioni sono finite. Ultime due ore di chimica. Non ne potevo più. Esco e aspetto davanti al portone principale Sofia. Speravo si ricordasse di venire perché le dovevo chiedere una cosa.

Non piove più,fortunatamente. C’è il sole,un sole pallido,ma sempre meglio della pioggia è!

Aspetto. L’una. Dai Charlotte sei uscita ora,dalle il tempo di arrivare.

L’una e dieci. Dai Charlotte,forse ha fatto tardi.


L’una e mezza. Ti sei solo illusa Charlotte. 


Torno a casa. faccio un bel po’ di strada continuando a guardare in basso,continuando a guardare le mie povere converse.

“Ehi aspetta!”
“Ehiiiiiiiiii! Aspettaaaa!”
“Charloooooootte!”

Mi giro,era Sofia. Allora sorrido. “Perché andavi via?” ha il fiatone.

“È mezz’ora che aspetto. Pensavo te ne fossi andata” “No. Non infrango mai le promesse. Ho fatto tardi perché abbiamo fatto compito a sorpresa di filo. Sai che palle!”
“Eh immagino..” rispondo,ma in realtà non ne avevo idea. La nostra prof non ci interroga nemmeno,lei mette 6 a tutti.

“Come è andata la tua giornata?” mi chiede.

“Be.. aspetta aspetta! Ma perché oggi mi hai aiutato col bagno e ora siamo qui a parlare? Nessuno parla con me..” allora lei mi guarda e dice “Prego eh?!”

Che idiota sono. Nemmeno le ho detto grazie per quello che ha fatto. “Scusami” è l’unica cosa che riesco a sussurrare. “Dai,scherzavo!” Mi abbraccia.

Io divento un blocco di marmo. Non ricevevo un abbraccio da così tanto tempo che quasi avevo dimenticato cosa fosse.

“Sai,si capisce che sei timida. Si vede da come abbassi lo sguardo quando ti parlo. Ma hai paura che ti possa mangiare? Tranquilla.” Sorride.

“Sai,sono arrivata da poco in questa scuola. Non conosco nessu..” “Ora conosci me!” mi interruppe. Guardo l’orologio. È tardissimo. “Scusa ma è tardi,devo andare a casa a mangiare” era una bugia. La mia casa è sempre vuota. Ti passa la voglia di viverci dentro. Se non fosse per la mia radio,sarei scappata di lì da un pezzo,tanto nessuno se ne sarebbe accorto.

“Mannò. Vieni a mangiare da me. O hai da fare?”
In realtà non avevo nulla da fare e mi sarebbe piaciuto mangiare da lei,ma.. non la conosco abbastanza per fare una scelta così su due piedi. Ma vabbè,che mi frega. Almeno mangio con qualcuno oggi.

Esito un po’ prima di rispondere. “Eddai!” insiste lei.

“Va bene. Grazie” “Avvisa tua madre” mi dice subito.

Oh cavolo! Il telefono era distrutto. E poi come dicevo a Sofia che mia madre non c’è mai a casa? “Oggi non c’è,avrei dovuto pranzare da sola. Non c’è bisogno.”

Arriviamo a casa di Sofia. Una casa grande,ma no troppo. Si sentiva profumo di rose e cannella. Le pareti dei muri erano bianche,di un bianco candido,ed avevano una greca verde acido con motivi geometrici più o meno a metà altezza del muro. “Sofi,sei tu?” sento la voce dolce di una donna. “Sì mamma. Ho portato un’amica”

Dalla porta che da in cucina esce una signora bassina e cicciottella,con un grembiule addosso e nella mano destra ha un guanto da forno. “Ciao. Come stai? Io sono la mamma di Sofia.” “Io sono Charlotte,piacere” sorrido,ma sono in imbarazzo.

“Che bel nome hai!” sorride. “Ti piace il pollo?”

“Sì” adoro il pollo,ma non volevo sembrare strana. Non lo mangio mai. Anzi,non mangio mai.

Iniziammo a mangiare e parlammo della scuola. Imparai a conoscere Sofia e sua mamma. Ho adorato mangiare lì. Mi sentivo a casa nonostante fosse la prima volte che mettevo piede lì dentro. Ho amato il calore di quella casa. il sorriso della mamma di Sofia.

Dopo pranzo, e dopo aver ringraziato la mamma di Sofia e Sofia per il buonissimo pranzo, sono tornata a casa. Era fredda,buia,triste. Non era come casa di Sofia. Era l’esatto opposto.
Il giorno dopo incontrai Sofia per i corridoi. Ci fermammo a chiacchierare. E così tutti i giorni. Diventammo amiche. Mi accorsi che lei mi faceva stare bene. Così decisi di raccontarle quello che stavo passando,dei miei che litigavano sempre. Allora mi disse “Tu devi venire a stare da me,anche per qualche giorno. Devi cambiare aria”.
Così mi trasferì da Sofia per qualche giorno.

 Passò un mese.

Stavo bene lì. Non volevo più tornare a casa. Tornai solo una volta per prendere i miei cd. Li portai da Sofia e li ascoltammo. Sofia andava a danza e sapeva ballare una delle canzoni che erano su un mio cd,così me la insegnò. Ci divertimmo un sacco quel pomeriggio ad ascoltare musica e ballare.
Stremate,ci sedemmo sul letto.

“Sei la prima cosa bella che capita nella mia vita. Ti voglio bene” le dissi con voce tremante e le lacrime agli occhi.
“Ti voglio bene anche io” ripose. E mi sorrise.

Io e Sofia siamo ancora amiche,ora lei è in classe con me.
Mi ha cambiato la vita.
Ringrazio ancora l’autista del pullman che quel giorno fece fare ritardo al bus perché altrimenti non avrei mai potuto conoscere Sofia.
Il mio ossigeno,la mia vita.
La mia migliore amica.
  
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