Eccomi di nuovo qui! Il giorno della Liberazione mi sembrava ottimo per aggiornare. Vi chiedo scusa ma il capitolo è stato diviso a metà perchè era troppo lungo! Prometto di aggiornare quanto prima ;) Enjoy it!
“Ho
sempre amato quella foto.”
Kate fece
ritorno in salotto,
facendolo sobbalzare.
“È
davvero molto bella. Beh, io
sembro uno psicopatico con un cappellino in testa, ma tu, in compenso,
sei
meravigliosa…”
Si
avvicinò a lui.
“A me
piacevi anche così.” disse,
guardandolo negli occhi e facendolo deglutire a vuoto. Gli prese
delicatamente
la foto dalle mani e la rimise a posto, lisciandone la cornice.
“Hai
lasciato solo quella…perché?”
“È
la prima foto che abbiamo fatto
insieme. Fa parte di un passato in cui tu eri soltanto Jared Leto e io
ero solo
un’Echelon. Non aveva senso metterla via. Non ho mai
rinnegato quella parte
della mia vita.” rispose, accarezzandone la cornice.
“Quindi
hai rinnegato tutto il
resto…”
Kate
incrociò nuovamente il suo
sguardo.
“È
la prassi, Jared. Quando una
relazione finisce, provi a liberarti anche dei ricordi felici per
evitare di
soffrire.”
“E ci
sei riuscita?”
Questa volta fu
lei a deglutire.
“Credevo
di sì.”
Di nuovo quel
pesante silenzio,
alleggerito solo dallo scroscio della pioggia.
Credeva di
sì. Quindi non
l’aveva cancellato dalla
sua vita.
“Ti
ho lasciato un cambio pulito in camera
mia…- disse indicandogli il piano di sopra-Puoi anche farti
una doccia se
vuoi.”
“Ti
ringrazio, Kate.”
Lei
accennò un sorriso.
“Ti
aspetto qui sotto.”
Jared
salì in camera di Kate. Si
soffermò a guardare i dettagli di quella stanza che per
diverse notti era stata
testimone del loro amore.
Le lenzuola
lilla, i collage di foto
che ritraevano Kate in compagnia delle sue amiche e colleghe di
università e
della sua famiglia, appesi alle pareti bianche, la libreria colma di
libri e
cd, il portatile sulla scrivania, il camice e lo stetoscopio appesi
dietro la
porta. Fu colto da un improvviso moto di nostalgia per i ricordi che,
uno
dietro l’altro, riaffioravano per dargli il tormento.
Carezze.
Sospiri.
Gemiti.
Baci.
Sospirò,
passandosi una mano sul volto, e
prese i vestiti perfettamente piegati sul letto: maglietta bianca,
pantaloni
blu di una tuta, dei boxer e delle calze di spugna. Riconobbe che erano
i suoi.
Le lasciava
sempre qualcosa di suo
nel caso passassero la notte insieme. E lei non li aveva gettati via,
nonostante tutto.
Decise di farsi
una doccia, per
scrollarsi via di dosso la stanchezza del viaggio e i residui di
pioggia sulla
sua pelle. Scese con i capelli ancora umidi e vide Kate, seduta accanto
alla
finestra.
La ragazza
guardava la pioggia cadere
con una tazza fumante in mano, talmente persa nei suoi pensieri da non
accorgersi della presenza di Jared, che godeva in silenzio della sua
figura
ranicchiata: la testa poggiata al vetro, le ginocchia incrociate
davanti al
petto, lo sguardo impegnato a seguire le gocce che scivolano lente.
C’era
l’immediata bellezza di un
quadro impressionistico nel suo modo di contemplare la vita che
scorreva fuori,
ma il cantante percepì che dietro tutta quella quiete si
nascondeva un lotta
senza eguali tra ragione e sentimento.
Vide il suo
petto alzarsi e
abbassarsi liberando un sospiro, e i loro occhi si incrociarono.
“Ah,
sei qui, non ti avevo sentito
arrivare. La tua tazza è in infusione, aspetta che vado a
prenderla…” si alzò e
si diresse in cucina tornando poi con la sua tazza.
“Thè
alla vaniglia e caramello. Ho
messo anche un po’ di miele, come…”
“Come
piace a me…- le sorrise -
Grazie.”
Kate fece un
cenno del capo e andò a
sedersi sulla poltroncina davanti al tavolino da caffè,
prese la sua tazza e si
ranicchiò.
Jared si sedette
sul divano accanto e
prese un sorso di thè.
Si era creata
una strana atmosfera: imbarazzo
misto ad intimità. E quel silenzio stemperato solo dalla
pioggia.
“Che
significavano?”, chiese all’improvviso
Kate, posando la tazza ormai vuota.
“Cosa?”
“La
canzone alla radio, la dedica, il
concerto…tutto.”
“Allora
le hai ascoltate?”
“Siamo
nel ventunesimo secolo, Jared,
le notizie corrono.”
Esattamente come
aveva previsto
Jeremia.
“La
cover era per te…io te l’avevo
promesso…e la canzone…beh, sono un artista,
scrivo di ciò che sento…”
“E
cosa senti?”
Il cantante
guardò dritto negli occhi
Kate e si inumidì le labbra prima di parlare.
“Mi
sei mancata.”
Kate sorrise
incredula e gli rivolse
uno sguardo affilato.
A Jared
bastò un secondo per
riconoscere quell’espressione, perché mille volte
l’aveva vista nascere sui visi delle
donne che non aveva saputo amare: era il preludio di
un’ironia carica di
sospetto.
“Non
hai trovato di meglio in giro
con cui sostituirmi?”
Fredda.
Lapidaria.
“Non
avrei potuto sostituirti nemmeno
volendo. Sei unica per me, Kate.”
Vide
un’ombra attraversare quegli
occhi scuri: era l’ombra dei ricordi, della delusione e
dell’amarezza.
“Quanto
vorrei poterti credere, Jared, ma…i
fatti mi raccontano un’altra di verità.”
“Kate,
io…”
“Perché?-
lo interruppe - Perché dopo
tre mesi ti fai vivo così, Jared?”
Il cantante si
aspettava quella
domanda da un momento all’altro. Si avvicinò a
Kate, in cerca di un contatto.
“Perché
credevo che la scelta migliore
fosse sparire per sempre dalla tua vita e dimenticarti, ma non ci sono
riuscito…- le prese una mano e la portò alle
labbra – E’ stato tutto inutile,
Kate...”
“Pensavo
di non avere alcuna importanza per
te…” sussurrò lei, ritraendosi da quel
contatto e alzandosi.
Jared la
osservava attonito mentre
Kate, stringendosi nella sua felpa, si avvicinava alla finestra ad
ammirare la
pioggia.
“È
la cosa più stupida che tu potessi
pensare.”
Una risata amara
fu la risposta di
Kate, prima di voltarsi a guardarlo.
“Non
mi hai dato poi così tanti
motivi per pensare il contrario, Jared. Tu mi hai lasciata
andare…non hai
nemmeno provato a fermarmi quel giorno, non hai fatto niente. Niente.
Sei
sparito. Hai ripreso la tua vita sregolata, i tuoi viaggi per il mondo.
E io ho
dovuto rimettere insieme i pezzi del mio cuore infranto…da
sola. Cominciavo ad
abituarmi alla tua assenza. Ho ripreso ad uscire, a frequentare gente,
e poi…tu
urli il bisogno che hai di me in una canzone alla radio, piombi qui e
io…”
La vide esitare.
“E
tu?”
“E io
ti lascio entrare, anziché
sbatterti la porta in faccia.”
Jared la
osservava in un silenzio che
prometteva una pioggia di parole.
“E sai
anche il perché?”, chiese con
tono quasi di sfida.
“Mi
piacerebbe saperlo.”
Il cantante si
alzò dal divano e la
raggiunse. Indugiò sul suo viso triste prima di accarezzarle
piano la guancia morbida.
Con sua enorme enorme sorpresa, la ragazza non si ritrasse dal suo
tocco.
“Perché
quando il destino bussa alla
tua porta non può fare altro che lasciarlo
entrare.”
Kate sembrava
essersi persa
nell’azzurro degli occhi di Jared che le sorrideva. Poi
sospirò stanca.
“Un
destino decisamente inaffidabile
se viene, se ne va, e poi si ripresenta dopo tre mesi.”
disse, mentre toglieva
la mano di Jared dal suo viso.
Il cantante
cambiò espressione.
“Sei
stata tu a lasciarmi.”
“Sei
stato tu a tradirmi.”
Jared
chiuse gli occhi serrando le mascelle.
La
verità, pronunciata dalle sue
labbra, era una tortura.
Rimase immobile,
quasi in apnea,
mentre lei si allontanava da lui.
Poi una frase
gli ritornò in mente
come un doloroso boomerang.
Ho ripreso ad
uscire, a
frequentare gente…
“Kate,
esci con qualcuno?”
Kate si
voltò verso di lui.
“Non
credo tu voglia saperlo.”
“Questo
sarebbe un sì?”
“Sono
state le mie coinquiline a
presentarmelo, fa parte del loro gruppo di amici. Ci siamo incontrati
spesso
nell’ultimo periodo, ma non saprei proprio come
definirci.”
“Da
quanto vi vedete?”
“Jay...”,
sussurrò come ad implorarlo
di smetterla con le domande.
“Ripondi
e basta…per favore.”
Kate
sospirò rassegnata, notando lo
sguardo duro di Jared.
“Quasi
tre settimane.”
“Tre
settimane…- ripetè, annuendo col
capo- E ne sei innamorata?”
Kate rise per
l’assurdità della sua
domanda.
“Non
lo so, Jared. È presto, ci
stiamo conoscendo.”
Jared prese un
respiro profondo e si
passò una mano sul volto.
Si sentiva
tradito, sebbene non ne
avesse il diritto.
Rise amaramente.
“Cosa
c’è da ridere?”, chiese confusa
Kate.
“Oh
niente, è solo che…è tutto
così
assurdo. Io che torno qui per rimediare, tu che sei già
impegnata con un
altro…avrei dovuto immaginare che non ci avresti messo molto
a rimpiazzarmi…”
Kate
sbarrò gli occhi, incredula,
capendo esattamente cosa Jared volesse insinuare.
“Non
hai alcun diritto di sentirti ferito.- ribattè
dura, avvicinandosi a lui –
Non sei tu
quello che per settimane ha atteso il ritorno della persona che amava,
perso
tra ricordi così vividi da squarciare l’anima con
la loro bellezza. Non sei tu
quello che ha sperato con tutto se stesso di riuscire a sopportare il
dolore,
se mai ci fosse stato un pentimento sincero. Non sei tu quello che ha
dovuto
arrendersi all’evidenza e convivere con la delusione delle
proprie speranze
infrante. Ero IO, ero solo io. Tu hai proseguito per la tua strada,
rispettando
gli standard che la tua vita da rockstar ti impone, spostandosi da una
città
all’altra, e probabilmente passando da un letto ad un altro.
Me ne sono fatta
una ragione e ho provato ad andare avanti. Se può farti
stare meglio, sappi che
ho smesso di odiarti tempo fà…-
abbassò lo sguardo- …insieme a tutto il
resto.”
Jared si
sentì distrutto, schiacciato
sotto il peso di quelle parole. Sebbene odiasse manifestare le sue
emozioni,
avrebbe voluto piangere per lei…per lui…e per il
dolore che si stavano
provocando a vicenda.
Kate diceva di
non amarlo, ma il modo
in cui aveva evitato il suo sguardo mentre concludeva il discorso lo
convinse
del contrario.
“Mi
pento ogni giorno di quello che
ho fatto, Kate. Se solo…”
Kate prese un
respiro profondo e
portò la lunga frangia dietro l’orecchio,
scuotendo il capo.
“Non
importa, Jared…non più almeno.”
Il tono che
aveva usato non ammetteva
repliche.
Jared
osservò la ragazza che aveva di
fronte, e si rese conto che ciò che ricordava di Kate
rischiava di venire
soffocato dalla fredda donna che aveva contribuito a creare. Nei suoi
occhi non
c’erano più l’innocenza e
l’entusiasmo che l’avevano fatto innamorare, ma
solo
dolore e tristezza. Il senso di colpa lo colpì come un pugno
nello stomaco.
Si
passò una mano dietro la nuca e
sospirò.
“Vuoi
che apra quella porta ed esca
definitivamente dalla tua vita?”, chiese indicando
l’ingresso.
“No,
non è questo che voglio…- scosse
il capo stanca - Voglio che mi spieghi il perché della tua
presenza qui…e che
poi esci definitivamente dalla mia vita.”