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Autore: _xharrysdimples    25/04/2013    6 recensioni
E se Harry e Louis scoprissero di amarsi, di amarsi davvero?
E se dovessero andare contro il tempo e la logica, perchè uno dei due non esiste più veramente? Cosa accadrebbe, se Harry e Louis dovvessero amarsi, essendo costretti a non toccarsi nemmeno?
Larry.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A tutti i 'diversi'.
E a tutti voi che siete speciali
anche se non sapete di esserlo.




Una luce baluginava ancora lontana, all'orizzonte.
Era la luce che usciva dalla piccola finestrella di quella casa malmessa, nella quale probabilmente una famigliola stava cenando tranquilla.
Il buio stava calando con la sua coltre di oscurità in quel paesino dimenticato dal mondo, ricordando a chiunque fosse ancora all'aperto che era ora di rientrare.
Louis si tirò su sulle punte dei piedi, nel tentativo di scorgere qualche bagliore lontano provenire da casa sua.
Quando vide la luce della finestrella iniziò a correre, avendo capito di essere in ritardo per la cena.
I calzoni corti si impigliavano nelle spighe di grano che si stendevano in tutto il campo, pungendogli le gambe e talvolta le braccia, tanto erano alte. Il sudore gli imperlava la fronte in piccole goccioline, gli occhi gli bruciavano per il vento. Si scostò i capelli dalla fronte con una mano, ansimando per la fatica.
La mamma lo avrebbe ucciso se avesse fatto tardi, perchè come diceva lei, 'i bambini non devono stare fuori quando c'è buio!'.
Louis ogni volta storgeva il naso, e avrebbe voluto ribattere che non era un bambino, come le sue sorelle, ma era già grande. Aveva diciassette anni e sapeva come cavarsela lì fuori.
Continuò a correre con tutta la forza che aveva, convinto che se avesse chiuso gli occhi e provato a correre con maggiore velocità, la strada sarebbe sembrata più corta. Ma in men che non si dica, tutto iniziò a roteare, le spighe che lo pungevano in ogni parte del corpo. Si rese conto di essere caduto; sentì la caviglia iniziare a far male, e istintivamente si portò entrambe le mani a quel punto, cercando di massaggiarla. Aveva colpito in pieno un grande sasso con il piede, e la caviglia aveva ceduto, facendogli fare un capitombolo. Toccarla gli provocava un dolore ancora maggiore, per cui allontanò le mani, e notò com'era conciato.
Aveva i pantaloni beige sporchi di terriccio sulle ginocchia e sulle cosce, e anche la maglia ora aveva cambiato colore, dopo la sua rotolata a terra.
Tentò di tirarsi in piedi, facendo del suo meglio per non posare il piede a terra. Doveva essersi slogato la caviglia, il dolore era troppo lancinante.
"Stai bene?"
La voce arrivò da un punto imprecisato alle sue spalle, e si dissolse subito nell'afa della sera che stava calando sulle grandi campagne. Quella voce aveva un suono strano.
Quasi surreale.
Louis si voltò, e vide un ragazzo in piedi di fronte a lui. Capelli ricci e castani, labbra rosse, occhi verdi.
Ma Louis notò con un brivido che sembravano vuoti. Si diede dello sciocco per quel pensiero. Insomma, cosa voleva dire che 'sembravano vuoti'? Eppure quello era stato il primo pensiero di Louis quando li aveva incontrati.
E infine, la pelle pallidissima, quasi diafana.
Non aveva mai visto quel ragazzo prima d'allora, e il che era parecchio strano, visto che nel luogo in cui abitava vivevano solo poche altre anime.
"Si. Chi sei?" chiese spazzandosi via il terriccio dalle ginocchia con una mano. Le macchie non sparirono: erano rovinati.
"Mi chiamo Harry."
Louis si fermò un secondo, concedendosi un attimo per guardarlo. Aveva maglia e pantaloni sdruciti, scoloriti; ma quello che lo stupiva di più era senz'altro la sua pelle.
Le gote di Louis erano arrossate per il caldo sole estivo che stava tramontando, un sole che emanava una caluria soffocante, di quella che ti entra dentro fin nelle ossa e si tramuta in stanchezza.
Le guance di quel ragazzo che ora gli si trovava di fronte però erano pallide, di un pallore sconcertante visto il caldo soffocante.
"Non sei di qui, vero?"
"Si. Ho sempre vissuto qui."
Louis lo scrutò con evidente sconcerto. Era restio a credergli.
"Non ti ho mai visto da queste parti. Com'è possibile che tu viva qui?"
Harry si limitò a fare spallucce, mentre squadrava Louis da capo a piedi.
"É un peccato per i tuoi pantaloni."
Louis continuò a fissarlo irrequieto, poi annuì.
"Già."
Il ragazzo provò a posare il piede a terra: faceva malissimo. Nonostante tutto si disse che sarebbe comunque riuscito a raggiungere casa, zoppicando un po', ma ce l'avrebbe fatta.
"Io devo andare a casa, sono in ritardo per la cena. Ciao Harry."
Harry lo salutò con un cenno della mano, e lui s'incamminò verso casa, dandogli le spalle. Non sapeva cosa c'era di strano in quel ragazzo, ma gli dava i brividi.
Dopo pochi secondi si girò, inquieto, per vedere se lo stava ancora osservando; ma rimase sconcertato.
Il ragazzo dalla pelle chiarissima non c'era più, si era come volatilizzato.
Non era possibile, si disse.
Voltò la testa a destra e poi a sinistra, alla ricerca di una spiga di grano che si muoveva, qualcosa che tradisse la sua presenza.
Ma non vide assolutamente nulla.
Era di nuovo solo.

S'infilò a letto, le lenzuola pulite e fresche contro la pelle.
Aveva fasciato la caviglia, e ora il dolore era un po' alleviato. Ficcò la testa nel cuscino e inspirò l'odore di pulito che emanava.
Fu solo questione di minuti perchè anche l'ultima traccia di realtà scomparisse, e lui crollasse nel sonno più profondo.Si svegliò di soprassalto nel cuore della notte, tirandosi a sedere con un urlo strozzato. C'era stata una frazione di secondo, si era trattato di un millesimo, in cui Louis era sicuro di aver visto di fronte a sè il volto del ragazzo incontrato quel pomeriggio; che lo fissava.
Ma quell'inquietante apparizione non sembrava fare parte di un sogno in sè: egli la considerò piuttosto come pura realtà.
Non sapeva come fosse possibile, ma era sicuro che quel ragazzo era di fronte a lui, un attimo prima che si svegliasse.
Ora però non c'era più; e nell'oscurità della sua stanza Louis non notava nulla di strano, o di inconsueto.
Era già pronto a rimettersi a dormire tentando di convincersi che doveva essere solo la sua immaginazione che gli giocava brutti scherzi, quando provò una sensazione strana. In un attimo seppe che doveva scendere dal letto e uscire di casa. Non sapeva come quella folle idea avesse potuto farsi largo nella sua mente, ma ora era lì; quasi fosse un pensiero fatto da qualcun'altro, ma che aveva preso posto nei meandri del suo cervello.
Velocemente si liberò dalle coperte che gli si erano attorcigliate attorno alle gambe nel sonno, e senza preoccuparsi di cambiarsi d'abito, corse al piano di sotto e poi, veloce, fuori casa.
Una volta all'esterno, si ritrovò al centro di un'oscurità pressante.
Si guardò attorno e non vide altro che grano, buio, e piccoli puntini di luce disseminati nel cielo estivo.
Ora, lì solo in mezzo al nulla, di notte e senza uno scopo, si chiese perchè diavolo si fosse alzato dal letto.
Non aveva alcun senso, eppure era come se le sue gambe si fossero mosse contro la sua volontà portandolo lì. In ogni caso non aveva idea del motivo, quindi si voltò per tornarsene a letto.
Ma prima che potesse fare ingresso in casa, vide un bagliore lontano nella notte, accendersi e poi affievolirsi subito dopo. Questo strano effetto di luce avvenne per parecchie volte, e Louis si voltò incuriosito per capire cosa fosse.
Da dove si trovava non sarebbe mai riuscito a capirlo, così decise di avvicinarsi con cautela.
Non era mai stato un tipo particolarmente coraggioso, ma curioso, quello si.
Quindi con il coraggio che l'adrenalina - benedetta lei - gli conferiva, si inoltrò nel campo che circondava la sua modesta dimora.
Le spighe di grano rotte e l'erba secca gli pungevano i piedi, facendolo gemere di dolore.
Una smorfia gli si dipinse sul volto, mentre in punta di piedi e imprecando a bassa voce si avvicinava sempre più alla misteriosa luce.
Quando fu abbastanza vicino da distinguere in maniera più distinta l'alone di luce, si rese conto che non si trattava solo di quello. Non era una semplice luce di una lanterna, di un lampione; e non assomigliava neppure alla luce pallida della luna.
Si trattava di una luce diversa; della luce di sogni non vissuti e ormai perduti; della luce di parole non dette e ormai perse per sempre; la luce di una vita finita ancora prima di essere vissuta.
Senza stupore Louis si ritrovò a tremare, la notte parve improvvisamente molto più fredda, e forse lo era davvero.
Ma fu quello che vide nella luce, a provocare in lui un tremore incontrollato, ma che durò poco.
Il volto di Harry, incorporeo, lo stava fissando.
E poi fu buio e dolore lancinante, e Louis svenne.

Stava sudando.
Il sole lo colpiva dritto in faccia, facendolo sudare e rendendogli la pelle appiccicosa.
Louis odiava il sole.
Odiava quella maledetta estate così calda, quell'afa che ti impediva di respirare, ma più di tutto odiava quel luogo dimenticato da Dio in cui era costretto a vivere.
Quando aprì gli occhi, fu costretto a richiuderli all'istante, perchè un raggio accecante di sole lo stava colpendo. Si tirò a sedere stordito,coprendosi gli occhi con una mano.
E solo quando fu in grado di riaprirli si rese conto di dove si trovava, e ricordò cosa era accaduto la notte precedente.
Ma ancora non capiva.
Ricordava quella luce accecante, il volto di Harry che era di fronte a lui ma pareva non esserci davvero, e infine un dolore lancinante.Ora il sole era alto nel cielo estivo, e Louis era più confuso che mai.
Ma sapeva di non esserselo solo immaginato, ne era sicuro.
Da quando aveva incontrato quel ragazzo strambo il pomeriggio precedente si portava addosso una strana sensazione, che non riusciva a cacciare via, e che probabilmente aveva un buon motivo per esserci. Si alzò in piedi, con le mani si ripulì dalla terra e dall'erba secca, poi stordito e con un mal di testa che gli batteva contro le tempie si avviò dentro casa.
Sapeva che sua madre avrebbe creduto che se ne fosse andato via di prima mattina per scorrazzare nei campi e fare chissà cosa, d'altronde era una cosa che aveva già fatto, ma questa volta non era andata così.
Doveva scoprirne di più. Non si accontentava di lasciar scorrere quello strano evento con leggerezza, perchè ora un tarlo si era insinuato nella sua testa, e finchè non avesse scoperto la verità non se ne sarebbe andato. E non ne sapeva il motivo, ma dentro di sè era sicuro che quella sera la cosa si sarebbe ripetuta, avrebbe rivisto la luce misteriosa e, forse, se si fosse avvicinato avrebbe incontrato di nuovo gli occhi di Harry. Magari sarebbe svenuto di nuovo. Ma non gli importava, la soluzione era a portata di mano e lui l'avrebbe trovata.

Quando la sera calò nuovamente, spingendo lentamente il sole oltre l'orizzonte, Louis era già seduto sul letto, vigile, pronto a captare all'istante una qualsiasi stranezza.
Questa volta non si era infilato il pigiama, e ai piedi portava le sue amate Converse rosse, avendo previsto che probabilmente avrebbe dovuto uscire di nuovo, per raggiungere il bagliore che ormai popolava interamente i suoi pensieri dal momento in cui si era svegliato quel mattino.
Se quel ragazzo lo stava cercando, per un qualsiasi motivo, poteva stare certo che quella sera l'avrebbe trovato ad aspettarlo. E non sarebbe svenuto, non avrebbe permesso che accadesse. Sarebbe andato a fondo con questa storia, e avrebbe chiesto una volta per tutte a Harry - se questo era davvero il suo nome - che cosa volesse da lui.
Si rigirava tra le mani la torcia che aveva preso poco prima dal suo cassetto, nel caso gli fosse servita una volta fosse dovuto correre fuori. Il cappuccio della felpa calato sulla testa, i ciuffi di capelli castani che gli arrivavano sugli occhi. Li scostò con una mano e restò in attesa, sicuro che qualcosa sarebbe accaduto.
E se Louis si aspettava che da un momento all'altro qualcosa accadesse, beh non rimase deluso.
Lo sguardo puntato oltre il vetro della finestra della sua camera, fissava il campo in cui la sera prima aveva avuto la misteriosa apparizione. Continuava a non vedere nulla; era solo oscurità tra l'oscurità.
Fu quando era quasi sul punto di addormentarsi con la testa abbandonata sullo stipite della finestra, che un rumore sonoro lo fece subito tornare all'erta. Scattò in piedi, guardandosi attorno. Nessuna luce, o strani movimenti; ma quel rumore improvviso c'era stato, e ora poteva sentirne alcuni di più leggeri, ma erano pur sempre rumori. E ovviamente, di notte, in una casa dove tutti dormono, non dovrebbe esserci assolutamente nessun rumore.
Continuava a sentirli, e poi cessarono all'improvviso, così come erano iniziati.
Ma Louis aveva fatto in tempo a capire da dove arrivavano, e prima ancora di avere il tempo di ripensarci stava già correndo a rotta di collo verso la soffitta. In tutta la sua vita ci era entrato si e no un paio di volte: mamma dava di matto se lo vedeva che saliva in soffitta.
Non aveva mai chiesto il motivo e si era tenuto semplicemnte alla larga.
Questa volta però nemmeno le urla più acute della mamma avrebbero mai potuto fermarlo dal salire quelle scale e sollevare quella botola che lo portavano alla soffitta.
Non appena sollevò la pesante botola, gli arrivò alle narici un odore pesante di chiuso, muffa, e anni ed anni di polvere lasciata ad accumularsi.
Si portò una mano alla bocca mentre tossiva convulsamente, poi entrò e si richiuse la botola alle spalle. Si guardò attorno con curiosità, mentre starnutiva a causa degli strati di polvere che ricoprivano qualsiasi cosa lì dentro. La torcia che teneva tra le mani illuminava a sprazzi la stanza buia, portando alla luce vecchi oggetti che avevano chissà quanti secoli; ragnatele e sporcizia.
E poi la vide. Una luce che non proveniva di certo dalla sua torcia; una luce molto più forte e che, in un certo qual modo, aveva qualcosa di 'umano'.
La torcia gli scivolò di mano e cadde a terra, lo sportellino si aprì e le batterie rotolarono via, sotto chissà quale di quei mobili antichi di centinaia d'anni.
Trattenne il fiato, mentre fissava la torcia rotolare via, lontano dai suoi piedi; e puntò lo sguardo dietro ad un mucchio di scatoloni: era da lì che si sprigionava la voce.
Si ritrovò a tremare convulsamente e si disse che non era un buon inizio, visto che la sera precedente era accaduta la stessa cosa, e pochi secondi dopo era caduto a terra completamente privo di sensi.
"Non dovresti essere qui." la voce non era arrivata da un punto preciso. Era come se non si trovasse da nessuna parte, non sembrava nemmeno avere il suono di una voce.
Che pensiero sciocco, si disse. Eppure era come se quella voce non esistesse, se fosse solo un'illusione, come se le sue orecchie lo stessero spudoratamente ingannando.
"C-cosa scusa?" biascicò. Il cuore gli stava letteralmente esplodendo in petto.
"Ho detto che non dovresti essere qui." fu allora che il bagliore si mosse, spostandosi, uscendo allo scoperto e rivelandosi in tutta la sua completezza.
E Louis lo vide di nuovo, quel ragazzo, ancora lui, avvolto nella luce, come lui stesso ne facesse parte.
"Perchè no?"
Harry scosse la testa, e si sedette su uno scatolone lì accanto a lui. Fissò Louis negli occhi, e il ragazzo fu percorso da un brivido. Si sentì come se Harry potesse trapassarlo da parte a parte con uno solo sguardo; come se potesse leggerlo, 'sentirlo'.
"Perchè nessuno dovrebbe vedermi. Non so perchè tu ne sia capace."
"Non capisco, davvero. Chi sei? Perchè sei così...perchè hai quella luce, e la tua voce ha quel suono strano?"
Harry sorrise, o almeno a Louis parve che lo facesse. Magari era solo uno stupido gioco di luce. Quella luce gli confondeva il cervello.
"Perchè in teoria sono morto."
Louis spalancò gli occhi, incerto se credergli o ridere per l'enormità della sciocchezza che aveva appena sentito.
"Cosa vorrebbe dire 'in teoria sono morto'? Non puoi essere morto."
"A quanto pare posso. Da circa due secoli. Solo che prima d'ora, nessuno era mai riuscito a vedermi."
Louis scosse la testa, restio a credergli.
"E' assurdo. Non puo' essere."
"Non credermi, se non vuoi. Però è la verità."
"E perchè sei qui? Perchè se sei morto non te ne sei...andato?"
"Vivevo qui, una volta. Quando ero ancora vivo. Non so perchè sono ancora qui, non ne ho idea. A quanto pare, ho un 'conto in sospeso'. Qualcosa che devo terminare prima di potermene andare per sempre."
Louis lo osservava ancora incredulo. Era una storia così surreale, così incredibile, che era davvero difficile crederci. Però, guardando quel ragazzo che sembrava privo di sostanza, gli credette. Gli credette, perchè bastava un'occhiata per capire che diceva il vero.
"Un conto in sospeso. Cosa devi fare, per poter passare oltre?"
"Non lo so, te l'ho detto. Probabilmente prima o poi lo scoprirò."
Louis annuì, distogliendo lo sguardo. Normalmente, all'idea di avere avuto di fronte un fantasma, sarebbe entrato nel panico più totale. Ma ora non aveva paura. Guardando il volto d'angelo del ragazzo di fronte a lui, i lineamenti delicati e il sorriso perfetto; non riusciva proprio ad avere paura. Era troppo bello, per averne paura.
"Ti chiami davvero Harry? E quanti anni hai? Cioè, quanti ne avevi quando sei...sei..."
"Morto? Puoi dirlo, sai. E' solo una parola come tante, non fa male. Comunque avevo diciasette anni. E si, mi chiamo Harry, Harry Styles."
Louis annuì di nuovo, e per la prima volta sorrise, più tranquillo di quanto lo fosse stato poco prima.
"Io mi chiamo Louis Tomlinson, piacere di conoscerti."
"Si, lo so come ti chiami. Ti osservo da parecchio tempo."
"Okay, questo è inquietante però."
"Forse un pochino." disse Harry, e gli sorrise. Aveva un sorriso angelico, come pochi ne aveva visti prima Louis, e per un attimo si sentì bene, in pace con il mondo.
"E' una storia incredibile. Come sei...morto?" l'ultima parola la sussurrò, quasi ne fosse ancora terrorizzato. Quasi come se dirla avrebbe potuto farla avverare.
"Sai Louis, forse è ora che tu vada a letto. E' tardi."
Harry si alzò, e si allontanò verso l'angolo più buio della soffitta, e Louis seppe cosa stava per accadere.
"No ti prego, aspetta!" urlò correndo verso di lui, e rischiando di inciampare nelle vecchie cianfrusaglie.
Ma Harry non aspettò. In un ultimo accecante bagliore si dissolse nel nulla, come se non fosse mai stato lì.
E poi, alla fine, era come se non ci fosse stato davvero.

La sera seguente, Louis non resistette. Doveva rivederlo. I suoi pensieri ormai erano occupati solo da quel ragazzino morto tanto tempo prima, che ancora non era riuscito a trovare la pace che probabilmente meritava. Probabilmente, si, perchè Louis non poteva esserne sicuro; ancora non lo conosceva.
Comunque l'idea di rivederlo una volta ancora lo fece elettrizzare, e non appena la casa fu avvolta nel silenzio e la calma più totali, e Louis fu sicuro che tutti stessero dormendo profondamente, si infilò le scarpe e la felpa e corse in soffitta.
Come la sera precedente, si ritrovò a tossire e starnutire non appena vi entrò, ma poi passò e lui andò a sedersi sullo scatolone dove aveva preso posto Harry; in attesa.
Sperava che sarebbe tornato. Si era reso conto di avergli fatto una domanda che forse era impertinente, ma al momento non ci aveva pensato: lui voleva solo sapere di più sul ragazzo che gli stava di fronte, e così gli era scappata.
Fu quando sentì la nuca formicolare e uno strano brivido percorrerlo da capo a piedi, che capì che Harry sarebbe comparso nel giro di pochi secondi. Lo sentiva. E non si sbagliava.
"Sei tornato." era un'affermazione seccata, non una domanda.
Louis si voltò, ed eccolo di fronte a lui, con un'aria severa che, considerando il fatto che era un fantasma, avrebbe messo paura a chiunque.
"Si, sono tornato. Volevo rivederti, sapere di più su di te..."
"Su come sono morto." buttò lì irritato l'altro, sedendosi a terra, in un angolo.
"Mi dispiace per come te l'ho chiesto ieri sera. Non pensavo potesse ferirti, non volevo."
Harry scosse la testa e fece un cenno con la mano che stava a significare che non importava.
"Non fa niente. Comunque, se proprio vuoi saperlo, vaiolo. Mi sono ammalato, e come vedi, non sono mai guarito."
Louis abbassò lo sguardo, affranto. Immaginò quel ragazzo steso in un letto, in fin di vita, che cercava di farsi un'idea di come sarebbe stato morire. Lui non avrebbe mai retto una cosa del genere, per cui provava tanta compassione per lui.
"Mi dispiace tanto." disse sincero.
"Non importa, ormai è storia vecchia di secoli. Vorrei solo capire perchè sono ancora qui. E' straziante, non ti augurerei mai di vivere in questo posto per centinaia d'anni, te lo assicuro. Alla fine diventa un'agonia."
"Oh, lo è già."
Harry rise. Louis era riuscito a farlo ridere, e a sua volta incurvò le labbra in un sorriso, compiaciuto. Non credeva che gli spiriti potessero ridere. Non credeva che gli spiriti fossero simpatici. Non credeva che fossero come...Harry.
"Non hai paura di me?" chiese ad un tratto Harry, come se avesse potuto leggere i suoi pensieri; e guardando il suo volto Louis potè leggerci un qualcosa che poteva sembrare timore.
"No, non mi spaventi. Sei simpatico, non credo che dovrei aver paura di te."
"No, infatti non devi. Sei il mio primo amico da secoli. Immagina come è stata vuota la mia vita" si interruppe e rise, scuotendo la testa " anzi, morte, fino ad ora."
"Mi dispiace. Ma quindi tu sei sempre stato qui? Cioè, per tutto questo tempo? E perchè io non ti ho mai visto?"
Harry scrollò le spalle, scuotendo la testa.
"Non ne ho idea. Una delle tante cose che ancora non capisco." poi si alzò in piedi e iniziò a camminare per la soffitta.
Questa volta però, a differenza della sera precedente, Louis notò un alone di colori nella sua figura. Se prima aveva visto solo luce, ora riusciva a vedere che i capelli erano castani, le labbra rosse, i vestiti che portava erano blu. Si chiese il motivo, ma poi decise che era meglio lasciar perdere. Sapeva che erano troppi i misteri che non avrebbero mai avuto risposta.
"Harry com'è...morire?"chiese Louis d'un tratto. Era dalla sera precedente che ci pensava, e voleva una risposta.
Il ragazzo si voltò a guardarlo, e puntò i suoi occhi in quelli di Louis. Verdi. I suoi occhi erano verdi.
"Morire? Non senti nulla. E' come se ti stessi addormentando, solo che poi non ti risvegli più. Non nel tuo corpo, per lo meno. Comunque non fa male, se è questo che volevi sapere. E' solo strano."
Louis annuì, e stranamente gli venne voglia di abbracciare quel ragazzo che ora, davanti a lui, gli parve debole e indifeso. Ma non ebbe il coraggio di muoversi; non sapeva cosa avrebbe voluto dire abbracciarlo, non credeva che avrebbe potuto farlo. Probabilmente non avrebbe sentito nulla, solo aria.
"Capisco. Io ti voglio aiutare a passare oltre." annunciò Louis alzandosi in piedi a sua volta, determinato.
"Grazie, ma non so quanto lontano potremmo andare. Comunque, è ora che tu vada."
"No, per favore, non andare!" lo implorò Louis con tristezza.
"Tornerai domani?" chiese Harry, fissandolo in cerca di una conferma.
Louis annuì con convinzione, il volto illuminato dall'eccitazione.
"Si, tornerò! Te lo prometto. Tu ci sarai?"
"Certo, non ho altro da fare." Harry sorrise sarcastico, poi scomparve con un bagliore accecante.
Louis rimase fermo, immobile, in piedi in mezzo alla soffitta polverosa che odorava di chiuso.
Le sue Converse rosse tra la polvere avevano lasciato delle impronte sul pavimento di legno, gli occhi erano ancora puntati nel punto in cui Harry era appena sparito.
E Louis non lo sapeva, non ne aveva idea, ma si erano appena scambiati una promessa, una promessa vera.
Da quel momento, Louis sarebbe tornato in soffitta ogni notte, e Harry sarebbe stato lì ad aspettarlo. Entrambi pieni di trepidazione, custodi di quel segreto di cui solo loro due erano a conoscenza.
Avrebbero condiviso tutto, i loro segreti, la loro vita - o morte -, le loro paure.
Harry raccontò a Louis tutto, tutto quello che ricordava da quando era nato fino al giorno in cui il suo cuore aveva cessato di battere. E Louis avrebbe dato di tutto per permettere a quel cuore di tornare a vivere, e avere Harry veramente di fianco a lui, non solo come una presenza incorporea.
Perchè dopo settimane - forse mesi - di quegli incontri, Louis aveva iniziato a sentire il bisogno di toccarlo, abbracciarlo, sfiorargli la guancia con la mano per accarezzarla, o anche solo stringergli la mano nella sua. Ma non poteva farlo, perchè Harry non c'era, non c'era davvero. Così doveva accontentarsi di stargli vicino, di guardare quelle guance e quel volto perfetto senza poterlo toccare, di sfiorargli la mano ma poi ritrarla prima che lui se ne accorgesse.
Ma quello che non sapeva, era che per Harry valeva lo stesso. Non gli era mai pesato troppo il fatto di essere morto, di non avere più una consistenza, non fino ad ora comunque.
Perchè ora anche lui avrebbe voluto stringersi tra le braccia di Louis mentre gli raccontava i terribili giorni che erano preceduti alla sua morte, l'agonia della malattia, e tutti gli attimi terribili che aveva passato, quando il padre lo picchiava per delle sciocchezze, lasciandolo a terra debole e dolorante.
Si, avrebbe voluto stringersi a Louis e ringraziarlo per aver ascoltato, perchè nessuno lo aveva mai ascoltato, nè da morto, nè da vivo.
Però, ovviamente, non poteva farlo. Il suo corpo non esisteva, la sua immagine era solo un'illusione, un riflesso della persona che era stata una volta.

Una sera, quando Louis fece ingresso in soffitta, vide Harry seduto a terra a gambe incrociate, il volto spento, triste; lo sguardo vuoto.
Col passare del tempo, la luce che lo circondava all'nizio si era pian piano affievolita, nessuno dei due ne conosceva il motivo, ma era diventata sempre meno luminosa, conferendo al ragazzo un aspetto che ora sarebbe potuto sembrare quasi umano, se non fosse stato ancora leggermente illuminato e trasparente, incorporeo.
"Cosa succede?" chiese Louis dopo essersi chiuso la botola alle spalle. Si avvicinò a lui e si sedette a sua volta a terra, a gambe incrociate, mentre lo guardava in attesa che parlasse.
"Sono stanco, Louis."
Quella risposta lo stupì.
Si era forse stancato di lui? Gli avrebbe chiesto di non tornare a trovarlo mai più, di lasciarlo in pace?"
"S-stanco di cosa?" chiese con timore.
"Di tutto questo. Di non essere nè morto nè vivo, di essere qui sospeso, nel limbo.
Sono stanco di avere te davanti e di non poterti abbracciare, di non poterti toccare, di dover stare indietro. Sono stanco."
Louis lo guardò sorpreso. Non pensava che anche lui provasse tutto ciò. Poi annuì, distante.
"Si, sono stanco anche io."
"E la sai un'altra cosa? Quanto tempo è che ci vediamo qui su, nascosti dal mondo, come se tutto questo fosse sbagliato? Mesi? Un anno forse? Non lo so. So solo che tu non sei un normale amico, Louis. E non ti voglio spaventare, Dio mio no, è l'ultima cosa che voglio fare; ma c'è di più. Vedi io non ho mai amato. Non so cosa voglia dire, non lo so davvero, ma se dovessi attribuire quel nome ad una sensazione, allora lo darei a quella che provo quando sto con te. Sono morto, è vero, pensavo di non poter più sentire nulla ma invece non è così. Ho ancora dei sentimenti, li provo ancora, e quello che provo per te non è amicizia, diamine no, non lo è." quando terminò la frase, stava praticamente urlando, e l'espressione dei suoi occhi faceva pensare che, se solo avessero potuto, avrebbero pianto.
Louis rimase a fissarlo, in silenzio. Quello che gli aveva sputato addosso sarebbe stato troppo per chiunque. Beh, per chiunque non avesse provato la stessa cosa.
"Harry io...anche io provo qualcosa quando sto con te. Non so cosa sia, nemmeno io ho mai amato, non so cosa voglia dire. Forse vuol dire questo."
Erano entrambi increduli di fronte al fatto che provavano la stessa cosa l'uno per l'altro. Non l'avrebbero creduto possibile, e si chiesero davvero se lo fosse.
Louis lo guardò, gli occhi erano diventati di un verde acceso, e tutto il bagliore che lo circondava all'inizio era scomparso. Ora sembrava quasi reale, sembrava quasi una persona in carne ed ossa.
Harry si avvicinò a lui, e leggendo negli occhi dell'altro che l'avrebbe lasciato fare, fece avvicinare i loro volti. Aspettò che fossero a soli pochi centimetri di distanza, poi mentre lo guardava negli occhi, gli sorrise. Gli sorrise un'ultima volta, prima di posare le labbra sulle sue, in quello che era un primo tentativo di contatto tra di loro.
Non sentirono nulla.
Era come avevano immaginato, tra loro era impossibile un qualsiasi tipo di contatto fisico. Louis sentì come una brezza leggera accarezzargli le labbra, e anche se non poteva sentire davvero il suo tocco, un brivido gli percorse la schiena. Perchè alla fine Harry era lì, con le labbra appoggiate sulle sue, anche se non poteva sentirle.
Perchè alla fine Harry lo amava, proprio come faceva lui.
Perchè alla fine sapevano di provare la stessa cosa, nonostante uno di loro avesse smesso di vivere molto tempo prima.
Quando si separarono, Harry gli sorrise, e Louis non potè non fare lo stesso.
Poi si alzò in piedi e si allontano piano.
"A domani, Louis."
"A domani."

Quelli, probabilmente, furono i giorni più belli dal loro primo incontro.
Si sfioravano in carezze a metà, in baci a metà, in un amore a metà.
Si sorridevano e si perdevano l'uno nello sguardo dell'altro, ed era bellissimo, perchè erano consapevoli di non poter andare oltre quegli sguardi, ma non gli importava.
Perchè l'amore non era contatto, era essenza, era una ventata di felicità, era il guardarsi e sapere di essersi completati a vicenda, senza il bisogno di sentirsi sulla pelle.
E anche se entrambi avrebbero voluto potersi toccare e tenersi stretti l'uno tra le braccia dell'altro, si accontentavano di essere lì, l'uno di fronte all'altro, e di guardarsi negli occhi come se non ci fosse un domani.
Ma una sera, prima che Louis arrivasse, Harry si era detto che doveva parlargli, doveva parlargli assolutamente.
Perchè lui l'aveva capito, aveva capito cosa stava succedendo, e lo spaventava.
Ma lo spaventava molto di più quello che sarebbe accaduto dopo, perchè Harry l'aveva capito, aveva capito anche quello.
"Lou, dobbiamo parlare." buttò lì non appena il ragazzo ebbe messo piede in soffitta.
"Che succede?" chiese con un tremito nella voce. Bastava guardare Harry, il volto teso e preoccupato, per capire che qualcosa non andava.
"Succede che ho capito tutto. Ho capito quello che sta succedendo, e quello che succederà."
Louis si sedette di fronte a lui, stringendosi forse nella sua felpa, per scacciare il freddo. Lo guardò con sguardo interrogativo, e Harry avrebbe voluto non dover essere costretto a dirglielo.
"Louis, l'ho capito, qual'era il motivo per il quale ero ancora qui. Il motivo per il quale, in questi secoli, non sono riuscito a passare oltre. Eri tu. O meglio, era l'amore.
Sai, in vita non sono mai stato veramente amato da nessuno, e io stesso non ho avuto la fortuna di amare. Così quando me ne sono andato, non potevo farlo davvero, non prima di aver provato quello che voleva dire. Nessuno può morire senza essere stato amato, ora lo so. Vedi Louis, io ora ti amo. E tu ami me. Quello che dovevo provare prima di andarmene l'ho provato: ho amato, sono stato amato. Ora sono completo."
Louis lo fissò in silenzio. Sentì le lacrime premergli contro gli occhi, e si costrinse a ricacciarle indietro.
"Ma questo vuol dire..."
"Che devo andarmene, si. Che il mio tempo qui è finito."
"No!" urlò Louis alzandosi in piedi.
"No, non puoi andartene! Non puoi andartene ora e lasciarmi qui così, non puoi!"
Harry lo guardò con la tristezza negli occhi, poi abbassò lo sguardo.
"Non dipende da me. E' così; io devo andare."
"Ti prego, non farlo..." singhiozzò Louis, mentre si accasciava al suolo polveroso della soffitta.
"Guardami Louis. La mia luce è sparita, il mio tempo qui è finito. E poi non poteva continuare, capisci? Tu continuerai ad invecchiare, io no. Io ero costretto in questo corpo per il resto dell'eternità, ma tu saresti cresciuto, invecchiato, e avresti avuto bisogno di qualcuno che ti stringesse tra le braccia, non di qualcuno che sapevi l'avrebbe fatto, ma non poteva. Questo è un amore a metà Louis, lo sai. E io so che tu meriti un amore intero, un amore vero; meriti qualcuno che ti baci e ti stringa a sè, e un giorno lo troverai. non so cosa ci sia dall'altra parte, non lo so, ma se c'è qualcosa, un giorno ci rivedremo lì, te lo prometto. Ora devo andare via."
"Io non voglio qualcun'altro! Non me ne faccio niente di qualcun'altro! Non puoi andartene, non puoi, per favore..." era quasi una supplica, e Louis si trovava terribilmente debole e ridicolo a biasciare quelle parole a quel modo.
"Louis, te l'ho detto, la mia luce è sparita. E' entrata dentro di te, capisci? L'hai presa tu. Ora devo andare avanti. Ti ricordi il nostro incontro di tanto tempo fa? Dicesti queste parole esatte 'Io ti voglio aiutare a passare oltre'. E l'hai fatto Louis, l'hai fatto. E' solo grazie a te se posso andarmene, e nemmeno io vorrei farlo, però lo faccio col cuore leggero, perchè so che tra di noi non avrebbe funzionato comunque, e che almeno così potrai trovare qualcun'altro. E quel qualcuno sarà terribilmente fortunato. Adesso salutami Louis, perchè non credo ci vedremo mai più. Non in questa vita, almeno."
Il ragazzo si alzò in piedi, le gambe tremavano e faticavano a tenerlo in piedi. Avrebbe voluto sparire assieme ad Harry, non poteva immaginare di stare senza di lui, ora.
Harry gli tese la mano, e Louis l'afferrò. E questa volta l'afferrò davvero.
Con suo enorme stupore, la mano di Harry aveva consistenza, riusciva a toccarla, stringerla.
Lo guardò con gli occhi sgranati, incredulo, sconvolto. Harry gli sorrise soltanto, con gli occhi lucidi di una nuova felicità, che era perfettamente in contrasto con la tristezza di Louis.
"Ma come...com'è possibile?" mormorò stringendogli la mano più forte, come se avesse finalmente trovato il suo appiglio e non volesse mai più lasciarlo andare.
"Un ultimo regalo." mormorò Harry, sfoggiando il suo sorriso più bello.
Louis rise, mentre si gettava tra le sue braccia, che questa volta lo strinsero davvero, non era solo un'effimera illusione, questa volta le braccia di Harry lo stavano tenendo stretto a sè, e ora più che mai avrebbe voluto non doversi separare da lui.

Non poteva farlo, ora che l'aveva sentito.

Harry lo fece scostare da lui, poi gli sorrise di nuovo.
"E' stato bellissimo. Non ti dimenticherò Louis, ovunque io stia andando. Ti amo. Addio. Anzi, non mi piacciono gli addii...preferisco 'ci vediamo'."
poi posò le labbra su quelle del ragazzo, e finalmente si baciarono davvero.
Louis per un attimo si sentì felice, sentì di stare bene, perchè le labbra del ragazzo che amava avevano finalmente toccato le sue, in un attimo che sarebbe per sempre rimasto congelato nel tempo. Chiuse gli occhi, per lasciare che quel momento gli stampasse addosso ogni sensazione provata, ogni brivido, ogni tocco.
Quando li riaprì, Harry non c'era più.

Se n'era andato.
Andato per sempre
.

Louis rimase in piedi in mezzo alla soffitta polverosa, a fissare il vuoto.
Si sentiva come svuotato di qualsiasi sentimento, si sentiva il nulla.
Ma almeno era riuscito a toccarlo, ora sapeva di non essersi sognato tutto.
Ora sapeva che, non importa cosa sarebbe successo, Harry sarebbe sempre stato parte di lui.
E Harry, prima di andarsene, aveva provato una grande felicità. Perchè sapeva che ora qualcuno si sarebbe ricordato di lui, sapeva che non sarebbe stato dimenticato, sapeva che appena se ne fosse andato da quel posto, il ricordo di quello che era stato non sarebbe svanito.
Sapeva che qualcuno l'aveva amato.
Anche se quel qualcuno era una persona soltanto.

Louis.



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Spazio autrice.

Okay. Non so da dove sia uscito tutto questo, non so da dove sia venuto, l'ho riletta un sacco di volte alla ricerca di eventuali errori e ormai non capisco più nulla, quindi la lascio a voi. Spero vi piaccia, spero non sia banale e scontata, e spero che vi abbia comunicato qualcosa.
Amo chiunque mi lascerà una recensione e chiunque ha apprezzato questa storia, che mi sono impegnata a scrivere, mettendoci il cuore - come sempre -.
Beh fatemi sapere bellezze c:
a presto,
-Jess.


  
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