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Autore: germangirl    25/04/2013    6 recensioni
Un romantico week-end negli Hamptons e le sue inesorabili conseguenze.
Per la serie "Riprova, sarai più fortunato", cosa succederà a Rick e Kate questa volta?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Lanie Parish, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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La brezza proveniente dall’Oceano Atlantico non giungeva fino a quell’angolino riparato dell’ampio patio della villa. Gli Hamptons erano splendidi tutto l’anno, ma alla fine di maggio davano il meglio di sé: le giornate erano lunghe, la temperatura piacevole e le nuvole che si rincorrevano ogni tanto, spinte dalle correnti, creavano immagini spettacolari all’orizzonte. Quel giorno il cielo era limpido, di un azzurro quasi accecante, e il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva, al termine del prato che digradava fino alla spiaggia, li cullava dolcemente. Avevano lasciato il caos di New York all’ora di pranzo, decisi a godersi un lungo fine settimana nella splendida residenza di Rick, lontano da madre, padre, figlia, colleghi, editrice e, possibilmente, vittime di omicidi. Quei pochi giorni dovevano essere solo per loro, visto che a breve Castle sarebbe partito per un lungo tour per promuovere l’ultimo libro della saga di Nikki Heat che lo avrebbe costretto fuori casa per un mese. Un intero mese nel quale non sarebbero riusciti a vedersi.

Era la prima volta che tornavano negli Hamptons dopo quel fine settimana tragicomico in cui qualcuno aveva pensato bene di andare a morire nella loro piscina. Al ricordo di quel week-end, la detective Beckett si ritrovò a sorridere: a quel tempo, la loro storia era ancora clandestina e avevano temuto che Ryan li avesse scoperti e montasse un caso nazionale, applicando alla lettera il rigido regolamento del NYPD in merito alle relazioni fra colleghi e quindi impedendo loro di stare insieme. In realtà, il buon Kevin si era dimostrato un vero amico e aveva mantenuto il segreto con tutti, non rivelando alcunché nemmeno a Esposito fino a quando Rick era stato accusato di omicidio. Da allora, i loro amici più intimi erano a venuti conoscenza del loro legame e l’avevano accettato senza problemi. Del resto, per nessuno era stata certo una sorpresa! Loro due si erano girati intorno per anni, nascondendosi in una strana relazione che poi, finalmente, era sfociata in una vera storia.

Rick se ne stava disteso sulla chaise longue di vimini, tenendo la sua bella detective fra le braccia. Kate aveva appoggiato la schiena al petto del suo uomo e si godeva il calore di quell’abbraccio possente, standosene pigramente accoccolata fra le sue gambe. Erano arrivati da poche ore, ma avevano già battezzato il morbido letto accogliente, posto nella grande camera padronale, e poi, per rispetto dell’ambiente, avevano deciso di fare la doccia insieme. Ok, l’idea di risparmiare acqua era palesemente una scusa: anche la doccia, infatti, era una fonte continua di ispirazione per loro, così si erano ritrovati a giocare anche lì. Dopo il doppio round, avvolti nei confortevoli accappatoi, si godevano la piacevole spossatezza e lo spettacolare panorama che si poteva ammirare dal patio della villa, standosene in silenzio. In una sorta di dormiveglia, Rick si ritrovò a pensare a tutto quanto era capitato loro dal momento in cui Kate si era presentata, fradicia, alla sua porta, dicendogli quell’I want you che aveva dato inizio alla nuova fase della loro storia. Il triplo killer era ricomparso nella sua vita, facendo in modo che venisse accusato di omicidio, e in quell’occasione Kate non aveva mai smesso di credere alla sua innocenza, nonostante tutte le prove portassero a lui. Poi c’era stato il loro primo Natale insieme, in cui entrambi avevano deciso di dare inizio a nuove tradizioni. E poi, oh santo cielo, l’uragano Meredith era piombato su di loro, ricordandosi all’improvviso di avere una figlia, così che si erano ritrovati a vivere tutti insieme al loft, lui, lei e l’altra, una combinazione pericolosissima nella quale il fusibile pronto a saltare era proprio lo scrittore. Kate poi aveva incontrato nuovamente il senatore Bracken, lacerandosi l’anima al pensiero di dover salvare la vita a chi aveva ordinato la morte di sua madre. Il loro primo San Valentino, invece, era stato surreale: per la solita sbadataggine di Castle, gli stupendi orecchini che aveva acquistato per Kate erano finiti nella tasca del blazer della Gates, con tanto di romantico bigliettino, mentre la detective gli aveva fatto un regalo splendido: un cassetto dove poter mettere le sue cose in camera di Beckett. Aveva un valore inestimabile per lui: era il segno tangibile che Kate lo aveva pienamente accolto nella sua stanza e nella sua vita. Il regalo più spettacolare, però, era stato quello che gli aveva fatto per il suo compleanno: con l’aiuto di Martha, Alexis, Ryan, Espo e persino della Gates, la sua meravigliosa compagna aveva imbastito una storia, assolutamente falsa ma perfettamente recitata, facendogli credere che nel palazzo di fronte fosse stato commesso un omicidio. Un’interpretazione da Oscar da parte di tutti quanti, doveva ammetterlo, e infatti ci era cascato con tutte le scarpe. E tutto questo per distrarlo dalla noia di doversene stare bloccato in casa con una gamba rotta. Era stato epico! Ed era stato l’ennesima dimostrazione di quanto Kate lo amasse. Nessuno aveva mai fatto niente del genere per lui. Ma in quei mesi c’era stato anche il rapimento di Alexis e lui aveva incontrato suo padre. Al solo ricordo di quei terribili momenti, lo scrittore si sentì stringere il cuore. Per fortuna, adesso Alexis era al sicuro e suo padre… beh, suo padre era una spia, era riuscito a mettersi in salvo ed era sempre stato orgoglioso di lui. E un giorno, ne era sicuro, si sarebbero incontrati di nuovo. Era una di quelle cose in cui Rick credeva ciecamente, insieme all’esistenza degli alieni, di Bigfoot, di Babbo Natale e di mille altre magie. Del resto, come dimostrava la presenza di quella donna fra le sue braccia, molti dei suoi sogni si erano avverati, forse anche per merito della sua piena fiducia nel lato magico dell’esistenza.

Anche nelle vite dei loro amici non erano mancate le novità: Lanie e Javier avevano ricominciato a frequentarsi e questa volta sembravano profondamente coinvolti, mentre Kevin e Jenny erano riusciti a coronare il loro sogno di famiglia. La gentile signora Ryan, infatti, aspettava un bambino, con grande gioia di tutti. Un bambino… lui e Kate non ne avevano mai parlato, ma da quando avevano saputo di Jenny, l’idea di avere un altro figlio aveva cominciato a farsi strada nel cuore dello scrittore. Non lo aveva ancora aggiunto alla sua bucket list, ma avrebbe davvero voluto avere un figlio da Kate. Alexis era arrivata per caso. Certo, era stato il dono più grande che la vita gli avesse mai concesso e non finiva mai di ringraziare il cielo per questo. Ma le cose con Meredith non avevano mai funzionato veramente e il risultato era stato che quel tesoro di figlia era cresciuta solo con lui. La relazione con Kate era tutta un’altra storia. Erano più adulti, indubbiamente, e Rick era convinto che il legame che li univa fosse decisamente più solido. Sì, avere un figlio dalla donna che amava sarebbe stato un altro bel sogno da realizzare.

“Kate”

“Mmmhh…” la detective mugolò in risposta, ancora semi assopita.

“Tesoro, non hai mica la pistola con te?” Sembrava fuori luogo chiederlo, in fin dei conti indossava solo un accappatoio, ma visto che in una delle loro prime uscite sotto copertura, tanti anni prima, lei era riuscita a nascondere il distintivo da qualche parte, pur portando un succinto abito da sera, era opportuno informarsi bene. E la domanda che stava per porle avrebbe potuto mettere decisamente a repentaglio la sua vita, quindi tanto valeva calcolare bene i rischi.

“Castle, certo che no, che ti viene in mente?” Anche senza vederla, Rick sapeva bene che Kate aveva appena sollevato un sopracciglio e, di sicuro, aveva attivato il suo collaudato look-look.

“Vorrei un figlio da te.” Sentì la detective irrigidirsi fra le sue braccia.

“Rick, io….”

“Ascolta, non intendo che lo vorrei adesso e non voglio una risposta in questo preciso momento, ma mi piacerebbe che tu ci pensassi…”

Kate si rilassò. Sì, era una richiesta ragionevole. Ci poteva pensare. Quell’idea, a dir la verità, si era già affacciata alla sua mente, ma forse non aveva mai avuto il coraggio di confessarselo.

“OK”, gli mormorò in risposta. Lo sentì sorridere fra i suoi capelli.

“Bene, intanto che ci pensi, potremmo cominciare ad allenarci… [bacio sul collo e tono di voce profondo]… sai, i bimbi non si concepiscono al primo tentativo… [mano sul seno]… così, quando deciderai, saremo pronti… [altra mano sulla coscia]…” E così, avevano dato il via al terzo round, en plein air, sul patio della meravigliosa villa, al cospetto dei gabbiani e del cielo azzurro, cullati dal rumore dell’Oceano.

Un paio di settimane dopo essere rientrati da quel romantico fine settimana negli Hamptons, Rick era partito per il lungo tour promozionale. Avevano riparlato del “progetto-baby” e Kate gli aveva detto che avrebbe sospeso le pillole anticoncezionali. L’idea la spaventava, inutile nasconderlo, ma era convinta che avrebbe avuto ancora molto tempo per abituarsi. Jenny e Kevin ci avevano messo un bel po’ prima di riuscirci, quindi di sicuro lei non sarebbe rimasta incinta al primo tentativo.

Era la prima volta, da quando avevano iniziato la loro storia, che sarebbero stati lontani tanto a lungo. Kate si buttò a capofitto nel lavoro, in modo da tenere la mente occupata ed evitare di pensare a quanto le mancasse Castle. Sì, decisamente lo scrittore sapeva come riempirle le giornate e le notti.

Per fortuna, il mese stava per giungere a termine. Alla fine erano riusciti a vedersi solo una volta: una sera, Kate si era improvvisamente trovata Rick, fradicio, alla porta di casa, in una sorta di dejà vu al contrario. Era scappato furtivamente dal suo tour, nonostante l’ira funesta di Gina, per farle una sorpresa e per regalare ad entrambi almeno una notte insieme, ripartendo poi alle prime luci dell’alba. Era stata davvero una notte speciale, ma questo risaliva ormai a tre settimane prima.

Negli ultimi giorni, Kate si sentiva sempre stanca: aveva lavorato davvero troppo, sottoponendosi a turni massacranti pur di non rientrare a casa. Lei e Rick non vivevano insieme, anche se erano più le notti che dormiva al loft di quelle che trascorreva nel suo appartamento, ma ora che Rick era in giro, lei era tornata a casa sua e la mancanza della personalità deliziosamente ingombrante del suo scrittore si faceva sentire, specialmente la notte. Aveva sgobbato così tanto che anche la sua alimentazione aveva lasciato molto a desiderare: il suo frigorifero era tornato ad essere il tempio di polistirolo, come lo aveva definito Castle tanto tempo prima, in quella che sembrava ormai un’altra vita. Forse era per quello che da qualche giorno aveva un continuo mal di stomaco. Per fortuna, a breve tutto sarebbe tornato come prima: il rientro di Rick era previsto tre giorni dopo. Ancora poche ore e avrebbe potuto abbracciarlo di nuovo.

Quella sera rientrò a casa e, esausta, si lasciò cadere sul divano. Il mal di stomaco non le dava pace e, al pensiero di dover cenare, sentì la nausea crescere. Forse stava covando l’influenza. “No, dai, non mi posso ammalare adesso che rientra Rick. Cavolo, quasi un mese senza vederlo… un momento, un mese?” si disse fra sé, allarmata. Un mese. E in quel mese del suo ciclo neanche l’ombra. Lo aveva realizzato solo in quel momento. Si disse che sicuramente era legato al periodo di stress, così decise di non dare eccessiva importanza a quel ritardo. Ogni tanto poteva capitare. Una camomilla calda e una notte di sonno l’avrebbero rimessa in sesto.

La mattina dopo si svegliò ancora in compagnia della nausea, ma evitò di fantasticare su quale potesse essere il motivo del suo malessere (anche se, nel profondo del suo cuore, quell’unico motivo era ben chiaro). Si recò al distretto e si mise a lavorare di buona lena. Nei giorni precedenti era stato commesso un omicidio e lei, Espo e Ryan erano nel bel mezzo delle indagini. La consueta lavagna si stava affollando di indizi, foto, linea del tempo, possibili motivi… insomma, la solita routine. Si mise seduta di fronte alla lavagna, cercando di trovare i collegamenti fra le varie informazioni che avevano raccolto. Dava le spalle all’ascensore e non prestò attenzione al suono che ne annunciava l’apertura della porta. I suoi fidi compagni, invece, erano voltati proprio in quella direzione, così furono i primi a vederlo comparire. Sui loro volti si aprì un sorriso: era mancato anche a loro. E non solo perché le sue fantasiose teorie li avevano spesso aiutati a risolvere i casi più complessi. Castle era un loro amico, una persona cui volevano bene.

“Beckett, credo tu abbia visite…” le annunciò l’irlandese, con un sorrisino malizioso.

Kate si voltò e lo vide. Non riusciva a credere ai suoi occhi! Si alzò di slancio per andargli incontro ma, improvvisamente, sentì svanire la forza dalle gambe, non riusciva più a muoversi, tutto cominciò a girare vorticosamente, finché … buio. Udiva in lontananza la voce di Rick che chiamava, allarmato, il suo nome, ma non riusciva a riemergere da quel vortice oscuro nel quale era caduta. Gli attimi che seguirono furono concitati: per fortuna, Javier era vicino a Kate quando era svenuta ed era riuscito ad afferrarla prima che cadesse per terra. Tenendola saldamente fra le braccia, la portò in sala relax e la adagiò con cautela sul divano, non prima di aver gridato a Kevin di chiamare subito Lanie. L’anatomopatologa era di turno quella mattina, così in pochi minuti arrivò al piano del distretto. In tutto questo trambusto, Rick non aveva lasciato un attimo Kate, osservandola spaventato e preoccupato, ma cercando di parlarle con dolcezza per farla tornare in sé.
Poco dopo, Kate riprese conoscenza. La prima cosa che vide furono gli sguardi preoccupati dei suoi amici, in particolare di Rick e di Lanie, che le stava misurando la pressione.

“Ehy, tesoro, ben tornata fra noi” le disse con tenerezza la sua amica. Fece per alzarsi, ma la dottoressa Parish la bloccò. “No, Kate, rimani distesa. Hai perso i sensi e la tua pressione è molto bassa. Adesso ti portiamo in ospedale per un controllo, ok? Cerca di stare tranquilla, vedrai che non è niente.”

“Rick…” sussurrò Kate.

“Sono qui, non ti lascio.”

“Sei tornato prima…”

“Oh tesoro, non riuscivo più a starti lontano! Certo che se avessi saputo che per l’emozione avresti perso i sensi ti avrei avvertito per tempo!” Cercava di sdrammatizzare, ma si vedeva lontano un miglio che era preoccupato per la sua compagna. La guardò con amore e le strinse teneramente una mano, come a volerle dimostrare, anche fisicamente, di essere con lei.

“Ok, piccioncini, proviamo a far sollevare la mamma così la accompagniamo all’ospedale.” Si intromise Javi, dopo essersi scambiato uno sguardo d’intesa con la sua bella dottoressa. Kate sussultò a quell’appellativo. Espo e Ryan la chiamavano spesso così, prendendo bonariamente in giro lei e Castle, ma questa volta le fece un effetto diverso. Mamma… Forse lo sarebbe davvero diventata, molto presto. Improvvisamente, si rese conto che l’idea di avere un figlio da Rick non la terrorizzava più. Anzi, sembrava la cosa più giusta per loro.

In un baleno, grazie alle generose donazioni di Rick all’ospedale che avevano aperto molte porte, Kate venne visitata da uno dei migliori medici del Pronto Soccorso, che fortunatamente non si chiamava Josh e non gli assomigliava nemmeno lontanamente. Lo scrittore non avrebbe sopportato l’idea di affidare l’amore della sua vita a un facsimile di Motorcycle-Boy, no davvero. Mentre gli altri aspettavano fuori dalla stanza, il dottore fece un esame accurato alla detective: le prelevò il sangue, le misurò la pressione, le controllò il battito cardiaco, le fece numerose domande, in modo da stilare un’anamnesi completa. Pochi minuti dopo, un’infermiera consegnò al medico i risultati delle analisi ematiche e una copia della cartella clinica di Kate, relativa al suo ferimento avvenuto ormai quasi due anni prima. Il dottor Smith lesse attentamente i risultati e sollevò lo sguardo verso la sua paziente, che attendeva con ansia il responso, mordendosi il labbro inferiore.

“Detective Beckett, lei è incinta di tre settimane. Lei e il bambino state bene: la gravidanza è il motivo del suo malessere. Da quanto mi ha raccontato, deve essersi stancata parecchio di recente. La gravidanza non è una malattia, ma cerchi di riguardarsi per le prossime settimane. Il primo trimestre è molto delicato.”

Incinta. Fra poco più di otto mesi, lei e Castle avrebbero avuto un bambino. Un bambino tutto loro. Un figlio, magari con gli stessi occhi del padre, così simili al mare degli Hamptons, e i capelli castani della madre. Con la stessa visione ottimistica e magica della vita del papà e la caparbietà della mamma. Un’ondata di emozione la travolse in pieno e una lacrima, furtiva, le scese lungo una guancia.

“Grazie, dottor Smith. Adesso vorrei tanto andare a casa…”

“Certo, detective, non c’è ragione di trattenerla. Ci dia solo il tempo di sbrigare alcune formalità burocratiche. L’importante è che per i prossimi giorni stia a riposo, chiaro?”

La detective annuì. Sì, si sarebbe presa cura di quel bambino che cresceva dentro di lei, proprio come fa ogni madre. In quel momento, sentì ancora di più la mancanza di Johanna. Quanto avrebbe voluto averla vicina! Quanto avrebbe desiderato condividere con lei questa avventura! Oh, Rick le sarebbe piaciuto tanto, sarebbero sicuramente andati d’accordo. Già, Rick… non sapeva ancora la grande novità e non vedeva l’ora di dirglielo. Oddio, chissà quanto sarebbe diventato grande il suo ego al pensiero di aver concepito un bambino al primo tentativo! Chissà quanto sarebbe stato orgoglioso dei suoi swimmers che avevano centrato l’obiettivo al primo colpo! Sorrise al pensiero e chiese al medico se poteva farlo entrare.

Castle fece capolino nella stanza e, vedendola così serena, si sentì subito meglio.

“Ciao tesoro… Stai meglio, vero?”

“Sì… Rick, siediti, dobbiamo parlare.”

A quelle parole, lo scrittore corrucciò la fronte, temendo che nascondessero qualcosa di brutto. In fin dei conti, la sua bella compagna solo poche ore prima aveva perso i sensi.

“Cosa è successo, Kate? Mi stai facendo preoccupare… Il medico ha scoperto qualcosa che non va? Possiamo andare in un altro ospedale se vuoi, chiamo subito il Sindaco e ti faccio trasferire con un elicottero. Anzi, chiamo direttamente l’esercito, conosco uno dei generali…”

“Frena, frena, non c’è niente che non va. Ma devo dirti una cosa. Oddio, non so nemmeno io come farlo… Rick, aspettiamo un bambino”.

Rick spalancò la bocca, non riuscendo quasi a pronunciare parola né a respirare. Poi le chiese: “Seriously?”

Kate annuì, guardandolo teneramente e continuando a mordersi il labbro inferiore. A quel punto, Rick la abbracciò con tutto il suo amore, cominciando a ridere e a piangere, allo stesso tempo, e a gridare come un forsennato “Diventerò papà! Un’altra volta! Sìììììììììììì!!!!”

Dall’esterno della stanza, Javi, Lanie e Ryan udirono le grida di Castle, senza però distinguere le parole, pertanto si affacciarono per verificare che tutto fosse sotto controllo.

“Kate, Rick, state bene?” chiese Lanie, con sguardo sorpreso e preoccupato, vedendoli ancora abbracciati e commossi.

I due futuri genitori si guardarono e scoppiarono a ridere. Poi Rick chiese con gli occhi il permesso a Kate di rivelare la notizia ai loro amici e lei acconsentì. Era una gioia troppo grande per tenersela solo per loro, in barba alla scaramanzia. L’approccio ottimista alla vita di Castle era davvero contagioso!

“Lanie, ragazzi, state per diventare zii!”

A quel punto, la confusione prese il sopravvento: tutti abbracciavano tutti, tutti ridevano e piangevano commossi, tutti si congratulavano con tutti, tanto che, quando entrò l’infermiera per portare i documenti di dimissione a Kate, non riuscì a capire chi fosse il padre. Scosse la testa, perplessa, e richiuse la porta, lasciandoli festeggiare. Sembravano una strana famiglia allargata, ma erano tutti così felici che era un piacere guardarli. Chiunque fosse il padre, quello sarebbe stato un bambino fortunato.

Nota dell'autrice: l'idea di questa storia mi è venuta lo scorso fine settimana mentre ero a Londra. Pensate che io sia completamente folle? Io no, non lo penso. Ne sono assolutamente sicura. Cosa c'entra Londra con questa storia? Nulla. Ma l'OCD colpisce senza pietà!
Grazie a chi di voi è arrivato fino qui. Baci,
Germangirl



  
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