2)Serate
da Soma
Cosa
c’è di più bello che
stare sdraiata sul divano tra le braccia di Mark?
Poche
cose che al momento
non hanno importanza, solo lui riesce a farmi stare bene ora.
Sento
il suo cuore
battere, mi godo le sue mani che passano e ripassano tra i miei capelli
e
potrei giurare che lui stia sorridendo mentre lo fa.
“Mi
sei mancato tanto.”
“Anche
tu, ma ora
recupereremo.”
“Non
hai paura?”
Gli
chiedo a bruciapelo.
Lui
si ferma un attimo e
poi riprende.
“Di
cosa?”
“Di
andare via da casa e
trasferirti in una città grande lontano dai tuoi che ti
possono tirare fuori
dalla merda. Paura che la nostra storia non regga alla
convivenza.”
“La
prima paura l’ho
provata. Durante i primi tempi qui mi mancavate tutti, mi sentivo solo
e
sperduto. Avevo il Soma vicino, ma non aveva senso andarci senza di te
o senza
Tom.
Poi
lentamente mi sono
abituato alla situazione ed è passato tutto. Mi piace stare
qui, mi mancano
mamma e Anne, ma so che ogni volta che voglio posso prendere la
macchina e
raggiungerle.
Per
il resto, sono certo
che reggeremo, ne abbiamo passate tante, reggeremo anche alla
convivenza.”
“Giusto.”
Lui
annuisce.
“Perché
questi dubbi?”
“Prima
che Tom venisse a
prendermi mamma ha tentato di convincermi fino all’ultimo a
lasciar perdere,
che sarebbe finita male, che eravamo troppo giovani, ma io non le ho
dato
retta…
A
proposito! Devo
chiamarla e dirle che sono arrivata!”
A
malincuore mi alzo dal
suo abbraccio, provocando un suo sbuffo contrariato, per avviarmi verso
il
telefono. Compongo rapidamente il numero, lei mi risponde quasi subito.
“Alleluia!
Finalmente mi
chiami, stavi per chiamare io!”
Gracchia
la voce di mia
madre al telefono.
“Scusa,
ma Tom si è
fermato un po’ a chiacchierare con noi.”
“OK,
come mai non si fa
più vivo a casa?”
“Erin
ha chiesto una pausa
di riflessione.”
La
sento mormorare parole
di dissenso.
“Tu?
Tutto a posto?
La
casa? Mark? Il
viaggio?”
“Tutto
a posto. Il viaggio
non è stato male, poco traffico e buona compagnia.
La
casa è ok, è abbastanza
pulito e poi ci penserò domani. Domani penso di disfare le
valige e di fare un
giro in università, giusto per ambientarmi e capire.
Mark
sta bene.”
“Salutamela!”
mi urla dal
divano Mark.
“Ti
saluta e si è tinto i
capelli di rosso.”
“Vorrei
quasi vederlo.”
Sospira
lei.
“Salutamelo.”
Chiacchieriamo
un altro
po’, poi chiudiamo la chiamata e io torno tra le braccia di
Mark, godendomi il
suo calore e sorridendo come un’idiota. Ce la posso fare.
Posso
affrontare questa
vita, non sono sola perché ho lui e non è poco.
Lui vale un mondo.
“Mmh,
che voglia di
dormire.”
“Dormire?!”
Esclama
lui.
Senza
tante cerimonie
ribalta le posizioni e si piazza sopra di me.
“Sei
sicura di voler
dormire?”
“Offrimi
una valida
alternativa e potrei cambiare idea.”
Con
l’aria da furbetto più
arrapata che riesce a produrre inizia a baciarmi piano il collo,
salendo e
scendendo. Mi lascia un paio di succhiotti – conditi dai miei
gemiti – e poi mi
stuzzica dietro l’orecchio: è il mio punto debole
e lui lo sa.
Sa
che capitolerò tra
poco.
“Allora?”
“Mark…”
Continua
a baciarmi,
mandandomi fuori di testa.
“Mark…”
Poi
mi limito
semplicemente a prenderlo per i capelli e ad attirarlo in un bacio
mozzafiato,
mentre le mie mani si ingegnano a togliergli la maglia.
“Vuoi
ancora dormire?”
Mi
chiede sornione.
“Ma
stai zitto!”
Lo
riattiro a me e
continuiamo a baciarci, le sue mani mi accarezzano la pancia e i
fianchi e
gentilmente mi fanno capire di alzare le braccia che la mia maglia
andrà a fare
compagnia alla sua.
Permesso
accordato, la
maglia vola via.
Sorride
soddisfatto e mi
accarezza il bordo del reggiseno.
“Nuovo
questo?”
“Comprato
apposta per te.”
“Peccato
che ora dovrò
togliertelo!”
Detto
fatto, si dedica ai
miei seni.
Come
ho fatto a pensare di
poter dormire?
Ansimo
senza ritegno e
ribalto le posizioni, gli accarezzo e gli bacio il petto scendendo
sempre più.
Ora
è il mio turno di far
volar via le cose e per la precisione sono i suoi pantaloni e le sue mutande.
Dedico
a lui tutta la mia
attenzione e lui e il suo amichetto apprezzano, tanto che ben presto
è lui a ribaltare
di nuovo le posizioni e a far volare via i miei pantaloncini e mutande.
Entra
in me con una spinta
violenta e un sospiro.
“Mi
sei mancato!”
Ansimo
mentre continua a
spingere e io gli stringo le gambe attorno alla vita per sentirlo
più a fondo.
“Anche
tu! Ti amo!”
“Anche
io!”
Spinta
dopo spinta, gemito
dopo gemito arriviamo insieme all’orgasmo e lui crolla su di
me.
Rimaniamo
per un po’ così,
senza fretta. Io gli accarezzo i capelli, lui bacia la pelle che gli
capita a
tiro e mi accarezza piano la pancia, solo i nostri respiri che si
calmano
lentamente.
Mi
ero quasi dimenticata
di quanto fosse bello rimanere stesi a fare niente dopo
l’amore.
“Ben
arrivata a San Diego,
bruja.”
“Grazie
del benvenuto, mio
principe. Rimani sempre quello bravo a letto.”
“Anche
tu non sei male.
Dio, quanto mi sei mancata!”
Gli
bacio una clavicola
sorridendo.
Questo
divano è stretto,
ma sembra una reggia per noi.
Butto
uno sguardo
all’orologio e mi rendo conto che sono le otto e mezza, che
dobbiamo fare una
doccia, sistemarci e mangiare.
Mi
alzo come una furia –
facendolo ridere – e mi precipito in bagno, buttandomi sotto
la doccia.
Mentre
mi sto lavando lo
sento entrare.
“Ti
sei dimenticata le
salviette e stai usando il mio shampoo.”
“Non
mi ucciderà, no?
Grazie
per le salviette!”
“Prego,
comunque
prenditela calma usciamo a mangiare per festeggiare il tuo arrivo,
c’è una
pizzeria piccola non troppo lontano dal Soma in cui la roba costa
poco.”
La
cosa ha il potere di
rilassarmi e mi do una calmata.
“Grazie,
ti amo!”
Urlo
dalla doccia, lui
ride ed apre la porta, mostrandomi il suo faccione.
“Posso
fare la doccia con
te?”
“Niente
sesso, però.”
Lui
fa una faccia
imbronciata.
“Ok,
va bene.”
Si
spoglia lentamente e
poi entra.
Ci
laviamo a vicenda,
scambiandoci solo qualche bacio, poi usciamo, io
vado in camera a cambiarmi, lui si spaparanza
sul divano come Homer Simpson.
Alle
nove usciamo di casa,
la sera è calata su San Diego e il venticello per ora
è sparito.
Scendiamo
le scale del
condominio ridendo e scherzando quando una porta si apre ed esce un
vecchietto.
Mark si ferma di botto.
“Ehi,
capo!”
Urla,
facendolo voltare.
“Ciao
Mark!”
Mi
nota e sorride.
“Lei
è la famosa Ruby?”
“Non
sapevo di essere
famosa, comunque sì, sono io.”
L’uomo mi tende una mano callosa
che stringo un po’
titubante.
“Io
sono Joshua
Fitzpatrick.”
“Aspetti
un attimo,non
sarà il famoso “capo”?
Quello
che ha raccolto le
confidenze di Mark dal barbiere?”
“Sono
io e sono tanto
felice che ora tu sia la tua ragazza.
Meg
ha fatto le costolette
di agnello, volete fermarvi?”
Mark
sorride e scuote la
testa.
“Grazie
dell’offerta, ma
pensavo di portarla “Da Luigi.” Per festeggiare il
suo arrivo.”
Il
vecchio annuisce.
“Buona
scelta, Mark.
Divertitevi,
mi
raccomando.”
Annuiamo
in due e
riprendiamo a scendere le scale, mano nella mano.
“è
un tipo simpatico.”
“Non
è male, imparerai a
conoscere lui e la moglie, sono una coppia fantastica.
Adorabili
e poi mi hanno
adottato.”
“Grandioso!”
Sì, è davvero
grandioso. Non sta andando per
niente male.
Il
ristornate in cui mi
porta Mark è piccolo ed è solo una via
più in là rispetto al Soma, il che è
perfetto dato che Tom non ama particolarmente i ritardatari e noi siamo
a
rischio.
Per
fortuna è quasi vuoto
e probabilmente ci serviranno subito, ho il tempo di guardarmi in giro:
alle pareti,
di un giallo chiaro, sono appese stampe delle bellezze italiane, ci
sono le
tovaglie a quadri rossi e le tendine di pizzo a mezza finestra.
Approvo.
Questo
posto è uguale a
quello dove lavoravo io d’estate a Poway, quindi la cucina
non dovrebbe essere
male.
Quando
ci portano le pizze
la mia teoria ha una conferma, sono buonissime, quasi come quelle che
mangeranno in Italia. Chissà se riuscirò mai ad
andarci in Italia?
“Mark?”
Lui
alza lo sguardo dalla
pizza con wurstel, salame e peperoni che sta divorando.
“Sai
se qui cercano una
cameriera o una sguattera?”
Lui
si pulisce la bocca e
sembra pensare un attimo a quello che gli
ho detto.
“Mmh,
non lo so, ma puoi
chiedere a Luigi, lui è sempre alla cassa.”
“Ehi,
ora che lavoro fai?”
Mark
ha lavorato per un
po’ in una tavola calda, poi ha mollato e si è
trovato un altro lavoro non so
dove.
“Lavoro
in un negozio di
dischi, il proprietario ha una vera passione per il punk,
così è tanto
magnanimo con me.”
Io
sorrido.
“Ah!
I blink hanno il loro
primo ingaggio in un locale!”
Io
rischio di strozzarmi
con la mia pizza.
“Stronzo!
Così me lo dici?
Quando?
Dove?”
“Sabato,
in un bar per
motociclisti.”
“Bravi,
ragazzi, bravi!
Sono tanto felice per voi!”
Ordiniamo
del vino per
festeggiare e in due ci scoliamo una bottiglia.
Arriviamo
alla cassa
brilli, ma felici.
L’uomo
con gli occhi scuri
e la croce d’oro al collo deve essere il famoso Luigi,
così chiedo.
“Scusi,
avete bisogno di
una sguattera o di una cameriera?”
“Sì,
ma ci serve gente
sobria.”
Ride
lui.
“Ehi!
Oggi era una
giornata stra-mega-speciale! Mi sono trasferita a San Diego, vivo con
lui che è
il mio ragazzo e la sua band ha un ingaggio per sabato
prossimo.”
Luigi
sorride.
“Complimenti,
ragazzo. In
quanto a te, ragazzina, presentati qui domani a mezzogiorno e ne
riparliamo,
forse c’è un posto da sguattera.”
Mi
illumino.
“Sarebbe
bellissimo! Ho
già lavorato come sguattera in un ristorante italiano a
Poway!”
“Bene,
allora ci vediamo
domani a mezzogiorno.
Sobria.”
“Certo!”
Esco
dal locale
barcollando leggermente – non sono abituata a bere tutto quel
vino – ma Mark mi
sostiene.
Ridendo
come scemi ci
dirigiamo verso il Soma, tra le occhiate di biasimo dei passanti: un
ragazzo
dai capelli rossi e una ragazza troppo pallida e vestita di nero non
fanno mai
una buona impressione.
“Teppisti!”
mormora
qualcuno a bassa voce.
Fanculo!
Arriviamo
al Soma e
troviamo ad aspettarci un Tom impaziente e David, Anne e Matt che
chiacchierano.
“Ragazzi!!”
MI
lancio ad abbracciarli,
brilla, sorridono tutti e due.
David
è tutto sommato normale,
Matt invece ha un mohawk da fare invidia, sembra più alto ed
è vestito come un
vero punk: tutto catene, chiodo e vestiti stretti.
“Matt,
ma sei diventato
più alto!”
“Sì,
un po’ e tu hai
bevuto un troppo mi sa.”
Io
ridacchio.
“Cioè,
VOI. VOI avete bevuto
senza di me?”
La
voce di Tom è delusa al
massimo.
“Scusa,
Tom. Le ho detto
che sabato suoniamo e abbiamo deciso di festeggiare!”
Tom
alza gli occhi al
cielo.
“Solo
per questo ti
perdono, Hoppus!”
Detto
questo entriamo
finalmente nel locale, io a braccetto con Tom e Matt, David, Anne e
Mark dietro
di noi.
Il
locale non è
pienissimo, si stanno esibendo dei ragazzi che sembrano avere poco
più della
nostra età,
cosa che fa guadagnare loro
un’occhiata di pura invidia da parte dei miei sue musicisti
preferiti.
“Ci
esibiremo anche qui.”
Il
tono con cui Tom lo
pronuncia non ammette repliche, sembra quello di una profezia, quello
con cui
potrebbe dire che domani il sole sorgerà.
“Ci
puoi contare, amico.”
Il
tono di Mark è
altrettanto deciso, è in momenti come questi che mi manca
Erin – assente per
ovvi motivi – almeno con lei non mi sentirei così
sola.
Già,
so che Mark mi ama,
ma so anche che i blink sono il mondo di lui e di Tom e che gli altri
– Scott a
parte – ne sono sempre un po’ esclusi.
È
dura stare con un musicista.
La
musica per lui sarà
sempre la cosa più importante, come lo sarà per
Tom e forse per David, che ho
scoperto suoni la chitarra.
“Bene,
amici miei.
Scritto
nella roccia che
suonerete qui che ne dite di pogare un po’ o di
bere?”
Annuiamo
tutti, Dave e
Anne raccolgono le nostre ordinazioni, noi invece andiamo al tavolo.
Io
ho ordinato solo
dell’acqua, ho già troppo alcool in corpo, Mark
invece non sembra preoccupato
perché ordina un’altra birra piccola.
Dannati
ragazzi che
possono bere più delle ragazze!
Quando
anche gli altri
arrivano – con il beveraggio – la conversazione
inizia.
“E
allora Ruby, come ti
trovi qui a San Diego?”
Il
primo a chiederlo è
Matt si accodano gli altri.
“Com’è
vivere con mio
fratello? Non ti ha ancora costretta a una maratona di Star Wars o ti
ha urlato
di portargli un dannato panino mentre sta giocando?”
Anne.
“Cosa
avete inaugurato per
primo?
Il
letto? Il divano? Il
pavimento?”
Tom.
Io
sospiro e inizio a
rispondere.
“Mi
trovo bene, non ho
ancora visto l’università, ma spero sia un
po’ meglio del liceo di Poway. Meno
gerarchie e palle varie.
Domani
ho un colloquio di
lavoro da “Da Luigi” per un posto come sguattera.
No,
Mark non mi ha ancora
costretto a una maratona di Starwars o urlato che vuole un dannato
panino, vi
dirò quando succederà come mi
comporterò.
Tom,
abbiano inaugurato il
divano.”
“Bravi
ragazzi, il letto
riservatevelo per dopo.”
“Tom,
fai paura. Sembri un
cazzo di guardone.”
Lui
si porta le mani al
petto con fare teatrale.
“Baby,
mi hai sgamato
volevo spiarvi dopo, vedere il mio amico darci dentro e tu che
vieni.”
Gli
rifilo un calcio
sotterraneo abbastanza forte da farlo piegare e sorrido angelica.
“Ok,
strega, messaggio
ricevuto.”
“Bravo
DeLonge.”
Chiacchieriamo
un altro
po’ poi ci buttiamo tutti nel pogo disperdendoci.
Non
so dove finiscano gli
altri so solo che ben presto due mani conosciute mi attirano a
sé e sento
qualcuno strusciarsi sulla mia schiena.
Io
ridendo struscio il
sedere sentendolo gemere, poi mi fermo.
“Nooooo,
perché?”
Con
una mossa abile mi fa
voltare verso di lui e passa con fare possessivo le mani sui miei
fianchi.
Giù
e su.
Su
e giù.
“Sei
bellissima e io sono
tanto fortunato ad averti scongelato.
Sono
tanto felice di
poterti baciare.”
Mi
bacia il collo.
“Toccare.”
Mi
accarezza i fianchi.
“E
amare”
Una
mano mi strizza il
seno da sopra la maglio provocando un mio sospiro contenuto.
“Senza
rischiare di essere
ucciso da te.”
“Anche
io sono tanto
felice!”
Rispondo
con voce roca,
prima di alzare il suo volto e cominciare a baciarlo con passione.
Le
nostre lingue si
cercano, si intrecciano, si studiano e poi fuggono come se fossimo
ancora due
estranei che devono ancora scoprire tutto uno dell’altro
Ed
è bellissimo.
In
mezzo a questa bellezza
vedo qualcosa che rischia di turbare tutto: Tom che bacia con passione
Anne.
Riesco
a dissimulare bene
lo stupore e a continuare quello che stavamo facendo, fino a quando non
ci
stacchiamo e lui mi urla che va a prendersi un po’
d’acqua, io gli rispondo che
uscirò a fumare.
Esco
fuori dal locale e
non appena accendo la sigaretta sento qualcuno che mi raggiunge:
è David.
“Li
hai visti, vero?”
“Chi?”
“Tom
a Anne.”
Io
annuisco.
“è
un bel casino questo,
lo sai quanto Mark è geloso della sua sorellina.”
Lui
annuisce.
“Lo
so e so anche che Tom
era ubriaco da far schifo e che per lui questa scopata non ha
più significato
di una sega.
Mark
non ne deve sapere
niente, se siamo fortunati non si ripeterà mai
più.”
“Sì,
hai ragione.
Dio,
Tom è un cazzo di
irresponsabile, porca puttana!”
David
sbuffa. Io torno
dentro.
La
serata al Soma non dura
ancora per molto, io e Mark poghiamo un altro po’ poi ci
dirigiamo all’uscita
seguiti da Dave, Matt ci fa segno che rimane
Ci
credo.
Si
è trovato una ragazza
da baciare, non è interessato a mollare la preda
“Ehi,
avete visto dove è
Tom?”
“L’ho
visto andare via con
una morettina.”
“Il
solito bastardo
fortunato.”
Ridacchia
Mark.
“Riuscirebbe
a scopare
anche in mezzo al deserto.
E
Anne? Non possiamo
lasciarla qui da sola!”
Ho
un attimo di panico, ma
David mi regge il gioco per fortuna.
“L’ho
vista andare via
mezz’ora fa, mi ha detto che aveva mal di testa.”
Il
mio ragazzo sbuffa
platealmente.
“Le
ho detto che beve
troppo, ma figurati se mi ascolta!”
Esco
dal locale con un po’
di senso di colpa, odio dover mentire a Mark,
ma so che lo provo per una buona causa.
I
blink sono più
importanti di qualsiasi litigio per una sorella e poi – visto
che sia Tom che
Anne erano ubriachi – sono quasi sicura che domani nessuno
dei due si ricorderà
nulla e la cosa sarà senza conseguenze.
Lo
spero con tutto il cuore.
Che
Dio ce la mandi buona.