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Autore: Kira Kinohari    26/04/2013    1 recensioni
Kai appena uscito dall'ultimo incontro con Takao ha finalmente capito di doversi affidare a qualcuno, di non poter combattere solo per sé e quando gli si presenta l'occasione di mettere in atto ciò che ha appena imparato, se la fa sfuggire.
Cercherà di rimediare a modo suo, aspettando che il tempo faccia il suo corso e rimargini le ferite.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Takao Kinomiya
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quattro anni dopo, in Giappone.
Aya aggiustò la sua gonna e la giacca del tailler, mentre camminava veloce sui suoi tacchi alti. Non poteva fare tardi, ma era stata colpa sua dopotutto, aveva preferito fare una passeggiata per la città che non vedeva da tanto tempo, piuttosto che prendere un taxi. Che stupida.
Cercò di affrettare il passo, d'altronde le mancava solo qualche centinaio di metri, poteva benissimo vedere la palazzina, ricostruita esattamente come una volta.
“Aya?”
Avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque, così si fermò e si voltò verso il suo interlocutore. Portava un completo blu scuro e una camicia bianca, aveva perso quegli affascinanti triangolini blu sul volto e portava un paio di occhiali neri eleganti.
“Sei diventato cieco?” disse, sorridendo.
“Sei davvero tu.”
“In persona, Hiwatari.”
Lui le si avvicinò e l'abbracciò.
“Che ci fai da queste parti?”
“Beh, sono tornata” disse, spalancando le braccia.
Kai la osservò affascinato, in quattro anni era diventa più alta e più donna, ma era rimasta la ragazza incredibilmente bella di un tempo. Sembrava più sicura di sé, adesso.
“E' bello che tu sia qui. Sei venuta qui per il passaggio di proprietà della BBA?”
“Sì.”
“Oh, conosci i nuovi proprietari? Probabilmente dovranno vedersela con me, ho un'azienda di bey, ora.”
Aya si mise a ridere, era davvero imbarazzante.
“Sorella, ti vuoi dare una mossa?” chiese Jake avvicinandosi velocemente “Tra cinque minuti inizia”.
“Sì. A presto, Hiwatari.” salutò, prima di correre sui suoi tacchi vertiginosi e dirigersi alla BBA. Lui li seguì con passo più tranquillo. La conferenza era stata aperta a tutti, così prese posto nelle ultime file. Il tavolo della conferenza era vuoto, a parte per il Presidente Daitenji che stava in piedi, davanti al microfono, con tutti i suoi anni che ora pesavano come macigni.
“Bene, possiamo iniziare.” disse “Siamo tutti qui per il passaggio di proprietà della mia associazione. Non la lascerò in mani inaffidabili come l'ultima volta. Questa volta sono persone fidate, quelle che voglio presentarvi. Ecco a voi, i nuovi direttori e possessori della Bey Blade Association.
In quel momento Aya e suo fratello salirono al tavolo delle conferenze e si sedettero accanto al nonno. Kai era shoccato.
“Allora, dovrò vedermela con te, Hiwatari?” gli chiese a fine conferenza.
“A quanto pare sì.”
“Sarà interessante vedere chi vincerà” disse Aya facendogli l'occhiolino.
“Ti aspetto per una cena da me.” rispose lui.
“Cosa?”
“Beh, ceno sempre con i miei avversari.”
“E da quando?” chiese lei, avvicinandosi. I loro occhi erano incastrati, sembravano quasi fondersi.
“Da quando sono diventato un dirigente aziendale, partendo dal nulla.”
“Mi stai sfidando? Solo perchè mio nonno mi ha affidato la sua azienda?”
“Non è la stessa cosa che farsi da solo”
“No, certo, se non sei ricco.”
Stavano litigando ancora, nonostante fossero passati quattro anni. Continuavano a litigare nonostante fossero persone mature.
“Ehi, Aya!” la chiamò suo nonno.
“Arrivo” rispose lei con un sorriso “Buona serata Hiwatari” aggiunse e poi sparì.

Era stato bello rivederla, lo aveva fatto tornare ragazzino, soprattutto dopo aver constatato che ancora litigavano ogni minuto. Eppure aveva qualcosa che le mancava prima, forse era quella sorta di fascino che avevano tutte le donne con un po' di potere tra le mani. Forse era lei che era sbocciata in un meraviglioso fiore.
“Fiori!” urlò, alzando la cornetta del telefono.
Il mazzo di rose rosse arrivò direttamente all'ufficio di Daitenji A. un'ora dopo. La rossa fissò stupita i fiori, emozionata di leggere il bigliettino. Poteva essere davvero lui? Non vedeva l'ora di scoprirlo.
Quando si avvicinò lesse le poche righe e sorrise. Anche se non era andata come si aspettava andava bene comunque.
“Ehi, chi li manda?” chiese suo fratello entrando con una cartellina blu tra le mani.
“Qualcuno che vuole invitarmi a cena.”
“Devi stare lontana da Hiwatari.”
“Chi ti ha detto che sono suoi?”
“Si capisce. L'altra sera ti guardava come se non avesse mai visto una donna.” rispose lui, irritandosi “Se penso che hai passato due notti con lui mi viene voglia di andarlo a prendere sotto casa.”
“Uh, rilassati boss. Sono grande e vaccinata e so difendermi”
“Certo. Tu accetterai?”
“Forse”
“Stagli lontana.”
“Ma che paura hai?” le chiese lei, incerta se sorridere o meno.
Lui posò la cartellina e si sedette su una delle tre poltrone che stavano nell'ufficio di sua sorella. Osservo oltre le grandi finestre che davano sulla strada, dove molte persone camminavano ignare di ogni cosa che non facesse parte della loro vita.
“Ha un ascendente negativo su di te.”
“Cosa vuoi dire?”
“Se volesse portarti a letto? Come faresti poi?”
“Non succederà. Devi stare tranquillo.” gli assicurò lei abbracciandolo.

La chiamata era arrivata ben tre giorni dopo, voleva farlo stare sulle spine, e doveva ammettere che ci era riuscita. Si erano dati appuntamento per la settimana dopo, alle otto a casa di lui. Aya era arrivata alle otto in punto, lui era venuto ad aprirle e l'aveva fatta accomodare sul divano. Era bellissima, il tailleur color crema le stava un incanto. Kai cercò di non pensarci, le prese la giacca e poi tornò in cucina. Aveva preparato tutto, ora rimaneva solo l'arrosto da fare a fette. Prese un coltello grosso e iniziò a tagliare.
L'urlo che arrivò dalla cucina la fece scattare in piedi. Corse verso la stanza dove un piccolo laghetto di sangue stava colando dalla mano di Kai. Con fare veloce prese uno strofinaccio e glielo legò attorno.
“Andiamo in bagno.” gli disse e lui la seguì.
Sciacquò la ferita, la disinfettò, poi prese delle bende e la fasciò.
“Possibile che ogni volta che vengo in questa casa devo vederti del sangue addosso?” chiese ironica.
“Mi dispiace.”
“Non fa nulla. Brucia?”
“Poco.”
Una volta che fu tutto fasciato, lei pulì il sangue dal bagno e dalla cucina, poi prese il suo posto, iniziando a tagliare l'arrosto e disponendolo in fettine perfettamente uguali su un piatto grande, poi le bagnò con del sugo.
“Hai cucinato, è fantastico.”
“Guarda che è solo una prova.” rispose lui, sbuffando.
“Nessuno ha mai fatto qualcosa senza prima provarci.” replicò Aya.
Kai la osservò muoversi, quel suo completo le stava maledettamente aderente.
“Sai che sei bellissima, mentre cucini in casa mia?” le disse mettendosi esattamente dietro di lei.
“Io mi ricordo che ero una psicopatica”
“E io sono uno stupido.”
“Bene, finalmente siamo d'accordo su qualcosa!” rise lei voltandosi.
Sembrava di essere tornati a quattro anni prima, dopo la finale del campionato. I loro visi vicini, il vassoio che scivolava, gli occhi intensi di lui nei suoi.
Kai non perse un secondo e la baciò.
Quel bacio l'accese, come un fuoco. Kai era così passionale, faceva poche cose con amore, ma quando ci si metteva poteva fare delle cose meravigliose, come quel bacio e quella cena e...
“Non posso.” mormoro Aya, allontanandosi da lui.
“Non bacio bene?”
“No, no, non è questo. È che...”
Avrebbe voluto spiegare, ma si ritrovò ancora le sue labbra addosso, le sue mani addosso che si muovevano con una tale sicurezza e forza da farla sentire in paradiso.
“Kai, ti prego.”
“No, ti prego io. Ricominciamo da capo, rimani qui a mangiare con me, poi guardiamo un film e rimani qui a dormire e domattina ci svegliamo insieme e...”
“No, Kai.”
“Qual'è il problema?”
“Sto frequentando una persona.” rispose lei.
Kai non sapeva cosa dire, gli era crollato tutto addosso. Frequentare, però, era un verbo debole, era come se la cosa non fosse importante. Se era poco importante allora si poteva risolvere.
“Beh, smettila di frequentarlo”
“Non posso.”
“Allora è più importante.”
“Sì, è importante” rispose lei, prendendo il piatto con l'arrosto e portandolo in salotto, dove un tavolo era ben imbandito.
“Ok, quindi siete fidanzati?”
“Sì, Kai.”
“Te l'ho mai detto che sono una persona che non si arrende?”
Sì, lo sapeva che era uno che non si arrendeva. Era andato a farsi uccidere, quasi, per dimostrare la sua forza, lei lo sapeva. Nel caso che però non l'avesse saputo lui glielo dimostrò baciandola ancora.
“Per favore, Kai. Sii serio.”
“Sono molto serio, lo sai anche tu che tra noi c'è chimica, perchè vuoi scappare?”
“Perchè...” non avrebbe voluto dirglielo così, ma alla fine doveva saperlo “Perchè ci sposeremo.”
Kai rimase in silenzio. Lei si sarebbe sposata.
“E' Yuya, allora.”
“Yuya?”
“Sì, mi avevano detto che si sarebbe sposato, ma lui è tornato molto tempo fa, non pensavo che fossi tu, invece mi sbagliavo.”
“No, guarda, Kai. Io che non vedo Yuya sono esattamente quattro anni.”
“Allora chi è?”
“Un contabile spagnolo”
“Allora farete un bel matrimonio separati?”
“No, apriremo una sede distaccata a Madrid.” rispose lei.
Sarebbe andata via, di nuovo. Pensava che questa volta sarebbe rimasta, pensava di essere finalmente riuscito ad avere l'occasione di mettere tutto a posto, ma non poteva.
“Ti ripeto che non sono uno che si arrende.”

  
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