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Autore: CosmoMarshall    26/04/2013    0 recensioni
Ogni cosa aveva senso nei miei disegni, anche se era indecifrabile, per me tutto aveva un senso. E il fatto che a volte solo io sapesse il senso di quel disegno mi faceva sentire veramente bravo. Mi piaceva fare ciò che stavo facendo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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I DISEGNI DI CHARLES HACK

- CAPITOLO 1 – IO, LEI E LORO.

Anche questo disegno era finito, non so ben di preciso cosa rappresentasse, so solo che era una bella rappresentazione del mio stato d' animo felice, allegro, tranquillo e spensierato. Mi sentivo come un bambino, libero da tutto, la mia vita adesso era destinata a terminare con Marta, la mia ragazza. Era il momento di andare a letto, il giorno dopo sarei dovuto andare a lavorare. Marta stava già dormendo quando io mi stesi accanto a lei, mi piaceva vederla dormire, proprio come in un mio vecchio disegno in cui mi raffigurai accanto a lei che le sussurravo parole dolci e di conforto che in questo caso non servivano non avendone bisogno.

Non riuscivo ad addormentarmi e allora cominciai a pensare, cominciai a chiedermi perchè disegnavo così tanto e arrivai alla conclusione che Disegnare la cosa più bella che si possa fare. Raffigurare ciò che pensi, sogni o provi su un foglio di carta uno dei doni più belli che si possa avere perchè trasformi la grandezza di un emozione spesso in bianco e nero in una cosa emozionante a colori.

Erano un po di mesi che durante il giorno o prima di andare a dormire buttavo giù qualche schizzo delle mie emozioni su fogli di carta, mi aiutava molto.

L' ultimo disegno che avevo fatto rappresentava me che guardavo fuori da una finestra, non ero molto bravo a disegnare ma comunque si capiva che quella che indossavo era la mia camicia a quadri preferita, blu, celeste e grigia, amavo quella dannata camicia di pile.

La finestra si affacciava al duomo di Firenze, una delle cose più belle che io abbia mai visto, non riuscivo a capacitarmi del perchè non fosse entrato tra le meraviglia del mondo.

Sul foglio bianco avevo disegnato il cielo plumbeo sporcato solo da qualche nuvola, sottostante a quelli che parevano dei batuffoli di cotone c'erano i tetti delle case di Firenze.

Ogni cosa aveva senso nei miei disegni, anche se era indecifrabile, per me tutto aveva un senso. E il fatto che a volte solo io sapesse il senso di quel disegno mi faceva sentire veramente bravo. Mi piaceva fare ciò che stavo facendo.

Il giorno dopo andai a lavorare, come tutti gli altri giorni cercai di non parlare con nessuno, cercavo di tenermi alla larga da tutti. Pensavo a un sacco di cose in quelle ore in cui ero solo, pensavo a come sarebbe stata la mia vita senza Marta, veramente uno schifo, senza di lei io non avrei avuto amici, avevo amici grazie a lei, era lei che mi faceva conoscere persone, i suoi amici erano i miei amici.

Oltre a Marta mi piaceva pensare a cosa stessero facendo i miei genitori, ovunque essi fossero in quel momento, da quando mi lasciarono dagli zii io non seppi più niente di loro e quindi fantasticavo sul loro mestiere, il loro stile di vita, è brutto da dire ma a volte mi chiedevo persino se quei due bastardi avessero una vita. Li ho sempre odiati, da quando mi hanno lasciato a casa degli zii, l' odio verso di loro è cresciuto sempre di più.

L' odio verso di loro raggiunse l' apice quando appena maggiorenne fui costretto a trovarmi una casa in seguito ai maltrattamenti che subivo da parte dei miei cugini più grandi.

Gli zii ricordo che non dicevano mai nulla ai loro figli.

Lasciai la scuola appena sedicenne, stetti senza fare niente per un anno e dopo mi presero a lavorare nel ristorante in cui lavoro ancora adesso, veramente un colpo di fortuna.

Pagavo l' affitto della casa tutto da solo, arrivavo tranquillamente a fine mese da solo. Dopo pochi mesi non ero più da solo, in uno dei locali che frequentavo io conobbi Marta che mi vide da solo in un tavolo e cominciammo a parlare del più e del meno, uscimmo un paio di volte e dopo fu subito amore.

Ogni tanto mentre lavoravo mi chiamava Marta per sentire come stavo. Lei lavorava in un ufficio, tornava a casa stravolta ma aveva sempre la forza di stare con me.

Dopo il lavoro tornai a casa, anche io sfinito. Non c'era nessuno in casa, come sempre, Marta era ancora a lavorare ma sarebbe tornata di lì a poco.

Accesi lo stereo, inserii dentro un cd e la mia testa cominciò a viaggiare, presi anche un foglio di carta e disegnai. Questo disegno era alquanto strano. Sul quel foglio cominciai a marcare i tratti di un teschio, un teschio bendato con delle cuffie mentre ascolta musica, intorno a lui ci sono delle note musicali, sottostante disegnai una scritta, “VENDETTA”.

   
 
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